(Gli striscioni sono contro la polizia
"napoletana" che in occasione di Napoli/Roma
si è comportata in un modo indegno di un paese
civile)
Boksic mette la firma sul poker
La Lazio batte la
Roma per la quarta volta e vola al secondo posto
ROMA
- Questa citta' porta solo i colori del cielo: il bianco e
il celeste. Per la Roma quest'anno non c'e' scampo e non
c'e' storia, sconfitta su tutta linea quattro volte su
quattro e pilotata da Zdenek Zeman, che soccombe ancora
una volta e si consegna ai posteri con un'etichetta
terribile, che nemmeno cent'anni, nella sanguigna
tradizione delle stracittadine romane, riusciranno forse a
cancellare. La Lazio, puntuale e inesorabile, ha
ripresentato il conto: con il diciottesimo risultato utile
consecutivo, tra campionato e coppe, si e' lasciata alle
spalle l'Inter e insegue la Juve, con quattro lunghezze di
svantaggio. E' stato un derby a strappi, accattivante da
subito, pieno di errori e di occasioni da gol, mai noioso,
monocorde, non incantevole sul piano del gioco eppure
sempre vivo, come se dovesse esplodere da un momento
all'altro. E' partito con buone promesse da parte della
Roma, migliori di quelle della Lazio, piu' attenta a
prendere le misure e ad aspettare che passasse la baldanza
dell'avversario. Poi, tra la meta' e la conclusione del
primo tempo, e' lievitata la Lazio, che ha cominciato a
marcare una chiara supremazia sotto il profilo tattico e a
schiacciare i giallorossi, agevolata dalla superiorita'
numerica a centrocampo, dai tremori difensivi di Aldair e
compagni e dall'immobilismo di Zeman, che ha assistito
allo sbandamento collettivo senza muovere paglia. La
costruzione della gara messa a punto dal boemo non e'
stata troppo dissimile dalle precedenti. Chi si aspettava
una Roma piu' accorta, piu' prudente in confronto ai tre
derby persi nel corso della stagione, e' rimasto deluso.
E' vero che Candela ha ridotto le sue avanzate sulla
fascia sinistra, forse pure costretto dalla serata balorda
di Di Francesco, ma dall'altra parte Cafu ha svolto il suo
lavoro senza pause, nel pieno rispetto delle antiche
consegne, e insufficientemente coperto alle spalle da
Tommasi. L'avvio frizzantino, concretizzatosi in una
rovesciata di Di Biagio in area al 4' (assist di
Delvecchio e parata a terra di Marchegiani) e in una
stoccata di Paulo Sergio al quarto d'ora, non ha
impressionato la Lazio. Soffrendo la sovrastante qualita'
tecnica del centrocampo biancoceleste, la Roma si e' fatta
lentamente risucchiare dai suoi tentennamenti e da una
sorta di blocco psicologico, che ha via via lasciato il
campo alla sicurezza interiore dell'avversario. A
differenza delle altre sfide, stavolta la Lazio ha mancato
in maniera incredibile occasioni da gol a ripetizione.
Attaccava la sinfonia Mancini (13', piattone sbilenco su
servizio di Boksic), imitato da Boksic (25', cross di
Fuser), da Fuser (31', assist del croato) e ancora da
Boksic (due volte: 32', rovesciata fuori misura a porta
vuota e al 45', cross radente di Fuser). Per la verita'
pure la Roma, in un paio di circostanze, si era allineata
all'andazzo svirgolato della partita: sfortunata al 39'
con Totti, la cui girata di testa veniva salvata sulla
linea da Venturin, e improvvida con Delvecchio al 29', che
mandava in curva sempre di testa, a pochi metri da
Marchegiani. Tuttavia, il divario tra le due formazioni,
divario non solo tecnico, ma soprattutto di mentalita' e
di consapevolezza dei propri mezzi, e' riemerso in tutta
la sua interezza nella ripresa. La Lazio ha come sentito
di avere ormai in pugno la partita e l'avversario. Questa
sensazione di forza prevalente si e' materializzata dopo
cinque minuti, quando Boksic, riprendendo la respinta di
Konsel su una punizione calciata da Jugovic, ha frantumato
le speranze giallorosse e messo la Lazio nelle condizioni
di decollare verso il secondo posto. La Roma e'
impallidita e Zeman e' andato nel pallone, perfino ripreso
da Boggi per una protesta troppo veemente. Il raddoppio di
Nedved (gol da posizione impossibile, susseguente a un
salvataggio di Zago su tiro debole di Fuser) ha messo il
timbro definitivo a quanti ritenevano che il quarto derby
della stagione potesse in qualche modo restituire alla
Roma una piccola porzione della dote persa nei tre
confronti precedenti. LAZIO 2 Marchegiani 6,5 Pancaro 6
Nesta 7 Negro 7 Favalli 6 Fuser 6 Venturin 7 Jugovic 6,5
Nedved 7 Boksic 7,5 R. Mancini 5,5 All.: Eriksson 8 ROMA 0
Konsel 7 Cafu 5,5 A. C. Zago 5 Aldair 6 Candela 5 Tommasi
4,5 Di Biagio 5,5 Di Francesco 4,5 P. Sergio 5 Delvecchio
5,5 Totti 5 All. Zeman 4 Arbitro: Boggi 7 (Nicoletti 6,
Pisacreta 7) Marcatori: Boksic al 5' e Nedved al 16' s.t.
Ammoniti: Cafu, Nedved. Sostituzioni Lazio: Gottardi
(s.v.) per Nedved 25' s.t.; Casiraghi (s.v.) per Boksic
29' s.t.; Marcolin (s.v.) per Mancini 41' s.t. Roma:
Helguera (s.v.) per Di Biagio 21' s.t.; Scapolo (s.v.) per
Di Francesco 32' s.t. Recuperi: 2' piu' 4'
Eriksson: "La
vittoria piu' bella". Aldair: "Quanti errori" ROMA -
(f.hav.)
"I ragazzi hanno disputato una grande partita, e'
stato il derby piu' bello: l'abbiamo dominato". Eriksson
sprizza felicita' da tutti i pori. I biancazzurri hanno
vinto la quarta stracittadina della stagione, un record
che sara' difficilmente superabile dai rivali della Roma.
E, soprattutto, hanno agganciato quella seconda posizione
in classifica che li rilancia prepotentemente nella lotta
per la conquista del campionato: "Scudetto? E' meglio non
pronunciare la parola", sottolinea scaramanticamente il
tecnico laziale. Il quale, pero', sa perfettamente che
d'ora in avanti sara' proibito sbagliare. E avverte: "Vedo
un pericolo: si gioca troppo, siamo in lotta su tre
fronti. Avremo due partite alla settimana, forse e'
meglio. Forse no. Ma un fatto e' certo: non abbiamo vinto
ancora nulla, e' presto per festeggiare...". L'azionista
di maggioranza della Lazio, Sergio Cragnotti, aveva
scommesso con Boksic che non sarebbe arrivato a quota 10
gol. E' stato smentito. "Pago, sono ben lieto di farlo -
dice sorridendo -. Ora puntiamo a entrare in Champions
League". Tutt'altro umore in casa giallorossa: Sensi se ne
va scuotendo la testa e non pronuncia una parola, Zeman
continua nel suo personale silenzio - stampa. Aldair si
presenta ma sembra un pugile suonato: "La Lazio e' piu'
organizzata di noi", ammette sconsolato. E rivela:
"Abbiamo sbagliato tutto. Zeman ci aveva detto come
dovevamo giocare, noi non lo abbiamo fatto...".
LA PARTITA DELL'EX
Schemi nuovi e incubi notturni ma per Zeman non c'e'
vendetta ROMA - Poker. Sembra una maledizione: Zeman
incassa la quarta sconfitta consecutiva e continua a
tenere nel ripostiglio quel sostantivo chiamato vendetta.
Contro Eriksson, la legge dell'ex svanisce nel nulla. Il
mister che ha oltrepassato il Tevere perde la pazienza la
notte dell'ennesima deb - acle. Fuma, d'accordo, non e'
una novita'. Una sigaretta dietro l'altra per la felicita'
del Monopolio dei tabacchi. Ma il boemo va piu' in la'.
Dicono i cronisti che lo conoscono bene che da una
settimana stava vivendo giorni diversi. A Trigoria,
durante gli allenamenti, provava e riprovava schemi
assolutamente inediti che nulla avevano a che fare con la
sua mentalita'. Forse di notte aveva gli incubi, forse
sognava Boksic e Mancini che saltavano i ragazzi della sua
difesa. Sta di fatto che Zeman appariva un altro, perche'
dentro di se', malgrado le chiacchiere e le dichiarazioni
di rito, sentiva che questo quarto derby con la Lazio non
lo poteva proprio perdere. Sai come sono i tifosi? Ti
amano e ti vogliono bene, ti osannano e ti portano sugli
scudi, ma non puoi permetterti di uscire sconfitto e
umiliato in quattro partite con gli odiati cugini. Rimani
nella storia del calcio capitolino solo e soltanto per
questo. Per niente altro. Ecco perche' Zeman non si dava
pace e continuava a studiare schemi che potessero dargli
una possibilita' di vincere. Raccontano sempre i cronisti
che il mister non si era mai lasciato andare, non aveva
mai aperto bocca dopo la fatica e gli insegnamenti sul
campo. Finalmente, e' la notte del derby. Sai, quando hai
un esame e non vedi l'ora di arrivare al momento
dell'interrogazione? Meglio cosi': o la va o la spacca.
Pero', si vedeva lontano un miglio che Zeman aveva i nervi
a fior di pelle. La diplomazia, pero', innanzitutto.
Cosi', nel sottopassaggio che porta sul terreno
dell'Olimpico, l'incontro con Eriksson e' di grande
affabilita': un abbraccio, un sorriso e una stretta di
mano. Vinca il migliore. Ma, non appena Boggi fischia
l'inizio della partita, Zeman spiazza chi lo conosce bene.
Non si siede in panchina, preferisce rimanere in piedi
appoggiato ad un palo. Fuma e scuote la testa, richiama i
ragazzi, li incita, li sprona. E' tirato, un sorriso amaro
gli passa sul viso, capisce che non va, che la Lazio e'
piu' forte. Ha un centrocampo che surclassa il suo, le
punte piu' rapide, la manovra piu' razionale. Jugovic e
Nedved sono cento volte piu' bravi di Di Francesco e
Tommasi. Il primo tempo e' salvo, pero'. Si respira un
quarto d'ora, ma i primi minuti della ripresa sono
catastrofici. Il vecchio Zeman, che vede la terra aprirsi
come un baratro, perde la trebisonda e dialoga
bisticciando pure con l'arbitro. Irriconoscibile, il
mister venuto dal freddo. Dov'e' la sua calma, la sua
freddezza, il suo savoir - fair? Tutto scomparso in una
tiepida serata romana che annuncia ormai la primavera.
Finisce con un poker biancazzurro, con i giovanotti di
Formello tornati a 4 punti dalla Juve. Quando arrivera' il
giorno della vendetta? Zeman sfoglia la margherita e il
destino del derby dice ancora no.
(Corriere Della Sera)
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