(un sincero
Grazie
a A. Gianluca che me li ha inviati)
“Viaggio
allucinante”
è un noto libro di Isaac Asimov, ma potrebbe essere il
titolo del
prologo e dell’epilogo di questa trasferta renana, che ha
visto protagonisti
centinaia di tifosi giallorossi nell’impegnativa pratica di
strappare ai
dondolii del vagone cinque minuti di sonno. Ma che tirasse
brutta aria
da questo punto di vista lo si era notato se non altro dal
dispettoso zelo
con cui ogni mezz’ora baffuti e pignoli controllori si
affacciavano, vomitando
sui malcapitati oceani di luce. L’unica rivalsa consisteva
nel rispondere
alle inespressive fisionomie dei ferrovieri indigeni frasi
che la più
lasciva etica da carrettiere disapproverebbe con ripugnanza,
mentre, il
“tanto non capisce” più che uno slogan diventava un
ideale…in attesa
di dolorose smentite.
Strano
ambiente
la stazione di Colonia, dove gli addetti parlano solo il
tedesco, le ragazze
ed i giovani di passaggio solo l’inglese ed i venditori di
birra e sandwich
solo l’italiano e, manco a dirlo, non c’è sala d’aspetto in
un posto
dove voglia d’aspettare non l’ha proprio nessuno.
Fuori, per la
nostra
meraviglia troviamo gente disposta a far passare dinanzi ai
semafori rossi
sciocchi giri di secondi, mentre la prima pizzeria italiana
è presa
d’assalto e trasformata in un impagabile ufficio
informazioni. Girando
a piedi per Colonia di scritte sui muri o simili non se ne
trovano, escluso
uno slogan pacifista piazzato con bella mano su di un
nascosto contrafforte
del lungotevere locale, che incanala il corso del Reno: ma
date tempo al
tempo, ed ecco già le lucidissime panchine controllate
dall’oscura
mole dell’incombente cattedrale se ne irridono del cerbero e
si adornano
di piccoli ma aggraziati “FORZA ROMA”.
E si avvicina
l’ora
della partita, panini e scatolette, effimeri ricordi di
qualche ora prima,
sono soppiantati da würstel e birra bollente che mischiati a
senape
e pane piccante danno luogo ad un miscuglio detonante
(provare per credere);
vittime, i soliti stomaci e gli anonimi passanti involontari
testimoni
di così poco decoro.
Il
Mungersdorfer
Stadion è lontano, e intenso è pure il traffico che, però
di fa sentire a casa, tra Piazza Fiume e Via Tiburtina.
Invece siamo
lungo
Aachenestrasse e non sul 490 (uno degli autobus che ci
portava allo stadio
n.d.G.) ma sul pullman della stampa, bizzarramente
trasformatosi in un
ritaglio di Little Italy con orchestrina e malinconiche
canzoni.
Controlli
severissimi
all’entrata e qualche risolino di scherno, sbuchiamo in
campo ed è
il terrore: due piani di gente urlante e l’assordante
rimbombare tipico
degli stadi coperti. Ci sentiamo in prima linea e, nei
tavolini della tribuna
stampa, quasi in trincea. Non c’è da crederlo, ma proprio
dopo una
giornata trascorsa a prendere a calci ogni facile retorica
pensiamo, forse
con orgoglio, ai tanti punti giallorossi, e tricolori che si
agitano dappertutto,
a quei personaggi venuti a Colonia dal Belgio, dall’Olanda,
da tutta la
Germania con cui abbiamo parlato frettolosamente ed i cui
tratti somatici
ormai già ci sfuggono.
E inizia il
gioco,
presi all’agone dopo un po’ tutto passa, mentre i temuti
teutonici scoprono
anche loro di avere paura, e molta, del gioco italiano,
arrendendosi e
tremando perfino sui contrasti, sullo scontro fisico. A
pensarci bene è
stato bello vedere stroncati e mugolanti coloro che ci
avevano sempre beffeggiato
dal punto di vista atletico; al termine l’amaro per
l’occasione mancata
è lenito dalla soddisfazione di aver visto in continuazione
rotolare
ed inscenare apocalittici drammi quei giocatori che si
ritenevano panzer.
Fischio
finale,
ma non c’è modo di riflettere: veloce ed affannosa corsa tra
bus
e metropolitana per agguantare il treno delle 11:00 e
arriviamo con ampio
anticipo, assieme ai soliti personaggi del viaggio d’andata:
c’è
anche il tempo di conoscere tifose locali e scambiare con
loro solo un
paio di sciarpe.
La
marcia su Colonia
di Adriano
Verdolini