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L'
origine del nome della città è avvolto nel
mistero. Secondo
gli antichi
cronisti di lingua greca, come riferisce lo
storico Plutarco, il nome
risalirebbe a «Roma, figlia di Italo e Leucaria,
oppure di Telefo
figlio di Ercole, andata sposa ad Enea oppure ad
Ascanio, figlio di
Enea». «Per altri ancora fu Romano, figlio di
Odisseo e di
Circe»,
aggiunge
Plutarco, «per altri Romo, figlio di Ematione,
che Diomede
inviò da Troia, e per altri Romide, tiranno dei
Latini, il quale espulse
dalla regione gli Etruschi». Secondo una
variante della leggenda
troiana, Ascanio avrebbe avuto due gemelli,
Rommylos e Romos,
ovvero Romolo e Remo, fondatori della città che
da loro avrebbe
preso il nome; anche se poi a fondarla fu uno
solo di loro.
Mario
Onorato Servio, vissuto tra il IV e il v secolo
d.C., sosteneva invece
che derivasse da un nome arcaico del Tevere,
Rumon o Rumen,
la cui radice era analoga al verbo ruo "scorro";
sicche Roma avrebbe
significato la "Città del Fiume". In ogni caso,
secondo quanto
racconta ancora Plutarco, «sulle rive
dell'insenatura sorgeva
un
fico selvatico, che i Romani chiamavano
ruminalis perche i gemelli
vi furono allattati; oggi ancora i Romani
chiamano Rumilia una
dea che viene invocata durante l'allattamento
dei bambini». Secondo
un' altra interpretazione, Roma deriverebbe dal
termine greco rhomè
che significa "forza"; quindi Roma si sarebbe
chiamata così
in
quanto "città forte" e sarebbero stati «i
Pelasgi, che, dopo
aver visitato
quasi tutte le terre abitabili e soggiogati
quasi tutti i viventi»,
scrive
sempre Plutarco, «si fissarono dove sorge Roma,
e per la propria
forza in guerra diedero il nome alla città».
Più
suggestiva la tesi di alcuni storici moderni,
secondo i quali il nome
sarebbe derivato dall'etrusco ruma, "mammella",
con due spiegazioni.
Una farebbe riferimento ad una lupa che avrebbe
allattato i gemelli;
l'altra si collegherebbe ai colli del Palatino e
Aventino paragonabili,
nella forma, a due mammelle. Infine il nome
avrebbe un'
origine "segreta" che si svela leggendolo da
destra a sinistra: Amor.
E una tradizione che risale al v secolo d.C.,
quando visse lo scrittore
bizantino Giovanni Lorenzo Lido che così
l'interpretò; fu ritenuta
possibile nel Medioevo, ma non è documentata, a
parte un graffito
sulla parete di una casa di Pompei.
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Sono
le lettere
che figurano sullo stemma ufficiale della città di
Roma, precedute
da una croce greca e accostate diagonalmente. Sono
le
abbreviazioni
di
Senatus PopulusQue Romanus e indicano le massime
autorità
della città, il Senato e il Popolo. La sigla
probabilmente
entrò
in
uso con l' istituzione della Repubblica, e non
durante la Monarchia,
anche
se una leggenda fa risalire l'origine della sigla ai
Sa-
bini,
per esprimere
la loro forza: Sabinis Populis Quis Resistet? Le lettere
sono
state oggetto di numerose interpretazioni, tanto che
una
cronaca
del Quattrocento
riporta questi significati: Sapiens Populus Quaerit
Romam,
Stultus Populus Quaerit Romam, Senex Populus
Quaerit
Romam,
Salus Papae Quies Regni, Sanctus Petrus Quiescit Romae.
Emblematica
della
Roma papale è l'interpretazione data dal grande poeta
Giuseppe
Gioachino Belli in un sonetto del 1833:
Quell'
esse, pe, ccù, erre, inarberate
sur
portone
de guasi oggni palazzo,
quelle
sò
cquattro lettere der cazzo,
che
nun vonno
dì ggnente, compilate.
M'
aricordo
però cche dda regazzo,
cuanno
leggevo
a fforzza de frustate,
me
le trovavo
sempre appiccicate
drent'in
dell'abbecce
ttutte in un mazzo.
Un
giorno
affine me te venne l'estro
de
dimannanne
un po' la spiegazzione
a
ddon Furgenzio
ch' era er mi' maestro.
Ecco
che mrn'arispose
don Furgenzio:
«Ste
lettre
vonno dì, ssor zomarone,
Soli
preti
qui rreggneno: e ssilenzio».
Ancora
sotto i papi,
prima del 1870, alludendo alla scarsa autorità del Comune,
la sigla
veniva interpretata Si Peu Que Rien. Si racconta anche una
pasquinata
di quando, alla morte di un papa, fu trovata la
sigla S.P.Q.R.
su una
parete dei palazzi vaticani, e al pontefice
neoeletto che ne chiedeva spiegazione,
lo scritto fu così interpretato: Sublato Papa
Quietum Regnum. n
nuovo papa sorrise e uno dei presenti gli chiese:
Sante Pater Quare Rides
? E il papa rispose: Rideo Quia Papa Sum.
Dopo
il 1870,
alludendo alla fine del potere temporale dei papi,
venne interpretato
Sanctus Pater Quondam Rex; e quando poi fu ministro
delle Finanze
Quintino Sella (1827-84), che tartassava i cittadini, venne
fuori
l'interpretazione Sella Piglia Quanto Resta, che era
poi
ben poco.
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