I NUOVI TIFOSI
Un (vero) tifoso inglese osserva Euro 96
(tratto da "England my England"
di Dougie & Eddie Brimson)

Questi giorni
                          non torneranno mai più (una partita del
                          Notts County 1981)

Ma che cazzo sta succedendo? Ho perso il filo della storia o ho lasciato fuori qualcosa? Sembra che ci siano in giro un bel po’ di ragazzi con strane cose gonfiabili in testa e altri col viso dipinto. Alcuni sono travestiti da brutta copia della mamma di Bart Simpson, altri da indiani arancioni (non rossi). Non fraintendetemi. Mi piace ridere come a tutti, ma c’è un tempo e un luogo per ogni cosa e per me vestirsi come un minchione autentico non fa parte dell’andare alle partite.
Sono fiero di essere un uomo. Adoro essere inglese ed essere un uomo inglese è il meglio che si possa avere: siamo diversi dagli altri. Gli scozzesi possono pure mettersi il kilt (per me un semplice pezzo di stoffa tagliata da un vestito che trovo personalmente un po’ inquietante) e gli altri possono dipingersi, mettersi i loro stupidi travestimenti, mettersi le sciarpe intorno alla testa e attorno ai polsi e possono anche appendersele al culo e cantare i loro inni nazionali, per quanto mi riguarda; ma non si chieda a me o agli inglesi di aggiungersi alla parata. Mi ricordo a Francoforte, durante Euro 88, di aver visto i ragazzi fregati dall’U.R.S.S.. Tutti i tifosi presero parte alla ola ma appena arrivò al settore inglese, noi facemmo il gesto delle mezze seghe. Dico, chi cazzo pensano che siamo? La ragazza che parlava all’altoparlante continuava a chiederci di partecipare. Cazzate: ben venga per il resto dell’Europa farsi vedere come delle mezze seghe, ma lasciate in pace noi.
Ed eccomi, otto anni dopo ai campionati qui in Inghilterra. Non sono riuscito ad avere nessun biglietto e così ho guardato tutte le partite a Londra con un sacco di amici, al loro locale. Tutti i tifosi stranieri fanno travestimenti – ok, non c’è problema – ma quel che ho visto sulla via di casa dopo la partita con l’Olanda mi fece ribollire di rabbia e imbarazzo. Ero sul treno per Watford, che si fermò a Wembley Central. Salirono un sacco di inglesi e tra questi un tizio con la sua ragazza che vennero a sedersi di fianco a me. Erano stati alla partita, ovviamente. Lei raccontava fesserie sul calcio e sulla partita, dicendo qual’era il calciatore che le piaceva e cose di questo tipo e tutti e due avevano delle stupide facce dipinte. Il ragazzo aveva una trentina d’anni: non era un bambino; era un uomo. Avrei voluto torcergli il collo. Ma che sta succedendo al tifoso inglese? E’ questo il codazzo futuro della squadra nazionale? Ci mettiamo tutti a vestirci da donna o, ancora peggio, da danzatori di morris dance? No, grazie.
Ma ciò che mi fece arrabbiare di più fu il fatto che questa gente aveva i biglietti e teneva lontano i veri tifosi dallo stadio. Dovrebbero essere banditi dal calcio, non incoraggiati. Se vuoi vestirti da mezze seghe, come il basketball o il football americano e se vuoi dipingerti la faccia vai al circo come i clown. Siamo in pericolo di lasciare il nostro sport nelle mani di questi buoni a nulla e ritengo che sia il dovere di tutti i tifosi dell’Inghilterra di dire a questi babbei di crescere, cominciare a vivere o togliersi dalle palle.
Ma che è successo al tifoso inglese tradizionale e ai canti tradizionali? Perché abbiamo improvvisamente adottato come canto “Passo lento, dolce cocchio”? Cazzate. 
Ve lo dirò io il perché. Perché tutti quelli che sono stati alle partite dell’Inghilterra hanno avuto i biglietti attraverso pacchetti aziendali, ecco perché. Non sono il tipo di gente che segue la squadra a Shrewsbury al martedì sera; e sapete perché? Perché una cazzo di squadra non ce l’hanno. Sono lì perché il calcio in questo momento va di moda. Quella è una canzone merdosa, da gente senza palle, da rugby di una scuola pubblica di ragazzini. Con noi non ha niente a che fare, ma questi tifosi bastardi, alla moda e stilisti l’hanno tirata dentro il nostro gioco ….. Vedremo cosa capiterà quando si tornerà a scendere sui 20.000 alla prossima partita amichevole, eh? A quel punto si domanderanno dove è andata a finire la fedeltà. Beh, ve lo dirò io dove è andata a finire. E’ andata a finire nei pub, dove l’avete relegata voi, avidi stronzi. Lì è la vostra fedeltà e lì resterà.
Disordini a
                  Trafalgar Square
CALCIO E RAZZISMO
(tratto da "England my England" di Dougie & Eddie Brimson)
"Nel dizionario che usiamo più spesso, il razzismo è definito come “atteggiamento o comportamento ostile verso membri di altre razze, fondato sulla convinzione dell’innata superiorità della propria razza”: di primo acchito la definizione sembra una buona ragione per condannare chi urla i cosiddetti insulti razzisti alle partite. Ma se sostituite “squadra” al posto di “razza” avrete la descrizione perfetta del comportamento della maggior parte dei tifosi nei confronti di altri fan o di giocatori della parte avversaria: qui sta la pecca nel dibattito sul razzismo all’interno del calcio. Chi grida insulti ai giocatori in campo lo fa perché sono membri della squadra avversaria e quindi una razza diversa, se volete, oppure membri della propria squadra che stanno giocando da schifo. L’unica ragione per cui il colore della pelle entra in gioco è perché aiuta a identificare l’individuo insultato. Questa è la realtà nella maggior parte dei casi del cosiddetto oltraggio razzista. Non sarà una realtà carina ma è comunque una realtà".


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