Nel 1972, avevo 14 anni, con l’aiuto di
Renato Faitella e Fausto Josa, dirigenti del Centro
Coordinamento Roma Club,
fondai i Boys
- Le furie giallorosse.
Noi Boys eravamo tutti teen agers, con
simpatie di destra.
Stavamo in
Curva Nord e avevamo diritto allo striscione e a quattro
ingressi a partita. Si arrivava allo stadio all’apertura dei
cancelli, per obbligo perché dovevamo piazzarci con lo
striscione al nostro posto. Ero affascinato dagli ultras del
Toro, che avevano già una cinquantina di striscioni in curva.
Li presi ad esempio. Attaccavamo l’incitamento al fischio
d’inizio della partita, per risparmiare la voce. Avevamo venti
tamburi, megafoni, trombe elettriche alimentate dalle batterie
delle automobili, che facevano un chiasso infernale.
Organizzavamo i pullmann per le trasferte e ogni tanto veniva
la mamma di qualcuno di noi.. Ricordo i treni giallorossi a
4.500 lire (Roma-Genova-Roma) biglietto compreso. Curve piene
di bandiere per un Roma-LanerossiVicenza 0-0 con 65.000 spettatori; o per Roma-Torino, quando Renato Cappellini segnò un gol dopo
980 minuti scacciando lo spettro della B. (Inserisco a questo punto un ricordo personale
di Leo, n.d.L.: Abbonato Curva Sud - Roma
Junior Club, non dimenticherò mai ROMA-TORINO di Marzo
1973. Avevamo appena perso il derby per 2-0 ( unica
consolazione i lazieli "respinti", dai grandi, verso la
Tevere e lo striscione Lazio Club Villalba sequestrato") e
rischiavamo la serie B. Inoltre non segnavamo da oltre 900
minuti. Primo tempo: incrocio dei pali di Ciccio Cordova.
Inizio secondo tempo: rigore per la Roma. Tira Morini, il
portiere del Toro Castellini respinge, riprende Cordova e
il portiere blocca. A quindici minuti dalla fine Renato
Cappellini in tuffo schiaccia la palla di testa che
rimbalzando supera Castellini. GOOOL!!! Dopo oltre dieci
giornate. Delirio giallorosso. Dieci minuti consecutivi di
ESULTANZA. Vincemmo 1-0") ... era un
tifo casinista ma pulito, non violento. Da sinistra a destra,
così stavano piazzati gli striscioni sulle sei uscite
principali delle due curve: Aficionados
H.H. Viale Somalia, Fedelissimi Viale Marconi, Cinecittà
Alberto Ginulfi in Sud, poi in
Nord: Giuliano Taccola
Primavalle, R.C. Aurelia e Boys... A quei
tempi i laziali dividevano ancora la Sud con i romanisti.
Prima di un derby dell’11.03.1973 la S.S. Lazio invitò con
un comunicato i propri tifosi a prendere la Sud, in
quanto società ospitante. L’anno prima avevano vinto i due
derby, si sentivano forti. Decidemmo di fare una spedizione:
alle 11 del mattino li trovammo sul muretto di Dante, erano pochini. Cominciammo a
dargli fastidio e, aumentando il pubblico, il gruppetto di
laziali si trovò isolato. Fra cori e pernacchi, si
trasferirono in blocco verso la rete attaccata alla Tevere, in
un cantuccio. Il derby successivo li ritrovammo alla Nord. Da
poco tempo avevo avuto l’inevitabile impatto con la violenza.
I primi scontri mi colpirono molto. Fu a Torino nel ‘73. Gli
ultras granata, notoriamente di sinistra, si presentarono
all’improvviso nella nostra curva, con bastoni e caschi. Ci
rubarono lo striscione, qualcuno di noi prese dei colpi.
Strapparono e bruciarono in Curva Maratona lo striscione del
R.C. Giuliano Taccola, forse il più bello della storia della
tifoseria giallorossa, idato da Marcello “il Kid”. Erano le
prime avvisaglie degli anni di piombo, con le diversificazioni
politiche anche negli stadi. In Curva Sud presto spuntarono
gruppi di tifo organizzato simili al nostro. Sul muretto già
da tempo c’erano i Guerriglieri della
Sud, di destra. Al lato opposto stavano i Fedayn di Quadraro-Cinecittà,
comunisti; il loro capo era Roberto Rulli,
un militante piuttosto noto e un ragazzo idealista. La Fossa
dei Lupi era di Monte Cervialto, guidata da Stefano
Scarciofolo e Vittorio Trenta. Le
Brigate Giallorosse provenivano da Torrespaccata. Il Commandos
Lupi era organizzato dai ragazzi di Monteverde. Poi sorsero le
Pantere Giallorosse, i Panthers e altri gruppi minori”.
Intervista
a Pinuccio e Armandino (Supertifo n. 13 - 1° novembre
1994)
Quando nascono i Boys Roma e quale zona della
capitale rappresentate?
"Il gruppo dei Boys nasce nel 1972 per
iniziativa di Antonio Bongi con un intento di primaria
importanza, cioè quello di distinguersi dal resto della
tifoseria giallorossa esistente. In comune avevamo
un'estrazione borghese, proveniendo e vivendo in quartieri
come Vigna Clara, Parioli e Balduina. Questa nostra
posizione sociale benestante ci ha permesso di avere una
cassa sociale pingue per poter acquistare numeroso
materiale da stadio. In quel periodo avevamo uno stretto
legame con le Brigate Gialloblu di Verona."
Vista la vostra estrazione borghese, l'ideologia
palesemente destroide e una
inclinazione autonomista, perché in passato avete aderito
al progetto di accorpamento del C.U.C.S., in quegli
anni decisamente "borgataro" e "rosso"?
"Dobbiamo ricordare che nel '77, epoca della
fusione, noi eravamo in Curva Nord, mentre nella Sud erano
presenti altri gruppi come i Guerriglieri, i Fedayn, la
Fossa dei Lupi e le Pantere. La scelta di riunirsi in un
solo grande gruppo fu il frutto di una necessità del
momento, dovuta ad una carenza patologica del
livello di organizzazione del tifo. Senza peccare di
presunzione, furono i Boys a dare una grossa sterzata ad
un ambiente intorporito. Quando decidemmo di trasferirci
in Sud c'era un preciso obiettivo, quello di prendere
questa unione come punto di partenza per un grande
progetto, del tutto nuovo rispetto al C.U.C.S. che aveva
in mente grandi cose come poi rivelerà. Ricordiamo ancora
oggi quel giorno che portammo in curva Sud quaranta
tamburi, un numero impressionante per quell'epoca, con la
consapevolezza di fare qualcosa che durasse e facesse
parlare."
In seguito vi siete staccati dal C.U.C.S.
formando un gruppo a sé stante.
"Il nostro striscione è di fatto scomparso dal
1977, anno di nascita del C.U.C.S., fino alla sera della
finale Roma-Liverpool nell'84. Ma in realtà il gruppo è
sempre esistito e si è sempre distinto per una linea di
condotta intransigente ed indipendente, trovando per
questo dissenzienti nel resto della Curva.
Per essere più espliciti: ci trovavamo in mezzo
a gente che faceva dei furti e del vandalismo una
ragione d'essere e questo non lo accettavamo a priori. Chi
ci conosce sa bene che non rifiutiamo lo scontro fisico e
che certamente non siamo dei santarellini. Per capirci,
niente porgi l'altra guancia, ma sappiamo bene cosa sia il
rispetto e perciò odiamo chi fa le imboscate o le
vigliaccate, tornate in auge a causa dell'impossibilità di
venire direttamente a contatto per la troppa polizia."
Sono trascorsi quasi 25 anni e il vostro nome è
già leggenda. Ma chi sono e come sono i Boys del 1994?
"Il gruppo è stato praticamente "rifondato"
nelle basi, pur mantenendo sempre lo stesso stile di vita
e le stesse persone. Anzi a livello di tesserati abbiamo
registrato un incremento e ora stiamo intorno ai 1.800
soci. Abbiamo dato "asilo" a fuoriusciti di altri gruppi,
specie del Commando."
Come sono i rapporti con gli altri gruppi?
"Sono rapporti di quieto vivere, ma anche di
collaborazione, soprattutto per le trasferte. Non c'è
comunque quell'affiatamento fraterno, forse perché su
alcune questioni ci sono state incomprensioni. A livello
personale ci troviamo in sintonia con i ragazzi di Opposta Fazione. In Sud
ci sono troppi "viscidi", uomini della presidenza per
capirci, non c'è più l'amore di dieci anni fa e non ci
sono ragazzi come Roberto Rulli
(ex capo del C.U.C.S.).
Quando tutti i gruppi si unirono sotto il
C.U.C.S., Antonio Bongi, leader del gruppo, fu d'accordo
con la fusione. Dopo Roma-Dundee decidemmo di riprenderci
la nostra identità e il nostro muretto. Non ci
specchiavamo nella filosofia del Commando che veniva visto
più come una vetrina, una passarella aperta a cani e
porci. Volevamo un gruppo d'azione, un gruppo che
affrontasse l'avversario a viso aperto, che accettasse la
sfida senza remore, il cui nome incutesse paura. Questa
era la nostra mentalità, lontana anni luce dal becero
delinquentismo gratuito, dal borseggiamento, dal furto di
catenine e roba simile, insomma contrario alla macchietta
dell'ultrà romano e della Sud dipinta come tana di
eversivi "cani sciolti". In parecchie trasferte avevo
visto i tifosi della Roma temporeggiare, in difficoltà, e
volevo che il mio gruppo pur restando nelle retrovie si
facesse conoscere. L'apice è stato raggiunto quando
abbiamo rotto il gemellaggio con i napoletani, facendo
irruzione al momento del giro di campo, provocando
scaramucce tra i tifosi della Roma (era il 25 ottobre 1988, n.d.r.). Il periodo di maggior unione? Quello
della finale di
Coppa Uefa e degli anni del Flaminio. Poi tutto si è
sgretolato per colpa di qualche personaggio che ha messo
di mezzo interessi privati."
In che misura avete partecipato alla
contestazione di Trigoria?
"Siamo stati noi a coordinare la contestazione
insieme a Peppone della Falange Ostile e a qualche ragazzo
del Commando. Per noi i giocatori passano, la Roma resta.
Stiamo ancora scontando gli errori della gestione
Ciarrapico, ma speriamo con Sensi di "espiarci". Con la
Società comunque siamo ai ferri corti, in particolare con
Agnolin che vuole marescialli e non persone."
Il segreto.
"Il sogno nel cassetto dei Boys è sempre stato
il gemellaggio con gli interisti, anche se da giallorosso
verace sarebbe stupido dire che non li odio, però stimo
Franco Caravita (capo dei Boys S.A.N. n.d.r.)."
I derby.
"I derby erano molto più "pesanti" anni
addietro. Adesso ci conosciamo tutti, succede un pò di
parapiglia solo la mattina. Il vero derby è con il Napoli.
Comunque non ci tiriamo indietro e i laziali sono sempre
odiati in quanto laziali."
Dissapori.
"Parecchie volte abbiamo pensato di scioglierci,
ma era un dolore troppo grande non vedere più lo
striscione dei Boys. Sei anni fa eravamo più solidali e
uniti, eravamo una leggenda. Una volta abbiamo tolto lo
striscione sostituendolo con uno con scritto "Lavori in
corso" per dare una sterzata all'ambiente. Ultimamente il
gruppo si era imbastardito, c'era gente che veniva solo
per farsi le canne. Abbiamo messo le transenne al settore
e avviato una operazione di ripulitura per riportare stile
e dignità. Per tre settimane (nel 1993, n.d.r.) c'è stato
sul muretto lo striscione "Chiuso per restauro". Siamo in
crescita. Abbiamo superato i 1.500 soci e siamo eccitati,
pronti per litigare come è nel nostro spirito, specie
nelle trasferte di Firenze, Napoli e Brescia, napoletani e
fiorentini si sono dimostrati campioni delle infamità e
delle carognità."
Cliché.
"A Roma il tifo si è sempre fatto con fumogeni,
tamburi e sciarpe. Mi sarebbe piaciuta però una curva
senza tamburi perché secondo me sono soprassati."
La stampa.
"La stampa romana non vede bene i tifosi della
Roma e viceversa. Alcuni giornalisti sono subdoli
fomentatori, spesso foraggiati anche dalla Società. Dicono
che siamo il 12° uomo, il cuore di Roma, coreografie da
brivido e poi ci additano come la marmaglia di Roma, come
terroristi di estrema destra e così la polizia ci dà la
caccia come facevano con le streghe".
"Tra diffide e tra denunce
mi domandano perché,
me ne frego rispondendo che
la Roma è tutto per me la la la ...... ...A.S.Roma alé"