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Giornata
BRESCIA
- ROMA 0-0
Brescia, Stadio Rigamonti
domenica
20
novembre 1994
Ore: 14:30
invia una e-mail per i resoconti
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Tabellino partita:
BRESCIA: Ballotta, Adani,
Bonetti, Corini, Baronchelli, Bonometti,
Schenardi, Piovanelli (21'st Neri), Nappi
(33'st Borgonovo), Gallo, Cadente.
In Panchina: Gamberini,
Marangon, Baldini.
Allenatore: Lucescu.
ROMA: Cervone, Colonnese (40'st
Annoni), Benedetti, Piacentini, Petruzzi,
Lanna, Cappioli, Thern, Balbo, Giannini,
Fonseca.
In Panchina: Lorieri, Borsa,
Maini, Totti.
Allenatore: Mazzone.
Arbitro: Bettin di Padova.
NOTE: Espulso: Cappioli,
Ammoniti: Petruzzi, Thern, Corini, Adani,
Nappi, Spettatori: 12.683.
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Invasione di
Cavallo Pazzo
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troubles pictures page # 3
"Guerriglia a Brescia"
(tratto da un reportage da un altro sito
web: è bene precisare
che l'articolo mischia il vero al falso:
presto la vera storia)
Che
l'incontro tra Brescia e Roma, in programma allo stadio
Rigamonti il 20 novembre del 1994, non sarebbe stato un
incontro come tanti altri, lo si era capito nel corso della
settimana precedente da tanti piccoli segnali. Striscioni
con misteriosi messaggi esposti all'Olimpico la domenica
precedente, un clima tesissimo, un tam tam in codice sulle
radio locali.
Allo stadio
Rigamonti si capisce subito che il vero obiettivo della
violenza ultrà di alcune centinaia di romanisti non sono i
tifosi avversari, ma la polizia. Così, nel volume
"Fanatics", Dario Colombo e Daniele De Luca raccontano
quello che avvenne: "Prima della partita dal settore
romanista comincia un fitto lancio di oggetti contro la
polizia : dagli spalti piovono sugli agenti sassi,
bottiglie, bombe carta, mazze e sbarre di ferro. Poco dopo
parte la carica : armati di asce, bastoni, spranghe e
coltelli i romanisti si lanciano sugli agenti. Gli scontri
continuano per alcuni minuti con esiti devastanti e per un
soffio non ci scappa il morto : con una coltellata
all'addome viene ferito il vicequestore Giovanni Selmin.
Altre decine
di agenti restano feriti in modo non grave".
Per gli ultras fioccano le condanne
BRESCIA.
Da
un lato c'è il dramma di un poliziotto che si è preso un
colpo di coltello in pancia; dall'altro la simpatica follia
di un «indiano metropolitano» che confonde la realtà vera
con quella virtuale, al punto che anche in un'aula di
giustizia continua a pensare sia tutto un gioco a uso e
consumo della Tv. In mezzo, c'è la violenza di tanti, troppi
ragazzi che trasformano una partita di calcio in una
battaglia. A tre giorni dalla folle domenica di Brescia,
finita con un vicequestore accoltellato, un ispettore di
polizia ferito e con otto persone in carcere, tre delle
quali erano state arrestate per concorso in tentato
omicidio, si sono celebrati ieri a Brescia i primi processi.
Questo il quadro processuale: Mario Appignani, romano, noto
come «cavallo pazzo», e tre ultras del Brescia sono stati
condannati per resistenza; a Luigi ****, tifoso romanista di
Modena, è stato convalidato l'arresto per resistenza
aggravata; gli altri tre giovani ultras giallorossi
(sospettati di aver accoltellato fuori dallo stadio il
vicequestore Giovanni Selmin) restano in carcere, ma nei
loro confronti è cambiato il capo di imputazione: non più
concorso in tentato omicidio, ma resistenza aggravata a
pubblico ufficiale. Daniele ****, 18 anni, ex delle
giovanili della Roma, Cristiano ****, 20 anni, e Roberto
****, 26 anni, sono stati a lungo interrogati in carcere dal
pm, il quale però non ha riscontrato elementi tali da poter
ritenere con sufficiente certezza che siano stati proprio
loro a colpire il vicequestore.
Del resto lo
stesso Selmin, le cui condizioni permangono stazionarie, ha
dichiarato di non ricordarsi con esattezza chi lo abbia
colpito. Il magistrato ha comunque deciso di chiedere per i
tre giovani la convalida dell'arresto per resistenza
aggravata. L'udienza è stata fissata per oggi davanti al
gip, Giuseppe Ondei, che ieri ha appunto convalidato
l'arresto di **** sempre per resistenza aggravata, in quanto
trovato, come gli altri tre, in possesso di armi. Sono stati
invece condannati i tre tifosi bresciani arrestati davanti
allo stadio. Vincenzo ****, 26 anni, Samuele ****, di 27, e
Andrea ****, di 21, dopo il patteggiamento sono stati
condannati per resistenza a pubblico ufficiale a pena
varianti da 10 a 12 mesi. Hanno ottenuto i benefici di
legge, sono stati scarcerati ma hanno avuto l'interdizione
dagli stadi: per un anno Ronca, per sei mesi ciascuno gli
altri.
L’Unione
Sarda
23/11/94
CORRIERE DELLA SERA
21 novembre 1994
PERSINO ASCE
E PICCONI NELL'ARMAMENTARIO DEGLI ULTRÀ: OTTO ARRESTI, TRE
PER TENTATO OMICIDIO
Brescia, la guerriglia era annunciata
Appena
giunti allo stadio i teppisti giallorossi si sono scatenati.
Il sindacato
di polizia aveva chiesto il rinvio dell'incontro. E in campo
anche il solito show del diffidato "Cavallo pazzo"
Gravissimo il vicequestore accoltellato all'addome. Bomba
carta contro un ispettore
BRESCIA . Un
pomeriggio di battaglia e di follia che poteva e doveva
essere evitato, a causa del quale un poliziotto versa in
gravissime condizioni. Brescia Roma era stata annunciata
come partit a a rischio per vecchie ruggini tra due
tifoserie che si distinguono per frange di scatenati
facinorosi. L'avevano predetto deliranti fax anonimi giunti
da Roma in settimana; l'aveva affermato Maurizio Marinelli,
direttore del Centro studi sulla polizia e segretario del
sindacato Siulp, facendo presente che sarebbe stato
opportuno un rinvio della partita data la concomitanza delle
elezioni amministrative, che avrebbe impedito di schierare
tutti gli uomini necessari. E partita a rischio è stata. Non
era tuttavia stato previsto che i circa trecento ultras
venuti in treno da Roma si fossero preparati per una guerra
assurda e folle. Così, non appena giunti allo stadio, poco
dopo le 12.30, hanno caricato la polizia armati di coltelli
e bombe carta, ma anche di asce da falegname e d'un piccone,
sfuggiti ai controlli. Tra il fuggi fuggi dei bresciani che
affluivano tranquillamente allo stadio, gli scontri sono
stati violenti: in essi è rimasto gravemente ferito il
vicequestore vicario di Brescia, Giovanni Selmin, colpito al
viso (naso fratturato) e da una coltellata all'addome. E
stato ricoverato all'ospedale Civile in condizioni
preoccupanti: i sanitari del reparto Chirurgia 3 si sono
riservati la prognosi. Ricoverato anche l'ispettore Angelo
De Rosa, vittima d'una bomba carta, per il quale la prognosi
è di trenta giorni. Alle cure dei sanitari sono ricorsi pure
alcuni ultras della Roma: cinque sono stati medicati e
dimessi; tre sono stati invece trattenuti all'ospedale. Dopo
g li scontri, tre tifosi giallorossi, tra cui il feritore di
Giovanni Selmin, sono stati arrestati ed accusati di
concorso in tentato omicidio: *******, 20 anni, ******, 18
anni, e *******, 26 anni. Questo è stato solo il primo atto.
Mentre arrivavano in campo le due squadre, ultras romanisti,
hanno preso a lanciare fumogeni accesi verso il pubblico in
gradinata, dove sedeva gente non avvezza alla violenza,
scatenando la reazione degli ultras bresciani, che
rigettavano loro gli ordigni. Solo più tardi la polizia ha
operato due cordoni per isolare i romanisti. L'episodio,
unito alla notizia di quanto avvenuto al mattino, ha
scatenato la reazione degli ultras bresciani che hanno messo
la loro firma alla fine di questa pagina nera extrasportiva:
a gara conclusa, mentre le forze dell'ordine provvedevano a
far salire i fans giallorossi sui pullman che li avrebbero
riportati alla stazione, facinorosi bresciani hanno
raggiunto la curva sud e hanno utilizzato le transenne per
bloccare l'uscita degli automezzi: la polizia ha dovuto
quindi ingaggiare nuovi scontri, caricando e lanciando
abbondanza di fumogeni. Altri quattro giovani sono stati
arrestati alla fine (tre di Brescia e uno di Roma). Non era
annunciata solo la violenza: anche la quinta invasione di
campo da parte di "cavallo pazzo" Mario Appignani, che al
10' del primo tempo, dopo essere rimasto celato tra la
tifoseria romanista, ha scalvacato la recinzione del fossato
e si è precipitato gettando una sciarpa giallorossa sul
campo, finchè non è stato bloccato da un dirigente del
Brescia e poi preso in consegna da alcuni poliziotti.
Successivamente è stato arrestato per aver contravvenuto
alla diffida: a quell'ora si sarebbe dovuto presentare in
questura a Roma.
CORRIERE DELLA SERA
28 novembre 1994
Arrestati
due ultrà legati all'estrema destra.
La polizia
ricostruisce le fasi della "spedizione punitiva"
Premeditato il raid di Brescia:
fu organizzato in una pizzeria
Haver Flavio
ROMA . "Er
******" e "*******" sono gli ultimi due teppisti finiti in
cella per gli incidenti di domenica scorsa a Brescia.
*********, 25 anni, e *********, di 31, sono stati
ammanettati ieri mattina nella capitale: erano ricercati
per un ordine di custodia cautelare per violenza a
pubblico ufficiale emesso dal giudice per le indagini
preliminari, Giuseppe Ondei. Il provvedimento era stato
chie sto dal pubblico ministero Paola De Martis, il
magistrato impegnato nell'indagine per individuare i
partecipanti all'aggressione contro il funzionario di
polizia accoltellato. ******** e ****** fanno parte del
gruppo di tifosi ultrà "Opposta Fazione". Sono 60 70
teppisti, in gran parte provenienti dalle fila di estrema
destra: vicino all'Olimpico è stata trovata una scritta
nella quale, accanto a un simbolo runico, si legge:
"Opposta fazione. Onore e Fedeltà. Imperium!". ***********
nel '90 rimase coinvolto in una rissa allo stadio e nei
mesi scorsi era stato arrestato per aver compiuto diverse
rapine con un taglierino. ****** è il gestore di una
pizzeria nel quartiere Tiburtino nella quale si riuniva il
gruppo. Nel locale, chiamato "************", i teppisti
avrebbero messo a punto i dettagli della trasferta di
Brescia per quella che il dirigente della Digos romana,
Marcello Fulvi, ha definito un'"aggressione programmata":
dalle indagini è emerso che "Opposta Fazione " voleva
vendicarsi di incidenti avvenuti due anni fa. La polizia
ha ricostruito anche i preparativi per la "spedizione
punitiva". Dalla pizzeria di ******, il gruppo si è mosso
poco prima delle due di sabato notte. "Entrati alla
stazione Tiburtina - ha spiegato Fulvi -, i teppisti hanno
attuato una precisa strategia: una parte di loro ha
organizzato una gazzarra per attirare l'attenzione del
servizio d'ordine predisposto dalla questura. Gli altri
hanno caricato su un vagone un borsone pieno di asce,
bastoni, bombe carta e petardi. Il gruppo si è quindi
asserragliato nella carrozza, impedendo a chiunque di
entrarvi. Arrivati a Brescia, i teppisti sono saliti tutti
assieme su autobus e ne sono scesi con le armi in mano,
iniziando subito a lanciare bombe carta e petardi".
Processo Brescia-Roma
IL
MINISTERO DELL'INTERNO SI E' COSTITUITO PARTE CIVILE NEL
PROCESSO, COMINCIATO OGGI DAVANTI AL TRIBUNALE DI BRESCIA, A
CARICO DI 16 ULTRAS DELLA ROMA E DI ALTRE SQUADRE DI CALCIO,
RITENUTI RESPONSABILI DEI GRAVI INCIDENTI VERIFICATISI DURANTE
L'INCONTRO DI CALCIO BRESCIA-ROMA DEL 20 NOVEMBRE '94. NEGLI
SCONTRO FRA ULTRAS E POLIZIA RIMASE FERITO GRAVEMENTE L'EX
VICEQUESTORE DI BRESCIA (ORA QUESTORE DI LECCO) GIOVANNI
SELMIN. NUMEROSI AGENTI, INOLTRE, FURONO RICOVERATI IN
OSPEDALE PER I COLPI INFERTI DAGLI HOOLIGANS CHE ATTACCARONO
LA POLIZIA PRESENTE ALLO STADIO 'RIGAMONTI' ARMATI DI ASCE,
TUBI DI FERRO, COLTELLI E BOMBE CARTA.
RAISPORT
12/6/97
Un patto tra naziskin e ultrà
Arrestati in dieci per i disordini
nello stadio di Brescia
ROMA.
Tifosi della Roma, della Lazio, ma soprattutto della estrema
destra. Teste rasate, piene di violenza e poco più.
Questo il
parterre di arrestati per gli incidenti scoppiati dopo la
partita Roma-Brescia dello scorso 20 novembre. In dieci sono
finiti in cella. E fra loro Maurizio ******, ex leader del
Movimento politico occidentale, punto di riferimento per i
naziskin della Capitale.
Altri tre dei
ragazzi finiti in manette provengono da quella formazione
violenta e xenofoba, sciolta dalla legge Mancino contro i
naziskin. La chiave degli scontri fra tifosi e forze
dell'ordine è tutta lì. In una alleanza estemporanea fra chi
cercava la rissa, chi voleva sventolare sugli spalti le
bandiere dell'estrema destra e gli ultrà romanisti che
volevano punire i dirigenti giallorossi, colpevoli di non
foraggiare più la tifoseria estrema e violenta con i biglietti
omaggio, come ai tempi di Ciarrapico. Secondo gli
investigatori, la spedizione a Brescia non era una trasferta
sportiva ma una vera e propria spedizione punitiva.
«Progettata
scientificamente» da ******, laziale (in realtà è interista, n.d.L.), e da un amico simpatizzante della destra
estrema e della Roma, Giuseppe *******. Con lo scopo apparente
di vendicare la tifoseria giallorossa, ma con il fine di
reclutare consensi all'estrema destra. Quel 20 novembre lo
stadio Rigamonti di Brescia si trasformò in un'arena di lotta,
libera e armata. Oltre a pugni e schiaffi, volarono
coltellate, bastonate e candelotti fumogeni. In campo finì
zero a zero. Sugli spalti ci furono molti feriti. Il
vicequestore Giovanni Selmin fu ricoverato in gravi condizioni
per una coltellata all'addome. Un ispettore di polizia se la
cavò con una prognosi di 30 giorni. Grazie alle indagini della
Digos di Brescia e della Mobile di Roma vennero subito
arrestate otto persone, tre delle quali tifosi della Roma, con
l'accusa di tentato omicidio, per il ferimento del
vicequestore. Ieri mattina la seconda raffica di arresti per
resistenza, violenza e lesioni a pubblico ufficiale. Ecco i
nomi dei fermati: Alfredo ******, di 24, militante di Mpo, già
denunciato per detenzione di esplosivi, resistenza e lesioni
in Italia e all'estero; Francesco ******, di 25, di Mpo, con
precedenti per danneggiamento, violenza privata aggravata dal
movente razziale e diffidato dall'accedere a impianti
sportivi; Paolo *****, di 31 anni, estremista di destra,
precedenti per rapina, furto, detenzione di armi; e poi Luigi
****, 20, estremista di destra; Paolo ****, 20, già denunciato
per aggressione a militanti di un centro sociale; Corrado
*****, 23, ex Mpo, arrestato in Germania per atti di violenza,
fa parte degli «irriducibili» della Lazio (non è vero, n.d.L.); Armando *******, di 31, appartenente ai
«Boys» della Roma, con precedenti per armi. Sul mix venefico
di tifo, violenza e ideologia di estrema destra sono stati
lanciati più volte allarmi, mai ascoltati.
L'arresto di
****** arriva così quasi a sorpresa. Ex istruttore di una
palestra di Albano, paese dei castelli romani dove è vissuto,
37 anni, il leader delle teste rasate dall'entrata in vigore
della legge aveva già ricevuto il divieto di espatrio. Teorico
della violenza razzista, aveva dichiarato più volte che
l'Olocausto non era mai esistito e le prove dei lager erano
opera di antifascisti e che se nessuno si faceva carico della
politica razzista la violenza restava l'unico mezzo di
reazione. V. PIC.
L’Unione
Sarda
(16/12/94)
Brescia, naziskin allo stadio contro la Lega
Storia di una sentenza che non convince
di Mauro
Bottarelli
Qualcuno
voleva destabilizzare gli equilibri politici bresciani ma
soprattutto screditare lo scomodo neo-ministro degli Interni
Maroni, al fine di delegittimarne l'azione in vista di
eventuali quanto probabili interventi su inchieste scottanti.
È questo il quadro che si delinea rileggendo a quattro mesi
dalla sentenza della prima sezione penale del Tribunale di
Brescia, e con un esperienza di boicotaggio anti-leghista
ormai consolidata, i fatti accaduti il 20 novembre 1994 allo
stadio Rigamonti di Brescia, quando gruppi neonazisti si
mescolarono ai tifosi organizzati romanisti per un'azione di
guerriglia che portò all'accoltellamento quasi mortale del
vice-questore Giovanni Selmin.Ricostruiamo la vicenda.
Domenica 20 novembre a Brescia si vota per il nuovo sindaco e
allo stadio Rigamonti è in programma la partita Brescia -
Roma. Dalla capitale arrivano un migliaio di tifosi, ma si
capisce subito che non sarà una trasferta come le altre. Le
prime avvisaglie si ebbero infatti la settimane precedente
all'Olimpico: durante l'incontro Roma - Napoli dalla curva Sud
comparve uno striscione con scritto "Tutti a Brescia". Anche
se ai più poté sembrare un normale messaggio ai tifosi
romanisti in previsione di una trasferta storicamente "calda",
l'avviso era invece chiaramente indirizzato a frange precise
del tifo giallorosso.I primi scontri si verificano nel
tragitto dalla stazione allo stadio, ma è dentro il Rigamonti
che esplose la guerriglia. Prima della partita dal settore
romanista cominciò un fitto lancio di oggetti contro la
polizia, vero obiettivo degli ultrà: dagli spalti piovono
sassi, bottiglie, bombe carta, mazze e sbarre di ferro. Poco
dopo parte la carica: armati di asce, bastoni, spranghe e
coltelli i romanisti partono all'attacco degli agenti. Gli
scontri continuano per alcuni minuti con esisti devastanti:
con una coltellata all'addome viene ferito il vicequestore
Giovanni Selmin. Ricoverato d'urgenza, dovrà essere sottoposto
a un intervento chirurgico di sei ore prima di essere
dichiarato fuori pericolo. La partita viene disputata
regolarmente, ma gli scontri ripresero all'uscita.Alla fine
gli agenti sequestrarono una decina di coltelli a serramanico,
petardi, bombe carte, asce e un piccone. Nonostante la tromba
degli ipocriti da bar sport squillò subito contro la categoria
ultrà, qualcuno intuì che gli scontri avevano una matrice
extracalcistica: la preparazione dell'aggressione, la armi, i
saluti romani alternati a slogan nazisti, erano classici di
una spedizione politica. A coordinare le indagini fu l'allora
Pm bresciano Paola De Martiis, che identificò subito i
responsabili dell'azione grazie alla collaborazione della
Digos e ai filmati degli scontri. Nei giorni successivi
scattarono a Roma i primi arresti: tra essi Maurizio *******
(condannato a quattro anni), leader storico dei naziskin
romani, fondatore del Movimento Politico Occidentale,
disciolto nel 1993 dalle normative in materie di
discriminazione razziale. Secondo gli investigatori, lui e il
suo amico Giuseppe "Pinuccio" ****** (condannato a quattro
anni e due mesi), sono stati gli ideatori della trasferta
punitiva. Quest'ultimo si candidò, nelle liste dell'Msi, alle
elezioni del 1993. Con loro altri esponenti storici della
destra romana: vengono arrestati anche Corrado *******
(assolto), degli Irriducibili della Lazio (non è vero, n.d.L.), militante del Movimento Politico, arrestato
in Germania nel marzo 1991 durante una manifestazione
neonazista, con precedenti per rapina e lesioni; Alfredo
******* (condannato a quattro anni), militante del Movimento
Politico e di Opposta Fazione, denunciato per detenzione di
esplosivi e arrestato in Germania nel 1988 in un'altra
manifestazione nazista.Non per punire i bresciani, ma per
creare paura e tensione nel giorni delle elezioni: era questo
uno degli obiettivi dei neonazisti romani. Tant'è che a
Brescia non andarono solo i romanisti, ma anche i neofascisti
della curva laziale e perfino qualche esponente veronese.
L'inchiesta della procura di Brescia mise in luce un
allucinante piano di destabilizzazione basato sulla
strumentalizzazione delle curve, molte delle quali negli
ultimi tempi, avevano visto crescere i gruppi di ideologia
neofascista. Ma, nonostante tutto, i grandi mezzi
d'informazione non diedero sufficiente risalto a questa
vicenda ed ai suoi sviluppi per molti aspetti inquietanti.
Tutto finì nel dimenticatoio, con più fretta del solito. E lo
scorso gennaio l'atto finale: il Tribunale bresciano decise
infatti di assolvere di tutti gli imputati dal capo di
imputazione B, il più pesante formulato dai pm De Martiis
prima e Milita poi, quello di aver inscenato «una
manifestazione usuale del disciolto partito fascista». Niente
progetti paralleli, quindi, nessuna strumentalizzazione: per
il giudice Roberto Pallini le undici condanne comminate erano
da mettere in relazione solamente ad atti di violenza
calcistica.Ma troppe domande restano ancora senza risposta. È
credibile che si arrivi ad accoltellare un vice-questore per
"punire" i vertici della Roma, rei di non concedere più
vantaggi economici agli ultras (tesi avanzata da alcuni
imputati in dibattimento)? chi aveva permesso loro di
raggiungere Brescia armati fino ai denti? quattro capetti e
cento peones da stadio sono in grado, da soli, di mettere a
punto un piano del genere? Viene spontaneo domandarsi se
qualcuno non avesse tutto l'interesse a screditare, tramite il
putiferio creato dagli incidenti, il neo ministro degli
Interni Maroni, perché preoccupato dalla possibilità che
questi scoperchiasse i pentoloni delle stragi neri d'Italia.
La Padania
10/5/98
Ma dov'erano tutti quanti quel 20 novembre
1994?
Di Mauro
Bottarelli
Milano
(Milàn) Oggi tutti parlano di strumentalizzazione politica
delle curve calcistiche ma, forse, un letargo collettivo
aveva colpito lor signori negli ultimi quattro anni. Più
precisamente, il torpore collettivo delle coscienze era
cominciato il 20 novembre 1994 a Brescia, quando un gruppo
di neofascisti infiltratisi tra i tifosi romanisti in
trasferta accoltellò al cuore (non uccidendolo per puro
caso) il vice-questore Giovanni Selmin. Una vicenda
allucinante quella dello stadio Rigamonti, culminata con una
sentenza dello scorso gennaio fondamentalmente innocentista.
Ma veniamo ai fatti. Quella domenica a Brescia si votava per
l'elezione del nuovo sindaco, gli equilibri politici in
città erano tesi ed anche a livello nazionale la presenza
del leghista Maroni al Ministero degli Interni scontentava
determinati settori. Al Rigamonti arrivarono un migliaio di
sostenitori giallorossi: si capì fin da principio che non
sarebbe stata una trasferta come le altre. Gli incidenti
cominciarono già nel tragitto tra la stazione e lo stadio ma
fu dentro il Rigamonti che esplose la guerriglia. Prima del
fischio d'inizio dal settore romanista partì un fitto lancio
di oggi verso la polizia, seguito da una carica: armati di
asce, bastoni e spranghe i sedicenti "ultrà" attaccano il
cordone dei celerini accoltellando al cuore il vicequestore
Selmin, salvato dopo un lungo intervento chirurgico. La
partita fu disputata ugualmente ma al termine gli scontri
ripresero. Il pm incaricato delle indagini, Paola De
Martiis, intuì subito che l'attacco aveva una matrice
extracalcistica: la preparazione dell'aggressione, i saluti
romani alternati a slogan nazisti erano sintomi di una
spedizione punitiva. Attraverso le riprese della Digos
scattano gli arresti: tra essi Maurizio *******, leader
storico dei naziskin romani e fondatore del Movimento
Politico Occidentale. Secondo gli investigatori lui e il suo
amico Giuseppe "Pinuccio" Meloni furono gli ideatori della
spedizione punitiva. Quest'ultimo si candidò, nelle liste
dell'Msi alle elezioni del 1993. Con loro vengono arrestati
altri esponenti della destra estrema romana: Corrado ******,
degli Irriducibili della Lazio (strano che fosse in
trasferta con gli odiati romanisti) (infatti non è della Lazio, n.d.L.), già arrestato in Germania durante una
manifestazione neonazista e con precedenti per rapina e
lesioni; Alfredo **********, militante del Movimento
Politico e di Opposta Fazione, denunciato per detenzione di
esplosivo e arrestato nel 1988 in Germania durante un raduno
skinhead.Non per punire i bresciani, ma per creare paura e
tensione nel giorno delle elezioni: era questo l'obiettivo
dei neonazisti romani. Tant'è che a Brescia arrivarono con
il torpedone giallorosso anche neofascisti laziali e
veronesi.L'inchiesta della Procura di Brescia evidenziò un
allucinante piano di destabilizzazione basato sulla
strumentalizzazione politica delle curve attraverso
infiltrati. Eppure, lo scorso gennaio, il Tribunale di
Brescia assolse tutti gli imputati dal capo d'imputazione B,
il più grave, ovvero quello di «aver inscenato una
manifestazione usuale del disciolto partito fascista».
Niente strumentalizzazioni, niente piani occulti: per il
giudice Roberto Pallini le undici condanne comminate erano
da mettere in relazione solamente ad atti di violenza
calcistica. Eppure, oggi, si torna a parlare di uso
strumentale delle curve: guarda caso proprio riguardo a
frange delle tifoserie romanista e laziale. Solo una
coincidenza?
La Padania
10/12/98
La Stampa
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La Stampa
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La Stampa
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Dalla Gazzetta dello Sport
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Dal Messaggero
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Dal Messaggero
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Il Corriere delo Sport
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*
"Guerrilla war in Brescia"
(from a reportage found in another
website: it's better to clear that it mixes the truth with
the falsity.
Soon the true story)
Everybody
could understand that the football mathc between Brescia
and AS Roma at the stadio Rigamonti on november 20th 1994
would not have been a football match like many others. And
you could understand this from several little messages the
week before the match. Stripes with mistery messages hang
up at the Olympic Stadium the Sunday before, a very
strained atmosphere, codex messages on local radios.
At stadio
Rigamonti it's immediately clear that the real objective
of the ultrà violence is not the contray fans but the
Police. In this way, in the "Fanatics" book, Dario Colombo
& Daniele De Luca tell what happened: "Before of the
match from the AS Roma fans side begins a strong
things-throwing against the police: from the tribune rain
over the cops stones, bottles, light-bombs, sticks and
iron-sticks. Just after AS Roma fans attack: aremd with
axes, sticks, cross-bars and knives, AS Roma fans go
towards the policemen. Troubles go on for minutes with
devasting results and just for a little someone doesn't
die: The policemen G.S. is stabbed in his belly. Many half
as score of policemen are light-injuried".