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1986/87 FIORENTINA/ROMA |
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dal nostro inviato NINO CIRILLO
FIRENZE - Porta i boccoli biondi su due
spallacce da judoka, e si finge sorpreso con l'omino
dell'ATAF davanti al «52» che porta allo stadio: «Pure il
biglietto ... », come se pagare il bus prima di un
incontro di calcio fosse diventato all'improvviso solo un
facoltativo snobismo. E non paga, questo ragazzone di
borgata con i colori giallorossi nel cuore, preferisce
piuttosto aspettare che un bigliettaio magari più
accomodante arrivi sotto le pensiline di Santa Maria
Novella.
Intanto l'autobus parte, però, ed è quasi
mezzogiorno di una grigia, odiosa domenica di novembre.
Parte pieno di giovani romani, tutti con lo stesso
piumone, tutti con la stessa sciarpetta, che sembrano non
fare neppure troppo caso a questa città angosciata, alle
luci blu della polizia che squarciano la pioggia
insistente, agli elmetti della Celere già calati. Più
avanti si va e peggio è: a Campo Marte, davanti allo
stadio, neanche un bar aperto, e le saracinesche dei
negozi sono rinforzate da doppie grate. Solo cinque-sei
venditori di porchetta sfidano il maltempo e la concreta
possibilità di incidenti.
Tanto concreta che la pre-vendita è stata
fiacchissima,. che si trovano biglietti in ogni ordine di
posti. Ma il rito che si sta consumando ha i suoi tempi ed
i suoi luoghi: si va tutti in curva Ferrovia, la curva dei
tifosi “ospiti”, dirimpetto a Fiesole tutta coperta dalle
nubi. E’ mezzogiorno e mezzo , piove sempre a dirotto.
Ma già a due ore dalla partita il popolo
romanista è lì, al suo posto: cinque – seimila, forse
settemila persone venute con i pullmans ma soprattutto con
i treni, fin dal sabato notte. Arrivati in Toscana
nonostante tutti gli avvisi diffusi dai giornali,
nonostante l’attrito ormai “storico” che c’è tra le due
tifoserie. C’è appena il tempo di contarsi – come una
volta ci si contava ai cortei – e forse anche il tempo di
dividersi, quasi istintivamente, fra teste calde e tifosi
tranquilli, che scoppia una rissa: una mischia gigantesca
fra tifosi romanisti. C’è uno che mena fendenti con una
lunga cinta di cuoio retta da una specie di catenella ed
incita gli altri contro “Pepetto l’infame”. Sono scene di
cruda violenza, volti sanguinanti, gente che fuggendo cade
nel fango, il caos. E in questo caos viene accoltellato
Alessandro Tosi Brandi, classe ’67, capitato senza volerlo
fra le due fazioni che si fronteggiano. E’ in prognosi
riservata a Firenze, ma i medici appaiono abbastanza
ottimisti, la coltellata non ha leso organi vitali. Tutto
deve essere comunque accaduto per lo strappo di una
catenina d'oro, che sembra essere lo sport preferito in
curva, almeno per ingannare l'attesa della partita. C'è
sempre poi qualcuno pronto a precisare che «i ladri sono
laziali” oppure - ed è diverso - che «I laziali sono
ladri».
A questo punto sono le 12.40 e la polizia decide
di muoversi. Neanche un ultrà fiorentino è
ancora arrivato dall'altra parte, in curva Fiesole. Parte
la prima carica della Celere, poi la seconda, poi la
terza. Lo spettacolo è impressionante: i poliziotti
vengono investiti dal lancio di arance, di bottiglie di
plastica piene, e ogni altra cosa a portata di mano. E
poi, mentre il gruppo di celerini avanza, i più arrabbiati
non indietreggiano, anzi.
Cercano lo scontro, e si vede. C'è un biondino
con un giaccone verde che cade sotto i colpi del
manganello e si rialza. Cade ancora, sotto altri colpi, e
ancora si rialza, fino a riuscire a confondersi nel
mucchio a sfuggire definitivamente alla cattura. I
manganelli continuano a roteare, e centinaia i tifosi si
spostano da un lato all'altro della Fiesole, sono orde
umane che mettono paura. E tre poliziotti restano feriti:
Walter Morelli, 40 anni, romano colpito da un pezzo
proveniente dalla toilette, Leonardo Meucci, 40 anni e
Riccardo Schilirò, 24 anni, colpiti da sassi.
Sono le 13.30 ed il peggio sembra essere
passato. L’aria si scarica un po’ nello scambio di
insulti. Fortunatamente la partita vera si avvicina, la
passione ritorna grande esclusivamente per lo scontro
sportivo, lo stadio vuoto fino all’ultimo, al fischio
d’inizio fa una discreta impressione, anche la tribuna s’è
riempita.
Per novanta minuti tiene banco il pallone
all’infuori, forse, di un’impressionante “Uno, dieci,
cento Paparelli”. E’ stato una sola volta, ma è bastato.
Si esce ancora sotto la pioggia. Un percorso
praticamente obbligato, dallo stadio ad un cavalcavia e
quindi alla stazione di Campo di Marte dove un treno
speciale (“straordinario sportivi per Roma” lo chiama
l’altoparlante, ma sportivi in che senso?) attende la
maggior parte dei tifosi romanisti. Ancora polizia e
carabinieri a proteggere questo momento cruciale della
giornata. Ancora sassi e scaramucce, ma sembra l’epilogo.
Si sale in treno, un treno lunghissimo, con al centro due
vagoni esclusivamente riservati ai poliziotti. E fino a
Roma tanta tristezza per la sconfitta e neanche una
fermata.
E neanche un controllore perché al tifoso
arrabbiato che bisogno c’è di chiedere il biglietto?