L'AGGRESSIONE
A ZAGO
2000/2001
di PAOLA VUOLO
«’A Zago, fai
schifo...e io ti sputo in faccia». Un insulto che è come un
grido di battaglia, urlato da un ultrà della Lazio contro il
calciatore
della Roma, nel parcheggio di un ristorante. E altri quattro
balordi lasciano
la tavolata, come fulmini raggiungono la Mercedes di Zago per
dare man
forte al capo banda. In un attimo si scatena la rissa: il
calciatore viene
ferito all’occhio e all’orecchio e medicato dai medici
dell’ambulanza del
118. Carabinieri e polizia sono già sulle tracce degli
aggressori,
che qualcuno ha riconosciuto. «Sono tutti della curva Nord»,
dice un testimone, «gli investigatori dovrebbero avere già
nomi e cognomi».
E’ un giorno di
festa, Carlos Alberto Zago è seduto a una tavolata al
“Fontanone":
l’occasione è la prima Comunione della figlia di alcuni amici
del
calciatore brasiliano. Zago fa un brindisi alla bambina, che
lo guarda
orgogliosa, prende dalle sue mani la bomboniera e saluta
tutti. Deve proprio
scappare altrimenti perde l’aereo per Torino. E anche se lui
non sarà
in campo, non può stare lontano dalla sua squadra che sta per
affrontare
la Juve. Il difensore dei giallorossi lascia la sala insieme
alla moglie
e ai figli e si avvia verso la macchina. Per raggiungere il
parcheggio
passa davanti ad un’altra tavolata: anche qui si festeggia una
prima Comunione.
Il difensore della Roma raggiunge la Mercedes, ma non fa in
tempo neanche
a mettere in moto che un ragazzo alto e robusto, con la testa
rasata, gli
è alle spalle, «fai schifo, hai sputato in faccia a Simeone,
bastardo, io ora sputo in faccia a te». Zago viene aggredito,
sotto
gli occhi della moglie e dei figli, altri quattro ultras
laziali si scagliano
contro il giocatore che esce dalla macchina, ma un ultrà è
balzato sul tettuccio e lo colpisce con un calcio in testa. E’
la rissa:
gli amici di Zago si accorgono di quello che sta succedendo e
lasciano
cadere le forchettine del dolce nel piatto, scansano i fiori e
i cesti
pieni di bomboniere di tulle e si precipitano verso il
parcheggio per aiutare
Carlos Alberto. Urla, insulti e botte, sembra il seguito degli
incidenti
avvenuti all’Olimpico il giorno del Derby. Gli ultras
danneggiano anche
la Mercedes di Zago, la bambina della Comunione piange
spaventata e si
abbraccia alla mamma. Qualcuno chiama i carabinieri, la
polizia e un’ambulanza.
Gli aggressori scappano e Zago viene medicato.
Gli ospiti
della
tavolata dove erano seduti gli ultras dicono di non conoscerli
e di non
sapere bene come sono arrivati alla festa. «Amici di amici»,
farfugliano agli investigatori. «Non li abbiamo certo invitati
noi,
qui nessuno ne sa niente».
«E’ successo
tutto all’improvviso, una scena orribile». Tina Martinelli è
la proprietaria del ristorante sulla Colombo, frequentato da
calciatori
della Roma e gente dello spettacolo. Tina parla tenendosi una
mano sul
petto, è confusa e agitata, la figlia, Samantha si avvicina e
dice
che Zago ha mostrato una grande dignità, che si è preoccupato
di non far peggiorare ancora di più la situazione, e che
«quelle
bestie lo hanno ferito nell’anima, aveva uno sguardo triste e
addolorato».
Tina mostra le due tavolate: «Zago era seduto qui, oltre la
vetrata,
quegli altri stavano in giardino. Ho visto il calciatore
andare via con
la moglie e poi si è scatenato l’inferno. Un energumeno lo ha
assalito
e insultato, sono arrivati gli altri per picchiare Zago, ho
visto gli amici
del giocatore correre in suo aiuto e ho promesso alla moglie,
Sonia, che
andrò a testimoniare. E’ la prima volta che nel mio ristorante
succede
un fatto così, vorrei sapere come sono capitati qui quei
delinquenti,
noi controlliamo sempre i nomi dei clienti che prenotano. Poco
fa ho ricevuto
anche una telefonata dalla moglie di Emerson, voleva sapere
come erano
andate le cose, mi ha detto che Zago era molto giù di morale».
Sui tavoli in
giardino
ci sono ancora i resti del banchetto degli ultras: pezzi di
torta, bicchieri
semivuoti, tovaglioli macchiati di rossetto, cicche e un
bouquet di gladioli
che troneggia a un centrotavola.
«Sono saltati
da qui», racconta un cameriere e indica una siepe bassa e
fitta che
circonda i tavoli, «quando hanno sentito che il loro amico
insultava
Zago, hanno scavalcato per raggiungere prima il parcheggio, è
davvero
gentaccia».
Il Messaggero
cronache
di Roma
7/5/2001
ROMA - «Sei
quello che ha sputato a Simeone... Adesso ti sputiamo noi...».
Dopo
averlo insultato, l'hanno colpito con un calcio in faccia e
hanno danneggiato
la sua auto. Carlos Alberto Zago, difensore brasiliano della
Roma, è
stato aggredito ieri da un gruppo di ultrà laziali mentre si
trovava
con la moglie e la figlioletta in un ristorante dove molti
bambini stavano
festeggiando la prima comunione.
Sette giorni
dopo
il derby della capitale dunque è ancora violenza. Questa volta
succede
non nei viali dello stadio Olimpico ma nel parcheggio del
Fontanone, sulla
Colombo la strada che porta al mare di Ostia. L'aggressione
avviene nel
ristorante dei vip, da sempre frequentato da attori e
personaggi dello
sport. È l'ora di pranzo. Il difensore giallorosso, con la
moglie
e la bambina, è seduto una tavolata con altri trenta invitati.
Stanno
festeggiando la comunione della figlia di una coppia di amici.
C'è
allegria. Il calciatore brasiliano, che non può giocare la
grande
sfida serale con la Juventus perché infortunato, viene ben
presto
riconosciuto. Il ristorante è pieno. E sono tante le persone
che
vanno al suo tavolo per farsi firmare una autografo. Il
giocatore non si
nega, anzi saluta tutti con un sorriso e una stretta di mano.
I più
felici sono i bambini. Le ragazzine con i loro vestitini
bianchi di pizzo
e i bambini con giacca e i pantaloni blu, sembrano dei piccoli
sposi. Maggio
è il mese delle comunioni e il ristorante è pieno. Alle 14,
Zago saluta i commensali. Ha avuto il tempo solo di gustare
gli antipasti
e i primi piatti perché deve partire per raggiungere Torino e
tifare
per i compagni di squadra che affronteranno la Juve. Con la
moglie si dirige
verso la Mercedes grigia mentre la figlia del difensore può
rimane
al tavolo con l'amichetta e continuare la festa.
La festa
finisce
subito e per tutti. Quando Zago attraversa il salone diretto
al parcheggio
tre giovani si alzano da un'altra tavolata, anche lì si sta
festeggiando
la comunione di una bambina. I tre lo avvicinano e iniziano a
insultarlo.
Non sono vestiti da stadio ma hanno la giacca e la cravatta
delle grandi
cerimonie. Forse hanno bevuto qualche bicchiere di troppo.
Scandiscono
slogan contro la Roma poi la provocazione diventa personale.
«Tu
sei quello che ha sputato addosso a Simeone - urlano in segno
di sfida
- Vieni qui che ora ti sputiamo noi...". Il giocatore accenna
una risposta
ma capisce che la situazione sta degenerando. Con la moglie
sottobraccio
preferisce raggiungere la Mercedes ma viene assalito. «Per non
farli
entrare in auto sono uscito. Uno di loro è saltato sul
tettuccio
della macchina e mi ha dato un calcio alla testa, colpendomi
all'orecchio.
Mi sono difeso bene ma poi sono scappati via - racconta
agitato il difensore
giallorosso - . Sono stati dei vigliacchi mi hanno aggredito
in tanti.
Tra loro c'era anche un noto ultrà della Lazio...».
Dopo
l'aggressione
il calciatore è soccorso dai camerieri. Nel piazzale arrivano
anche
i commensali dei due rispettivi banchetti che cominciano a
discutere animatamente.
Volano insulti e anche qualche spintone. Per fortuna
l'intervento prima
di una agente in borghese e poi l'arrivo di tre volanti del
113 impedisce
la rissa.
«Mi sono
spaventato
molto perché con me c'era mia moglie e mia figlia. Per fortuna
mia
figlia non ha assistito al pestaggio - incalza Zago - . Ma
quando mi ha
visto il volto insanguinato si è messa piangere». Dopo
l'aggressione
Zago è stato medicato al pronto soccorso. La ferita
all'orecchio
e al sopracciglio guarirà in 15 giorni. Intanto la polizia sta
cercando
gli ultrà violenti. Trovarli non è difficile perché
facevano parte di un banchetto di comunione nello stesso
ristorante. «È
la prima volta che succede un fatto del genere nel nostro
ristorante -
racconta Tina Martinelli, la titolare del Fontanone - Qui
vengono tanti
giocatori come Delvecchio, Batistuta, Emerson ma anche della
Lazio. Tempo
fa è venuto Crespo e Veron».
Il primo a
condannare
l'aggressione è il biancazzurro Diego Pablo Simeone: «Quelli
che hanno aggredito Zago sono degli stupidi ed è gente che
deve
andare in carcere. Sono proprio loro che distruggono il
calcio»,
accusa il centrocampista della Lazio «questa è l'ennesima
botta al calcio...». In serata Zago ha ringrazia Simeone: «Ha
ragione lui, questa è gente che deve andare in galera al più
presto...».
La Repubblica
7/5/2001
Ultrà
della Lazio picchiano Zago,
a
San Siro uno scooter giù dalla curva
Il Corriere
della
Sera
7/5/2001
Il Messaggero
Cronache
Roma
8/5/2001
IL CASO
Cragnotti
scrive
a Zago:
«Aggressione
infame»
«
Si mascherano da tifosi ma sono solo delinquenti».
E la moglie
del
giallorosso insiste: «Voglio lasciare l’Italia»
di GABRIELE DE BARI
Dopo aver
disertato
l’Olimpico, in segno di protesta contro il comportamento dei
propri tifosi,
Sergio Cragnotti ha inviato un telegramma a Zago. «Esprimo
completa
solidarietà, della Lazio e mia personale, per l’infame
aggresssione
che ha visto coinvolti anche i suoi familiari. La città di
Roma
non può che vergognarsi per episodi del genere e mettere al
bando
queste persone che si truccano da tifosi». Il presidente è
rimasto molto amareggiato dall’ennesimo episodio che danneggia
l’immagine
della società biancoceleste e che fa seguito a quelli, già
condannati, nei giorni scorsi e che hanno portato alla
squalifica dell’Olimpico.
Il presidente
della
Lazio - dispiaciuto e offeso per alcune situazioni in
particolare - ha
così deciso domenica non andare all’Olimpico a seguire
Lazio-Bari.
La presa di posizione di Cragnotti è stata dura. «Non bisogna
cedere al ricatto del tifo violento, né alle
strumentalizzazioni
che vanno estirpate: basta con gli episodi di intolleranza
degli ultrà
non impegnati a tifare, bensì a fare politica. Le persone che
hanno
assalito Zago e la sua famiglia sono delinquenti e come tali
vanno perseguiti
e puniti». Una condanna totale e una presa di posizione molto
ferma
da parte del presidente, ormai stanco di trovarsi sempre al
centro di problemi
che hanno bollato l’immagine del club biancoceleste a livello
internazionle.
«I presidenti
delle società - ha aggiunto Cragnotti - dovranno ristrutturare
i
rapporti con i sostenitori: questa gente non va allo stadio
per seguire
la propria squadra ma per strumentalizzare i rapporti con le
società.
Il fatto più importante è quello di riuscire a controllare
lo stadio, dove non devono essere compiuti gli atti vandalici
che abbiamo
visto in queste ultime settimane. Quello che, invece, accade
fuori dall’impianto
di gioco non può essere sotto la responsabilità dei club
se non cercando un dialogo per trovare - insieme a quelli che
controllano
la curva - dei rimedi comuni. Da parte nostra il rapporto con
i club organizzati
è buono, è difficile avere il controllo di tutte le
situazioni,
ma questo non significa che si debba cedere ai ricatti di
alcuni gruppi.
Bisogna far crescere i tifosi perché senza tifo non si può
avere una grande squadra. Però una società moderna deve anche
affrontare e gestire il problema dell’immagine. Personalmente
credo che
il tifoso laziale si sia completamente ribellato alle frange
razziste e
gli striscioni esposti domenica all’Olimpico ne sono una
dimostrazione.
Ad ogni modo, per poter controllare meglio tutto, a partire
dalla tifoseria,
è necessario che lo stadio sia delle società».
Intanto, il
grave
episodio che ha coinvolto Zago ha lasciato uno strascico
pesante nella
famiglia del difensore giallorosso. La moglie del calciatore,
signora Sonia,
infatti, insiste per andar via dall’Italia. E Zago ha lasciato
aperta questa
clamorosa ipotesi. «Il Brasile è travagliato da molti
problemi,
ma una cosa del genere non sarebbe successa. Nostra figlia è
ancora
molto spaventata e terremo conto anche di questo pensando al
nostro futuro.
Se fossimo stati in un altro Paese saremmo già andati via, ma
io
amo l’Italia e il calcio italiano. Spero di convincere la
famiglia a rimanere
a Roma. Inoltre, prego con tutto il cuore che i nostri
sostenitori non
prendano ad esempio l’episodio, né cerchino la vendetta. Non
devono
scendere al livello di quelli che mi hanno aggredito».
L’aggressione
subita da Zago sarà esaminata dal consiglio direttivo
dell’Assocalciatori.
Lo ha riferito il presidente del sindacato, avvocato Sergio
Campana, che
non ha escluso anche forme di sciopero per combattere la
violenza sui calciatori.
«Ormai nelle categorie inferiori, gli episodi di aggressione a
danni
di calciatori sono diventati normali. Bisogna fare
assolutamente qualcosa
per fermare il fenomeno».
Il Messaggero
Cronache
Roma
8/5/2001
L’ANALISI
Dagli
sfottò alla barbarie:
così
muore lo spirito del calcio
di PIERO MEI
QUANDO morì
Clemente VII, e tra il popolino romano correva voce che
all’evento non
fossero estranee le cure mediche, il ritratto del pontificio
sanitario
venne attaccato vicino alla statua di Pasquino, nella "sua"
piazza dalle
parti di piazza Navona, e sotto c’era semplicemente scritto:
ecce qui tollit
peccata mundi, ecco colui che toglie i peccati dal mondo. Lo
spirito di
Pasquino e delle pasquinate è tipico di Roma, della Roma
romanista
come di quella laziale; di ciò si è avuto un saggio ancora
ieri all’Olimpico, quando lo speaker ha annunciato, sul 2 a 0
per i biancocelesti,
una sotituzione nei poveri ranghi del Bari. Tutta la curva
Nord, la casa
della lazialità, come un sol uomo ha lasciato finire
l’annuncio
ed ha sonoramente commentato: "E ’sti c..." (per dirla alla
Celentano,
con i puntini.
Lo spirito
irridente,
e anche feroce, di Pasquino è quello che si sta perdendo nello
stadio
e nel calcio, dove non c’è certo la statua di Menelao che
regge
il cadavere di Patroclo, che è la vera effigie di quello che
poi
è stato chiamato Pasquino, ma lo spirito c’era, come quello
dei
tifosi biancocelesti che a Sabrina Ferilli che prometteva lo
spogliarello
all’Olimpico per lo scudetto romanista scrivevano "Sai che
schifo Sabrina
nuda a settant’anni", dichiarando quello che prevedevano come
tempo d’attesa
per l’Evento. Accadeva un paio di derby fa.
Dopo l’ultimo
derby,
quello di appena una settimana fa, è successo il peggio: fatti
che
dichiarano l’imbarbarimento del calcio e di Pasquino, il
Pasquino che è
in ognuno di noi romani, cresciuti nella cutltura di una città
che,
avendo avuto Giulio Cesare come consigliere comunale, non può
che
prendere ironiche distanze da tutto.
Ecco che tre
tifosi
della Lazio (qui si dirà il solito "sedicenti", "teppisti" e
così
via, ma è una foglia di fico) aggrediscono in un ristorante il
giocatore
romanista Zago. E’ un evento senza precedenti: un avversario
non era mai
aggredito; tutt’al più si contestavano i propri beniamini,
odio
e amore. Ma qui è solo odio, e della peggior specie. Si tratta
di
calcio!
Roma città
è al vertice di questo sport, anziché gioirne, sorriderne
e riderne sembra voler dare il peggio di sé. Non consola che a
San
Siro abbiano portato in tribuna un motorino per lanciarlo
dall’alto: a
proposito, ma i "severi controlli"?
Il Messaggero
cronache
di Roma
7/5/2001
Divisi sul razzismo. Ma uniti contro la Roma
ROMA - «Il
razzismo ci fa schifo, forza Lazio il nostro tifo». Con
un’imponente
scritta nei distinti est, lato curva Sud, i tifosi
biancocelesti hanno
risposto alle polemiche della settimana e alla squalifica del
campo inflitta
per il prossimo Lazio-Udinese del 20 maggio. Daniel Ola,
ghanese di colore,
è accolto calorosamente quando l’altoparlante annuncia le
formazioni.
Il suo appello così come quello della società sembra essere
stato accolto: «Noi non siamo razzisti» è scritto nella
parte alta della curva Nord proprio vicino alla zona dove
erano stati esposti
gli striscioni incriminati al derby e persino in Tevere appare
un messaggio:
«Il calcio è solo sport, anche in Africa il cielo è
biancoceleste».
Il clima della
partita
è quasi irreale. Castroman viene premiato per il gol del derby
ma
c’è poca gente e a parte gli striscioni iniziali non si vede
nel
primo tempo nessuno strascico delle polemiche dei giorni
passati. Qualcosa
però accade all’intervallo. «Un coro per Assuncao: buu»
urlano dal basso della curva più calda del tifo laziale. Il
pubblico
di tribune e distinti fischia sonoramente e gli ultras
rispondono stizziti
non volendo cambiare il loro modo di fare il tifo neanche dopo
gli ultimi
eventi: «Siete della Roma. C’è solo la curva Nord».
Piovono bottigliette e si vive qualche minuto di tensione fino
a quando
proprio ad inizio dei secondi quarantacinque minuti gli
Irriducibili espongono
una nuova scritta: «Ma quali scuse... odio e disprezzo per chi
ha
ucciso Paparelli. 10-100-1000 Roma mer...». Un applauso
scrosciante
di tutto lo stadio ricompone in un attimo la frattura che era
apparsa evidente.
Un altro applauso, di incoraggiamento, invece è andato al
giovane
portiere Narciso sotto la curva Nord che non gli risparmia poi
il solito
insulto alla rimessa dal fondo, così come si diverte a
rispondere
all’altoparlante quando vengono annunciate le sostituzioni del
Bari.
Da segnalare la
copertina della “Voce della Nord" con Simeone in atteggiamento
poco ortodosso
verso la curva Sud romanista dopo il gol di Castroman al
derby.
Il Messaggero
7/5/2001
la polemica
E
sul razzismo all'Olimpico si litiga fra tifosi...
ROMA -
Risultato
di una settimana di appelli, denunce e squalifiche: l'Olimpico
si divide
sul razzismo. Prima a colpi di striscioni, poi di cori e
fischi, di insulti
e rabbia. Alla fine di nuovo tutti uniti, sotto un unico
violento lenzuolo
bianco dipinto in nero e rosso: "Quali scuse, solo odio e
disprezzo per
chi ha ucciso V.Paparelli. 10, 100, 1000 Roma Merda". E giù
applausi,
sorrisi e cori di apprezzamento.
Sono arrivati
in
quarantamila all'Olimpico per vedere giocare la Lazio con il
Bari, ma il
calcio non è il solo protagonista di questa domenica. Lo
striscione
razzista ("squadra de negri, curva d'ebrei") è costato la
squalifica
del campo ai biancazzurri che giocheranno in campo neutro,
probabilmente
a Firenze, il 20 contro l'Udinese. Dai tifosi, almeno da una
parte, ci
si aspettava una presa di posizione verso chi aveva esposto
quel lenzuolo
vergognoso. La società intanto ha deciso di reagire
ingaggiando
il ghanese Kuffour, difensore di colore del Bayern Monaco. E
anche dalla
curva sud è arrivata una prima risposta. "Il razzismo ci fa
schifo,
forza Lazio è il nostro tifo" recitava uno striscione esposto
prima
dell'inizio della gara e per buona parte del primo tempo.
Ma era solo
l'inizio.
Dalla nord, mentre sull'Olimpico un aereo pubblicizzava
l'elezione di Tajani
a sindaco di Roma, si alzavano a ripetizione, cori contro
Assuncao, brasiliano
di colore della Roma, seguiti da immancabili buu. A ogni coro,
giù
fischi dal resto dello stadio. Avanti così per un po',
l'impressione
iniziale è di una spaccatura tra la frangia più razzista
del tifo biancazzuro, e il resto degli spettatori. Forse è
solo
paura di una nuova squalifica, ma intanto una parte del
pubblico sembra
avere capito, appare infastidita dall'ennesimo gesto di
razzismo. Purtroppo
dura poco. Finisce con un Olimpico compattato dall'ultimo
striscione nero
e rosso.
La Repubblica
7/5/2001
IL SOCIOLOGO
Fiasco:
«Un episodio di pura malvagità,
così
i tifosi violenti diventano anche criminali»
«Un
episodio
che nulla ha a che vedere con il calcio, questo è ovvio - dice
il
sociologo Maurizio Fiasco - ma si discosta anche dal tifo più
violento».
In che senso?
«Nel senso
che gli episodi anche più violenti che avvengono prima, dopo o
durante
la partita di calcio hanno un’origine. Certo nessuna
giustificazione, ma
esiste un contesto che può generarli. Qui parliamo d’altro,
siamo
di fronte a un’aggressione, a una spedizione punitiva nei
confronti di
una persona che in quel momento non è un simbolo, non
rappresenta
l’avversario sportivo che sta giocando al calcio».
Quindi
criminalità
pura?
«E che altro?
Certo ieri all’ora di pranzo era la vigilia di Juve-Roma, ma
quella di
quei teppisti sembra proprio una vendetta a freddo, è
l’esempio
che il tifo violento può addirittura degenerare nella
criminalità
generale».
Certo, ma anche
nell’imminenza di una gara accadono episodi decisamente
criminali.
«Certo, però
anche se si tratta di tifo “deviato" sono comunque gesti
legati in qualche
modo a un “rito", quello del gruppo che si identifica in una
compagine
avversaria di un’altra. Nel caso di Zago tutto questo non
c’è».
Il Messaggero
cronache
di Roma
7/5/2001
L’AMICO-AVVERSARIO
Simeone:
«Questa gente
meriterebbe
la galera»
«Quelli
che hanno aggredito Zago sono degli stupidi ed è gente che
deve
andare in carcere. Sono proprio loro che distruggono il
calcio».
Sono state
queste
le prime parole del centrocampista della Lazio Diego Pablo
Simeone in riferimento
all' aggressione che ha subito il difensore della Roma da
alcuni tifosi
della Lazio che hanno picchiato Zago mentre era in un
ristorante insieme
ad alcuni amici e partenti.
«Questa è
l'ennesima botta al calcio - dice l'argentino - io capisco la
voglia di
vincere il derby e tutte quelle cose, ma la sportività è
la prima di ogni cosa. Mi dispiace per quello che è avvenuto».
Nel derby
d'andata
dello scorso anno, l'argentino della Lazio e il brasiliano
della Roma furono
protagonisti di uno spiacevole episodio in campo: Zago sputò
sul
volto di Simeone, che il giorno dopo disse: queste cose si
risolvono in
campo.
Ma in un
episodio
del genere anche un “avversario" storico come il biancoceleste
stigmatizza
un evento che col calcio e la rivalità sportiva non ha nulla a
che
vedere.
C. N.
Il Messaggero
cronache
di Roma
7/5/2001
IL GIOCATORE
«Sono
dei vigliacchi, potrei riconoscerli»
«Sono
più ferito nell’animo che nel corpo. Non capisco assolutamente
perché
sia accaduto tutto questo. Stavo avvicinandomi alla mia auto
quando, da
dietro, sono stato aggredito da tre, quattro persone. Hanno
cominciato
ad insultarmi, dicendomi "bastardo romanista" oppure "tu hai
sputato a
Simeone". Così ho capito che erano tifosi della Lazio. Io non
li
conosco, ma potrei riconoscerli. Ho cercato di difendermi,
aiutandomi con
lo sportello dell’auto, poi uno di loro è salito sull’auto e
mi
ha colpito con un calcio in pieno viso. Mia moglie si è
spaventata
moltissimo, ma soprattutto mia figlia s’è messa paura e
abbiamo
impiegato un sacco di tempo prima di calmarla».
«Ho avuto
paura - continua il calciatore - proprio perchè con me c'erano
i
miei figli e mia moglie. Ero andato a salutare alcuni amici
che festeggiavano
la comunione dei loro figli, poi, sarei dovuto andare a Torino
a vedere
la partita». Una partenza impedita proprio dall'incidente.
«Sono
stati dei vigliacchi, mi hanno aggredito in tanti e, poi, sono
scappati».
Uno degli aggressori potrebbe essere, secondo alcuni, un noto
"ultrà».
Zago ringrazia,
poi, Simeone per quanto detto appena saputo dell' accaduto:
«Ha ragione
lui, questa è gente che deve andare in galera al più presto.
Dopo quello che è successo mia moglie ha paura e vuole andare
via.
Ma io voglio rimanere, voglio vincere questo scudetto».
Il Messaggero
cronache
di Roma
7/5/2001
Un coro via etere: «Vigliacchi»
di PAOLO CIARRAVANO
La paura è che il calcio italiano sia ormai prossimo a divenire di tipo colombiano. Non siamo ancora al caso Escobar, nazionale ucciso per un autogol nel '94, ma tra poco potremmo arrivarci. L'assurda aggressione di domenica pomeriggio a Zago costituisce uno spartiacque negli ultimi avvenimenti di cronaca nera applicata al calcio. La rappresaglia di alcuni teppisti dichiaratisi tifosi della Lazio si abbatte su Zago quasi un anno e mezzo dopo il gesto incriminato: lo sputo rifilato a Simeone nel derby dell'ormai lontano 21 novembre 1999. Il mondo del calcio è costretto adinterrogarsi su sé stesso. Nelle molte radio sportive locali il fattaccio di domenica è sovrastato nell'interesse di tifosi e giornalisti dall'attualità della partitissima di Torino. Se ne parla solo in piccole parentesi all'interno dei programmi. Alcuni forse temono che qualcuno possa identificarsi con gli aggressori, o quanto meno giustificarli. In una parola: temono di essere impopolari. Altri conduttori, per non voler essere cassa di risonanza ad un gesto così incivile, decidono di non commentarlo. Ma su questo tema i tifosi scavalcano gli stessi conduttori e proprio da loro arriva la condanna all'aggressione. All'e-mail di "Tifosiditalia" in onda sugli 89.300 di Radio Flash dalle 12 alle 13, nonostante durante la trasmissione non si sia deliberatamente toccato l'argomento, arrivano numerosi messaggi di sdegno e paura per l'imbarbarimento ormai irreversibile del calcio. Tra gli altri Sandro, tifoso laziale scrive "..quella tra Zago e Simeone è una storia vecchia, risolta già in modo cavalleresco tra i due. Ha ragione Simeone, i fatti che accadono in campo non devono uscire dal rettangolo verde." Poco prima delle ore 16 Radio-Radio 104.500 intervista telefonicamente Zago. Il difensore brasiliano conferma la sua posizione sull'accaduto, si dichiara amareggiato e triste per come il calcio si sta evolvendo e chiude il suo intervento esortando i tifosi della Roma a non comportarsi mai in questa maniera, con nessun calciatore di qualsiasi squadra. Il conduttore Ilario Di Giovambattista, dopo aver fermamente condannato l'accaduto, informa dell'arrivo in redazione di decine di e-mail e fax di solidarietà al giocatore, soprattutto da parte di tifosi laziali. Verso le 18,30 durante "Non sarai mai sola", programma dedicato alla Roma e condotto da Giuseppe De Vivo, sempre su Radio Flash, un tifoso della Lazio sostiene questa tesi, confutata peraltro dal conduttore: i gesti provocatori di alcuni calciatori, possono scatenare reazioni di questo tipo, la colpa è anche la loro. In "We Love Lazio", in onda a seguire sulla stessa frequenza, Rodolfo Bada illustra la sua posizione: «Se davvero l'aggressione fosse stata opera di tifosi laziali, credo proprio che noi conduttori radiofonici locali dovremmo fare il mea culpa. Ci prendiamo tutti troppo sul serio, così si fomentano tensioni inutili e indecenti. Il vecchio spirito dello sfottò di una volta sta morendo. Sul calcio non si può più scherzare». E forse è proprio vero.
Il Messaggero
Cronache
Roma
8/5/2001
DOPO
QUESTO EPISODIO, ECCO CIO' CHE ACCADE
Cresce la
tensione
dopo gli atti di teppismo contro i calciatori delle due
squadre capitoline.
La donna attesa nel suo villino a Centro Giano, vicino
Acilia
Cercano
di stuprarla per vendicare Zago
Vittima la
moglie
di uno dei capi degli “Irriducibili” laziali
sospettato di
aver
pestato il romanista
di GIULIO MANCINI
In nome di
un’allucinante
vendetta da tifo, hanno tentato di violentare la moglie di un
"irriducibile"
della curva Nord, sospettato di aver preso parte
all’aggressione di Zago.
Solo le urla della vittima e la paura di essere scoperti li ha
fatti desistere,
lasciando a terra una donna semispogliata e piangente.
Agghiacciante
episodio
ieri alle porte di Roma. Dopo essere stata raggiunta per
alcuni giorni
da minacce anonime, la moglie del capotifo della Lazio,
presente all’aggressione
del calciatore giallorosso Carlos Alberto Zago di domenica
scorsa, è
stata affrontata nel giardino di casa da due sconosciuti. Alla
donna, madre
di un bambino, sono stati strappati i vestiti di dosso al
grido di «bastardo,
tuo marito è un bastardo». Il tentativo di violenza carnale
si è fermato dopo che le erano stati tirati via gli slip. Per
paura
che le urla della vittima richiamassero i vicini, gli
energumeni hanno
abbandonato l’impresa scomparendo nel nulla come erano
arrivati.
Tutto è
iniziato
poco dopo le 13,30, orario nel quale Marcella (chiameremo così
la
donna), stava rientrando a casa, un villino a Centro Giano, il
quartiere
disteso lungo la sponda sinistra del Tevere, vicino Acilia.
Un’abitazione
sobria, ben tenuta, confinante con la golena del fiume, che
più
volte ha minacciato di esondare in questa parte della città.
Bionda, occhi
chiari,
maglietta t-shirt e jeans, Marcella, dopo aver attraversato il
piccolo
cortile tra il cancello e il portone si è sentita afferrare
alle
spalle da due uomini. Entrambi alti un metro e 80, con il
volto coperto
da foulard, erano entrati evidentemente scavalcando il basso
muro di cinta.
Urlando «questo glielo racconti a quel bastardo di tuo marito»
hanno iniziato a strapparle i vestiti di dosso.
Lei ha cercato
di
reagire, ha lottato e urlato con tutte e sue forze. Ma la
coppia di bruti
(uno dei quali con occhi celesti chiarissimi), ha avuto la
meglio. Le hanno
aperto i pantaloni e con una manata le hanno tirato via gli
slip facendola
cadere a terra.
E’ stato a quel
punto che, forse terrorizzati dal rischio di essere scoperti o
magari soddisfatti
di aver attuato un’eloquente azione "dimostrativa", gli
aggressori hanno
lasciato il campo e sono scappati.
Sotto shock e
seminuda
sul pavimento della chiostrina d’ingresso, tra monopattino e
scateboard
del figlioletto, Marcella è stata soccorsa qualche minuto dopo
dalla
madre, rientrata a casa. E’ stata lei ad avvertire il 118 e il
marito della
donna, al lavoro sul suo taxi. Un’ambulanza ha trasportato la
vittima al
pronto soccorso del "Grassi" dov’è stata sottoposta alle cure
del
caso.
Due ore dopo,
il
referto: «Escoriazioni e contusioni alla zona pubica, agli
arti inferiori
e a quelli superiori». I medici hanno suggerito specifiche
indagini
intime per verificare se le contusioni possono aver provocato
lesioni interne
e hanno consigliato il ricovero della paziente in
osservazione. Questa,
però, preoccupata per il figlioletto piccolo lasciato a casa,
ha
preferito fare ritorno nella sua abitazione.
Ufficialmente
non
sarebbe stata aperta un’inchiesta anche se della vicenda si
sono interessati
i carabinieri della stazione di Vitinia. Secondo gli
investigatori, infatti,
l’episodio non è ancora classificabile, mancando la relativa
denuncia
della parte lesa. «Da qualche giorno — racconta il marito —
sconosciuti
citofonavano o telefonavano minacciando proprio di violentare
mia moglie
e mio figlio. Avevamo anche avvertito i carabinieri al 112». I
familiari,
comunque, hanno dichiarato di voler presentare questa mattina
un esposto
contro ignoti.
Il Messaggero
cronache
Roma
12/5/2001
"La
moglie dell'ultrà aggredita da cani sciolti"
Lo dicono i
carabinieri
che stanno indagando sulla tentata violenza
FEDERICA ANGELI
Cani sciolti,
che
non hanno nulla a che vedere con la tifoseria organizzata
giallorosa. Neanche
la frangia più estrema e inferocita della Sud avrebbe infatti
potuto
commissionare uno stupro per vendicare l'aggressione della
scorsa domenica
a Zago. A sostenerlo sono i militari del gruppo di Ostia che,
per tutta
la giornata di ieri, hanno lavorato su quanto Miriam, 35 anni,
la vittima
della tentata violenza, e Yuri, il marito, 39 anni, leader
degli Irriducibili
dal ‘91, hanno loro raccontato. «Tra le tifoserie - ha
spiegato ai
carabinieri il capo della Nord - esiste una specie di codice,
un'etica,
che impedisce di arrivare a tanto. Donne e bambini sono sacri:
non è
mai successo, in tanti anni che vado allo stadio, che un
tifoso se la sia
presa con la moglie o col figlio di un romanista o di un
laziale».
Il «bastardo»
ripetuto per due volte durante l'aggressione dello scorso
pomeriggio in
via Galatro, al Centro Giano, è un elemento che
ragionevolmente
lascia supporre che l'antagonismo tra tifoserie entri comunque
in gioco
in questo inqualificabile episodio. Ma di certo i due bruti -
uno dagli
occhi azzurri, l'altro scuri; entrambi alti e robusti, con il
naso e la
bocca coperti da sciarpe scure, di carnagione chiara, non più
di
trent'anni e dall'accento romano - hanno agito per una stupida
vendetta
personale, in risposta all'assalto a Zago.
Cercare di dare
un nome ai due balordi non è impresa da poco.
Sapere quale
sia
la loro squadra del cuore e avere una loro parziale
descrizione fisica
non sono infatti elementi risolutivi, almeno a breve termine,
per l'indagine.
Ma forse
potrebbero
assumere un'importanza significativa le telefonate che dalla
scorsa domenica
sono arrivate a casa di Yuri.
A parte insulti
e minacce urlate sotto la villa della famiglia Alauti poco
dopo le ventidue
di domenica, seguite da telefonate ingiuriose e che
promettevano vendetta
(«tanto gliela faremo pagare a quel laziale di merda»)
arrivate
nel corso della settimana, dopo l'aggressione al difensore
giallorosso,
mercoledì notte qualcuno ha chiamato Miriam minacciandola di
violentarla
e di sequestrarle il figlio. La coppia ha probabilmente
sottovalutato la
portata di quello stupro annunciato, tanto che non solo non è
andata
a sporgere denuncia immediatamente, ma neanche ieri ne ha
parlato ai carabinieri
diretti dal colonnello Mario Parente, che in ogni caso
eseguiranno anche
verifiche tecniche sull'utenza telefonica dei coniugi laziali.
I militari
hanno intensificato i controlli nelle zone di Acilia, Malafede
e Ostia
Antica, i quartieri più vicini a Centro Giano. I due
aggressori
potrebbero infatti abitare vicino alla villa del capo degli
Irriducibili
e conoscere dunque le abitudini della famiglia.
La Repubblica
ed.
Roma
13/5/2001
LE
BOTTE AL RISTORANTE
Il marito:
«E’
vero, ero presente
all’aggressione
al
brasiliano»
«Sì
quel giorno al Fontanone, quando si sono azzuffati con Zago,
c’ero pure
io. Ma nella confusione non so che cosa sia successo: c’era
una comunione
e non s’è capito niente». Il marito della donna aggredita
a Centro Giano, capotifo degli "Irriducibili" biancoazzurri da
quasi quindici
anni, ricostruisce quello che è successo domenica scorsa al
ristorante
dove il giallorosso Carlos Alberto Zago è stato aggredito da
un
gruppo di facinorosi "tifosi". «Io gli ho solo detto una
battuta
— racconta l’uomo, testa rasata e tatuaggi sulle braccia — Ero
alla comunione
della figlia di un parente. C’erano i romanisti che si
facevano le foto
con lui e io invece gli ho detto "Te la sei giocata calla co’
Simeone,
eh!". Lui non ha capito e io gliel’ho ripetuto. Poi, la
confusione, una
battuta e uno sfottò e non ho capito che è successo».
L’uomo è
stato diffidato dal frequentare l’Olimpico per le partite di
calcio. «Spero
che quest’aggressione a mia moglie sia l’opera di due cani
sciolti e non
di due tifosi, altrimenti è la fine» sibila a proposito
dell’episodio.
«Ciò
che accade — polemizza Fabrizio Piscitelli, altro ultras
presente all’episodio
di domenica — è anche perchè Zago ha acceso la miccia. Non
avrebbe dovuto gettare benzina sul fuoco. Però, dopo quello
che
è successo, bisogna dire basta. Noi vogliamo gettare acqua sul
fuoco.
E io dico agli amici laziali: mentenete la calma, non
rispondete a questa
ennesima provocazione». Fabrizio, noto come Diabolik, è
indignato
per quanto accaduto alla moglie del suo migliore amico. «E’ il
peggior
reato dopo la pedofilia — dice sicuro — Quelli che l’hanno
fatto sono malati
e pericolosi».
«Siamo pronti
ad incontrarci con società, giocatori e i tifosi più
rappresentativi,
quelli considerati "cattivi" per fare tutti il mea culpa e
calmare gli
animi perchè la situazione sta sfuggendo di mano e stiamo
andando
verso un punto di non ritorno per Lazio e Roma, forse come
negli anni di
piombo» aggiunge poi Diabolik. «Solo che — osserva — le
motivazioni
allora erano politiche e oggi di tifo. Ma non ci possiamo
andare di mezzo
noi mentre loro, i calciatori, prendono miliardi».
«Ciò
che è accaduto stamattina - insiste - va al di là degli ultras
e del tifo estremo. È stata una bravata di stupidi, un gesto
orribile,
secondo solo alle violenze sui bambini. Invitiamo tutti i
tifosi a non
comportarsi mai in questo modo sporco, sbagliato. Finchè ci
sono
provocazioni goliardiche va bene, si capiscono, ma la
degenerazione, lo
scontro diretto, di violenza fisica e per giunta contro le
donne, che trascende
nel reato, è solo da condannare. Dopo l'episodio di domenica
scorsa
di Zago non se n'è parlato più ma tutti devono riconoscere
le proprie responsabilità, anche i giocatori».
Secondo il
marito
della donna aggredita parte delle responsabilità è dei
mass-media.
«Si sta esagerando — sostiene — perchè anche le piccole cose
vengono esasperate da un certo tipo di informazione urlata.
C’è
troppa pressione, vincono i grandi interessi, e a rimanerci in
mezzo siamo
noi tifosi». «Con queste degenerazioni - si chiedono entrambi
gli "Irriducibili" - che succede se la Lazio o la Roma
vinceranno lo scudetto?».
I due non lo vogliono neanche immaginare ribadendo che
«bisogna immediatamente
stemperare i toni».
G.Man.
Il Messaggero
cronache
Roma
12/5/2001
Violenza
ultrà Moglie aggredita
Ieri
la denuncia
Ha
denunciato
ieri in mattinata i suoi aggressori M.P., moglie dell’ultrà
della
Lazio, Y. A., aggredita venerdì pomeriggio a Vitinia, tra Roma
e
Ostia, da due giovani a volto coperto. La donna è stata prima
minacciata
e poi spinta per terra. In seguito i due avrebbero addirittura
provato
a violentarla, ma poi sono scappati quando la gente si è
accorta
dell’aggressione e ha chiamato la polizia. M.P. in seguito è
stata
portata all'ospedale Grassi di Ostia dove è stata medicata per
la
«presenza di varie escoriazioni alla regione pubica anche a
carico
degli arti inferiori e superiori».
Ovviamente la
denuncia
è stata sporta contro ignoti. I Carabinieri del colonnello
Parente
si stanno occupando delle indagini: al momento non ci sono
stati fermi.
Y.A. è uno di quei tifosi della Lazio presenti al ristorante
«Il
fontanone» durante l’aggressione di domenica scorsa al
giocatore
della Roma, Antonio Carlos Zago, che ancora non ha sporto
denuncia. Alviti
ha escluso che possano esserci collegamenti tra i due
esecrabili episodi.
Il Mattino
13/5/2001
Caso Zago
Le
curve: colpa dei «cani sciolti»
ROMA
La capitale
delle
vendette-ultrà si sveglia con giallorossi e biancocelesti in
festa
per due successi che allungano da un lato e tengono viva
dall’altro la
volata scudetto. Ma il risveglio è anche quello della parte
alta
della curva Sud, dove viene srotolato e disposto lo
striscione: «Zago
non si tocca». Lui, l’aggredito nel piazzale del ristorante
Fontanone,
è inquadrato dai maxischermi; scatta l’applauso e i
ringraziamenti
del brasiliano. «Non so se qualcuno mi vuole del male, posso
solo
consolarmi con l’affetto dei miei tifosi, davvero unici».
La questura di
Roma
è allertata; il livello di guardia raggiunto. La settimana
dell’aggressione
al giocatore di Capello e alla moglie del capo ultrà della
curva
laziale ha lasciato molti interrogativi. I tifosi chiedono una
tavola rotonda
con i rappresentanti delle società; da parte loro, Sensi e
Cragnotti,
al di là delle condanne annunciate, temono che, un loro
intervento,
possa servire da cassa di risonanza a chi cerca la strada
della vendetta.
Il pericolo sono i cosiddetti «cani sciolti», ragazzi non
inquadrati
all’interno di gruppi organizzati e che, con le loro azioni,
cercano di
conquistarsi il rispetto del popolo della curva. «Ci sono
giovani
pronti a tutto pur di farsi spazio e ottenere rispetto dai più
grandi.
Non hanno capito ciò che regola e manda avanti il nostro
mondo:
l’episodio dell’altro giorno, l’aggressione ad una donna, è
soltanto
da infami». Questo è il ritornello degli ultrà, chiamati,
ieri all’Olimpico, a sostenere la prima della classe contro
l’Atalanta.
«Adesso abbiamo paura a fare indossare ai nostri bambini la
maglia
di Totti o di Nesta, in città può succedere di tutto se sono
arrivati ad aggredire una ragazza indifesa», è la replica
di quanti hanno costretto i propri figli a lasciare a casa
sciarpe, bandiere
e t-shirt con i numeri e i nomi stampati di Montella,
Batistuta o Emerson.
«Non avrebbe
senso festeggiare un possibile scudetto in un clima da città
blindata.
Questa gente deve andare altrove, non mischiarsi con i tifosi
degli stadi»,
spiega Tommasi. Zago era pronto a fare le valigie e a
tornarsene in Brasile;
la moglie Sonia e la figlia Natalia hanno ancora negli occhi
le scene di
follia di un pomeriggio di sette giorni fa. Juri, uno dei
leader degli
irriducibili laziali, si augura che siano più veloci le forze
dell’ordine
nell’individuare chi ha aggredito la moglie sulla porta di
casa. A margine
delle faide tutte capitoline, trova spazio anche il ricordo
del motorino
di San Siro. Dal cuore della tifoseria in giallorosso è stato
issato
lo striscione «Onore al motorino caduto».
La Stampa
13/5/2001