Ricordi di un romanista………..

1° parte

Sono nato a Roma nel 1948 ed ho cominciato a frequentare lo Stadio Olimpico (appena inaugurato) all’età di sei anni. Mio padre era un simpatizzante della Roma, non posso dire un acceso tifoso, ma tutte le volte che c’era un derby organizzava insieme ad altri suoi colleghi (indistintamente romanisti o laziali che fossero) un gruppo per andare a vedere la partita insieme. Io bambino non pagavo ancora il biglietto; ricordo ancora il timore che provavo quando sentivo l’urlo della folla all’ingresso dei giocatori e quasi la paura che mi prendeva quando veniva segnato un goal. La gente che saltava in piedi urlando fuori di se ed io, sommerso dalla calca, non capivo nulla di quello che era successo. Spesso venivo preso in braccio e mi si urlava in faccia che la Roma stava vincendo.
Il vecchio Olimpico era un catino larghissimo (quello attuale è stato rialzato e di molto) ed il pubblico era molto distante dal terreno di gioco; a mala pena si distinguevano i giocatori se non dal colore dei capelli o dalla stazza fisica. Ci sistemavamo in Tribuna Tevere dove la partita si vedeva abbastanza bene, ma a quei tempi aveva una divisione in settori veramente singolare….. la parte non numerata era quella superiore, mentre quella con i posti numerati era quella inferiore (per capirci dal livello strada in giù). Non c’erano gli attuali seggiolini ma lunghissimi scanni di legno color verde scuro ed i singoli posti erano indicati con delle piccole tracce di vernice. Si finiva sempre per stringerci tutti perché arrivava l’amico e poi l’amico dell’amico….   In più non c’era l’attuale copertura….. per cui se Giove Pluvio si metteva a fare i capricci, pochi portavano con se gli impermeabili a prova di temporale, mentre la maggior parte utilizzava ombrelli di tutte le dimensioni. Spesso lo sgocciolìo degli ombrelli di fianco o di quelli di dietro ti entrava nel colletto e certo non aumentava il buonumore… se poi quelli davanti invece di una misura normale erano tipo ombrellone da spiaggia, allora il rischio di non vedere nulla in campo diventava reale e allora nascevano questioni che qualche volta sfociavano in litigi a colpi di ombrello o al massimo con qualche sporadico cazzotto. MA NULLA DI PIU’.
Come dicevo, non c’era una divisione tra tifoserie, si era romanisti o laziali a contatto di gomito, per lo più gruppi di amici come quelli di mio padre. Ricordo un episodio che all’epoca mi fece molto riflettere e che è stata una pietra miliare nella mia evoluzione di tifoso romanista. Nel corso di un derby scoppiò un litigio tra tifosi un paio di file sotto di noi e dalle parole si passò inevitabilmente ai fatti. Tre o quattro persone misero in mezzo un disgraziato e gliele stavano dando di santa ragione……. Mio padre a voce alta cominciò a dire che non era giusto quello che stava avvenendo e stava per intervenire, quando il suo vicino di posto, una persona anziana e distinta gli disse trattenendolo:…..”Lasci stare…. Fanno bene….. non lo vede che quello è un….. laziale…!!!???……..”.
(ricordi di Riccardo, vecchio romanista)

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Ricordi di un romanista

2° parte
 Il primo giocatore della Roma di cui ho memoria si chiamava Moro era un portiere molto bravo e giocò nella Magica per due stagioni (‘53/’54 e ‘54/'55) era stato anche portiere della nazionale italiana. Allora non andavo ancora allo stadio e in un bar vicino casa, avevano esposta in una vetrina una grande foto di Moro durante uno dei suoi  plastici interventi; la guardavo e la riguardavo tutte le volte che passavo lì davanti, finchè chiesi a mio padre chi fosse e lui mi disse che, dopo il mitico Masetti, era il miglior portiere che la Roma avesse mai avuto. Io non l’ho mai visto giocare in campo, ma devo dire che il suo ricordo rimane nella mia mente molto più vivo di tanti altri giocatori che negli anni ho visto vestire la maglia giallorossa . 
 Se mio padre era un simpatizzante, lo Zio Toticchio era il VERO TIFOSO. Un uomo piccolo di statura, ma molto energico. Originario come mio padre della provincia di Lecce, aveva studiato giurisprudenza all’università di Roma e vissuto, prima dell’ultima guerra, il magico periodo di Campo Testaccio. E’ dentro quello stadio che il virus della passione per la ROMA lo aveva contagiato in maniera irreversibile. Pensate, dopo la laurea (parliamo della fine degli anni ’30) era ritornato al paese di origine; certo in quella zona pullulavano (e pullulano ancora) soprattutto juventini e milanisti; eppure, nonostante la distanza, lui ha sempre tifato ROMA e cercato di stare vicino il più possibile alla sua amata squadra.
Mi piace ricordarlo, soprattutto ora che non c’è più, perché è stato soprattutto Lui che mi ha trasmesso la passione e l’amore per questi colori.
Mi raccontava – il mitico Zio Toticchio – che insieme ad un gruppetto di amici partiva in auto dal paese a sud di Lecce per andare fino a Foggia, tifare per la Roma e ritornare la sera stessa  (non ci si crederà ma negli anni sessanta fare in un giorno oltre 700 chilometri non era cosa da poco). Oltre a Foggia andava a Bari, o a Taranto quando giocava la Roma, ma sopratutto ogni primavera e autunno trascorreva delle vacanze a Roma scegliendo periodi in cui la Magica giocava due partite consecutive in casa. Accompagnandolo allo stadio ho cominciato a imparare le piccole scaramanzie…. Lui non prendeva mai il caffè a casa ma preferiva il famoso Sportino Borghetti bevuto caldo appena fuori dagli spalti. Ricordo che quando si approssimava l’orario di partenza da casa, lui che era un uomo estremamente equilibrato, cominciava ad agitarsi e a crescergli dentro, una carica di adrenalina che agli inizi non riuscivo a comprendere…. ma che, diventato grande, ho ritrovato dentro di me tutte le volte che mi sono preparato per andare allo stadio……
Dagli anni ‘50 ho abitato in zona Medaglie d’Oro e andavo a scuola a Piazzale degli Eroi. Un lunedì trovai una enorme scritta su un muro vicino scuola a tinte giallorosse che recitava: “ROMA 3 lazio 0 …… LA ROMA E’ UNA COS(T)A MERAVIGLIOSA”. Quella scritta è rimasta intatta per anni e tutte le volte che la vedevo ricordavo quel mitico derby in cui Da Costa aveva segnato una doppietta e fratturato il polso a Lovati  l’allora portiere della lazie.
In quella zona il Conte Marini Dettina, Presidente della Roma negli anni ’60, aveva costruito varie palazzine di lusso e per motivi logistici molti giocatori della Roma abitavano in zona. Ricordo che in un bar di Piazza Giovenale ogni tanto trovavo i miei idoli, Salvori, Carpenetti, Ferrari, e Ciccio Cordova. Ma il personaggio che è rimasto a vivere ancora oggi nel mio quartiere è Giacomo Losi indimenticato capitano della Roma per tanti anni ed ancora oggi detentore del record di  maggior numero di presenze sul campo con la maglia giallorossa. Un altro mito che ha vissuto in quella zona è stato Oronzo Pugliese; più di una volta, qualche ora dopo una partita giocata in casa, incontravo il vulcanico allenatore di Turi nel famoso baretto che spiegava con la sua mimica e con il suo linguaggio colorito le sue scelte tecniche e le impressioni sulla gara, mentre io ed altri ragazzi pendevamo dalle sue labbra.
Erano veramente altri tempi …… immaginate oggi un Capello o un Ancelotti che parlano  tranquillamente di una partita appena finita in un bar di quartiere con gli altri avventori.…… solo che oggi …….fino a mezzanotte c’è Sky & Co.
Anche per questo il cosiddetto “calcio moderno” non lo sopporto proprio più.

Ricordi di un romanista
3° parte
Nel corso della mia lunga militanza di tifoso romanista con centinaia e centinaia di presenze all’Olimpico, è ovvio che alcune partite rimangano scolpite nella memoria molto più di altre……. 
Era il dicembre del 1966 e quella domenica giocavamo in casa con la juve. Il tempo era balordo, faceva un freddo cane e pioveva ininterrottamente da un paio di giorni. Con il mitico Zio Totocchio, mio padre e mio fratello ci sistemammo in Tribuna Tevere riparandoci alla meglio con impermeabili e ombrelli con il conforto dello Sportino Borghetti caldo che ci dava un po’ di ristoro. C’era il pienone delle grandi occasioni e la gente scaricava la tensione urlando contro gli odiati bianconeri. Nonostante la pioggia il prato dell’Olimpico resse benissimo. Allora aveva un drenaggio fantastico con una tappeto di fascine di canne sotto il terreno di gioco che permetteva all’acqua di defluire senza difficoltà. 
La partita fu completamente dominata dalla Roma, ma il risultato non si sbloccava. Ricordo di aver perso il conto di quanti “falli alla Montero” fece Bercellino (lo stopper della juve) per tutta la partita ai danni di Barison la punta di “peso” del nostro attacco e la cosa aumentava il nostro nervosismo e le nostre invettive. Mancavano un paio di minuti al 90° e tutti noi avevamo una rabbia e un rammarico per le occasioni sprecate, quando durante l’ennesimo attacco dei giallorossi, sotto la curva nord, in pieno nubifragio, Barison scoccò un tiro “incocciando” lo stinco di Bercellino che deviò il pallone nella propria rete……. Giustizia era fatta !!!!!! Fu uno dei momenti più esaltanti: la gente si abbracciava impazzita sotto il nubifragio, cappelli e ombrelli aperti che volavano dappertutto…… Qualcuno trovò i miei occhiali da vista due file più sotto……….La partita finì mentre continuavamo a festeggiare i nostri colori . 
Tornammo a casa gasati come non mai…… Ero felice, ma anche così fradicio che, a casa, mi trovai  zuppi anche gli slip……. 
*
La mia prima trasferta al seguito della “Magica”  fu a Genova l’anno dopo per la partita Sampdoria - Roma.
La stagione ‘67/’68 era cominciata da qualche giornata e noi ci trovavamo meritatamente nelle zone altissime della classifica. Era la Roma di Peirò, Pizzaballa, Losi, Taccola, Jair, Scaratti………… Non dimenticherò mai quell’esperienza cominciata qualche giorno prima in Via Lucrezio Caro dove in quel periodo l’ A.S. Roma aveva la sua sede sociale, occupando tutto un piano dello stabile. Sembrerò ridicolo, ma non potete immaginare i brividi nel varcare per la prima volta la porta d’ingresso della sede con il grande scudetto giallorosso. MI SENTIVO PROPRIO A CASA MIA. Un gentilissimo incaricato mi preparò il biglietto ferroviario e mi dette, insieme al biglietto per lo stadio, tutti i ragguagli per la trasferta. Ricordo che uscendo incrociai un dirigente giallorosso che, saputo della mia partecipazione alla “spedizione” a Genova, mi volle stringere calorosamente la mano……. ERO VERAMENTE A CASA MIA ………… quel senso di ”APPARTENENZA” non mi avrebbe mai più abbandonato. 
La domenica mi svegliai all’alba e quel sant’uomo di mio padre mi accompagnò alla stazione Termini da dove partiva il treno organizzato dei tifosi. Immaginate la Stazione Termini ancora “addormentata” alle 6,45 di domenica.  In realtà capii subito da che parte era il binario dove sostava il treno per Genova. Un insieme di canti, schiamazzi, di vociare confuso rompeva il silenzio e mi indirizzava verso la mèta.  Mio padre volle assistere alla partenza del convoglio ed era l’unica persona rimasta sul marciapiede. Ma poco prima del fischio del capostazione …….una scena fantastica…….. il mitico DANTE GHIRIGHINI, indimenticato capotifoso storico, con indosso uno sgargiante gilet giallorosso ed un enorme bandierone in mano, percorse tutto il marciapiede di corsa, per tutta la lunghezza del treno, avanti e indietro, mentre tutti noi tifosi scandivamo urlando il suo nome….. DANTE!!! DANTE !!!! DANTE!!! 
Dopo tanti anni mio padre ancora rideva ricordando quell’episodio simpatico quanto inaspettato, rimanendo stupito dell’affetto di noi tifosi nei confronti del nostro condottiero. 
Sul treno trovai un paio di amici di curva e il tempo parve volare …. Ad ogni stazione di transito eravamo ovviamente tutti ai finestrini a urlare i nostri cori….. 
Intorno alle 12,30 arrivammo alla stazione di Genova Brignole vicina al campo di Marassi. Una delegazione di tifosi del Genoa ci stava aspettando e ci scortò fino allo stadio. Eravamo tifoserie gemellate e ci fecero accomodare nella loro gradinata. Vivemmo la partita insieme. Marassi anche prima della ristrutturazione per Italia ’90 era un magnifico stadio all’inglese e la partita la si vedeva benissimo. Segnò prima la Samp, ma poi Scaratti pareggiò con uno dei suoi tiri violenti e finì 1-1. Ritornammo a Roma parzialmente soddisfatti. Il giorno dopo leggendo il Momento Sera trovai una pagina intera di fotografie (che conservo ancora) dedicata alla trasferta di Genova dove si sottolineava la passione dei tifosi romanisti con il titolo: “DANTE E I SUOI BARONETTI”……. 
Pensate ….ero stato nominato baronetto…. e non me ne ero accorto. 

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