ALBERTO
GINULFI
(Giallorossi,
n. 39 - 15 febbraio 1975)
"C'è
chi, come Giovanni Trapattoni, per fermare Pelé, ha dovuto far ricorso
a tutti i mezzi, leciti e soprattutto non. Ma c’è anche chi, come
Alberto Ginulfi, lo ha fatto in un attimo, parando un calcio di rigore
a “O’ Rey” in un’amichevole tra Roma e Santos. Eppure, per prendersi il
posto tra i pali della Roma, ha dovuto aspettare i 28 anni, ma alla fine
la sua non è stata una carriera da numero 12. «C’è
voluta tanta pazienza e tanto lavoro – ricorda
Ginulfi - perché quando arriva il momento
giusto devi farti trovare pronto. Ho passato molti anni a giocare solo
quando il titolare si infortunava, per poi riaccomodarmi in panchina».
Tanti anni con davanti un altro portiere, Cudicini prima e Pizzaballa poi,
ma mai nessun problema con chi era titolare: «Assolutamente
no, con Cudicini, in particolare, eravamo davvero grandi amici. Da lui
ho appreso molto, un giovane portiere ha sì bisogno di giocare,
ma anche di imparare da chi ha più esperienza di lui. Ma per è
stato molto formativo anche aver giocato in serie C».
Tanti anni da secondo, senza mai aver avuto la possibilità di lasciare
la Roma? «Mi voleva la Fiorentina, ma
Herrera si oppose e disse che aveva fiducia in me. E lo dimostrò.
Arrivò il mio momento e fu bellissimo. Era in Coppa Italia, Herrera
mi lanciò nei quarti di finale e giocai fino alla vittoria della
coppa, bellissima perché ottenuta contro ogni pronostico».
E
dal 1969 al 1973, il portiere titolare è stato lui, raccogliendo
i frutti di una lunga attesa. «Sono
stati anni bellissimi, perché intensi. Anche con belle soddisfazioni.
Innanzitutto, la Coppa delle Coppe, disputammo un grande torneo e avremmo
potuto anche vincerlo. Peccato perché solo dalla stagione successiva
si decise che i gol fuori casa potevano valere doppio in caso di parità
complessiva, una regola che ci avrebbe permesso di battere il Gornik. Invece
ci fu lo spareggio, e la monetina a castigarci. A livello personale, poi,
è stata una grande soddisfazione aver parato il rigore a Pelè.
Pochi portieri possono dire di esserci riusciti...»
Ma
pochi portieri possono dire di essere stati sfortunati come Ginulfi. «Eh
sì, ero lanciatissimo, mi ero guadagnato anche la nazionale, quando
ebbi un arresto cardiaco per una pallonata presa in allenamento. Mi ripresi,
certo, ma non potevo allenarmi con continuità e ovviamente la domenica
ne risentivo. Ma non ho rimpianti, perché ho sempre dato il massimo
di me stesso e se non ho ottenuto quanto avrei potuto è solo per
sfortuna».
Non
è un bel periodo, attualmente, per i portieri della Roma. I consigli
di Ginulfi, più che ai suoi eredi, sono rivolti alla società
e allo staff tecnico: «Da fuori vedo
che né Pelizzoli né Zotti sono tranquilli. La Roma deve solo
decidere su chi dei due puntare e poi crederci fino in fondo».
Sembra che Pelizzoli non si sia trovato bene con il suo preparatore. «Questo
aspetto non va sottovalutato. Oggi la figura del preparatore si è
evoluta e per un portiere è fondamentale sia a livello tecnico sia
a livello psicologico». Lo dice uno che ha parato un rigore a Pelè,
ci si può fidare..."
(Il
Romanista, 16 febbraio 2005)