"LA
NOSTRA FEDE E' LA ROMA" Giallorossi
n. 61 aprile 1977
Sono
i primi ad entrare e gli ultimi ad uscire dallo stadio; sono
i più
chiassosi, i più calorosi, i più colorati. Stiamo parlando,
come potete facilmente intuire, degli ultras, cioè di quei
ragazzi
"spina dorsale" di quell'apparato che è il tifo giallorosso.
Ci
siamo incontrati con alcuni esponenti di questa frangia di
tifosi per meglio
conoserli e per sapere la loro posizione e il ruolo che
occupano in questo
famoso apparato. Davanti a noi i ragazzi del "Centro
Giovanile Giallorosso"
(il
neonato Commando Ultrà Curva Sud,
n.d.L.),
un gruppo di recente costituzione che comprende i
"Guerriglieri", il "Commando
Ultrà" e i "Panthers". Inoltre si deve ricordare che nel
Commando
Ultrà sono confluiti i ragazzi dei "Boys", dei "Fedayn",
della "Fossa
dei Lupi", delle "Pantere Giallorosse". Questi ragazzi
col bello
o col cattivo tempo non mancano mai all'appuntamento
domenicale sulle gradinate
dell'Olimpico con la squadra del cuore. Come
prima cosa abbiamo chiesto loro il perché di nomi così
particolari,
così pittoreschi. "Il
nostro gruppo è uno dei più vecchi della Curva Sud-
ci dice Massimo, 22 anni, IV anno di legge, rappresentante
dei Guerriglieri
- Il nostro striscione,
sempre stato sull'ormai
storico "muretto", apparve per la prima volta nel 1967.
Quasi per scherzo
ci chiamammo "Guerriglieri della Curva Sud"; col passar
del tempo ci siamo
sempre più affezionati a questo nome che rimarrà
sempre
il nostro appellativo. "La
nostra è una storia piuttosto singolare
- chi ci confida queste cose è Roberto (Rulli,
n.d.L.) 18 anni,
V anno di ITI per la Fisica Nucleare, esponente dei Fedayn
- noi del Quadraro già
cinque anni
fa ogni Domenica seguivamo la Roma. Alle dieci eravamo
davanti allo stadio.
La gente che ci vedeva per la strada, in quel periodo che
la nostra squadra
non andava molto bene, ci dava dei suicidi, dei
"Kamikaze" e ci diceva
"Siete peggio dei Fedayn". Da allora questo nome che
ci avevano affibbiato
ci è piaciuto e lo abbiamo tenuto.
"Il
nome "Commando Ultrà" -
ci spiega
Antonio (Bongi, n.d.L.),
18 anni, studente, cresciuto con i Boys,
portavoce di questo gruppo - è stato
scelto per stimolare la fantasia di molti ragazzi in modo
che ci seguissero
nel nostro incitamento ai colori giallorossi. Prima
volevamo creare uno
slogan, ma poi con un referendum in Curva Sud
abbiamo deciso che
era meglio scegliere questo nome a cui tutti ora siamo
attaccati". "Il
nostro gruppo è formato interamente da giovanissimi-
risponde Italo, 16 anni, stenodattilografo, voce dei Panthers
- e come tali al momento di
decidere un
nome abbiamo scelto quello che più stimolava fantasie
nella nostra
mente e così è nato questo "Panthers" che troneggia
sul nostro striscione in Curva Nord". Quale
posizione assumete nei confronti dei Club riconosciuti dalla
Roma? "La
nostra è una posizione precisa
- ci dice Massimo - Conveniamo
con il fatto che tali clubs sono molto utili dal punto del
tifo di cui
noi tuttavia ci sentiamo elemento determinante. Per vedere
invece cosa
ne pensano loro di noi vorrei ricordare che nel
corso di una riunione
di tre anni fa al cinema Columbus qualche esponente di
tali organismi ci
qualificò come teppisti senza conoscerci per quello che
eravamo
veramente. Vorrei pregare questa gente di non abusare di
questo termine
frequentemente usato a sproposito nei nostri confronti da
troppe parti". "A
noi i Clubs "ufficiali" sono indifferenti
- una pausa e Roberto
continua - Troppi
di essi hanno tra le loro fila dei soci che mirano solo al
biglietto
per la partita della domenica. Secondo noi essere veri
tifosi significa
anche sacrificarsi per la propria squadra. Purtroppo molta
gente non è
disposta a far ciò. Inoltre io ho una mia concezione
particolare
di come dovrebbe essere inteso il club. Per me non
dovrebbe essere solo
un luogo di ritrovo dove parlare della Roma e dei suoi
problemi, ma deve
anche essere uno spazio aperto ai problemi del quartiere e
della città.
In tal senso noi stiamo organizzando delle iniziative di
sport popolare
in modo che tutti i cittadini siano dei veri sportivi,
cioè facciano
realmente dello sport". Antonio
ha invece nei confronti dei Roma Club un pizzico di invidia.
"Purtroppo
noi non abbiamo una sede anche perché coloro che fanno
parte del
nostro gruppo abitano da quartieri diversi. Sarei molto
felice se anche
noi avessimo un luogo dove poterci riunire. Anche io con
Massimo credo
che la parte determinante del tifo giallorosso siamo noi.
senza nulla togliere
a quei clubs attivi, nonostante tutto, esistono e il loro
lavoro va riconosciuto". "I
clubs cosiddetti "ufficiali" non è che abbiano le mie
massime simpatie-
ci dice Italo - In curva
Nord questo fatto
si evidenzia ancora maggiormente; infatti se si tolgono
uno o due "focolai"
il resto della curva è muto. Questi clubs per come sono
organizzati
dovrebbero fare il doppio di quanto fanno attualmente. Noi
che a differenza
di loro non abbiamo una sede dove riunirci e concordare il
"piano"
di tifo per la domenica, siamo molto superiori su questo
lato. I nostri
doveri di tifosi ci impongono anche dei sacrifici che noi
affrontiamo volentieri,
ma che molti clubs ufficiali neanche si sognano di fare". Perché
considerate degli idoli delle persone che spesso non
vi considerano
adeguatamente? Per
primo ci risponde Roberto: "io
sono romano
e come tale voglio che il nome della mia città prevalga
sempre su
qualsiasi altro. Quando la Roma vince per me è l'intera
città
che ha sconfitto quella avversaria. Questa è la miglior
soddisfazione
che possiamo avere. Quindi noi consideriamo i giocatori
solo gli alfieri
con i quali la Società porta in alto il nome della nostra
amata
città. Ribadisco quindi che non consideriamo affatto idoli
queste
persone". "Neanche
noi consideriamo idoli i giocatori - interviene
Massimo - Essi sono
soltanto delle persone
molto fortunate. La nostra fede è esclusivamente per il
nome Roma.
In fondo gli atleti sono dei professionisti che vengono e
vanno via dalla
nostra città. Ciò che resta sempre e soltanto è il
nome Roma". Antonio
fa un discorso molto chiaro: "L'unica nostra
fede è verso la Roma e non verso i giocatori, per nulla
nostri idoli.
Se ogni domenica andiamo allo stadio è perché crediamo
nella
Roma. Come il cristiano ogni domenica va in chiesa, noi
andiamo a vedere
i giallorossi. Ripeto, per noi la Roma è una vera e
propria fede,
e gli ultras ne sono i suoi profeti". "Io penso che se i giocatori
non ci "filano"
molto è perché i tifosi sono tanti e certamente loro non
possono conoscerli tutti
- sostiene Italo
- Perciò a noi fa molto
piacere
quando sui giornali leggiamo che il tale giocatore ci
ringrazia per il
nostro incitamento. Ci basta il fatto che riconoscano il
nostro amore per
la squadra. Vorrei comunque pregarli di pensare
maggiormente a quella gente
che la domenica lascia tutto pur di seguirli anche in
trasferta. Ci facciano
sentire che ci sono vicini come noi lo siamo a loro.
Idoli? Forse è
l'età che porta a considerarli tali". Condividete
il fatto che giocatori ricevano riconoscimenti dai club
talvolta anche
a poca distanza da prestazioni deludenti? Prende
la parola Massimo, dei "Guerriglieri": "Penso
che essendo i clubs molto numerosi talvolta può capitare
che una
inaugurazione o una festa, programmata molto tempo prima,
capiti dopo una
brutta partita. Comunque un dono può essere anche un
incentivo a
far meglio per taluni atleti. La Roma, come facciamo
soprattutto noi ultras,
va sempre incitata anche nei momenti in cui le cose non
vanno come dovrebbero.
Ci sono talune società che vantano tifosi affezionatissimi
i quali
però quando la squadra va male sono i primi ad
abbandonarla. A malincuore
pertanto abbiamo aderito alla protesta dei del Centro
sfociata nelal mancata
organizzazione della trasferta a Verona, anche perché tra
noi e
le Brigate Gialloblu corrono degli ottimi rapporti che
risalgono all'incontro
Milan/Roma disputatosi appunto sul "neutro" del Bentegodi. A
nome dei Fedayn, stavolta risponde Vinicio, 17 anni, 3°
geometra: "Per
noi - dice molto
categoricamente - il
dono o qualsiasi riconoscimento è assolutamente inutile. I
giocatori
già prendono tanti soldi per conto loro e come
professionisti devono
fare il loro dovere per intero. Siamo noi che dopo la
partita di Cesena
ci siamo recati al Tre Fontane manifestando la nostra
disapprovazione verso
quei giocatori che non ripagavano adeguatamente tutti i
nostri sacrifici
per seguirla anche in trasferta. Sembra
che ora visti i risultati questo sia servito". Antonio
condivide solo in parte l'opinione di Vinicio. Ci dice
infatti "Ai
giocatori farà certo piacere ricevere un regalo dai
tifosi, ma tutto
questo non lo reputo essenziale. Personalmente credo
tuttavia che un segno
di stima e riconoscimento debba essere riconosciuto a
questa gente in casi
come una vittoria contro la Juventus o la Lazio. In questi
casi loro ci
hanno dato una grande soddisfazione e di ciò dobbiamo
prenderne
onestamente atto, manifestando la nostra gratitudine
magari regalando una
medaglietta o una targa ricordo". "Personalmente
- ci confida Italo - credo
che a Roma il
dono ai giocatori lo si darà anche se la squadra
andrà
in serie B. Il pubblico romano è troppo innamorato dei
giallorossi
e non risucirà mai a far capir loro che le cose vanno male
e che
taluni atteggiamenti sono sbagliati. A giustificare tutto
ci sarà
una medaglietta a ricordo di una serata per molta gente
indimenticabile,
mentre per "altra", una come tante". Come
organizzereste il tifo se foste al posto del Centro di
Coordinamento? "Non
posso assolutamente lamentarmi di come funziona ora-
risponde Massimo - Forse se
fossi al loro
posto darei maggiore risalto e spazio non solo agli ultras
ma anche a quei
clubs di vecchia fede romanista che si dimostrano i più
attivi anche
in campi extracalcistici. Ecco, io farei in modo che il
numero di tali
clubs aumenti continuamente". "Come
membro del Centro - ci
dice Roberto -eviterei
le formalità nei rapporti
(per proseguire
la lettura, cliccare sulla terza foto in basso a sinistra,
n.d.L.)