NIENTE ULTRAS, SIAMO INGLESI

Inghilterra, luglio 2003, vacanza-studio (?!). Come ogni giorno, nonostante sia domenica e
                        la giornata sia terminata a notte fonda, la sveglia è puntata alla sette per la corsa
                        quotidiana.
                        Dopo pochi minuti di sgambata vengo attratto da una locandina che invita gli appassionati
                        di calcio ad assistere ad una partita amichevole della squadra locale, il Bournemouth, che
                        milita in seconda divisione inglese (per capirci la nostra serie C).
                        Guai a non sfruttare l’occasione: c’era la possibilità di veder all’opera i tifosi inglesi a casa
                        loro, anche se magari con seguito ridotto, ma soprattutto di “sperimentare” direttamente
                        il fantomatico “modello inglese”.
                        La decisione è presto presa ed un’ora prima del match sono già ai botteghini per comprare
                        il biglietto; vedo che per fortuna l’afflusso è buono, anche meglio di quanto pensassi,
                        soprattutto per l’ora e il tipo di incontro.
                        Meno entusiasmo, anzi vera e propria indignazione, per il costo del biglietto: 12 sterline,
                        l’equivalente di circa 17 euro... Caspita che sberla per essere un’amichevole, e meno male
                        che lo stadio non è l’Old Trafford.
                        C’è però poco da fare: il costo è uguale per tutti i settori, tranne quello delle Autorità:
                        ormai avevo deciso, pago ed entro. Appena varcato il cancello uno di quei famosi stewards
                        mi ordina di mostrargli il biglietto e, con fare un po’ brutale, mi accompagna al mio posto. 
                        Lo stadio è abbastanza pieno, ma mancano ancora 45 minuti all’inizio e le persone
                        continuano ad entrare. Anche per loro, comunque più abituati di me, si ripete la trafila con
                        gli stewards e ciò creerà lunghe file fin poco prima del fischio iniziale della partita .
                        Il mio posto si trova spostato a sinistra rispetto a quella che mi pare essere la zona dei
                        tifosi più accesi, così provo a spostarmi per unirmi a loro. La cosa non passa inosservata:
                        uno steward mi intima di ritornare al mio posto, gli chiedo spiegazioni e mi risponde
                        dicendo che quello era il mio sposto e non potevo cambiarlo. Non c’è spazio di
                        contrattazione e tocca ritornare indietro.
                        Comincia la partita, lo stadio è pieno, nel settore ospiti circa 500 tifosi. Molte le diversità
                        rispetto ai nostri stadi: innanzitutto niente striscioni, niente stendardi, insomma tutto
                        “pulito”. Solo i tifosi ospiti sono in piedi, mentre anche i tifosi di casa più accesi devono
                        stare seduti: non può essere vero… e il mitico tifo inglese dov’è finito?! Naturalmente il tifo
                        ne risente (provate che tristezza a cantare da seduti…) ed infatti si sentono solo gli ospiti.
                        Con il pretesto di vedere meglio un’azione di gioco (in effetti con l’energumeno che mi sta
                        davanti vedo poco o niente), mi alzo in piedi ma di nuovo, subito, un uomo in pettorina
                        gialla mi addita con fare molto deciso e mi ordina di sedermi. Mi convinco che sia meglio
                        non insistere oltre, anche perché a questi “canarini” la partita evidentemente non
                        interessa e restano sempre girati verso i tifosi. Mi sembrava proprio di essere al cinema,
                        dove non ti puoi alzare e non puoi fare il minimo rumore . 
                        A fine primo tempo faccio un giro per guardare un po’ meglio lo stadio e magari eludere
                        finalmente la sorveglianza ed infilarmi da qualche altra parte. Scendo di nuovo le scale, mi
                        guardo intorno ma più che allo stadio mi sembra di stare in un mini-centro commerciale.
                        Ritorno sugli spalti per il secondo tempo e faccio l’estremo tentativo di mettermi un po’ più
                        vicino ai supporters: tutto inutile perchè prontamente uno steward mi rimanda al mio
                        posto.
                        La squadra locale segna un goal e un tifoso viene ripreso per festeggiamenti ritenuti non
                        troppo consoni secondo i carcerieri… ecco finalmente la parola giusta per dire cosa sono...
                        La partita finisce tre a uno per gli ospiti, pur passati in svantaggio: il pubblico applaude
                        vigorosamente e non riesco a capire se è un incoraggiamento per i propri beniamini o
                        davvero applaudono per il bello spettacolo che hanno visto, come a teatro appunto.
                        Le ultime cose che mi colpiscono mentre lascio lo stadio sono alcune famiglie che si
                        fermano a fare la spesa ed un cartello che indica la scarsa capienza (9600 spettatori) del
                        Fitness First Stadium. Come si faccia poi a chiamare uno stadio Fitness sarebbe da capire.
                        L’esperienza fatta, molto diversa dalle mie aspettative, obbliga a riflettere un po’ su
                        quanto visto: ero e sono dell’opinione che i tifosi siano l’anima vera del calcio e che il calcio
                        bisogna viverlo con passione.
                        Se davvero anche da noi si vuole mutuare l’esperienza britannica, il vero rischio è che
                        diventerà impossibile continuare ad essere ultras in quelle condizioni. Peraltro se da un
                        lato si tratta di imposizioni che non garantiscono il venir meno degli scontri tra tifosi (che,
                        semplicemente, si sono infatti spostati altrove) dall’altro è certo che si mettono al bando
                        tutte le pratiche di tifo appena sopra le righe: niente saltellare, niente bandiere, non
                        parliamo di torce o fumogeni.
                        A pensarci bene prima mi sono sbagliato: altro che cinema o teatro… uno stadio così è un
                        vero e proprio cimitero per consumatori (di certo ricchi e possibilmente lobotomizzati) di
                        calcio…
fonte (gennaio 2004)
http://www.sportpeople.net/


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