AS Roma Ultras
di AS Roma Ultras - Feb.2001 (Rosso & Giallo)
E' giunto il momento di uscire allo scoperto, di farci conoscere, di mostrare la nostra faccia. O meglio, considerato che forse molti ci conoscono già, è giunto il momento di far conoscere il nostro pensiero e le nostre posizioni su tanti argomenti che ci stanno a cuore. In un contesto in cui si abusa dei mezzi di comunicazione dove c'è chi approfittando di emittenti romane si diverte a mostrarsi nelle sue presunte vesti di caporione in virtù di forti interessi, molto spesso di carattere economico, in un contesto in cui la pubblica opinione si sta sempre più schierando contro il mondo ultras, in un contesto sempre maggiormente caratterizzato da iniziative terroristico-demagogiche quali "Chiudiamo gli stadi" (Bianco), "Chiudiamo le curve" (Rivera), "Un chip per identificare gli ultras" (Boldoni, vicepresidente del Napoli), "Giro di vite per gli ultras" (Melandri), e da aberranti proposte legislative, in un contesto in cui la libertà personale viene negata agli ultras e contestualmente garantita a pedofili, violentatori, ladri e corrotti, bene in questo orribile contesto che ci circonda vogliamo dire la nostra ed avere, quanto meno, un'arma di difesa. Per questo motivo abbiamo deciso di gestire questo spazio grazie alla redazione di rosso&giallo che ce lo ha concesso. Chi siamo? Siamo ultras, siamo ragazzi, siamo tifosi, siamo un gruppo unito dalla passione per la Roma e per Roma, siamo giallorossi dentro. Siamo persone che ogni domenica fanno di tutto perché la Curva Sud dimostri a tutti di cosa è capace. I tempi purtroppo sono molto cambiati da quando il movimento ultras mosse i suoi primi passi in Italia. Oggi i famosi valori, gli ideali, sono sopiti, nascosti da una coltre di indifferenza e di qualunquismo… oggi è tutto troppo facile ed i ragazzi crescono probabilmente nella gran parte dei casi con delle false ideologie e senza la volontà di discernimento, senza la capacità di critica, forse anche senza rispetto per le tradizioni e per la storia. Non è colpa di nessuno, è la società che è cambiata e sta imponendo le sue regole sempre più spietate. Questo non vuole essere una facile recriminazione sui mali di oggi, vuole solo essere la sommaria descrizione dell'humus nel quale ci troviamo a muoverci. Noi ultras, nel nostro microcosmo, abbiamo l'intenzione - forse utopistica - di spazzare via quella coltre di indifferenza e di far vivere ai nostri ragazzi le sensazioni e le emozioni che sono proprie del nostro stile di vita, e di diffondere il nostro pensiero quanto più possibile. Solo così, solo risvegliando le menti delle persone che ci seguono, solo agendo sulla famosa "mentalità", potremo riportare la Curva Sud ai vecchi, anzi vecchissimi livelli, e - perché no - contribuire alla rinascita della cultura ultras in tutta Italia. Va da sé che sostenere novanta minuti su novanta la nostra squadra è l'obiettivo primario del gruppo, tifare, cantare, coinvolgere tutta la curva, intimorire la squadra avversaria, organizzare coreografie è la nostra missione. Ma ci muoviamo in un terreno minato. Continuamente subiamo attacchi e provocazioni anche da chi viene pagato con i nostri soldi per garantire l'ordine pubblico. Senza alcuna pretesa di esaustività, ma a titolo del tutto esemplificativo, davvero credete che in trasferta ci sia realmente bisogno di vedere così tante guardie in tenuta anti-sommossa nel settore ospiti, che ci sia bisogno di sentirli dire "siete dei romani di merda!", ci chiediamo dove risieda la necessità di cariche del tutto ingiustificate, alla cieca, e poi razzi lacrimogeni sparati ad altezza uomo. Avete mai provato a prenderne uno addosso? Beh, fanno male! Avete mai provato a prenderne uno in faccia? Beh, può causare la perdita di un occhio! Non basta. I colpi di manganello vengono poi seguiti da diffide a frequentare gli stadi (potere delle telecamere!). Questa è cronaca, non stiamo inventando niente, ma sorge comunque una domanda: manganellate ad un tifoso con le stampelle (Lazio-Napoli 2000-2001), torce tirate verso la tifoseria ospite (Perugia-Roma 2000-2001), tanto per citare gli ultimi episodi, che sanzione incontrano? Probabilmente nessuna. Le partite in questione vengono poi catalogate ed archiviate come episodi in cui gli ultras, ancora una volta, hanno rovinato una tranquilla giornata di sport. Giornalisti e media in generale condannano a più riprese i falsi tifosi, i teppisti mascherati da tifosi, ed invitano le forze dell'ordine ad usare il pugno di ferro al fine di sconfiggere questa piaga sociale, probabilmente consci del fatto che sono proprio certe prese di posizione ad ingenerare il seme della violenza… ma anche questo fa audience e i responsabili di programmi dello stampo del Processo di Biscardi lo sanno bene e cavalcano la tigre con le loro ovvie affermazioni senza mai soffermarsi a chiedere PERCHE'. Questo, ragazzi, è il terreno su cui ci dobbiamo muovere. Ed è proprio in questa cornice di divieti e di repressione che noi stiamo cercando di far resuscitare certi valori che appaiono ormai perduti. Stiamo, tanto per fare un esempio, cercando di ricordare a tutti che ciò per cui occorre tifare non è Batistuta, o Montella o Totti. È, invece, la maglia della Roma, i nostri colori, il giallo ed il rosso, la lupa capitolina, il nome della nostra città. I giocatori sono delle pedine, un po' così come lo siamo noi, un mezzo per il fine ultimo, la vittoria, anche se va sempre ricordato che noi tifosi rimaniamo della Roma, qualunque cosa accada, che noi ci muoviamo per passione e non per soldi, che rispettiamo il giocatore che indossa la nostra maglia se ed in quanto dimostra impegno ed ardore e ce ne freghiamo se non è tecnicamente dotato, purché esca dal campo ogni volta con la maglia bagnata di sudore. Il giocatore, chiaramente con le dovute eccezioni, fa parte di una razza abbastanza singolare che privilegia i propri interessi e non quelli della squadra per cui gioca. Andare in panchina e magari mettere a rischio la prossima convocazione per la nazionale è un evento che molto probabilmente lo lascerà indurre che è meglio cambiare squadra la prossima stagione, o, perché no, addirittura questa stagione. Non importa se l'altro giocatore, quello che va in campo al posto suo, è in uno stato di forma migliore e può risultare più utile alla causa della sua squadra. Questo poi nel migliore dei casi. Altre volte, pur avendo tutti gli spazi possibili nella formazione titolare ed essendo titolare di un contratto che lui ed il suo orribile procuratore hanno concordato e sottoscritto, il giocatore sceglie, in barba al diritto, di andare in un'altra squadra che gli offre condizioni economiche migliori… ed è il caso di lasciarlo andare perché in caso contrario solo un folle potrebbe scommettere sull'impegno che verrebbe profuso la domenica sul terreno di gioco. Ed ancora non basta. Quanti allenatori sono stati esonerati perché parte dello spogliatoio, generalmente i giocatori con un maggior carisma e dunque maggiormente dotati da un punto di vista tecnico e fisico, ha fatto loro la "fronda"? Credo che il buon Zeman (tanto per fare un nome) ne sappia qualcosa. Con questo, sia ben inteso, non intendiamo assolutamente denigrare od offendere la categoria dei giocatori, ma vogliamo semplicemente puntualizzare e spiegare la nostra posizione al riguardo: la maglia innanzitutto! E chi non la onora non merita rispetto. Questo per cercare di far capire perché la domenica sono pochi i cori che dedichiamo ai giocatori e molti quelli per la Roma. È normale che poi le gesta dei calciatori sono quelle che ci esaltano e che ci fanno sognare e capiamo perché i cori per i giocatori sono quelli preferiti e più seguiti dal resto della curva, ma il nostro ideale si chiama Roma ed è per lei e solo per lei che esistiamo in quanto ultras. Crediamo che queste poche righe possano servire ad introdurre chi non ne sa nulla all'"ultras pensiero" e speriamo che il cammino che potremo fare insieme - grazie anche alle lettere che ci vorrete spedire all'indirizzo e-mail rosso.giallo@tiscalinet.it - possa di volta in volta aiutare chi ci legge a capire chi siamo, e cosa vogliamo. Abbiamo tanto da dire, abbiamo voglia di scuotere la Curva e di far tornare l'entusiasmo di tifare novanta minuti su novanta, sogniamo di trasformare la Sud in una bolgia umana capace da sola di far iniziare ogni partita da 1 a 0 per noi. La squadra avversaria dovrà essere intimorita perché dovrà giocare contro la Roma e la Curva Sud; perché? Perché è giusto che sia così… abbiamo l'onore di essere romani e romanisti… difendiamolo!
di AS Roma Ultras - Apr.2001
Oggi sarebbe fin troppo semplice, quanto inutile forse, raccontare ancora una volta le splendide gesta che la nostra squadra sta compiendo in tutti gli stadi di Italia. E poi questo lo lasciamo fare a chi è sicuramente più competente di noi, non volendo né sapendo essere presuntuosi di parlare di cose che non conosciamo in maniera approfondita. Schemi, tattiche e moduli non fanno parte del nostro glossario ultras.
Scaramanzia
La
Roma continua comunque la sua inesorabile marcia in vetta alla classifica
e quel sogno chiamato tricolore, che noi tutti stiamo aspettando dal lontano
1983, quest'anno come non mai sembra essere proprio lì, dietro l'angolo…
così vicino ma lontano, e certe volte fa impressione pensarci. È
tuttavia giusto rimanere con i piedi per terra, consapevoli però
di non essere più la Rometta, quella abulica squadra da centro classifica
e senza ambizioni; quella squadra che già a marzo di ogni anno si
trovava nell'impossibilità di centrare alcuno degli obiettivi di
inizio stagione. È giusto prendere atto che noi siamo la Roma, che
noi siamo Roma! Mettiamo da parte ogni scaramanzia, che non ci appartiene
come mentalità! Siamo la Curva Sud di Roma e non una curvetta di
qualche altro stadio, cerchiamo di non dimenticarlo. Oggi il nostro sogno
può legittimamente essere coltivato e, senza paura, può anche
essere svelato: si chiama Tricolore! Non è una certezza, anzi continua
a rimanere un sogno, ma oggi a differenza di ieri ci sentiamo di poterne
almeno parlare; non si può più arrossire nel pronunciare
il suo nome, nella convinzione che almeno quest'anno - ed a questo punto
della stagione - siamo noi a poter accampare le maggiori pretese in merito.
È un sogno, lo ripetiamo, e niente più, ma almeno lasciateci
sognare senza alcuna scaramanzia. Porta male pronunciare quella parola?
Dài, non giochiamo! Basta con le corna e con i fischi quando intoniamo
il coro che termina con le parole "vinceremo il tricolor": questo coro
ci appartiene da sempre, è un coro che augura la vittoria finale,
che celebra la nostra fede e la pazienza per l'auspicato risultato. Se
non lo cantiamo ora, ci chiediamo, quando potrà essere urlato senza
timore di ricevere fischi o di vedere 15.000 corna alzate al cielo? Forse
quando la matematica non lascerà più alcun dubbio? Troppo
facile, senza poi considerare che allora dovremmo riadattarlo da "vinceremo
il tricolor" a "abbiamo vinto il tricolor". Noi non stiamo celebrando alcuna
vittoria, convinti come siamo che c'è ancora tantissimo da dover
lottare con grinta e con cattiveria; noi non siamo quelli che sono andati
solo pochi mesi fa a festeggiare - non si sa bene cosa - a Trigoria. Semplicemente
invitiamo tutti a non aver paura della vita ed a continuare la marcia,
così, a muso duro e senza tanti fronzoli. Crediamoci! Umili ma combattenti,
mai domi, come è scritto nella nostra storia, come è leggenda.
Non dobbiamo aver paura di essere quello che siamo, abbiamo una curva unica
al mondo che sta tornando, anche grazie a questi splendidi risultati, ai
livelli che le competono, nonostante una repressione sempre più
dura ma che non ci vedrà mai vinti.
Mentalità
E
qui si può agganciare il discorso sulla mentalità. Nella
consapevolezza di essere ormai una delle maggiori potenze del calcio europeo,
felici e concentrati, chiudiamo gli occhi e ci immaginiamo gli inimitabili
ed irripetibili tempi di Campo Testaccio, riviviamo l'Olimpico vecchio,
il parterre, gli Anni Ottanta. Immagini irraggiungibili, vero, ma si sa
che tutto passa, che il calcio è cambiato (Dio che luogo comune,
questa affermazione), una cosa però è certa: chi non è
mai cambiato, rimanendo fedele sempre ai colori, in ogni parte d'Italia,
subendo attacchi e cariche ingiustificati, ricevendo denunce, diffide,
superando viaggi lunghissimi in condizioni avverse, siamo noi, passionali,
unici, inimitabili fuori e dentro lo stadio, grazie alla nostra indelebile
fede ed al nostro amore verso quei colori che racchiudono molto di più
di una semplice partita di calcio. Testimoni di colori che hanno una storia
millenaria, di una tradizione e di una cultura uniche al mondo.
Quest'anno,
numericamente parlando, c'è stato un seguito che ha dell'eccezionale:
siamo passati dai 18.000 di Perugia, ai 15.000 di Bologna, via via fino
ai 12.000 di Milano sponda Inter e 8.000 sponda Milan. Ma queste trasferte,
sono state vere trasferte per tutti i presenti? Noi ci siamo sempre stati,
a prescindere dai risultati favorevoli o non. Oggi, invece, troppo spesso
questi esodi di massa hanno coinciso con allegre gitarelle domenicali,
insomma un modo alternativo per passare il giorno festivo... no, no, no!
È facile, troppo facile, adesso, andare in trasferta in 15.000 perché
sta andando tutto bene, vantandosi poi il giorno dopo davanti agli amici
di essere stati a Milano o Bologna; troppo facile tirare oggetti alle forze
dell'ordine (?!?) e darsela alla loro prima reazione per poi dire di aver
fatto scontri con le guardie; troppo facile cantare e tifare solo quando
si segna o si vince. Dove erano tutti questi quando noi ultras eravamo
a Bergamo in Coppa Italia o a Brescia dopo la sconfitta di Milano con l'Inter?
Aggiungiamo
poi che fra questi c'è sempre qualche sciacalletto che si diverte
a saccheggiare autogrill o ad infangare in altra diversa maniera il nome
di Roma. Beh, da tutti questi - nel momento in cui la Roma sta marciando
alla grande - noi ci dissociamo... abbiamo sempre seguito la Roma tra sofferenze,
delusioni, promesse non mantenute e specialmente in ogni luogo e situazione.
Non ci faremo rovinare questo momento magico da chi non merita il nome
che rappresenta, da chi è semplicemente "occasionale", di passaggio!
Noi continuiamo per la nostra strada, sicuri di fare il nostro dovere non
di tifosi, ma di romani, così, senza falsa modestia né scaramanzie.