MARCO
"Senti ma eventualmente puoi fare straordinario e staccare alle 19?" "Eh, no... Dopo ho da fare". Dopo diverse partite perse per il lavoro, dopo che i pianeti si sono allineati e turno e orario della partita si incastrano perfettamente non posso rischiare di fare tardi o di saltare la partita, non
posso proprio. Mi libero dal lavoro e volo verso lo stadio, dove trovo volti amici, nuovi adesivi da aggiungere alla collezione... E tutti gli altri momenti sempre uguali e sempre diversi che ci fanno venire voglia di tornare allo stadio. Trovo anche che i panini scrausi che ci vendono sono arrivati a costare 7€, e penso che è l'ultima volta che ne compro uno. Mentre sono in fila per riceverlo un signore domanda: quella cicoria è ripassata? Si - gli faccio io - è di Roma-Inter e ta stanno a
ripassà pe stasera. Intorno a me ridono, e la signora alla piastra si offende un po'. Mentre
cammino in direzione degli ingressi penso ai pochi tifosi del Feyenoord venuti a Roma
nonostante il divieto. In teoria partire nonostante sia vietato sarebbe una bella azione. Ma se poi arrivato a destinazione ti nascondi e ti limiti a mettere foto sui social, anziché dimostrare
coraggio, dimostri che sei impaurito. Non saprei nemmeno se i pochi venuti fossero ultras o - più probabilmente - semplici tifosi. In ogni caso come l'ultima volta (quando sono venuti e poi rimasti a Colosseo circondati da polizia) anche stavolta si mostrano tanta apparenza e poca sostanza.
I controlli sono abbastanza approfonditi, dentro lo stadio pieno è meraviglioso. Si annunciano le formazioni come si faceva un tempo, lo speaker nomina il giocatore e tutti gridano "olé", anche questo bello. Io che normalmente non urlo i nomi dei giocatori, perché non mi piace, perché non riesco ad affezionarmi ad un nome che nel giro 2/3 anni non vestirà più la nostra maglia, stavolta finisco per essere coinvolto da questo ritorno al passato. Entrano in campo le squadre e si alza la coreografia, che personalmente non mi è piaciuta, né per la frase, né per lo striscione stampato, né per la punteggiatura, né per l'effetto generale. Ma comunque gli spalti sono un tripudio di
bandiere, fumogeni, sciarpe e c'è un bel clima. I cori partono bene per poi tendere a calare di
volume nel corso del primo tempo. In nord mini coreografia con i nomi dei ragazzi colpiti da
repressione. Sulla stessa lunghezza d'onda lo striscione di gruppo quadraro contro la digos.
Chi come me è passato per Daspo e multe sà quanto queste misure possano condizionare la vita di una persona. E sà soprattutto quanto la Digos emetta certi provvedimenti per i fatti più lievi.
Abbiamo visto 5 anni di daspo per il lancio di una bottiglietta di plastica, anni di firme per
l'accensione di un fumogeno, diffide a ragazzi minorenni. Provvedimenti emessi con semplicità, per seguire direttive che arrivano dall'alto. Aprire uno striscione non autorizzato non è facile,
scrivere messaggi forti è rischioso, ma stavolta c'è stato chi se ne è fregato e lo ha messo nero subianco davanti a 60mila persone, onore a loro.
Un altro striscione che ho ammirato, è stato quello per Julian Assange, un paladino della libertà, che in questi giorni rischia l'estrazione (e la vita).
La partita si trascina ai supplementari, che iniziano con tutto lo stadio in piedi con sciarpe e
bandiere al vento ad urlare l'inno per la seconda volta. Mentre canto, osservo i giocatori, vedo
Lukaku fare cenni di esaltazione e poi farsi il segno della croce. Vedo altri giocatori dare segno
di carica e talvolta lanciare occhiate allo spettacolo che li circonda. Ci stavamo riuscendo,
stavamo trasmettendo qualcosa a chi era in campo. Il resto della partita non lo commento, lo
conosciamo tutti. Mi piace però ripensare a come noi abbiamo vissuto quei momenti. Il silenzio
totale dopo l'errore di Lukaku. L'esultanza di tutti, compresi gli steward, dopo la seconda parata di Svilar. Il verso di rammarico, quando aveva quasi preso il quarto. Emozioni uniche.