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Il corteo dal drone |
Alla
stazione |
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Panoramica stadio |
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Per acquistare le foto
marchiate e non andare sul sito Getty Images |
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Il servizio |
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SPQR
Cerco sempre di non mancare alle partite in Inghilterra. Sono
sempre stato appassionato del calcio
inglese.
Beh,
da perfetto boomer adoro - come adoravo
all’epoca - quello degli anni andati,
con il pubblico infossato dietro la
porta, che saltava ai gol segnati in un
campo fangoso che a volte invadeva, ma
tant’è.
Anche
se lo stadio si chiama American Express,
cerco di andare anche oggi - gli anni
passano - con due figli su tre, visto
che una si è salvata.
Frecciarossa
Roma/Firenze, i soliti
amici, quelli che sai che sono come te e
quelli che vedi da sempre ma che impari
a conoscere meglio grazie a una
trasferta.
Firenze/Gatwick
in poco più di un’ora e tre quarti e in
un attimo si è sul Gatwick Express.
Intorno
il Sussex, verde e uggioso come è
l’Inghilterra, e in poco più di mezz’ora
si è a Brighton. O meglio, Brighton
& Hove, perché una parte è Hove,
quella a destra guardando il mare. Ci ho
visto i Madness, gli Art Brut e i DIIV,
il giorno prima che scattasse il Covid:
posso dire di conoscerla.
Appena
scesi dal treno andiamo ovviamente verso
quel lungomare reso leggendario da
Quadrophenia e ognuno poi va al proprio
albergo. Sistemate le cose, si arriva al
pub prescelto da chi è andato a Brighton
e non a quello della fanzone: la
cittadina è carina, perché non scegliere
il posto dove stare?
Ovviamente in una cittadina così piccola è impossibile passare inosservati quando si é in 500 e così quelli gialli fanno un cordone che cintura il pub. Inizia il corteo, e subito si capisce che ci stanno portando in giro, visto che ci si mette più di un’ora - invece di dieci minuti - per arrivare a destinazione. Un po’ sembra una sfilata in mezzo alla popolazione etnicamente variegata di Brighton, che immortala i Romanisti nei propri cellulari: c’è da chiedersi, non trattandosi di seguaci di profili ultras/hooligans di Instagram, quando mai rivedranno quelle immagini. Nel
tragitto, si passa davanti un pub dove
ci sono loro rintanati e si capisce che
sono loro dai gesti che fanno, tra cui
quello idiota del telefono: come cazzo
ti telefono se non ho il tuo numero?
Si
arriva ai treni. Sono due, e vengono
interamente riempiti. O meglio, stipati.
Si
scende e - non si sa cosa diano da
mangiare ai cavalli li, visto che sono
altissimi e cacano in continuazione - i
bobbies, debbo dire cortesi, fanno
quadrato intorno alla tifoseria
giallorossa. Una camminata lenta lenta,
con qualche curiosone britannico che ci
guarda tipo zoo, e poi tutto si blocca
vicino allo stadio: siamo alle 19.00,
tutti ansiosi, e questi stronzi - perché
di stronzi si tratta - creano un imbuto
in cui passa una persona per volta.
Tutti
pigiati all’inverosimile, un poliziotto
onesto che dice “no, it’s not normal”,
uno steward mezzo italiano che, per le
ragioni che potete intuire, è il più
stronzo di tutti. Fatto sta che noi
entriamo alle 19.40, mentre altri
entreranno a partita iniziata.
Ci
piacciono gli stadi in cui siamo odiati,
mentre ai Brighton stiamo al massimo
lievemente antipatici. Però sticazzi, in
campo c’è la Roma e noi siamo qui per
dimostrare quanto siamo attaccati alla
nostra squadra e per accompagnarla ai
quarti di finale. Quindi il match è
quasi un dettaglio: la solita
dichiarazione di amore ai nostri colori,
per i quali beviam “con un bicchiere di
barbera, ed una coppa di champaaaaagne”,
l’edonistico guardare se ci guardano,
gli stewards tra l’impassibile e il più
che divertito, il “come cazzo è
possibile che la curva sia più piccola
delle tribune”, il “anche qui ci piove
dentro come all’Olimpico”.
Pochi
sussulti, cori avversari poco
soddisfacenti, un lento scandire dei
minuti fino al novantesimo.
Un
piccolo inciso di questo racconto
dovrebbe chiamarsi, se dovesse avere un
titolo, “uno su mille”.
Sì
perché finita la partita, nella tribuna
alla nostra destra, un ragazzino tra i
13 e i 15 anni, quando ormai i suoi
erano andati, si avvicina titubante
verso la stessa curva del “Brighton fuck
off” agitando una sciarpa biancoblu, con
il chiaro intento di scambiarla.
Per
via della direzione attuale del mondo
ultras - ben poche sciarpe erano al
collo dei nostri tifosi, e mi ci metto
anch’io, visto che avevo solo un
cappellino giallorosso - sembra che
nessuno raccolga l’invito, ma il
ragazzino non si scoraggia e avanza
ancora agitando la sua sciarpa, che non
interessa a nessuno e non sapendo quale
reazione trovare innanzi a sé.
Ci
piacciono gli arditi e gli incoscienti:
una sciarpa giallorossa vola, il
ragazzino getta la sua biancoblu e va
via tra gli applausi del tifo romanista,
girandosi ed esponendo la sciarpa
finalmente scambiata… stasera con la
nostra passione abbiamo creato un altro
mostro: uno su mille ci è cascato, e
forse ci maledirà in futuro.
La
fine è più normale. I ben nutriti
cavalli precedono la nostra uscita: in
due defecano quanto un intero reggimento
ed è diabolico avanzare guardandosi
intorno ed evitarne gli escrementi, che
ovviamente qualcuno preallerta dicendo
“i laziali!”.
Di
nuovo il treno.
Aspettiamo
gli altri, “si va verso il lungomare?”,
pub bere si-mangiare ormai no ma tutto
sommato qualcosa si trova.
Vicino
al Burger King un ladro cerca con
pervicacia assoluta di rubare una
bicicletta smontandone il sellino ed è
totalmente incurante di chi assiste.
I
bobbies, passato il pericolo
giallorosso, sono nella fase “sticazzi”
e alla fine ci riesce.
E’ una lotta tra poveri, visto chi è il soggetto che sta rubando ed il derubato che lascia una bici per strada, ma non è compito nostro intervenire: è tipo quando guardi un granchio che si mangia un mollusco. Non è che devi intervenire, è la natura. È
tardi e i figli iniziano ad essere
stanchi: saremo pure boomer, ma ne
abbiamo ancora da vendere! Si rinunzia
alla pinta e la mattina successiva
inizia con la colazione in un locale
vicino l’albergo, per fortuna fornito di
cornetti e cappuccini sfornati da una
macchina, che non può sbagliare.
Amo l’Inghilterra ed anche la “traditional english breakfast” - figuriamoci - ma per i nostri stomaci delicati la mattina alle 9 risulta un po’ pesante. La passeggiata sulla spiaggia che fu teatro dello scontro tra Mods e Rockers, è d’obbligo, ed è ancor più affascinante con il cielo grigio, il vento, e il mare agitato. I negozietti del The Lane fanno il resto e il proprietario del Quadrophenia Shop, accanto al famoso vicolo tappezzato da adesivi - tra cui un condivisibile “Taylor freddo” - fa festa, perché oggi ha incassato quanto tutto l’anno. Il “today it’s fucking filled of italians” pronunciato da due operai britannici mi inorgoglisce, anche se avrei preferito, da nazionalromanista, “filled of Romans”, ma tant’è, non si può pretendere troppo. Un
negozietto ha più scarpe Adidas che
tutta Roma e purtroppo stavolta non
posso apprezzare i ristoranti con i
frutti di mare del Sud della Britannia.
Secondo
me, all’epoca, avremmo dovuto lasciare
perdere l’Oriente - troppo vasto - e
finire con la Britannia. Ne parlerò con
Giulio Cesare, una volta morto.
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