Scusate
se, forse un po' a torto, considero anche miei i
successi della Roma. Non
voglio sembrare irriverente nè togliere meriti a
tutti coloro che
hanno fatto grande la squadra giallo rossa ma
non riesco a parlare della
Roma come se fosse una cosa ormai staccata da
me. Non ho fatto nulla per
portare in alto i colori romanisti, non ho
sudato, non ho lottato con i
compagni, non ho diviso con loro ansie e
tormenti di ogni vigilia. Non
li ho neppure seguiti nelle trasferte, nei
ritiri, negli allenamenti. Con
un ginocchio a pezzi sono rimasto fermo al palo
proprio quando la grande
Roma stava prendendo i primi contorni. Come non
pensare oggi che soltanto
la sfortuna mi ha portato via la gioia più
grande? Arrendersi di
fronte a un ginocchio a soli ventisette anni è
stato un po' come
morire: ero nella piena maturità professionale e
avevo capito che
tanti anni di sacrifici stavano per ottenere
giusta ricompensa. Ho lottato
mesi, anni contro l'evidenza, ho subìto cinque
operazioni, ho smesso
e ripreso gli allenamenti un'infinità di volte
con il pensiero fisso
di farmi trovare puntuale all'appuntamento.
Invano. Il grande « salto
» c'è stato, la Roma è diventata una « stella
» del calcio italiano ed europeo ma Francesco
Rocca quell'appuntamento
l'ha mancato. Forse per un senso di rivincita mi
piace considerare anche
« mia » questa Roma e non soltanto perché, a
ventotto
anni, sono diventato un dirigente giallo rosso.
Perdonate
dunque il pizzico di prepotenza e parliamo di
quello che molti critici
si ostinano a chiamare « miracolo Roma ». Quello
giallorosso
non è un « miracolo » e non è neppure un
«
sogno ». Sostituendo la parola « lavoro » a «
miracolo
» e la par.ola « programmazione » a
« sogno »
e avrete svelato il segreto. Che la Roma sarebbe
diventata grande l'ho
capito anni fa quando il presidente Viola prese
Liedholm strappandolo al
Milan che aveva appena vinto il suo decimo
scudetto. I miei amici, i compagni
di allora lo ricorderanno: « Questi due uomini
-dissi -:- porteranno a
Roma lo scudetto ». La mente organizzativa del
presidente e
la competenza tecnica del « barone » svedese, il
suo carisma,
sono alla base dei successi di una squadra che
nessuno meglio di me sa
essere stata costruita con pazienza, raziocinio
e lungimiranza. Viola ha
fatto grande la società, Liedholm ha fatto
grande la squadra.
Oggi
sono una piccola rotella del colossale
ingranaggio giallorosso, siedo dietro
a una scrivania, viaggio spesso. Il mio cuore e
i miei pensieri però
continuano a correre sul campo. Una volta alla
settimana vado a allenarmi
con quelli che considero ancora miei compagni.
Il mio ginocchio non mi
permette di più. Proprio in queste occasioni,
vivendo a stretto
contatto con l'ambiente della squadra ho capito
che il fenomeno Roma non
è passeggero. Credo invece il contrario: l'era
giallo rossa è
appena cominciata. Si parla da sempre dello «
stile Juventus »,
ora grazie a Viola e Liedholm è nato uno « stile
Roma »
che durerà negli anni. Non so come si scrive una
prefazione. Ho
messo giù queste righe cercando di esprimere
quello che ho dentro.
Sento tuttavia la necessità di ringraziare chi,
realizzando questo
libro sui personaggi che hanno fatto grande la
Roma, ha pensato anche a
me. Non avessi avuto tanta sfortuna l'autore di
questa pubblicazione avrebbe
messo Francesco Rocca nelle pagine seguenti, tra
i diciassette giocatori
giallorossi.
Purtroppo
a 28 anni non sono più un calciatore ma essere
stato invitato a
scrivere queste due pagine mi riempie d'orgoglio
e mi permette di partecipare
in qualche modo ai successi della Roma con la
certezza che i tifosi non
mi hanno mai dimenticato.
Francesco
Rocca |
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Francesco
Rocca,
Peccenini e Di Bartolomei dopo il
vittorioso derby del 1974/75.
Quando
le
maglie erano rosse con i bordi
gialli, quando i giocatori
tenevano alla
squadra, quando la Roma era la
Roma
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I tifosi
della mia età, ma anche quelli di oggi se
conoscono la storia della
Roma, facciano un paragone tra la figura di
Francesco Rocca e quella di
qualsiasi altro giocatore della Roma di
questi anni... perché mai,
oggi, non dovremmo tifare solo la maglia?
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