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Esordio in Serie A per Niccolò Pisilli |
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Il
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UN ARTICOLO DI TONINO CAGNUCCI
IL SOGNO CHE FACCIAMO SEMPRE DA QUARANT’ANNI 5 maggio, 2023 “Che cosa hai fatto in tutti questi anni?”. No, in tutti questi anni non siamo andati a dormire presto come Noodles. In questi quarant’anni abbiamo continuato a seguire e a tifare la Roma, che è tutto tranne che un andare a dormire presto. Però è vero che quando abbiamo chiuso gli occhi abbiamo continuato a fare tutti lo stesso sogno: una squadra con la maglia rossa che fa il giro di campo portando, come una coda elegante di un gigantesco frack nazional popolare, a strascico un tricolore. Chi lo teneva per mano davanti a tutti lo aveva da poco chiamato “il vessillo”. Lui era il capitano. “In porto sicuramente, vediamo di arrivarci col vessillo”. Lo aveva detto una settimana prima di sbarcarci a Genova e di portarlo una settimana dopo a Roma. Lui, Agostino Di Bartolomei, era in testa, il primo della fila, teneva un lembo con una mano che a un certo punto lasciò per andare a prendere a bordo campo non un fiore, ma un vaso pieno di fiori e lanciarlo ai tifosi. Così: con il vetro, la terra e tutta l’acqua dentro. Era il troppo che aveva dentro. Il troppo che avevamo tutti dopo quarantuno anni di attesa (sapete quante vita ci sono in quarantuno anni? Quante Roma?). Molti di noi in questi anni hanno cercato di raccoglierne i cocci e anche per questo non siamo andati a dormire presto. Abbiamo cercato di trovare in quei frammenti riflessi e immagini scolpite dentro, come uno specchio: quella quando anche il cielo sembrò commuoversi e piegarsi per abbracciarsi Agostino, mentre a terra lo immobilizzava la stretta di Ancelotti dopo il 2-0 con l’Avellino (sembravano una fiamma in mezzo alla pioggia). La manica tirata su di Falcao col Pisa, le mani dei Ragazzi della Sud, Superchi senza guanti, i calci a vuoto di Bruno Conti dopo i gol alla Fiorentina, il sole, gli alè ooh prima di iniziare, gli alé ooh quando andava bene. La ritualità, la processione, la sacralità, la comunione. "Quel t’amiamo e t’adoriamo…". La colonna sonora di quegli anni che se non è una preghiera laica e, insieme una ninna nanna, che cos’è? E come un flash dal futuro lo scudetto del 2001, molto più colorato di rosso rispetto al giallo delle bandiere del 1983. L’abbraccio di Geppo e Liedholm. Cioè la definizione perfetta di cosa sia la Roma: il poeta e il Barone, sangue e oro, aristocratica e popolare. Dino Viola. Aldo Maldera. Gilberto Viti. Ferdinando Fabbri. Vittorio Boldorini. Giorgio Rossi. Piero Gratton. E tutti i romanisti che non ci sono più, tutti quelli che non hanno potuto vedere quello Scudetto. Le nostre vite. Domani c’è da salutare un gruppo di uomini che dopo poco più di quarant’anni ha fatto felice una città. Li potrete riconoscere non solo perché hanno tutti negli occhi l’orgoglio di aver fatto quell’impresa, ma perché accanto a loro ci sarà quel vessillo. Non lo abbiamo mai lasciato Capitano. Questo Scudetto non è durato poco poco. Sabato c’è da salutare un gruppo di uomini che dopo poco più di quarant’anni ha fatto felice una città e che quarant’anni dopo dice loro ancora grazie. Poi la partita finisce alle 20. Venite presto, anche se tanto presto non ci andremo a dormire mai. |
MARCO Accade ancora una volta, la Roma
entra nella mia vita ben prima del weekend. In
Italia si respira calcio anche lontano dai campi e
a me capita un mercoledì mattina, in una scuola
media. Sono |
I VOSTRI RESOCONTI.... ....E QUELLI DELLA STAMPA |
"Mourinho in conferenza stampa: "Io lavoro per la società e faccio il meglio che posso fare. Qualche volta entro nella dimensione che sono stanco di fare quello che faccio, perché sono più di un allenatore. Ma poi ritrovo sempre le forze e le energie e torno a lavorare, anche quando sono deluso di qualcosa. Domani i giocatori avranno un giorno libero dopo tanto tempo. Giovedì si gioca. Io domano farò un pò di tennis e poi andrò al Tre Fontane. Gli errori individuali a volte dipendono dalla qualità dei giocatori. Io non posso lavorare sui meriti dei giocatori, non sono un mental coach, lavoro sui loro limiti. Per esempio #Bove sono arrivato che doveva andare alla Triestina in prestito ed ora è un giocatore diverso. Io sono soddisfatto dei giocatori, che sono stanchi morti. A volte mi guardano come a chiedere il cambio ma non posso, o gioco io o loro, ma meglio loro. #Belotti oggi un eroe, #Dybala ha giocato con una gamba sola. È un momento. In passato dopo una sconfitta avrei reagito esaminando la partita con aggressività verso i giocatori. Oggi li guardo con rispetto. E quando vedo questo rispetto anche dai tifosi ho tanta gioia. Io sono con loro, sarò con loro lunedì e giovedì saremo di nuovo qui. Io non parlo dei miei colleghi. Non ho problemi personali con nessuno di loro. Nelle critiche sull'ultima partita sono stato chiaro. Ho detto che non ha avuto personalità, per me un arbitro deve essere empatico. Io l'unica critica presa l'ho ricevuta da uno che è stato squalificato per tre anni per calcioscommesse ed oggi sta lì (riferito ad #Ulivieri, presidente AIA) e questo succede solo in Italia. Col pubblico c'è tanta empatia, nei momenti belli è più facile. Qui c'è stata nonostante la sconfitta, con la gente che ha capito tutto sulla nostra condizione. Io amo l'Italia e amo lavorare in Italia. Qui ho avuto tanta ricchezza in esperienza sia all'Inter che qua. All'inter c'era tanta gioia, qua meno ma è uguale. Io qui sto bene, in Italia sto bene e lavorare in questo paese mi dà tanta gioia". |
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