Intervista
al Questore Cavaliere
«Teppisti
allo
stadio, la grande minaccia
per
l’ordine
pubblico»
Il
questore Nicola Cavaliere spiega dettagli e
obiettivi dell’esperimento
del poliziotto di quartiere e delle iniziative
della polizia di prossimità.
In un anno di manifestazioni pressoché quotidiane,
la sola vera
emergenza per l’ordine pubblico, dice il questore,
è stata e rimane
quella della violenza negli stadi animata da
frange estreme della tifoseria
sempre alla ricerca dello scontro con la polizia.
Dall’allarme per il crimine
diffuso a quello per il terrorismo internazionale
e per i pacchi bomba:
l’allertamento del dipartimento di pubblica
sicurezza e le indagini in
corso. Il disegno di legge sulla prostituzione in
strada: per il questore
la questione andava comunque affrontata e
regolamentata
Intervista
a
Nicola Cavaliere: luci e ombre di un anno visto dal
vertice della questura.
Dalle nuove norme sulla prostituzione ai delitti del
crimine organizzato
«Il poliziotto di quartiere per una città più
sicura»
Il
questore:
«Ma gli ultras teppisti allo stadio restano
un’emergenza per l’ordine
pubblico»
di
ANTONELLA STOCCO
(Il
Messaggero, 22 dicembre 2002)
Buon
Natale a chi si sente più sicuro, a chi si sente
meno solo, anche
con tutte le angosce e con il terrorismo possibile e
i possibili pacchi
bomba. E quella minaccia che si immagina dietro
l’angolo, quell’insicurezza
che affligge i cittadini metropolitani. Che ci sia o
non ci sia il piccolo
o grande crimine, non fa molta differenza. Fa
differenza questa novità
del poliziotto di quartiere, sperimentale come una
medicina per la paura,
una prova sul campo della fiducia nell’anno che
verrà. Ma se di
sicurezza si parla bisogna specchiarsi tra
investigazione e prevenzione:
così Nicola Cavaliere, che è questore della capitale
dal
13 maggio scorso, disegna le linee guida di questi
sette mesi e la svolta
che ci vedrà nel 2003 abitanti di una città con più
polizia per strada, ma non sarà una città
blindata.
Il
questore come replica a chi dice che il poliziotto
di quartiere non è
che un’operazione d’immagine al centro della
capitale, come se i cittadini
delle periferie fossero di serie B....
«Certo
che è un’operazione di immagine, perché il
poliziotto di
quartiere c’è e si deve vedere. Ma è soprattutto
un’operazione
sostanziale, inserita in un contenitore molto
grande, quello della polizia
di prossimità. Una sperimentazione prevista nelle
zone ad alto tasso
di abitanti, di scambi commerciali e di vita di
relazione senza esclusione
di nessuno; e un servizio della polizia nel sociale
come quello delle denunce
a domicilio, dei camper, degli uffici per le
relazioni con il pubblico,
del sito web».
Sul
fronte opposto c’è chi si sente nell’occhio del
Grande Fratello,
nel cerchio del controllo totale, vite private
comprese. Dai soliti sospetti
a un diluvio di nuovi sospetti. E’così?
«Non
è così. Il poliziotto di quartiere non è un
controllore,
è al servizio del cittadino e saranno benvenute
tutte le segnalazioni.
Perché la serenità collettiva dipende anche da
questo e le
persone perbene non hanno niente da temere. Se
parliamo di prossimità
e prevenzione, ben venga il diluvio di segnalazioni,
magari anche fantasiose.
Preferisco la fantasia all’omertà, la partecipazione
all’indifferenza».
Se
invece parliamo di investigazioni, Roma resta la
metropoli del riciclaggio,
dei vecchi e nuovi sistemi criminali, di qualche
fosca leggenda. Più
due omicidi di malavita in un mese: Paolo Frau e
Rosario Lauricella...
«Non
è detto che personaggi eccellenti del crimine siano
assassinati
perché tali. Si uccide anche per poco, seppure nella
vicenda Lauricella
è possibile qualsiasi movente: dallo sgarro a
Caracas al narcotraffico
all’intrigo internazionale. Ma queste sono indagini
di polizia giudiziaria
che hanno bisogno di tempo...».
Scendendo
per i rami del narcotraffico si arriva allo spaccio,
ai reati correlati
e quindi al crimine diffuso fino al disagio sociale.
Anche quest’ultimo
riguarda la polizia cosiddetta di prossimità?
«A
volte disagio e reato vengono confusi, così come si
mescolano la
bassa tolleranza alle molestie di un ubriaco e
l’ansia per una strada buia,
un lampione che non funziona. E’ per questo che
lavoriamo con il Comune
e con i municipi, con il volontariato e con le altre
forze dell’ordine
in una sintonia di intenti e di interventi che ci fa
dire: nessuno è
solo».
Tra
disagio e reato, racket dell’immigrazione e
riduzione in schiavitù,
la prostituzione secondo il disegno di legge del
governo dovrà sparire
dai marciapiedi. Si passerà dalle retate agli
arresti di massa?
«Si
farà quello che dirà la legge. La questione però
andava
affrontata e certamente regolamentata poiché non
tutte le prostitute
a mio avviso sono vittime dello sfruttamento. Non
potendo sconfiggere il
fenomeno, si può garantire i diritti di tutti.
Compresi quelli dei
cittadini che questo spettacolo non vogliono
subirlo».
C’è
un altro spettacolo che nessuno vuole vedere: lo
stadio come un campo di
battaglia, le partite alla luce dei lacrimogeni, gli
scontri tra ultrà
e polizia. Queste domeniche dello sport offuscato
dalla guerriglia....
«Queste
domeniche dovranno lasciare il passo a giornate
serene, di sport e senza
ansia. Ma per questo servono anche strumenti
legislativi, e non è
solo attorno agli stadi che bisogna affrontare il
problema delle frange
estreme delle tifoserie. Che cercano lo scontro per
pure motivazioni teppistiche,
che vanno isolate. E’
questo il fronte dell’ordine
pubblico che mi preoccupa di più. Non
a caso il ministro dell’Interno e il capo della
Polizia hanno sensibilizzato
al massimo tutti i questori impegnati con la
questione della violenza negli
stadi. Per il resto, dalla Fao al vertice Nato,
dalle grandi manifestazioni
sindacali a quelle di tutti i giorni: fino a sette o
otto al giorno tra
cortei e sit in, la polizia non ha reagito nemmeno a
certe gravi provocazioni.
Hanno vinto professionalità e dialogo, e di questo
ringrazio i reparti
mobili e i funzionari della questura che sono stati
in strada praticamente
tutto l’anno».
Dall’ordine
pubblico all’allarme terrorismo alle soglie di un
anno forse di pace e
forse di guerra. Anche questo fa parte dell’ansia
collettiva?
«E’
parte dell’ansia ed è al centro dell’allertamento
sul terrorismo.
I pacchi bomba non sono esplosi perché
l’allertamento del dipartimento
della pubblica sicurezza ha funzionato, e le
indagini sul terrorismo interno
sono in pieno svolgimento e con il riserbo che
meritano».
I
poliziotti di quartiere a Natale vanno in
vacanza?
«No.
A Natale saranno tutti qui, e dico grazie a quanti,
uomini e donne, lavoreranno
nei 51 commissariati in questi giorni, e qualcuno è
responsabile
di quartieri grandi come Bologna. Grazie per aver
lavorato in questi mesi
insieme a me, in modo così intenso, e buon anno.
Perché l’anno
che ci aspetta sia sereno, dentro la città e vicino
alla gente».
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Accade
a Roma
lo stesso giorno...
San
Lorenzo: rapinatori
uccidono
una commerciante
Lucia
Veloccia, 59 anni, è stata uccisa ieri sera durante
una rapina avvenuta
in via dei Frentani, tra l'università La Sapienza e la
sede del
ministero della Difesa sede dell'Aeronautica. La
donna, insieme al marito
Francesco Gubbiotti, 61 anni, stava tornando a casa
sulla Bmw, dopo aver
chiuso il negozio di arredamento sulla Tiburtina.
Improvvisamente si fora
una gomma: è un agguato i rapinatori puntano la
pistola contro la
coppia, vogliono la borsa con l’incasso della
giornata. Il marito tenta
di reagire, la moglie interviene e uno dei rapinatori
colpisce la donna
al petto. I due malviventi fuggono su una
motocicletta.
Gli
“Invisibili” depredano Auchan:
spesa
proletaria per gli operai Fiat
La trattativa,
dicono, è stata tiratissima. Cento giovani dei centro
sociali, al
di là delle casse, avevano riempito dieci carrelli
della spesa e
se ne volevano andar via senza pagare. Al di qua,
accanto alle cassiere,
si era schierata la polizia. Il direttore del
supermercato, in mezzo, parlamentava.
Niente carrelli, ragazzi, non se parla. Proposta: li
lasciate, vi diamo
tre "pancali" di panettoni e scomparite. Breve
assemblea dei dimostranti:
niet. Piuttosto, controproposta, dieci prosciutti e
tre forme di parmigiano
«per i cassintegrati Fiat». E sia, accettata, purchè
finisca qui, con un Buon Natale per tutti.
Via
Alberto Pollio 50, Casal Bertone, centro commerciale
"Auchan", le cinque
di ieri pomeriggio. Circa duecento giovani Invisibili,
alcuni del centro
"Corto Circuito", altri di gruppi vicini ai "No
Global", avevano organizzato
un volantinaggio «Contro l’economia di guerra di
Israele» a
«favore della Palestina» e «contro la famiglia
Agnelli».
Chiedevano ai clienti che riempivano il grande
magazzino di via Alberto
Pollio 50 di non acquistare i prodotti di una ventina
di ditte accusate
di «legami con aziende israeliane». È finita con una
specie di spesa "proletaria" fuori programma e con
scene che non si vedevano
da tempo.
La
situazione ha rischiato di precipitare quando i
manifestanti sono entrati
nel centro commerciale. La polizia all’inizio ha
tentato di contenerli.
Poi li ha fatti passare purché — era il patto —
mantenessero «un
atteggiamento pacifico». In duecento, hanno cominciato
ad urlare
con i megafoni frasi contro Israele, la Fiat, il
Governo italiano e quelli
di tutta Europa «ciechi di fronte alla tragedia
palestinese».
Tanti clienti, allibiti, sono scappati. Molti
commercianti, spaventati,
hanno abbassato le saracinesche.
Un
centinaio di dimostranti si sono diretti, a quel
punto, verso il reparto
alimentari. Hanno riempito i carrelli di ogni
bendiddio e volevano portare
via tutto gratis. A quel punto, la trattativa.
Laboriosa: carrelli sì,
carrelli no, magari i panettoni.... Accordo chiuso,
appunto, con i prosciutti.
Gli Invisibili hanno però preteso che la merce venisse
portata fuori
dai dipendenti di "Auchan", «perché sennò poi ci
accusate
di furto». Accontentati. E il parmigiano? E il Parma?
«Li porteremo
— hanno sostenuto — ai cassintegrati Fiat di
Cassino».
(intendo
precisare che l'inserimento di questa notizia non è
"politica" ma
è solo per sottolineare che qualche altro problemino
di ordine pubblico
a Roma c'è...n.d.L.)
Chiuso
col fuoco negozio che va forte
È
il secondo incendio in quindici giorni
di LUCA
LIPPERA
Carine
le gonne e le camicette, ottimi i prezzi, una
"ficata vera" l’idea della
musica e dei video in vetrina «come da Onix a via
del Corso».
Alle ragazze di Centocelle il nuovo negozio di via
dei Castani 275 piaceva
proprio tanto. A loro, non a qualcun altro. Il
secondo incendio doloso
in venti giorni ha messo in ginocchio una piccola
azienda che voleva portare
in periferia i lussi, le mode e le occasioni del
Centro Storico.
Non
solo. Ha fatto piangere la direttrice, una laureanda
in Lettere che ci
"credeva" tanto, e quattro commesse ora senza
lavoro. «Siamo disperate
— dice Maura Del Gusto, 24 anni, la studentessa
universitaria che gestiva
la rivendita di abbigliamento femminile — Non ci
saremmo mai aspettate,
a Roma, la Capitale, una cosa del genere. Hanno
incenerito le nostre speranze.
È brutto, brutto davvero».
"Penny
Silvian", della Arav Srl, una piccola società
napoletana che punta
tutto sui giovani, aveva aperto lo scorso 30
novembre. Un sabato. Ventiquattr’ore
più tardi, nella notte tra la domenica e il lunedì,
il primo
messaggio: un incendio doloso, partito dalle vetrine
senza serrande, che
ha incenerito mezzo negozio. «Ci siamo rimboccate le
maniche — racconta
Maura, abruzzese, a Roma da quattro anni — Abbiamo
rimandato la merce in
fabbrica, risistemato tutto e ritinteggiato. E il 7
dicembre, altro sabato,
c’è stata la nuova inaugurazione». I giovani della
zona, dice
chi c’era, erano entusiasti. Anche a Centocelle,
finalmente, un posto «alla
moda».
Maura
e le quattro dipendenti — Silvana, Giovanna e
Annalisa assunte, Loredana
in prova — erano felici. «All’inizio il negozio non
lo senti tuo
— spiegano — Ma poi diventa una seconda casa. E gli
affari andavano proprio
bene, era sempre pieno: una cosa "nostra", anche se
l’azienda è
di altri». Alle tre del mattino di ieri, la seconda
mazzata. Messaggio
limpidissimo: questo negozio da qui deve sloggiare.
Altra benzina all’ingresso,
altro incendio. Le fiamme stavolta hanno fatto danni
molto più grossi.
«Uno ci mette entusiasmo, impegno fatica — ragiona
Maura — Ecco come
finisce. A Roma, dico!, non in una zona
mafiosa».
Voci,
in due settimane di attività, le ragazze di "Penny
Silvian" ne avevano
percepite tante. «Sentivo dire — rivela Maura — che
i negozi della
zona si erano svuotati. Che, insomma, c’era
curiosità per una cosa
nuova. Ho visto commercianti che venivano qui a
vedere. Ma non avrei mai
creduto che potesse succedere una cosa delle
genere». La "Arav",
la ditta proprietaria, è di San Gennaro Vesuviano,
vicino Napoli.
Ha otto negozi in tutta Italia. Quello di via dei
Castani, il primo a Roma,
doveva essere un piccolo fiore all’occhiello.
Maura,
è vero, vuole laurearsi e «magari fare
l’insegnante»,
«ma le occasioni non si buttano». Una ragazza che ha
fegato.
«Un mio parente conosce i titolari della ditta. Mi
hanno dato un’opportunità.
L’ho presa al volo. Di questi tempi non si sa mai».
Sul primo incendio
indagano i carabinieri, sull’ultimo la polizia. Ma
il negozio, per ora,
resta chiuso. «Ci hanno messo in ginocchio — dice
Francesco Allocca,
31 anni, direttore della rete vendita "Arav" — Ma
come? Veniamo qui, diamo
lavoro, non facciamo male a nessuno e Roma ci
accoglie così? Quelli
che l’hanno fatto non saprei neanche come definirli.
Criminali e basta».
Criminali che, nell’ombra, si fregano le mani.
Cacciatore
rapinato dei fucili
Torna
a colpire la banda che rapina fucili da caccia. Ieri,
all'alba, nell'estrema
periferia del Casilino, in via Rocca Cencia, un
cacciatore è stato
aggredito da due individui armati di pistola. La
coppia, che era al volante
di un'Alfa Romeo, ha rapinato l'uomo di due fucili
entrambi sovrapposti
e semiautomatici. Le fasi della rapina sono durate
pochi secondi. Giancarlo
D., 56 anni, davanti ai banditi che gli hanno puntato
in faccia la pistola
non ha potuto fare altro che consegnare loro la sacca
con le armi. Erano
le 6.30, quando il cacciatore che in via di Rocca
Cencia stava aspettando
altri appassionati, s'è subito rivolto al 113
segnalando la rapina.
Alcuni "volanti" hanno effettuato una battuta per la
Borghesiana e sul
Gran Raccordo Anulare senza, però, trovare tracce dei
rapinatori.
Il
colpo di martedì mattina è l'ennesimo da parte dei
due individui
che sono interessati a rapinare fucili da caccia. Ad
indagare sul fenomeno
sono sia i carabinieri che la polizia. Fra i
precedenti c'è il colpo
del 1 dicembre dove le solite due persone armate di
pistola hanno rapinato
13 fucili da caccia ad un gruppo di cacciatori. La
rapina si registrò
nelle campagne di Grottaferrata. Una settimana dopo,
sempre ai Castelli,
a rimanere in balia dei banditi furono due guardie
giurate che furono costrette
a consegnare le armi d'ordinanza. Domenica scorsa,
in via Gallicano, a
Colonna, altri cacciatori sono finiti nel mirino dei
rapinatori che si
sono dileguati dopo avere arraffato 3 fucili da
caccia.
Costruttore
minacciato con le armi
e
aggredito: bottino 1 milione di euro
di MARCO
DE RISI
Non
c’erano né la moglie né i due figli, per fortuna. Ma
il costruttore
Paolo Calderai, l’altra sera, se l’è vista davvero
brutta. Due banditi
l’hanno preso in ostaggio mentre era con un vicino
nel garage di casa,
in via Cortina d’Ampezzo, e l’hanno fatto salire nel
suo appartamento con
le pistole puntate alla schiena. I malviventi, con i
passamontagna in testa,
sono riusciti a farsi dare denaro e preziosi per
circa un milione di euro.
Sapevano d’aver preso di mira un condominio
oltremodo benestante. Tra gli
inquilini dello stabile, due palazzine attigue, ci
sono tra gli altri Renzo
Arbore e il fratello dell’architetto Pier Luigi
Nervi, che costruì
l’immobile negli anni Sessanta.
La
rapina è avvenuta intorno alle otto e quaranta di
venerdì
sera. Il portiere era andato via da poco, verso le
otto. Calderai, 40 anni,
nome ben conosciuto nell’edilizia romana, ha vissuto
attimi di terrore.
Aveva appena parcheggiato la macchina in garage,
quando i due sono spuntati
dalla penombra con le pistole in pugno.
Nell’autorimessa c’era anche un
secondo inquilino, Vittorio Baragatti, appena
rientrato con la moto. Il
costruttore e l’altro condomino sono stati costretti
a salire di sopra.
Calderai abita a un piano alto. Una volta in casa, i
malviventi hanno razziato
di tutto.
I
banditi, in particolare, si sono fatti aprire due
cassaforti a muro. Dentro
c’erano oggetti d’oro, collane, preziosi, anelli e
denaro contante. Il
bottino è rilevante. Secondo una prima stima, si
parla di un valore
di circa un milione di euro. Non contenti, i due si
sono fatti dare il
portafogli dal signor Baragatti. Poi se ne sono
andati, non prima di aver
minacciato le vittime.
Non
c’è ovviamente alcuna descrizione del viso dei
malviventi. A giudicare
dall’accento, però, si tratterebbe di un «italiano
del sud»
e di «uno slavo, forse romeno o polacco». Le
indagini vengono
seguite dai carabinieri del nucleo operativo della
compagnia Trionfale.
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