Preliminari Europa League
Ritorno
ROMA -SLOVAN BRATISLAVA 1-1
Roma, Stadio Olimpico,
25 agosto 2011
ore 20.45

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Tifo Roma:
Curva sud davvero poca cosa. Non si sente quasi mai, quasi mai cori continui. (4) G.P.

 

Tabellino partita:
Roma (4-3-3): Stekelenburg; Cicinho (7' pt Rosi), Cassetti, Burdisso, José Angel; Viviani, Perrotta, Simplicio; Bojan, Totti (29' st Okaka), Caprari (23' st Verre). All.: Luis Enrique 
Slovan Bratislava (4-4-2): Putnocky; Cikos, Dobrotka, Had, Pauschek; Bagayoko, Zofcak (45' st Dosoudil), Grendel (20' st Stepanovsky), Guede; Kladrubsky, Sebo (43' st Lacny).
All.: Vladimir Weiss.
Arbitro: Halis Ozkahya (TUR)
Reti:10' pt Perrotta, 37 'st Stepanovsky
Ammonito: Jose Angel. 
Spettatori: 47302 per un incasso di euro 784.864. Recupero:
1’pt+3’st. Ammonito al 35’st José Angel
per gioco falloso, al 40’st Viviani per
gioco falloso
Tifo Ospiti:
400/450 nel settore, un centinaio tra cui molte zoccole in monte mario, un bel tifo, continuo per tutti i 90 minuti con molti “roma roma vaffanculo”. Scendono nel finale verso al vetrata bassa per recuperare maglie e quant’altro. (7,5)
G.P.

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Resistèr, resistèr, resistèr - (Roma-Slovan Bratislava 1-1)
Già fasse venì er fomento de 25 agosto co 40 gradi all'ombra non è facilissimo, eppure.
Fasselo venì pe Viviani, Caprari, Simplicio e Cicinho manco, tuttavia.
Fasselo venì per una partita con la rappresentativa di Bratislava poi, che se lo dimo a fa, ciononostante.
Urlare a squarciagola il nome di Krkrkrkrkrkrkc proprio come fosse un nome da urlare allo stadio pure non va archiviata come cosa alla portata di tutte le 50mila persone presenti ieri sera, ma complice uno speaker più cialtrone di noi, abbiamo fatto anche questo.
E non ci ha depresso, non subito almeno, pensare che avevamo passato un anno come quello passato per iniziare la nuova era con la staffetta Cicinho-Rosi. No no, a noi non ce deprime niente.
Petto in fuori, sciarpa de lana ar collo, rosolia incubata, noi tifamo solo la maglia, giallo ocra e rosso pompeiano, ma pure quella ghiacciolo inguardabile de tanti anni fa, quella maglia là insomma, chi la indossa la indossa per noi è uguale, perchè tanto pareva che alla fine quelli che te danno na gioia erano sempre uguali.
Dopo na tarda primavera, na precoce estate, un luglio e nagosto interi passati a fasse le pippe su qualsiasi nome, era stato l'onesto polmone calabro a facce gridà. Il numero 20 che si fregia del titolo di campione del mondo c'aveva messo la zampa e soprattutto aveva messo in evidenza la caratura dell'avversario, col portiere che aveva pensato de resituì la cortesia de Stekelenburg all'andata, e s'era fatto infiocinà sotto le gambe. Era fatta, in uno stadio che 11 minuti prima era riuscito anche nella commovente impresa di gridare il nome di Osvaldo come quello del messia, ora si spargeva la convinzione che sì, era partita la rivoluzione, che sti cazzo de slovacchi l'avremmo asfaltati tanto a poco, e che a guardallo bene Simplicio non era così grasso, e che hai visto mai pure Rosi torna utile col suo profilo greco, co la sua corsa spensierata, co la sua fisiognomica guardinga.
E Luigi Enrico stava là, rigido ma vigile, braccia conserte ma scucchia guizzante, ebbro di sicumera nel pantalone bianco di finto fresco lino che nessuno, mai, aveva avuto il coraggio di mostrare in una gara ufficiale di qualsiasi cosa non fosse Wimbledon o cricket. E mentre le percentuali di possesso palla lievitavano come manco Adriano un anno fa de sti tempi, i nostri giovini ispanicotrigorici sgambettavano mandando a memoria il chiticaca che sognare il mondo farà.
Il concetto dopo tutto è semplice. Io la do a te, tu la dai a me, lui la dà a egli, egli la dovrebbe dare a noi, se poi egli è Rosi, vabbè, come non detto, riprovamo alla prossima, ma tutto sommato il ragionamento fila. Certo, poi, a na certa, in un momento qualsiasi dell'ostico match di fine agosto co 40 gradi all'ombra, qualcuno, uno a caso, fate voi, davvero a noi poco ce cambia, foss'anche Caprari, dovrà pure fa gò. Beh no dai, Caprari no, non è nelle sue corde, non è nei suoi scarpini arancioni, che il giorno che li dovesse cambià vallo a riconosce in mezzo a tutti sti nani.
C'è Krkrkrkrkrkrk però, quello che bisogna guardare ma non toccare, quello che è nostro pe finta, quello che se se scopre che è forte forte jelo dovemo ridà indietro, se invece è pippa pippa se lo potemo pure tené, comunque pagando come fosse forte forte. E però Krkrkrkrkc dopo due minuti se magna un gò che se fosse stato Vucinic, vabbè, niente, era pe dì. E dopo altri dieci piglia a pallonate tutti i difensori avversari. E se per caso uno de questi je dice daje, provace, guarda, io apro le gambe e tu me fai il tunnel, oppure io vado de là, tu però va de qua così me salti, insomma, come un minimo de complicità je s'appalesa lui niente, rinuncia. Sbatte, intruppa, casca, se spalma, nella migliore delle ipotesi torna indietro, nella peggiore diventa Caprari.
Com'è come non è finisce il primo tempo, senza l'imbarcata pronosticata mezz'ora prima, ma comunque ancora festanti, co le bandiere mai dome, co le sciarpe zuppe de sudore, e con la convinzione che è solo l'emozione che sta condizionando il giovane Canterino col cognome indistinguibile dal codice fiscale, che Josè Angel già ce piace, che Stekelenburg è così forte che l'attaccanti altrui arrivano a centrocampo e poi se dicono "no vabbè lascia perde". E il Capitano? E' na settimana che se stamo fa na faida sul capitano che i Casalesi c'hanno detto "regolateve ragà", e mò? E mò un po' la differenza se vede, il capitano smista, illumina a tratti, ma l'impressione è che illumini perchè in un buio così pesto basta pure na lampadina a risparmio energetico, de quelle che le accendi e poi torni dopo cinque minuti pe vedè com'è la situazione. L'atmosfera è così mezza e mezza che la vera gioia è vedè Okaka che rientra col fratino, accantonando definitivamente l'incubo nella triste notte Bratislavina. Luis Enrique rientra con la faccia determinata di chi, come poco dopo avremmo capito, pensa: "accantonando un cazzo".
La vera novità di quest'anno è il preparatore atletico della riserva che sta pe subentrà.
E' uno che mentre la riserva se scalla je se para davanti pe creaje intralcio, come se uno come Verre, uno che ancora non po votà, in quel contesto non ne avesse già abbastanza de suo, de intralcio. Ma vabbè, semo gente de core, er pischello che è in noi, che comunque se non se fosse fatto i legamenti aaaahhhhh chissà dove sarebbe arrivato, si rivede in Caprari che esce sommerso da applausi materni e in Verre che entra sommerso da bah, mah, boh e altri suoni onomatopeici, ma topeici davero na cifra, tanto topeici che di lì a poco abbiamo capito che di recitare non era più il caso.
Quando con il risultato ancora imprevedibilmente in bilico, con lo spetto dei supplementari a un passo e con la lotteria dei calci di rigore nell'immaginario, i led della lavagnetta hanno detto che sì, a lasciare il campo sarebbe stato proprio l'unico che avrebbe potuto evitare tutto ciò, la sempre difficile lotta al razzismo si è fatta ancor più ardua.
Perché se tu, Luigi Enrico, pensi davvero che un Okaka giovane, che poi tanto giovane non è visto che può votare, possa mai essere anche per un solo istante più utile di un Totti vecchio, tu, Luigi Enrico, me stai a provocà. Me sò tenuto Cicinho titolare, me sò tenuto che hai messo Rosi al posto suo e non Heinze centrale e Cassetti nel ruolo suo (sì, se po fa sta cosa della gente nel ruolo suo), me sò tenuto er poro Verre e non Taddei che tuttosommato un quarto d'ora lo poteva fà, ma questo no. Perché poi succede che questi pareggiano e noi, mai paghi, alla chilometrica lista de dispiaceri aggiungiamo pure quello de uscì da na coppa europea ad agosto.
Tu, Luigi Enrico, nun meriti me, nun meriti la mia sciarpa de lana, nun meriti la mia rosolia incipiente, nun meriti né Er Capitano né Er Cuppolone né Venditti né Tempestilli né Angelo Mangiante, nun meriti manco Trigoria guarda, e nun meriti manco l'opportunità de dimostrà un giorno che Okaka sia finalmente diventato il campioncino che da 25 anni speriamo che sia.
Quindi, Luigi Enrico, fa er piacere. Levate quei cazzo de carzoni bianchi, fa pace prima cor cervello e poi cor Capitano, quindi telefona a Damiano, Anima Candida e Giallorossa e ricordagli: resistèr, resistèr, resistèr.
Perchè adesso questa è la vera battaglia culturale: l'articolo 7.
E' ora di dire basta, di estirpare la piaga sociale dei fuori rosa, noi non ce dormimo la notte al pensiero dell'allenamenti separati, noi (e chi più de noi) crediamo fortemente nella dignità delle pippe, e diciamo no al lager della palestra mentre l'altri s'allenano felici all'aperto e fanno il torello e scherzano e ridono e se fanno le trecce. Damiano, in nome dell'amore, ascolta il grido de sto popolo disperato: PROCLAMA UN ANNO DE SCIOPERO.
Capace che in un anno Sabatini lo capisce che se deve move in macchina, che dall'aereo i campi sò lontani e non se vede un cazzo, che je compra un paio de giocatori e uno de pantaloni e che Luigi se può permette de schierà una squadra improntata all'elettorato attivo, cosa che lo aiuterebbe non poco a evità cazzate.
A noi ce piacerebbe vedello mangià sto benedetto panettone, co lui che lo tiene e il capitano che lo taglia, ma certo che se al 25 agosto je dai in mano na rosa così, vordì che manco le castagne, manco i fichi, manco l'ultima fetta de cocomero je voi concede.
(fonte: Kansas City 1927)

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