Mi dispiace che la
“Roma” abbia vinto il suo primo campionato allo Stadio, e non nell’antico
campo di Testaccio.
Era un campo di
legno, rozzo e primitivo, e sorgeva accanto ad un piccolo cimitero, il
sonno dei cui morti, si disse, veniva turbato dal gioco del calcio.
Perciò la
“Roma” non turba più quei morti. Malinteso rispetto. Ai morti piace
il gioco del calcio.
Rompe la monotonia
dell’eternità, bella ma noiosa. Alcuni di essi s’erano affezionati
alla “Roma”, e si rallegravano, la domenica, al grido di vittoria che giungeva
loro attutito dalla terra e dall’erba, o si rattristavano all’udire, nelle
domeniche di sconfitta, il mormorio della folla sconfitta.
Ce ne fu uno, in
un pomeriggio d’estate, quando i papaveri rosseggiano immobili sulle bianchissime
tombe, che non udendo né grido di vittoria né mormorio di
sconfitta, si levò in piedi incuriosito, e volò fino all’altezza
delle cime dei cipressi, e di lì si scorgeva tutto il campo.
La “Roma”, quel
giorno, giocava contro la “Juventus “. Grande onore, se avesse vinto a
quel tempo la “Juventus” era grande squadra, modestissima invece la “Roma”,
e gli spettatori non osavano levare un grido, nel timore di spezzare il
filo della speranza d’una troppo bella vittoria. Mancava un minuto alla
fine della partita e il gol (si diceva ancora così a quel tempo)
non veniva. Occorreva un grido d’incitamento per quel gol,ma chi osava
mandare un grido?
Si udiva solo nel
grande silenzio di quel pomeriggio d’estate il tonfo del pallone calciato,
e sembrava il corpo d’uno che cadesse dall‘alto.
Mancava mezzo minuto.
Allora, dalla cima dei cipressi si udì una voce lontanissima, che
non tanto voce sembrò quanto eco di voce, che disse “Forza Roma!”
e il pallone cadde ai piedi di Bernardini che fece gol…..
E la “Roma” ha vinto
il campionato. Grida di giubilo si sono levate dallo Stadio. Ma avrei voluto
si fossero levate dall’antico, e ormai da tanto tempo silenzioso, campo
di Testaccio.
I morti del vicino
cimitero sarebbero stati felici. Sono anni che il gioco del calcio non
li distrae più.
Forse si sono scordati
della “Roma “. Non quello, però, che un giorno si levò fino
alla cima dei cipressi e mandò con voce lontana il grido incitatore.
Quello aspetta sempre, e non sa nulla.
Non sa che la “Roma”
ha vinto il campionato.
Io vivo a Milano.
Ma al primo viaggio
che farò a Roma, andrò a Testaccio, e, giunto dinanzi al
cancello del cimitero, dirò a voce alta, perché quello mi
senta:
“La Roma, quest’anno,
ha preso lo scudetto”.
E lo farò
felice.
(articolo di Giovanni Mosca, Il Calcio Illustrato, 1942)