Ciao
Lorenzo,
come
osservavi tu atmosfera un po' strana, con poco
pubblico, anche considerando
i gruppi rimasti all'esterno per protesta. Molto
d'effetto i settori rimasti
deserti in sud, sebbene ne abbia risentito la
contestazione canora, che
praticamente partiva soltanto dal solito spicchio
basso della nord, in
questa occasione un po' meno numeroso del solito.
Cori
dedicati quasi esclusivamente a Rosella,
all'ineffabile Pippo, ed ai giocatori
svogliati.
Giusto
un paio di cori ai chievo (che hanno fatto
pochissimo per attirare l'attenzione),
tanto per la tradizione. Da notare diversi scambi
polemici tra la nord
bassa ed il resto della curva ed i distinti nord,
che non approvavano la
contestazione (tra le risposte: "Er tifoso
occasionale alla Roma porta
male / er tifoso occasionale alla Roma porta male").
Improbabili tifosi
di curva, assisi dietro il gruppo, si sono
lamentati, ovviamente inascoltati,
delle bandiere che coprivano la visuale...
Goliardico
il "Ce semo rotti er chievo!" finale.
Con
il catagna tutti allo stadio! C'è solo la ROMA!
Livio |
I
VOSTRI RESOCONTI....
....E
QUELLI DELLA STAMPA
ROMA
(3 maggio) - «Sono amareggiata e rispetto i tifosi:
io per prima
mi assumo tutte le responsabilità di questa stagione
amara»:
è eloquente l'espressione del viso di Rosella Sensi,
tesa e dispiaciuta
mentre lascia l'Olimpico che oggi l'ha
contestata.
I
gruppi della Sud sono entrati in Curva solo al '40
del secondo tempo ed
hanno riservato alla proprietà solo cori di
dissenso, e poi fischi
anche per la squadra colpevole di non aver saputo
vincere una partita che
invece doveva dare risposte positive. «Andate a
lavorare»,
«Andate tutti in ritiro», questo è il tenore dei
cori
rivolti alla squadra uscita dal campo tra bordate di
fischi.
«Capisco
la contestazione - ha continuato Rosella Sensi - la
capisco perché
questa è una stagione amara e al di sotto delle
aspettative. Ho
rispetto per i tifosi perchè sono tifosa anch'io e
li capisco».
Il presidente giallorosso ha poi respinto tutte le
polemiche che riguarderebbero
i rapporti interni. «Io parlo per comunicati, quello
che si è
detto non è quello che penso».
|
GAZZETTA
ROMA,
3 maggio 2009 - "A lavorare, andate a lavorare". E'
solo uno dei tanti
cori contro la Roma che dal 40' del secondo tempo
hanno fatto da colonna
sonora alla partita casalinga con il Chievo,
terminata 0-0. Una contestazione
iniziata la scorsa settimana, dopo la pesante
sconfitta contro la Fiorentina
e proseguita durante il ritiro imposto dalla società
(e poi interrotto
su richiesta dei calciatori). Oggi i tifosi
romanisti hanno fatto sentire
la loro protesta in molti modi: al momento
dell'ingresso in campo per il
riscaldamento, i giocatori sono stati accolti da
bordate di fischi.; applausi
solo per Totti, De Rossi e Brighi. Diversi settori
dell'Olimpico sono stati
lasciati vuoti, soprattutto la Curva Sud, cuore del
tifo della Roma, e
chiusi con il tipico nastro bianco e rosso dei
lavori in corso. Molti sostenitori
giallorossi sono rimasti fuori a giocare a calcetto.
Esposti anche alcuni
striscioni, in particolare con la scritta:
"Vattene", senza nomi. Poi,
dal 40' della ripresa, l'ingresso in massa dei
tifosi nello stadio e i
cori contro tutti: squadra, società,
allenatore.
REAZIONI
- "Capisco la contestazione - ha detto Rosella
Sensi, presidente della
Roma - la capisco perchè questa è una stagione amara
e al
di sotto delle aspettative. Ho rispetto per i tifosi
perchè sono
tifosa anch'io e li capisco. Io per prima mi assumo
tutte le responsabilità
di questa stagione amara". L’allenatore Luciano
Spalletti non è
d’accordo con i tifosi giallorossi. "Trovo
ingeneroso il trattamento riservato
alla presidentessa Rosella Sensi", ha detto
Spalletti alla Rai "Al di là
dei risultati della squadra, che devono essere
migliori, la famiglia Sensi
si è sempre impegnata in maniera profonda". Ad
aiutare la contestazione
c’é però il comportamento deludente della squadra.
"Ci sarebbe
da fare un discorso più generale, perché alla fine
ad essere
contestate sono tante squadre, ma noi gli diamo un
taglio diverso", ha
aggiunto l’allenatore giallorosso. "E’ capitato alla
Juventus, al Milan,
al Napoli, anche la Fiorentina che se non batteva
noi la scorsa settimana
era nei guai. Il tutto perché alla fine vince una
squadra sola,
c’é un solo scudetto". Spalletti ha evitato infine
di alimentare
le voci sul suo possibile addio a fine stagione:
"Non sprechiamo altro
fiato, qui adesso c’é da discutere solo dei
miglioramenti da fare",
ha chiuso. Il tecnico giallorosso chiude con un
briciolo di ottimismo:
"In condizioni normali la Roma ha qualità
importanti, se poi succedono
cose particolari tutto è più difficile. Questa rosa
può
dare ancora molte soddisfazioni ai tifosi".
ILMESSAGGERO
ROMA
(3 maggio) - «Vi abbiamo aspettato un anno, oggi
giochiamo noi».
I gruppi della curva sud lo avevano annunciato in
settimana, tramite un
breve comunicato. Domenica pomeriggio lo hanno
fatto. Due mini porte, dieci
amici in campo, con la folla degli altri tifosi a
delimitare il campo di
gioco. A fare da cornice bandiere, stendardi e tanti
cori contro squadra
e società. Così i militanti dei gruppi ultrà
romanisti
si sono affrontati in un mini torneo di calcetto
(cinque contro cinque)
nel piazzale antistante la curva sud, scegliendo di
boicottare per protesta,
la partita vera e propria.
«Una
protesta, civile, goliardica, ma al tempo stesso
inequivocabile
– dicono gli ultrà, che preferiscono rimanere
anonimi – siamo
stufi di questa dirigenza e dello scarso impegno dei
giocatori».
Nel mirino delle critiche l’operato di Rosella
Sensi, giudicata colpevole,
dopo l’incontro avvenuto in settimana a Trigoria, di
«avere scarso
rispetto per i tifosi». Ma loro, gli ultrà, non
salvano nessuno.
Sotto accusa anche rosa e tecnico: «La
sconfitta di Firenze è stata la fatidica goccia che
ha fatto traboccare
il vaso. Ora basta».
Così
mezz’ora prima che l’arbitro Damato fischiasse
l’inizio delle ostilità
sul prato verde dell’Olimpico, nell’antistadio già
avevano iniziato
da qualche minuto. Il torneo degli ultrà era
articolato in cinque
match da 20 minuti ciascuno, ad eliminazione
diretta. Alla fine l’hanno
spuntata i Fedayn, aggiudicandosi la finale per 1-0,
ai danni dei Boys,
altro gruppo storico della sud.
Al
posto del prato l’asfalto ruvido, niente tacchetti
né parastinchi,
e anche le maglie non sono quelle ufficiali griffate
As Roma, ma t-shirt
e polo autoprodotte dai vari gruppi: Boys, Fedayn,
Padroni di casa, Ultras
Roma Primavalle, Irish Clan, Giovinezza e altri. «Mancano
solo gli Ultras romani»
dicono gli organizzatori
della protesta, che seppur senza dirlo apertamente,
alludono alla posizione
piuttosto filo societaria degli ultimi («Il
perché della loro assenza? Non lo sappiamo»).
La
partita nella partita dura circa un’ora e trenta, e
per larghi tratti attrae
gli spettatori assai più che la partita vera e
propria. Nella sud,
listata “a lutto” per mezzo di eloquenti striscioni
fissati sulle vetrate
dei rispettivi gruppi («Vattene»), ci sono ampi
spazi vuoti.
«La
gente preferisce il calcio vero – dice Andrea,
un astante della partitella - rispetto a quei
quattro mercenari senza dignità».
All’astinenza
da Roma si resiste 45 minuti. Quando Roma e Chievo
Verona fanno il loro
ingresso in campo per il secondo tempo, la sud è
praticamente piena.
Ma niente tifo, al posto dei cori di sostegno,
bordate di fischi, cui segue
a più riprese, come un tormentone, il grido
arrabbiato «Rosella
Sensi bla, bla, bla».
Ad
ogni tocco sbagliato dei giocatori in maglia
giallorossa la curva fischia.
Sergio, 35 anni, più di 20 passati in curva, scuote
la testa: «Non
è questo il modo – dice
contrariato
– Chi ha scelto di
vedere comunque la partita,
dovrebbe rispettare la protesta dei gruppi e restare
in silenzio. L’indifferenza
è la miglior cosa».
Altri, come
Andrea, hanno scelto di prendere posto sugli spalti
fin dal primo minuto:
«Preferisco
le contestazioni vecchia maniera – dice, aggiustandosi
la visiera del berretto – tutti dentro lo
stadio, con cori e striscioni per gridare la nostra
rabbia».
Lui la scelta dei gruppi la rispetta, pur senza
condividerla: «Un’iniziativa
goliardica,
che però rischia di passare inosservata».
Ma
i gruppi ultrà a passare inosservati non ci tengono
proprio, così
a pochi minuti dal fischio finale, fanno il loro
ingresso sugli spalti.
La Roma in campo latitata, la sud ribolle di rabbia,
i gruppi danno voce
al malcontento. La folla si trasforma in muro di
mani, i cori vengono scanditi
da scrosci ritmati «Noi non siamo sul libro paga», e
ancora
«Meglio di voi, giochiamo meglio di voi», per
chiudere con
un provocatorio «ma la Roma dove sta». Al 90° il
fischio
dell’arbitro viene seppellito dal mare dei fischi
del pubblico, la sud
invita la Roma «sotto la curva», ma la squadra non
raccoglie.
La
domenica amara del tifo romanista si conclude con
l’ennesimo «Sensi
vattene» urlato a perdifiato, mentre sul viale del
Foro italico papà
Roberto, 40 anni, da 30 abbonato alla Roma, cerca di
spiegare al piccolo
Valerio, sette anni, oggi per la prima volta allo
stadio, che tifare la
Roma significa anche e soprattutto delusioni come
questa: «Un giorno
dirai – dice rivolto al figlio - la mia storia è
iniziata con Roma-Chievo
0-0». Lui annuisce, per nulla intristito: «Tanto
domenica prossima
vinciamo». |