Sono i primi ad
entrare e gli ultimi ad uscire dallo stadio; sono i più chiassosi,
i più calorosi, i più colorati. Stiamo parlando, come potete
facilmente intuire, degli ultras, cioè di quei ragazzi "spina dorsale"
di quell'apparato che è il tifo giallorosso. Ci siamo incontrati
con alcuni esponenti di questa frangia di tifosi per meglio conoserli e
per sapere la loro posizione e il ruolo che occupano in questo famoso apparato.
Davanti a noi i ragazzi del "Centro Giovanile Giallorosso" (il
neonato Commando Ultrà Curva Sud, n.d.L.),
un gruppo di recente costituzione che comprende i "Guerriglieri", il "Commando
Ultrà" e i "Panthers". Inoltre si deve ricordare che nel Commando
Ultrà sono confluiti i ragazzi dei "Boys", dei "Fedayn", della "Fossa
dei Lupi", delle "Pantere Giallorosse". Questi ragazzi col bello
o col cattivo tempo non mancano mai all'appuntamento domenicale sulle gradinate
dell'Olimpico con la squadra del cuore. Come prima cosa
abbiamo chiesto loro il perché di nomi così particolari,
così pittoreschi. "Il nostro gruppo
è uno dei più vecchi della Curva Sud-
ci dice Massimo, 22 anni, IV anno di legge, rappresentante dei Guerriglieri
- Il nostro striscione, sempre stato sull'ormai
storico "muretto", apparve per la prima volta nel 1967. Quasi per scherzo
ci chiamammo "Guerriglieri della Curva Sud"; col passar del tempo ci siamo
sempre più affezionati a questo nome che rimarrà sempre
il nostro appellativo. "La
nostra è una storia piuttosto singolare
- chi ci confida queste cose è Roberto (Rulli,
n.d.L.) 18 anni,
V anno di ITI per la Fisica Nucleare, esponente dei Fedayn
- noi del Quadraro già cinque anni
fa ogni Domenica seguivamo la Roma. Alle dieci eravamo davanti allo stadio.
La gente che ci vedeva per la strada, in quel periodo che la nostra squadra
non andava molto bene, ci dava dei suicidi, dei "Kamikaze" e ci diceva
"Siete peggio dei Fedayn". Da allora questo nome che ci avevano affibbiato
ci è piaciuto e lo abbiamo tenuto.
"Il nome "Commando
Ultrà" - ci spiega Antonio (Bongi,
n.d.L.), 18 anni, studente, cresciuto con
i Boys,
portavoce di questo gruppo - è stato
scelto per stimolare la fantasia di molti ragazzi in modo che ci seguissero
nel nostro incitamento ai colori giallorossi. Prima volevamo creare uno
slogan, ma poi con un referendum in Curva Sud abbiamo deciso che
era meglio scegliere questo nome a cui tutti ora siamo attaccati". "Il nostro gruppo
è formato interamente da giovanissimi-
risponde Italo, 16 anni, stenodattilografo, voce dei Panthers
- e come tali al momento di decidere un
nome abbiamo scelto quello che più stimolava fantasie nella nostra
mente e così è nato questo "Panthers" che troneggia
sul nostro striscione in Curva Nord". Quale posizione
assumete nei confronti dei Club riconosciuti dalla Roma? "La nostra è
una posizione precisa - ci dice Massimo
- Conveniamo con il fatto
che tali clubs sono molto utili dal punto del tifo di cui noi tuttavia
ci sentiamo elemento determinante. Per vedere invece cosa ne pensano loro
di noi vorrei ricordare che nel corso di una riunione di tre anni
fa al cinema Columbus qualche esponente di tali organismi ci qualificò
come teppisti senza conoscerci per quello che eravamo veramente. Vorrei
pregare questa gente di non abusare di questo termine frequentemente usato
a sproposito nei nostri confronti da troppe parti". "A noi i Clubs
"ufficiali" sono indifferenti -
una pausa e Roberto continua - Troppi di
essi hanno tra le loro fila dei soci che mirano solo al biglietto
per la partita della domenica. Secondo noi essere veri tifosi significa
anche sacrificarsi per la propria squadra. Purtroppo molta gente non è
disposta a far ciò. Inoltre io ho una mia concezione particolare
di come dovrebbe essere inteso il club. Per me non dovrebbe essere solo
un luogo di ritrovo dove parlare della Roma e dei suoi problemi, ma deve
anche essere uno spazio aperto ai problemi del quartiere e della città.
In tal senso noi stiamo organizzando delle iniziative di sport popolare
in modo che tutti i cittadini siano dei veri sportivi, cioè facciano
realmente dello sport". Antonio
ha invece nei confronti dei Roma Club un pizzico di invidia. "Purtroppo
noi non abbiamo una sede anche perché coloro che fanno parte del
nostro gruppo abitano da quartieri diversi. Sarei molto felice se anche
noi avessimo un luogo dove poterci riunire. Anche io con Massimo credo
che la parte determinante del tifo giallorosso siamo noi. senza nulla togliere
a quei clubs attivi, nonostante tutto, esistono e il loro lavoro va riconosciuto". "I
clubs cosiddetti "ufficiali" non è che abbiano le mie massime simpatie-
ci dice Italo - In curva Nord questo fatto
si evidenzia ancora maggiormente; infatti se si tolgono uno o due "focolai"
il resto della curva è muto. Questi clubs per come sono organizzati
dovrebbero fare il doppio di quanto fanno attualmente. Noi che a differenza
di loro non abbiamo una sede dove riunirci e concordare il "piano"
di tifo per la domenica, siamo molto superiori su questo lato. I nostri
doveri di tifosi ci impongono anche dei sacrifici che noi affrontiamo volentieri,
ma che molti clubs ufficiali neanche si sognano di fare". Perché considerate
degli idoli delle persone che spesso non vi considerano adeguatamente? Per primo ci risponde
Roberto: "io sono romano e come tale voglio
che il nome della mia città prevalga sempre su qualsiasi altro.
Quando la Roma vince per me è l'intera città che ha sconfitto
quella avversaria. Questa è la miglior soddisfazione che possiamo
avere. Quindi noi consideriamo i giocatori solo gli alfieri con i quali
la Società porta in alto il nome della nostra amata città.
Ribadisco quindi che non consideriamo affatto idoli queste persone". "Neanche noi
consideriamo idoli i giocatori - interviene
Massimo - Essi sono soltanto delle persone
molto fortunate. La nostra fede è esclusivamente per il nome Roma.
In fondo gli atleti sono dei professionisti che vengono e vanno via dalla
nostra città. Ciò che resta sempre e soltanto è il
nome Roma". Antonio fa un discorso
molto chiaro: "L'unica nostra fede è
verso la Roma e non verso i giocatori, per nulla nostri idoli. Se ogni
domenica andiamo allo stadio è perché crediamo nella Roma.
Come il cristiano ogni domenica va in chiesa, noi andiamo a vedere i giallorossi.
Ripeto, per noi la Roma è una vera e propria fede, e gli ultras
ne sono i suoi profeti". "Io
penso che se i giocatori non ci "filano" molto è perché i
tifosi sono tanti e certamente loro non possono conoscerli tutti
- sostiene Italo - Perciò a noi
fa molto piacere quando sui giornali leggiamo che il tale giocatore ci
ringrazia per il nostro incitamento. Ci basta il fatto che riconoscano
il nostro amore per la squadra. Vorrei comunque pregarli di pensare maggiormente
a quella gente che la domenica lascia tutto pur di seguirli anche in trasferta.
Ci facciano sentire che ci sono vicini come noi lo siamo a loro. Idoli?
Forse è l'età che porta a considerarli tali". Condividete il
fatto che giocatori ricevano riconoscimenti dai club talvolta anche a poca
distanza da prestazioni deludenti? Prende la parola
Massimo, dei "Guerriglieri": "Penso
che essendo i clubs molto numerosi talvolta può capitare che una
inaugurazione o una festa, programmata molto tempo prima, capiti dopo una
brutta partita. Comunque un dono può essere anche un incentivo a
far meglio per taluni atleti. La Roma, come facciamo soprattutto noi ultras,
va sempre incitata anche nei momenti in cui le cose non vanno come dovrebbero.
Ci sono talune società che vantano tifosi affezionatissimi i quali
però quando la squadra va male sono i primi ad abbandonarla. A malincuore
pertanto abbiamo aderito alla protesta dei del Centro sfociata nelal mancata
organizzazione della trasferta a Verona, anche perché tra noi e
le Brigate Gialloblu corrono degli ottimi rapporti che risalgono all'incontro
Milan/Roma disputatosi appunto sul "neutro" del Bentegodi. A nome dei Fedayn,
stavolta risponde Vinicio, 17 anni, 3° geometra: "Per
noi - dice molto categoricamente - il
dono o qualsiasi riconoscimento è assolutamente inutile. I giocatori
già prendono tanti soldi per conto loro e come professionisti devono
fare il loro dovere per intero. Siamo noi che dopo la partita di Cesena
ci siamo recati al Tre Fontane manifestando la nostra disapprovazione verso
quei giocatori che non ripagavano adeguatamente tutti i nostri sacrifici
per seguirla anche in trasferta. Sembra che ora
visti i risultati questo sia servito". Antonio condivide
solo in parte l'opinione di Vinicio. Ci dice infatti "Ai
giocatori farà certo piacere ricevere un regalo dai tifosi, ma tutto
questo non lo reputo essenziale. Personalmente credo tuttavia che un segno
di stima e riconoscimento debba essere riconosciuto a questa gente in casi
come una vittoria contro la Juventus o la Lazio. In questi casi loro ci
hanno dato una grande soddisfazione e di ciò dobbiamo prenderne
onestamente atto, manifestando la nostra gratitudine magari regalando una
medaglietta o una targa ricordo". "Personalmente
- ci confida Italo - credo che a Roma il
dono ai giocatori lo si darà anche se la squadra andrà
in serie B. Il pubblico romano è troppo innamorato dei giallorossi
e non risucirà mai a far capir loro che le cose vanno male e che
taluni atteggiamenti sono sbagliati. A giustificare tutto ci sarà
una medaglietta a ricordo di una serata per molta gente indimenticabile,
mentre per "altra", una come tante". Come organizzereste
il tifo se foste al posto del Centro di Coordinamento? "Non
posso assolutamente lamentarmi di come funziona ora-
risponde Massimo - Forse se fossi al loro
posto darei maggiore risalto e spazio non solo agli ultras ma anche a quei
clubs di vecchia fede romanista che si dimostrano i più attivi anche
in campi extracalcistici. Ecco, io farei in modo che il numero di tali
clubs aumenti continuamente". "Come membro
del Centro - ci dice Roberto -eviterei
le formalità nei rapporti......