L'AGGRESSIONE A ZAGO
2000/2001



Pugni e calci in faccia.
Poi sono saliti sul tettuccio della Mercedes del giocatore danneggiandola.
Il giallorosso è stato medicato sul posto dai medici di un’ambulanza
«Zago, fai schifo». E lo picchiano a sangue
Il calciatore romanista aggredito da ultrà laziali
mentre era con la famiglia in un ristorante

 di PAOLA VUOLO

«’A Zago, fai schifo...e io ti sputo in faccia». Un insulto che è come un grido di battaglia, urlato da un ultrà della Lazio contro il calciatore della Roma, nel parcheggio di un ristorante. E altri quattro balordi lasciano la tavolata, come fulmini raggiungono la Mercedes di Zago per dare man forte al capo banda. In un attimo si scatena la rissa: il calciatore viene ferito all’occhio e all’orecchio e medicato dai medici dell’ambulanza del 118. Carabinieri e polizia sono già sulle tracce degli aggressori, che qualcuno ha riconosciuto. «Sono tutti della curva Nord», dice un testimone, «gli investigatori dovrebbero avere già nomi e cognomi».
E’ un giorno di festa, Carlos Alberto Zago è seduto a una tavolata al “Fontanone": l’occasione è la prima Comunione della figlia di alcuni amici del calciatore brasiliano. Zago fa un brindisi alla bambina, che lo guarda orgogliosa, prende dalle sue mani la bomboniera e saluta tutti. Deve proprio scappare altrimenti perde l’aereo per Torino. E anche se lui non sarà in campo, non può stare lontano dalla sua squadra che sta per affrontare la Juve. Il difensore dei giallorossi lascia la sala insieme alla moglie e ai figli e si avvia verso la macchina. Per raggiungere il parcheggio passa davanti ad un’altra tavolata: anche qui si festeggia una prima Comunione. Il difensore della Roma raggiunge la Mercedes, ma non fa in tempo neanche a mettere in moto che un ragazzo alto e robusto, con la testa rasata, gli è alle spalle, «fai schifo, hai sputato in faccia a Simeone, bastardo, io ora sputo in faccia a te». Zago viene aggredito, sotto gli occhi della moglie e dei figli, altri quattro ultras laziali si scagliano contro il giocatore che esce dalla macchina, ma un ultrà è balzato sul tettuccio e lo colpisce con un calcio in testa. E’ la rissa: gli amici di Zago si accorgono di quello che sta succedendo e lasciano cadere le forchettine del dolce nel piatto, scansano i fiori e i cesti pieni di bomboniere di tulle e si precipitano verso il parcheggio per aiutare Carlos Alberto. Urla, insulti e botte, sembra il seguito degli incidenti avvenuti all’Olimpico il giorno del Derby. Gli ultras danneggiano anche la Mercedes di Zago, la bambina della Comunione piange spaventata e si abbraccia alla mamma. Qualcuno chiama i carabinieri, la polizia e un’ambulanza. Gli aggressori scappano e Zago viene medicato.
Gli ospiti della tavolata dove erano seduti gli ultras dicono di non conoscerli e di non sapere bene come sono arrivati alla festa. «Amici di amici», farfugliano agli investigatori. «Non li abbiamo certo invitati noi, qui nessuno ne sa niente».
«E’ successo tutto all’improvviso, una scena orribile». Tina Martinelli è la proprietaria del ristorante sulla Colombo, frequentato da calciatori della Roma e gente dello spettacolo. Tina parla tenendosi una mano sul petto, è confusa e agitata, la figlia, Samantha si avvicina e dice che Zago ha mostrato una grande dignità, che si è preoccupato di non far peggiorare ancora di più la situazione, e che «quelle bestie lo hanno ferito nell’anima, aveva uno sguardo triste e addolorato». Tina mostra le due tavolate: «Zago era seduto qui, oltre la vetrata, quegli altri stavano in giardino. Ho visto il calciatore andare via con la moglie e poi si è scatenato l’inferno. Un energumeno lo ha assalito e insultato, sono arrivati gli altri per picchiare Zago, ho visto gli amici del giocatore correre in suo aiuto e ho promesso alla moglie, Sonia, che andrò a testimoniare. E’ la prima volta che nel mio ristorante succede un fatto così, vorrei sapere come sono capitati qui quei delinquenti, noi controlliamo sempre i nomi dei clienti che prenotano. Poco fa ho ricevuto anche una telefonata dalla moglie di Emerson, voleva sapere come erano andate le cose, mi ha detto che Zago era molto giù di morale».
Sui tavoli in giardino ci sono ancora i resti del banchetto degli ultras: pezzi di torta, bicchieri semivuoti, tovaglioli macchiati di rossetto, cicche e un bouquet di gladioli che troneggia a un centrotavola.
«Sono saltati da qui», racconta un cameriere e indica una siepe bassa e fitta che circonda i tavoli, «quando hanno sentito che il loro amico insultava Zago, hanno scavalcato per raggiungere prima il parcheggio, è davvero gentaccia».

Il Messaggero cronache di Roma
7/5/2001


il caso
Zago picchiato da ultrà biancazzurri
Il giocatore della Roma aggredito in un ristorante. Era ad una prima comunione
 MARINO BISSO
MATTIA CHIUSANO

ROMA - «Sei quello che ha sputato a Simeone... Adesso ti sputiamo noi...». Dopo averlo insultato, l'hanno colpito con un calcio in faccia e hanno danneggiato la sua auto. Carlos Alberto Zago, difensore brasiliano della Roma, è stato aggredito ieri da un gruppo di ultrà laziali mentre si trovava con la moglie e la figlioletta in un ristorante dove molti bambini stavano festeggiando la prima comunione.
Sette giorni dopo il derby della capitale dunque è ancora violenza. Questa volta succede non nei viali dello stadio Olimpico ma nel parcheggio del Fontanone, sulla Colombo la strada che porta al mare di Ostia. L'aggressione avviene nel ristorante dei vip, da sempre frequentato da attori e personaggi dello sport. È l'ora di pranzo. Il difensore giallorosso, con la moglie e la bambina, è seduto una tavolata con altri trenta invitati. Stanno festeggiando la comunione della figlia di una coppia di amici. C'è allegria. Il calciatore brasiliano, che non può giocare la grande sfida serale con la Juventus perché infortunato, viene ben presto riconosciuto. Il ristorante è pieno. E sono tante le persone che vanno al suo tavolo per farsi firmare una autografo. Il giocatore non si nega, anzi saluta tutti con un sorriso e una stretta di mano. I più felici sono i bambini. Le ragazzine con i loro vestitini bianchi di pizzo e i bambini con giacca e i pantaloni blu, sembrano dei piccoli sposi. Maggio è il mese delle comunioni e il ristorante è pieno. Alle 14, Zago saluta i commensali. Ha avuto il tempo solo di gustare gli antipasti e i primi piatti perché deve partire per raggiungere Torino e tifare per i compagni di squadra che affronteranno la Juve. Con la moglie si dirige verso la Mercedes grigia mentre la figlia del difensore può rimane al tavolo con l'amichetta e continuare la festa.

La festa finisce subito e per tutti. Quando Zago attraversa il salone diretto al parcheggio tre giovani si alzano da un'altra tavolata, anche lì si sta festeggiando la comunione di una bambina. I tre lo avvicinano e iniziano a insultarlo. Non sono vestiti da stadio ma hanno la giacca e la cravatta delle grandi cerimonie. Forse hanno bevuto qualche bicchiere di troppo. Scandiscono slogan contro la Roma poi la provocazione diventa personale. «Tu sei quello che ha sputato addosso a Simeone - urlano in segno di sfida - Vieni qui che ora ti sputiamo noi...". Il giocatore accenna una risposta ma capisce che la situazione sta degenerando. Con la moglie sottobraccio preferisce raggiungere la Mercedes ma viene assalito. «Per non farli entrare in auto sono uscito. Uno di loro è saltato sul tettuccio della macchina e mi ha dato un calcio alla testa, colpendomi all'orecchio. Mi sono difeso bene ma poi sono scappati via - racconta agitato il difensore giallorosso - . Sono stati dei vigliacchi mi hanno aggredito in tanti. Tra loro c'era anche un noto ultrà della Lazio...».
Dopo l'aggressione il calciatore è soccorso dai camerieri. Nel piazzale arrivano anche i commensali dei due rispettivi banchetti che cominciano a discutere animatamente. Volano insulti e anche qualche spintone. Per fortuna l'intervento prima di una agente in borghese e poi l'arrivo di tre volanti del 113 impedisce la rissa.
«Mi sono spaventato molto perché con me c'era mia moglie e mia figlia. Per fortuna mia figlia non ha assistito al pestaggio - incalza Zago - . Ma quando mi ha visto il volto insanguinato si è messa piangere». Dopo l'aggressione Zago è stato medicato al pronto soccorso. La ferita all'orecchio e al sopracciglio guarirà in 15 giorni. Intanto la polizia sta cercando gli ultrà violenti. Trovarli non è difficile perché facevano parte di un banchetto di comunione nello stesso ristorante. «È la prima volta che succede un fatto del genere nel nostro ristorante - racconta Tina Martinelli, la titolare del Fontanone - Qui vengono tanti giocatori come Delvecchio, Batistuta, Emerson ma anche della Lazio. Tempo fa è venuto Crespo e Veron».
Il primo a condannare l'aggressione è il biancazzurro Diego Pablo Simeone: «Quelli che hanno aggredito Zago sono degli stupidi ed è gente che deve andare in carcere. Sono proprio loro che distruggono il calcio», accusa il centrocampista della Lazio «questa è l'ennesima botta al calcio...». In serata Zago ha ringrazia Simeone: «Ha ragione lui, questa è gente che deve andare in galera al più presto...».
 

La Repubblica
7/5/2001


Ultrà della Lazio picchiano Zago,
a San Siro uno scooter giù dalla curva

 Di nuovo una domenica di follie e violenze. A Roma gli ultrà della Lazio hanno aggredito fuori da un ristorante Zago. Il difensore racconta: «Erano in cinque, mi hanno detto che ero il bastardo che aveva sputato a Simeone e mi hanno colpito. Ho cercato di difendermi aprendo lo sportello della mia automobile. Uno è salito sul tetto, mentre un altro mi ha colpito alle spalle e mi ha dato uno schiaffo. Sono riuscito a non cadere, per fortuna nel ristorante c’era un poliziotto. Devo ringraziare lui se non è successo niente di ancora più grave». Ma non è finita lì, la domenica violenta degli ultrà laziali è continuata. Allo stadio, infatti, sono comparsi di nuovo striscioni offensivi, come già nel derby. Non solo, ma i cori razzisti sono stati dedicati anche al ganese laziale, Ola, che Zoff ha tenuto in panchina. E tutto dopo che il campo della Lazio è stato squalificato appunto per uno striscione razzista. A San Siro è successo qualcosa che negli stadi italiani ancora non s’era mai visto. A un certo punto è comparso uno scooter in curva: prima è stato preso a calci da un gruppo di scalmanati, che l’hanno quindi gettato giù, rischiando di colpire gli spettatori che erano sotto. In serata sono stati identificati tre degli ultrà interisti protagonisti di questo assurdo episodio che potrebbe avere anche ripercussioni per la società. Il questore di Milano, Boncoraglio, ha commentato: «E’ stata una scena che deve farci riflettere. Dobbiamo adottare nuove misure a presidio dei varchi. Bisogna rafforzare i controlli predisposti dai club».

Il Corriere della Sera
7/5/2001


LE INDAGINI
Capelli rasati e un tatuaggio:
identificato uno dei teppisti
 È uno dei capi degli ultras biancoazzurri la persona che ha guidato l'aggressione a Carlos Zago. Stando agli accertamenti, l'uomo sarebbe già noto per la sua militanza nelle frange del tifo estremo. Dalle testimonianze raccolte sinora, gli investigatori hanno individuato il gruppo degli aggressori ma occorrono ulteriori accertamenti per avere la certezza che i tre ultras laziali siano i responsabili del gesto. Ha i capelli rasati e un tatuaggio sul braccio destro che raffigura un serpente con una spada in bocca. Lo ha rivelato al Corriere dello Sport un ragazzo che ha assistito all'aggressione fotografandone anche alcuni momenti.
I carabinieri della stazione di Vitinia stanno ascoltando un centinaio di persone che erano presenti nel ristorante il "Fontanone" sulla via Cristoforo Colombo, nei pressi di Ostia. Zago e famiglia erano stati invitati al ristorante per una comunione di un amichetto della figlia del calciatore. E la cosa più triste per il brasiliano è che l’aggressione si è verificata davanti agli occhi della figlioletta.

Il Messaggero Cronache Roma
8/5/2001


IL CASO
Cragnotti scrive a Zago:
«Aggressione infame»
« Si mascherano da tifosi ma sono solo delinquenti».
E la moglie del giallorosso insiste: «Voglio lasciare l’Italia»

 di GABRIELE DE BARI

Dopo aver disertato l’Olimpico, in segno di protesta contro il comportamento dei propri tifosi, Sergio Cragnotti ha inviato un telegramma a Zago. «Esprimo completa solidarietà, della Lazio e mia personale, per l’infame aggresssione che ha visto coinvolti anche i suoi familiari. La città di Roma non può che vergognarsi per episodi del genere e mettere al bando queste persone che si truccano da tifosi». Il presidente è rimasto molto amareggiato dall’ennesimo episodio che danneggia l’immagine della società biancoceleste e che fa seguito a quelli, già condannati, nei giorni scorsi e che hanno portato alla squalifica dell’Olimpico.
Il presidente della Lazio - dispiaciuto e offeso per alcune situazioni in particolare - ha così deciso domenica non andare all’Olimpico a seguire Lazio-Bari. La presa di posizione di Cragnotti è stata dura. «Non bisogna cedere al ricatto del tifo violento, né alle strumentalizzazioni che vanno estirpate: basta con gli episodi di intolleranza degli ultrà non impegnati a tifare, bensì a fare politica. Le persone che hanno assalito Zago e la sua famiglia sono delinquenti e come tali vanno perseguiti e puniti». Una condanna totale e una presa di posizione molto ferma da parte del presidente, ormai stanco di trovarsi sempre al centro di problemi che hanno bollato l’immagine del club biancoceleste a livello internazionle.
«I presidenti delle società - ha aggiunto Cragnotti - dovranno ristrutturare i rapporti con i sostenitori: questa gente non va allo stadio per seguire la propria squadra ma per strumentalizzare i rapporti con le società. Il fatto più importante è quello di riuscire a controllare lo stadio, dove non devono essere compiuti gli atti vandalici che abbiamo visto in queste ultime settimane. Quello che, invece, accade fuori dall’impianto di gioco non può essere sotto la responsabilità dei club se non cercando un dialogo per trovare - insieme a quelli che controllano la curva - dei rimedi comuni. Da parte nostra il rapporto con i club organizzati è buono, è difficile avere il controllo di tutte le situazioni, ma questo non significa che si debba cedere ai ricatti di alcuni gruppi. Bisogna far crescere i tifosi perché senza tifo non si può avere una grande squadra. Però una società moderna deve anche affrontare e gestire il problema dell’immagine. Personalmente credo che il tifoso laziale si sia completamente ribellato alle frange razziste e gli striscioni esposti domenica all’Olimpico ne sono una dimostrazione. Ad ogni modo, per poter controllare meglio tutto, a partire dalla tifoseria, è necessario che lo stadio sia delle società».
Intanto, il grave episodio che ha coinvolto Zago ha lasciato uno strascico pesante nella famiglia del difensore giallorosso. La moglie del calciatore, signora Sonia, infatti, insiste per andar via dall’Italia. E Zago ha lasciato aperta questa clamorosa ipotesi. «Il Brasile è travagliato da molti problemi, ma una cosa del genere non sarebbe successa. Nostra figlia è ancora molto spaventata e terremo conto anche di questo pensando al nostro futuro. Se fossimo stati in un altro Paese saremmo già andati via, ma io amo l’Italia e il calcio italiano. Spero di convincere la famiglia a rimanere a Roma. Inoltre, prego con tutto il cuore che i nostri sostenitori non prendano ad esempio l’episodio, né cerchino la vendetta. Non devono scendere al livello di quelli che mi hanno aggredito». L’aggressione subita da Zago sarà esaminata dal consiglio direttivo dell’Assocalciatori. Lo ha riferito il presidente del sindacato, avvocato Sergio Campana, che non ha escluso anche forme di sciopero per combattere la violenza sui calciatori. «Ormai nelle categorie inferiori, gli episodi di aggressione a danni di calciatori sono diventati normali. Bisogna fare assolutamente qualcosa per fermare il fenomeno».
 

Il Messaggero Cronache Roma
8/5/2001


L’ANALISI
Dagli sfottò alla barbarie:
così muore lo spirito del calcio

 di PIERO MEI

QUANDO morì Clemente VII, e tra il popolino romano correva voce che all’evento non fossero estranee le cure mediche, il ritratto del pontificio sanitario venne attaccato vicino alla statua di Pasquino, nella "sua" piazza dalle parti di piazza Navona, e sotto c’era semplicemente scritto: ecce qui tollit peccata mundi, ecco colui che toglie i peccati dal mondo. Lo spirito di Pasquino e delle pasquinate è tipico di Roma, della Roma romanista come di quella laziale; di ciò si è avuto un saggio ancora ieri all’Olimpico, quando lo speaker ha annunciato, sul 2 a 0 per i biancocelesti, una sotituzione nei poveri ranghi del Bari. Tutta la curva Nord, la casa della lazialità, come un sol uomo ha lasciato finire l’annuncio ed ha sonoramente commentato: "E ’sti c..." (per dirla alla Celentano, con i puntini.
Lo spirito irridente, e anche feroce, di Pasquino è quello che si sta perdendo nello stadio e nel calcio, dove non c’è certo la statua di Menelao che regge il cadavere di Patroclo, che è la vera effigie di quello che poi è stato chiamato Pasquino, ma lo spirito c’era, come quello dei tifosi biancocelesti che a Sabrina Ferilli che prometteva lo spogliarello all’Olimpico per lo scudetto romanista scrivevano "Sai che schifo Sabrina nuda a settant’anni", dichiarando quello che prevedevano come tempo d’attesa per l’Evento. Accadeva un paio di derby fa.
Dopo l’ultimo derby, quello di appena una settimana fa, è successo il peggio: fatti che dichiarano l’imbarbarimento del calcio e di Pasquino, il Pasquino che è in ognuno di noi romani, cresciuti nella cutltura di una città che, avendo avuto Giulio Cesare come consigliere comunale, non può che prendere ironiche distanze da tutto.
Ecco che tre tifosi della Lazio (qui si dirà il solito "sedicenti", "teppisti" e così via, ma è una foglia di fico) aggrediscono in un ristorante il giocatore romanista Zago. E’ un evento senza precedenti: un avversario non era mai aggredito; tutt’al più si contestavano i propri beniamini, odio e amore. Ma qui è solo odio, e della peggior specie. Si tratta di calcio!
Roma città è al vertice di questo sport, anziché gioirne, sorriderne e riderne sembra voler dare il peggio di sé. Non consola che a San Siro abbiano portato in tribuna un motorino per lanciarlo dall’alto: a proposito, ma i "severi controlli"?
 

Il Messaggero cronache di Roma
7/5/2001


Divisi sul razzismo. Ma uniti contro la Roma

 di STEFANO ORSINI

ROMA - «Il razzismo ci fa schifo, forza Lazio il nostro tifo». Con un’imponente scritta nei distinti est, lato curva Sud, i tifosi biancocelesti hanno risposto alle polemiche della settimana e alla squalifica del campo inflitta per il prossimo Lazio-Udinese del 20 maggio. Daniel Ola, ghanese di colore, è accolto calorosamente quando l’altoparlante annuncia le formazioni. Il suo appello così come quello della società sembra essere stato accolto: «Noi non siamo razzisti» è scritto nella parte alta della curva Nord proprio vicino alla zona dove erano stati esposti gli striscioni incriminati al derby e persino in Tevere appare un messaggio: «Il calcio è solo sport, anche in Africa il cielo è biancoceleste».
Il clima della partita è quasi irreale. Castroman viene premiato per il gol del derby ma c’è poca gente e a parte gli striscioni iniziali non si vede nel primo tempo nessuno strascico delle polemiche dei giorni passati. Qualcosa però accade all’intervallo. «Un coro per Assuncao: buu» urlano dal basso della curva più calda del tifo laziale. Il pubblico di tribune e distinti fischia sonoramente e gli ultras rispondono stizziti non volendo cambiare il loro modo di fare il tifo neanche dopo gli ultimi eventi: «Siete della Roma. C’è solo la curva Nord». Piovono bottigliette e si vive qualche minuto di tensione fino a quando proprio ad inizio dei secondi quarantacinque minuti gli Irriducibili espongono una nuova scritta: «Ma quali scuse... odio e disprezzo per chi ha ucciso Paparelli. 10-100-1000 Roma mer...». Un applauso scrosciante di tutto lo stadio ricompone in un attimo la frattura che era apparsa evidente. Un altro applauso, di incoraggiamento, invece è andato al giovane portiere Narciso sotto la curva Nord che non gli risparmia poi il solito insulto alla rimessa dal fondo, così come si diverte a rispondere all’altoparlante quando vengono annunciate le sostituzioni del Bari.
Da segnalare la copertina della “Voce della Nord" con Simeone in atteggiamento poco ortodosso verso la curva Sud romanista dopo il gol di Castroman al derby.

Il Messaggero
7/5/2001


la polemica
E sul razzismo all'Olimpico si litiga fra tifosi...

 ROMA - Risultato di una settimana di appelli, denunce e squalifiche: l'Olimpico si divide sul razzismo. Prima a colpi di striscioni, poi di cori e fischi, di insulti e rabbia. Alla fine di nuovo tutti uniti, sotto un unico violento lenzuolo bianco dipinto in nero e rosso: "Quali scuse, solo odio e disprezzo per chi ha ucciso V.Paparelli. 10, 100, 1000 Roma Merda". E giù applausi, sorrisi e cori di apprezzamento.
Sono arrivati in quarantamila all'Olimpico per vedere giocare la Lazio con il Bari, ma il calcio non è il solo protagonista di questa domenica. Lo striscione razzista ("squadra de negri, curva d'ebrei") è costato la squalifica del campo ai biancazzurri che giocheranno in campo neutro, probabilmente a Firenze, il 20 contro l'Udinese. Dai tifosi, almeno da una parte, ci si aspettava una presa di posizione verso chi aveva esposto quel lenzuolo vergognoso. La società intanto ha deciso di reagire ingaggiando il ghanese Kuffour, difensore di colore del Bayern Monaco. E anche dalla curva sud è arrivata una prima risposta. "Il razzismo ci fa schifo, forza Lazio è il nostro tifo" recitava uno striscione esposto prima dell'inizio della gara e per buona parte del primo tempo.
Ma era solo l'inizio. Dalla nord, mentre sull'Olimpico un aereo pubblicizzava l'elezione di Tajani a sindaco di Roma, si alzavano a ripetizione, cori contro Assuncao, brasiliano di colore della Roma, seguiti da immancabili buu. A ogni coro, giù fischi dal resto dello stadio. Avanti così per un po', l'impressione iniziale è di una spaccatura tra la frangia più razzista del tifo biancazzuro, e il resto degli spettatori. Forse è solo paura di una nuova squalifica, ma intanto una parte del pubblico sembra avere capito, appare infastidita dall'ennesimo gesto di razzismo. Purtroppo dura poco. Finisce con un Olimpico compattato dall'ultimo striscione nero e rosso.

La Repubblica
7/5/2001


IL SOCIOLOGO
Fiasco: «Un episodio di pura malvagità,
così i tifosi violenti diventano anche criminali»

 «Un episodio che nulla ha a che vedere con il calcio, questo è ovvio - dice il sociologo Maurizio Fiasco - ma si discosta anche dal tifo più violento».
In che senso?
«Nel senso che gli episodi anche più violenti che avvengono prima, dopo o durante la partita di calcio hanno un’origine. Certo nessuna giustificazione, ma esiste un contesto che può generarli. Qui parliamo d’altro, siamo di fronte a un’aggressione, a una spedizione punitiva nei confronti di una persona che in quel momento non è un simbolo, non rappresenta l’avversario sportivo che sta giocando al calcio».
Quindi criminalità pura?
«E che altro? Certo ieri all’ora di pranzo era la vigilia di Juve-Roma, ma quella di quei teppisti sembra proprio una vendetta a freddo, è l’esempio che il tifo violento può addirittura degenerare nella criminalità generale».
Certo, ma anche nell’imminenza di una gara accadono episodi decisamente criminali.
«Certo, però anche se si tratta di tifo “deviato" sono comunque gesti legati in qualche modo a un “rito", quello del gruppo che si identifica in una compagine avversaria di un’altra. Nel caso di Zago tutto questo non c’è».
 

Il Messaggero cronache di Roma
7/5/2001


L’AMICO-AVVERSARIO
Simeone: «Questa gente
meriterebbe la galera»

 «Quelli che hanno aggredito Zago sono degli stupidi ed è gente che deve andare in carcere. Sono proprio loro che distruggono il calcio».
Sono state queste le prime parole del centrocampista della Lazio Diego Pablo Simeone in riferimento all' aggressione che ha subito il difensore della Roma da alcuni tifosi della Lazio che hanno picchiato Zago mentre era in un ristorante insieme ad alcuni amici e partenti.
«Questa è l'ennesima botta al calcio - dice l'argentino - io capisco la voglia di vincere il derby e tutte quelle cose, ma la sportività è la prima di ogni cosa. Mi dispiace per quello che è avvenuto».
Nel derby d'andata dello scorso anno, l'argentino della Lazio e il brasiliano della Roma furono protagonisti di uno spiacevole episodio in campo: Zago sputò sul volto di Simeone, che il giorno dopo disse: queste cose si risolvono in campo.
Ma in un episodio del genere anche un “avversario" storico come il biancoceleste stigmatizza un evento che col calcio e la rivalità sportiva non ha nulla a che vedere.

C. N.

Il Messaggero cronache di Roma
7/5/2001


IL GIOCATORE
 «Sono dei vigliacchi, potrei riconoscerli»

 «Sono più ferito nell’animo che nel corpo. Non capisco assolutamente perché sia accaduto tutto questo. Stavo avvicinandomi alla mia auto quando, da dietro, sono stato aggredito da tre, quattro persone. Hanno cominciato ad insultarmi, dicendomi "bastardo romanista" oppure "tu hai sputato a Simeone". Così ho capito che erano tifosi della Lazio. Io non li conosco, ma potrei riconoscerli. Ho cercato di difendermi, aiutandomi con lo sportello dell’auto, poi uno di loro è salito sull’auto e mi ha colpito con un calcio in pieno viso. Mia moglie si è spaventata moltissimo, ma soprattutto mia figlia s’è messa paura e abbiamo impiegato un sacco di tempo prima di calmarla».
«Ho avuto paura - continua il calciatore - proprio perchè con me c'erano i miei figli e mia moglie. Ero andato a salutare alcuni amici che festeggiavano la comunione dei loro figli, poi, sarei dovuto andare a Torino a vedere la partita». Una partenza impedita proprio dall'incidente. «Sono stati dei vigliacchi, mi hanno aggredito in tanti e, poi, sono scappati». Uno degli aggressori potrebbe essere, secondo alcuni, un noto "ultrà».
Zago ringrazia, poi, Simeone per quanto detto appena saputo dell' accaduto: «Ha ragione lui, questa è gente che deve andare in galera al più presto. Dopo quello che è successo mia moglie ha paura e vuole andare via. Ma io voglio rimanere, voglio vincere questo scudetto».
 

Il Messaggero cronache di Roma
7/5/2001


Un coro via etere: «Vigliacchi»

 di PAOLO CIARRAVANO

La paura è che il calcio italiano sia ormai prossimo a divenire di tipo colombiano. Non siamo ancora al caso Escobar, nazionale ucciso per un autogol nel '94, ma tra poco potremmo arrivarci. L'assurda aggressione di domenica pomeriggio a Zago costituisce uno spartiacque negli ultimi avvenimenti di cronaca nera applicata al calcio. La rappresaglia di alcuni teppisti dichiaratisi tifosi della Lazio si abbatte su Zago quasi un anno e mezzo dopo il gesto incriminato: lo sputo rifilato a Simeone nel derby dell'ormai lontano 21 novembre 1999. Il mondo del calcio è costretto adinterrogarsi su sé stesso. Nelle molte radio sportive locali il fattaccio di domenica è sovrastato nell'interesse di tifosi e giornalisti dall'attualità della partitissima di Torino. Se ne parla solo in piccole parentesi all'interno dei programmi. Alcuni forse temono che qualcuno possa identificarsi con gli aggressori, o quanto meno giustificarli. In una parola: temono di essere impopolari. Altri conduttori, per non voler essere cassa di risonanza ad un gesto così incivile, decidono di non commentarlo. Ma su questo tema i tifosi scavalcano gli stessi conduttori e proprio da loro arriva la condanna all'aggressione. All'e-mail di "Tifosiditalia" in onda sugli 89.300 di Radio Flash dalle 12 alle 13, nonostante durante la trasmissione non si sia deliberatamente toccato l'argomento, arrivano numerosi messaggi di sdegno e paura per l'imbarbarimento ormai irreversibile del calcio. Tra gli altri Sandro, tifoso laziale scrive "..quella tra Zago e Simeone è una storia vecchia, risolta già in modo cavalleresco tra i due. Ha ragione Simeone, i fatti che accadono in campo non devono uscire dal rettangolo verde." Poco prima delle ore 16 Radio-Radio 104.500 intervista telefonicamente Zago. Il difensore brasiliano conferma la sua posizione sull'accaduto, si dichiara amareggiato e triste per come il calcio si sta evolvendo e chiude il suo intervento esortando i tifosi della Roma a non comportarsi mai in questa maniera, con nessun calciatore di qualsiasi squadra. Il conduttore Ilario Di Giovambattista, dopo aver fermamente condannato l'accaduto, informa dell'arrivo in redazione di decine di e-mail e fax di solidarietà al giocatore, soprattutto da parte di tifosi laziali. Verso le 18,30 durante "Non sarai mai sola", programma dedicato alla Roma e condotto da Giuseppe De Vivo, sempre su Radio Flash, un tifoso della Lazio sostiene questa tesi, confutata peraltro dal conduttore: i gesti provocatori di alcuni calciatori, possono scatenare reazioni di questo tipo, la colpa è anche la loro. In "We Love Lazio", in onda a seguire sulla stessa frequenza, Rodolfo Bada illustra la sua posizione: «Se davvero l'aggressione fosse stata opera di tifosi laziali, credo proprio che noi conduttori radiofonici locali dovremmo fare il mea culpa. Ci prendiamo tutti troppo sul serio, così si fomentano tensioni inutili e indecenti. Il vecchio spirito dello sfottò di una volta sta morendo. Sul calcio non si può più scherzare». E forse è proprio vero.

Il Messaggero Cronache Roma
8/5/2001


DOPO QUESTO EPISODIO, ECCO CIO' CHE ACCADE
Cresce la tensione dopo gli atti di teppismo contro i calciatori delle due squadre capitoline. La donna attesa nel suo villino a Centro Giano, vicino Acilia
Cercano di stuprarla per vendicare Zago
Vittima la moglie di uno dei capi degli “Irriducibili” laziali
sospettato di aver pestato il romanista

 di GIULIO MANCINI

In nome di un’allucinante vendetta da tifo, hanno tentato di violentare la moglie di un "irriducibile" della curva Nord, sospettato di aver preso parte all’aggressione di Zago. Solo le urla della vittima e la paura di essere scoperti li ha fatti desistere, lasciando a terra una donna semispogliata e piangente.
Agghiacciante episodio ieri alle porte di Roma. Dopo essere stata raggiunta per alcuni giorni da minacce anonime, la moglie del capotifo della Lazio, presente all’aggressione del calciatore giallorosso Carlos Alberto Zago di domenica scorsa, è stata affrontata nel giardino di casa da due sconosciuti. Alla donna, madre di un bambino, sono stati strappati i vestiti di dosso al grido di «bastardo, tuo marito è un bastardo». Il tentativo di violenza carnale si è fermato dopo che le erano stati tirati via gli slip. Per paura che le urla della vittima richiamassero i vicini, gli energumeni hanno abbandonato l’impresa scomparendo nel nulla come erano arrivati.
Tutto è iniziato poco dopo le 13,30, orario nel quale Marcella (chiameremo così la donna), stava rientrando a casa, un villino a Centro Giano, il quartiere disteso lungo la sponda sinistra del Tevere, vicino Acilia. Un’abitazione sobria, ben tenuta, confinante con la golena del fiume, che più volte ha minacciato di esondare in questa parte della città.
Bionda, occhi chiari, maglietta t-shirt e jeans, Marcella, dopo aver attraversato il piccolo cortile tra il cancello e il portone si è sentita afferrare alle spalle da due uomini. Entrambi alti un metro e 80, con il volto coperto da foulard, erano entrati evidentemente scavalcando il basso muro di cinta. Urlando «questo glielo racconti a quel bastardo di tuo marito» hanno iniziato a strapparle i vestiti di dosso.
Lei ha cercato di reagire, ha lottato e urlato con tutte e sue forze. Ma la coppia di bruti (uno dei quali con occhi celesti chiarissimi), ha avuto la meglio. Le hanno aperto i pantaloni e con una manata le hanno tirato via gli slip facendola cadere a terra.
E’ stato a quel punto che, forse terrorizzati dal rischio di essere scoperti o magari soddisfatti di aver attuato un’eloquente azione "dimostrativa", gli aggressori hanno lasciato il campo e sono scappati.
Sotto shock e seminuda sul pavimento della chiostrina d’ingresso, tra monopattino e scateboard del figlioletto, Marcella è stata soccorsa qualche minuto dopo dalla madre, rientrata a casa. E’ stata lei ad avvertire il 118 e il marito della donna, al lavoro sul suo taxi. Un’ambulanza ha trasportato la vittima al pronto soccorso del "Grassi" dov’è stata sottoposta alle cure del caso.
Due ore dopo, il referto: «Escoriazioni e contusioni alla zona pubica, agli arti inferiori e a quelli superiori». I medici hanno suggerito specifiche indagini intime per verificare se le contusioni possono aver provocato lesioni interne e hanno consigliato il ricovero della paziente in osservazione. Questa, però, preoccupata per il figlioletto piccolo lasciato a casa, ha preferito fare ritorno nella sua abitazione.
Ufficialmente non sarebbe stata aperta un’inchiesta anche se della vicenda si sono interessati i carabinieri della stazione di Vitinia. Secondo gli investigatori, infatti, l’episodio non è ancora classificabile, mancando la relativa denuncia della parte lesa. «Da qualche giorno — racconta il marito — sconosciuti citofonavano o telefonavano minacciando proprio di violentare mia moglie e mio figlio. Avevamo anche avvertito i carabinieri al 112». I familiari, comunque, hanno dichiarato di voler presentare questa mattina un esposto contro ignoti.

Il Messaggero cronache Roma
12/5/2001


"La moglie dell'ultrà aggredita da cani sciolti"
Lo dicono i carabinieri che stanno indagando sulla tentata violenza

 FEDERICA ANGELI

Cani sciolti, che non hanno nulla a che vedere con la tifoseria organizzata giallorosa. Neanche la frangia più estrema e inferocita della Sud avrebbe infatti potuto commissionare uno stupro per vendicare l'aggressione della scorsa domenica a Zago. A sostenerlo sono i militari del gruppo di Ostia che, per tutta la giornata di ieri, hanno lavorato su quanto Miriam, 35 anni, la vittima della tentata violenza, e Yuri, il marito, 39 anni, leader degli Irriducibili dal ‘91, hanno loro raccontato. «Tra le tifoserie - ha spiegato ai carabinieri il capo della Nord - esiste una specie di codice, un'etica, che impedisce di arrivare a tanto. Donne e bambini sono sacri: non è mai successo, in tanti anni che vado allo stadio, che un tifoso se la sia presa con la moglie o col figlio di un romanista o di un laziale».
Il «bastardo» ripetuto per due volte durante l'aggressione dello scorso pomeriggio in via Galatro, al Centro Giano, è un elemento che ragionevolmente lascia supporre che l'antagonismo tra tifoserie entri comunque in gioco in questo inqualificabile episodio. Ma di certo i due bruti - uno dagli occhi azzurri, l'altro scuri; entrambi alti e robusti, con il naso e la bocca coperti da sciarpe scure, di carnagione chiara, non più di trent'anni e dall'accento romano - hanno agito per una stupida vendetta personale, in risposta all'assalto a Zago.
Cercare di dare un nome ai due balordi non è impresa da poco.
Sapere quale sia la loro squadra del cuore e avere una loro parziale descrizione fisica non sono infatti elementi risolutivi, almeno a breve termine, per l'indagine.
Ma forse potrebbero assumere un'importanza significativa le telefonate che dalla scorsa domenica sono arrivate a casa di Yuri.
A parte insulti e minacce urlate sotto la villa della famiglia Alauti poco dopo le ventidue di domenica, seguite da telefonate ingiuriose e che promettevano vendetta («tanto gliela faremo pagare a quel laziale di merda») arrivate nel corso della settimana, dopo l'aggressione al difensore giallorosso, mercoledì notte qualcuno ha chiamato Miriam minacciandola di violentarla e di sequestrarle il figlio. La coppia ha probabilmente sottovalutato la portata di quello stupro annunciato, tanto che non solo non è andata a sporgere denuncia immediatamente, ma neanche ieri ne ha parlato ai carabinieri diretti dal colonnello Mario Parente, che in ogni caso eseguiranno anche verifiche tecniche sull'utenza telefonica dei coniugi laziali. I militari hanno intensificato i controlli nelle zone di Acilia, Malafede e Ostia Antica, i quartieri più vicini a Centro Giano. I due aggressori potrebbero infatti abitare vicino alla villa del capo degli Irriducibili e conoscere dunque le abitudini della famiglia.

La Repubblica ed. Roma
13/5/2001


LE BOTTE AL RISTORANTE
Il marito: «E’ vero, ero presente
all’aggressione al brasiliano»

 «Sì quel giorno al Fontanone, quando si sono azzuffati con Zago, c’ero pure io. Ma nella confusione non so che cosa sia successo: c’era una comunione e non s’è capito niente». Il marito della donna aggredita a Centro Giano, capotifo degli "Irriducibili" biancoazzurri da quasi quindici anni, ricostruisce quello che è successo domenica scorsa al ristorante dove il giallorosso Carlos Alberto Zago è stato aggredito da un gruppo di facinorosi "tifosi". «Io gli ho solo detto una battuta — racconta l’uomo, testa rasata e tatuaggi sulle braccia — Ero alla comunione della figlia di un parente. C’erano i romanisti che si facevano le foto con lui e io invece gli ho detto "Te la sei giocata calla co’ Simeone, eh!". Lui non ha capito e io gliel’ho ripetuto. Poi, la confusione, una battuta e uno sfottò e non ho capito che è successo».
L’uomo è stato diffidato dal frequentare l’Olimpico per le partite di calcio. «Spero che quest’aggressione a mia moglie sia l’opera di due cani sciolti e non di due tifosi, altrimenti è la fine» sibila a proposito dell’episodio.
«Ciò che accade — polemizza Fabrizio Piscitelli, altro ultras presente all’episodio di domenica — è anche perchè Zago ha acceso la miccia. Non avrebbe dovuto gettare benzina sul fuoco. Però, dopo quello che è successo, bisogna dire basta. Noi vogliamo gettare acqua sul fuoco. E io dico agli amici laziali: mentenete la calma, non rispondete a questa ennesima provocazione». Fabrizio, noto come Diabolik, è indignato per quanto accaduto alla moglie del suo migliore amico. «E’ il peggior reato dopo la pedofilia — dice sicuro — Quelli che l’hanno fatto sono malati e pericolosi».
«Siamo pronti ad incontrarci con società, giocatori e i tifosi più rappresentativi, quelli considerati "cattivi" per fare tutti il mea culpa e calmare gli animi perchè la situazione sta sfuggendo di mano e stiamo andando verso un punto di non ritorno per Lazio e Roma, forse come negli anni di piombo» aggiunge poi Diabolik. «Solo che — osserva — le motivazioni allora erano politiche e oggi di tifo. Ma non ci possiamo andare di mezzo noi mentre loro, i calciatori, prendono miliardi».
«Ciò che è accaduto stamattina - insiste - va al di là degli ultras e del tifo estremo. È stata una bravata di stupidi, un gesto orribile, secondo solo alle violenze sui bambini. Invitiamo tutti i tifosi a non comportarsi mai in questo modo sporco, sbagliato. Finchè ci sono provocazioni goliardiche va bene, si capiscono, ma la degenerazione, lo scontro diretto, di violenza fisica e per giunta contro le donne, che trascende nel reato, è solo da condannare. Dopo l'episodio di domenica scorsa di Zago non se n'è parlato più ma tutti devono riconoscere le proprie responsabilità, anche i giocatori».
Secondo il marito della donna aggredita parte delle responsabilità è dei mass-media. «Si sta esagerando — sostiene — perchè anche le piccole cose vengono esasperate da un certo tipo di informazione urlata. C’è troppa pressione, vincono i grandi interessi, e a rimanerci in mezzo siamo noi tifosi». «Con queste degenerazioni - si chiedono entrambi gli "Irriducibili" - che succede se la Lazio o la Roma vinceranno lo scudetto?». I due non lo vogliono neanche immaginare ribadendo che «bisogna immediatamente stemperare i toni».

G.Man.

Il Messaggero cronache Roma
12/5/2001


Violenza ultrà Moglie aggredita
Ieri la denuncia

 Ha denunciato ieri in mattinata i suoi aggressori M.P., moglie dell’ultrà della Lazio, Y. A., aggredita venerdì pomeriggio a Vitinia, tra Roma e Ostia, da due giovani a volto coperto. La donna è stata prima minacciata e poi spinta per terra. In seguito i due avrebbero addirittura provato a violentarla, ma poi sono scappati quando la gente si è accorta dell’aggressione e ha chiamato la polizia. M.P. in seguito è stata portata all'ospedale Grassi di Ostia dove è stata medicata per la «presenza di varie escoriazioni alla regione pubica anche a carico degli arti inferiori e superiori».
Ovviamente la denuncia è stata sporta contro ignoti. I Carabinieri del colonnello Parente si stanno occupando delle indagini: al momento non ci sono stati fermi. Y.A. è uno di quei tifosi della Lazio presenti al ristorante «Il fontanone» durante l’aggressione di domenica scorsa al giocatore della Roma, Antonio Carlos Zago, che ancora non ha sporto denuncia. Alviti ha escluso che possano esserci collegamenti tra i due esecrabili episodi.

Il Mattino
13/5/2001


Caso Zago
Le curve: colpa dei «cani sciolti»

 ROMA
La capitale delle vendette-ultrà si sveglia con giallorossi e biancocelesti in festa per due successi che allungano da un lato e tengono viva dall’altro la volata scudetto. Ma il risveglio è anche quello della parte alta della curva Sud, dove viene srotolato e disposto lo striscione: «Zago non si tocca». Lui, l’aggredito nel piazzale del ristorante Fontanone, è inquadrato dai maxischermi; scatta l’applauso e i ringraziamenti del brasiliano. «Non so se qualcuno mi vuole del male, posso solo consolarmi con l’affetto dei miei tifosi, davvero unici».
La questura di Roma è allertata; il livello di guardia raggiunto. La settimana dell’aggressione al giocatore di Capello e alla moglie del capo ultrà della curva laziale ha lasciato molti interrogativi. I tifosi chiedono una tavola rotonda con i rappresentanti delle società; da parte loro, Sensi e Cragnotti, al di là delle condanne annunciate, temono che, un loro intervento, possa servire da cassa di risonanza a chi cerca la strada della vendetta. Il pericolo sono i cosiddetti «cani sciolti», ragazzi non inquadrati all’interno di gruppi organizzati e che, con le loro azioni, cercano di conquistarsi il rispetto del popolo della curva. «Ci sono giovani pronti a tutto pur di farsi spazio e ottenere rispetto dai più grandi. Non hanno capito ciò che regola e manda avanti il nostro mondo: l’episodio dell’altro giorno, l’aggressione ad una donna, è soltanto da infami». Questo è il ritornello degli ultrà, chiamati, ieri all’Olimpico, a sostenere la prima della classe contro l’Atalanta. «Adesso abbiamo paura a fare indossare ai nostri bambini la maglia di Totti o di Nesta, in città può succedere di tutto se sono arrivati ad aggredire una ragazza indifesa», è la replica di quanti hanno costretto i propri figli a lasciare a casa sciarpe, bandiere e t-shirt con i numeri e i nomi stampati di Montella, Batistuta o Emerson.
«Non avrebbe senso festeggiare un possibile scudetto in un clima da città blindata. Questa gente deve andare altrove, non mischiarsi con i tifosi degli stadi», spiega Tommasi. Zago era pronto a fare le valigie e a tornarsene in Brasile; la moglie Sonia e la figlia Natalia hanno ancora negli occhi le scene di follia di un pomeriggio di sette giorni fa. Juri, uno dei leader degli irriducibili laziali, si augura che siano più veloci le forze dell’ordine nell’individuare chi ha aggredito la moglie sulla porta di casa. A margine delle faide tutte capitoline, trova spazio anche il ricordo del motorino di San Siro. Dal cuore della tifoseria in giallorosso è stato issato lo striscione «Onore al motorino caduto».
La Stampa
13/5/2001


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