Ottavi di finale - ritorno
BRIGHTON /ROMA 1-0
Brighton, Falmer Stadion (ora American Express Stadium)
Giovedì, 14 marzo 2024
ore 20.00 (21.00 italiane)

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Tabellino partita:
BRIGHTON (4-2-3-1): 1 Veerbruggen; 2 Lamptey (61′ Igor), 29 van Hecke, 5 Dunk (C), 30 Estupinian (61′ Ferguson); 13 Gross, 11 Gilmour (85′ Baleba); 14 Lallana (53′ Buonanotte), 10 Enciso (53′ Ansu Fati), 24 Adingra; 18 Wellbeck
A disp. 23 Steele, 38 McGill, 3 Igor, 4 Webster, 15 Moder, 20 Baleba, 28 Ferguson, 31 Fati, 34 Veltmann, 40 Buonanotte, 44 Peupion, 47 Baker-Boaitey
All. Roberto De Zerbi

ROMA (4-3-3): 99 Svilar; 19 Celik, 23 Mancini, 5 N’Dicka, 37 Spinazzola; 52 Bove, 4 Cristante, 7 Pellegrini (C); 35 Baldanzi (83′ Aouar), 17 Azmoun (90′ Joao Costa), 59 Zalewski (73′ Llorente)
A disp. 1 Rui Patricio, 63 Boer, 2 Karsdorp, 14 Llorente, 16 Paredes, 21 Dybala, 22 Aouar, 60 Pagano, 61 Pisilli, 67 Joao Costa, 69 Angelino, 92 El Shaarawy
All. Daniele De Rossi

Arbitro: Felix Zwayer (Germania), Assistenti: Lupp – Achmüller, IV Uomo: Schlager, VAR: Dankert, AVAR: Stegemann
Marcatori: 37′ Wellbeck
Tiri totali (in porta): 21 (5) – 9 (1), Calci d’angolo: 5 – 1
Ammonizioni: 12′ Mancini (R), 24′ De Rossi (R), 31′ Lamptey (B), 35′ N’Dicka (R), 40′ De Zerbi (B), 45′ +1′ Svilar (R), 86′ Llorente (R)
Note: Al 23′ gol annullato ad Azmoun. Al 59′ incrocio dei pali preso da Spinazzola

 






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Il corteo dal drone

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  Il servizio
 








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Cerco sempre di non mancare alle partite in Inghilterra.
Sono sempre stato appassionato del calcio inglese.
Beh, da perfetto boomer adoro - come adoravo all’epoca - quello degli anni andati, con il pubblico infossato dietro la porta, che saltava ai gol segnati in un campo fangoso che a volte invadeva, ma tant’è.
Anche se lo stadio si chiama American Express, cerco di andare anche oggi - gli anni passano - con due figli su tre, visto che una si è salvata.

Frecciarossa Roma/Firenze, i soliti amici, quelli che sai che sono come te e quelli che vedi da sempre ma che impari a conoscere meglio grazie a una trasferta.
Firenze/Gatwick in poco più di un’ora e tre quarti e in un attimo si è sul Gatwick Express.
Intorno il Sussex, verde e uggioso come è l’Inghilterra, e in poco più di mezz’ora si è a Brighton. O meglio, Brighton & Hove, perché una parte è Hove, quella a destra guardando il mare. Ci ho visto i Madness, gli Art Brut e i DIIV, il giorno prima che scattasse il Covid: posso dire di conoscerla.
Appena scesi dal treno andiamo ovviamente verso quel lungomare reso leggendario da Quadrophenia e ognuno poi va al proprio albergo. Sistemate le cose, si arriva al pub prescelto da chi è andato a Brighton e non a quello della fanzone: la cittadina è carina, perché non scegliere il posto dove stare?

Ovviamente in una cittadina così piccola è impossibile passare inosservati quando si é in 500 e così quelli gialli fanno un cordone che cintura il pub. Inizia il corteo, e subito si capisce che ci stanno portando in giro, visto che ci si mette più di un’ora - invece di dieci minuti - per arrivare a destinazione. Un po’ sembra una sfilata in mezzo alla popolazione etnicamente variegata di Brighton, che immortala i Romanisti nei propri cellulari: c’è da chiedersi, non trattandosi di seguaci di profili ultras/hooligans di Instagram, quando mai rivedranno quelle immagini.
Nel tragitto, si passa davanti un pub dove ci sono loro rintanati e si capisce che sono loro dai gesti che fanno, tra cui quello idiota del telefono: come cazzo ti telefono se non ho il tuo numero?

Si arriva ai treni. Sono due, e vengono interamente riempiti. O meglio, stipati.
Si scende e - non si sa cosa diano da mangiare ai cavalli li, visto che sono altissimi e cacano in continuazione - i bobbies, debbo dire cortesi, fanno quadrato intorno alla tifoseria giallorossa. Una camminata lenta lenta, con qualche curiosone britannico che ci guarda tipo zoo, e poi tutto si blocca vicino allo stadio: siamo alle 19.00, tutti ansiosi, e questi stronzi - perché di stronzi si tratta - creano un imbuto in cui passa una persona per volta.
Tutti pigiati all’inverosimile, un poliziotto onesto che dice “no, it’s not normal”, uno steward mezzo italiano che, per le ragioni che potete intuire, è il più stronzo di tutti. Fatto sta che noi entriamo alle 19.40, mentre altri entreranno a partita iniziata.

Ci piacciono gli stadi in cui siamo odiati, mentre ai Brighton stiamo al massimo lievemente antipatici. Però sticazzi, in campo c’è la Roma e noi siamo qui per dimostrare quanto siamo attaccati alla nostra squadra e per accompagnarla ai quarti di finale. Quindi il match è quasi un dettaglio: la solita dichiarazione di amore ai nostri colori, per i quali beviam “con un bicchiere di barbera, ed una coppa di champaaaaagne”, l’edonistico guardare se ci guardano, gli stewards tra l’impassibile e il più che divertito, il “come cazzo è possibile che la curva sia più piccola delle tribune”, il “anche qui ci piove dentro come all’Olimpico”.

Pochi sussulti, cori avversari poco soddisfacenti, un lento scandire dei minuti fino al novantesimo.

Un piccolo inciso di questo racconto dovrebbe chiamarsi, se dovesse avere un titolo, “uno su mille”.
Sì perché finita la partita, nella tribuna alla nostra destra, un ragazzino tra i 13 e i 15 anni, quando ormai i suoi erano andati, si avvicina titubante verso la stessa curva del “Brighton fuck off” agitando una sciarpa biancoblu, con il chiaro intento di scambiarla.
Per via della direzione attuale del mondo ultras - ben poche sciarpe erano al collo dei nostri tifosi, e mi ci metto anch’io, visto che avevo solo un cappellino giallorosso - sembra che nessuno raccolga l’invito, ma il ragazzino non si scoraggia e avanza ancora agitando la sua sciarpa, che non interessa a nessuno e non sapendo quale reazione trovare innanzi a sé.
Ci piacciono gli arditi e gli incoscienti: una sciarpa giallorossa vola, il ragazzino getta la sua biancoblu e va via tra gli applausi del tifo romanista, girandosi ed esponendo la sciarpa finalmente scambiata… stasera con la nostra passione abbiamo creato un altro mostro: uno su mille ci è cascato, e forse ci maledirà in futuro.

La fine è più normale. I ben nutriti cavalli precedono la nostra uscita: in due defecano quanto un intero reggimento ed è diabolico avanzare guardandosi intorno ed evitarne gli escrementi, che ovviamente qualcuno preallerta dicendo “i laziali!”.

Di nuovo il treno.
Aspettiamo gli altri, “si va verso il lungomare?”, pub bere si-mangiare ormai no ma tutto sommato qualcosa si trova.
Vicino al Burger King un ladro cerca con pervicacia assoluta di rubare una bicicletta smontandone il sellino ed è totalmente incurante di chi assiste.
I bobbies, passato il pericolo giallorosso, sono nella fase “sticazzi” e alla fine ci riesce.
E’ una lotta tra poveri, visto chi è il soggetto che sta rubando ed il derubato che lascia una bici per strada, ma non è compito nostro intervenire: è tipo quando guardi un granchio che si mangia un mollusco. Non è che devi intervenire, è la natura.

È tardi e i figli iniziano ad essere stanchi: saremo pure boomer, ma ne abbiamo ancora da vendere! Si rinunzia alla pinta e la mattina successiva inizia con la colazione in un locale vicino l’albergo, per fortuna fornito di cornetti e cappuccini sfornati da una macchina, che non può sbagliare.
Amo l’Inghilterra ed anche la “traditional english breakfast” - figuriamoci - ma per i nostri stomaci delicati la mattina alle 9 risulta un po’ pesante.
La passeggiata sulla spiaggia che fu teatro dello scontro tra Mods e Rockers, è d’obbligo, ed è ancor più affascinante con il cielo grigio, il vento, e il mare agitato. I negozietti del The Lane fanno il resto e il proprietario del Quadrophenia Shop, accanto al famoso vicolo tappezzato da adesivi - tra cui un condivisibile “Taylor freddo” - fa festa, perché oggi ha incassato quanto tutto l’anno.
Il “today it’s fucking filled of italians” pronunciato da due operai britannici mi inorgoglisce, anche se avrei preferito, da nazionalromanista, “filled of Romans”, ma tant’è, non si può pretendere troppo.
Un negozietto ha più scarpe Adidas che tutta Roma e purtroppo stavolta non posso apprezzare i ristoranti con i frutti di mare del Sud della Britannia.

Secondo me, all’epoca, avremmo dovuto lasciare perdere l’Oriente - troppo vasto - e finire con la Britannia. Ne parlerò con Giulio Cesare, una volta morto.

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