XI Giornata
HELLAS VERONA - ROMA 3-2
Verona, Stadio Bentegodi
Domenica, 3 novembre 2024
ore 18.00

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Tabellino partita:
HELLAS VERONA (4-2-3-1): Montipò 5.5; (87' Faraoni sv), Magnani 6.5, Coppola 5.5, Bradaric 6; Duda 6.5, Serdar 6.5; Suslov 6 (77' Livramento 4), Kastanos 6 (62' Harroui 7), Lazovic 6; Tengstedt 7 (62' Mosquera 6). All. Zanetti

ROMA (3-4-2-1): Svilar 5; Mancini 5.5, Ndicka 5, Angelino 5.5; Celik 6, Koné 6 (81' Paredes sv), Le Fee 5.5 (66' Cristante 5), Zalewski 3.5 (66' El Shaarawy 5.5); Pellegrini 5, Soulé 6.5 (66' Dybala 5.5); Dovbyk 6.5 (74' Baldanzi 5.5). All. Juric

Arbitro: Marcenaro
Marcatori: 13' Tengstedt, 28' Soulé, 34' Magnani, 53' Dovbyk, 88' HarrouiAmmoniti: Svilar (R), Suslov (V), Magnani (V), Koné (V)
Espulsi: Livramento (V)
Spettatori: 28.185



FOTOTIFO






















VIDEOTIFO

  Fine partita
 


Lallalalla eeo Forza Roma
Ovunque andrai, saremo
Seguo senza tregua
Veronese pezzo di Merda
Giulietta zoccola e Romeo frocio


FOTOCALCIO


 














VIDEOCALCIO

Soulé Dovbyk Il servizio








MARCO
"Ao e cammina a sinistra" esclamo mentre con la mano accompagno dolcemente il volante per riportare la macchina in carreggiata. "Ma che c'hai paura? Prima se semo fatti tutta corsia d'emergenza" risponde l'autista. "Si ma prima dormivo e non me ne accorgevo...". La macchina sbanda un po' nel rientro verso Roma, ondeggia a destra e sinistra aldilà delle linee che delimitano le corsie nel modo che avviene nel momento in cui alla guida si affiancano - pericolosamente - altre attività. Fumare, bere, mangiare, cercare la frequenza radio giusta, cercare i video della partita, le fototifo... Sbandano un po' anche i sentimenti, pericolosamente esposti ad un dualismo che sempre più frequentemente turba il tifoso romanista. Da un lato la gioia per il tifo, o meglio per la sua tendenza a migliorare. Dall'altro il rammarico per i risultati in campo, o meglio le riflessioni che ne derivano. Perché - almeno nel mio caso - la sofferenza non nasce dalle sconfitte, ma dalla consapevolezza che in campo la Roma, quella con la R maiuscola, non c'è. La Roma come la amo e la sogno io, la Roma che lotta, la Roma che rappresenta qualcosa. Un tempo vedevo in campo De Rossi e vedevo uno come me. Oggi in chi ci si può identificare? Abbiamo una rosa di calciatori di passaggio che vestono la maglia della Roma solo perché questo coincide con i loro obiettivi di carriera personale. Una rosa che perde e non sembra essere poi così dispiaciuta. La Roma è stata una squadra che per lunghi anni non ha vinto nulla, tuttavia in campo dava tutto. Anni in cui in campo c'era Di Bartolomei e sugli spalti il Cucs, un gruppo che ha sempre sostenuto la Roma aldilà dei risultati. Ma la Roma di quegli anni non è la Roma di oggi, chi non si impegna, chi non vuole recuperare un pallone a fine allenamento, chi è falso, chi gioca contro l'allenatore, merita di essere sostenuto sempre?
Passo in rassegna la rosa della Roma attuale e la confronto con quella di altre squadre sopra di noi. Il Torino è più tecnico della Roma? No. Il Bologna? L'Udinese? No. Eppure sono sopra di noi. Il problema è psicologico, si perde perché non c'è voglia di vincere.
La presidenza è assente, si preoccupa dello stadio e dei profitti, i giocatori si preoccupano solo di se stessi (tolti pochi esempi di professionalità come Dybala) solo a noi preme vincere.
Poi è chiaro, la storia della Roma si intreccia alla deriva generale del calcio moderno. È finita l'epoca delle bandiere, e questo non riguarda solo la Roma.
Ma il punto è come vogliamo porci noi, rispetto a questo calcio, rispetto a questa Roma.
Sono rimasto molto colpito vedendo il video di Mancini fuori Trigoria, un video (per chi non l'ha visto) in cui Mancini dà la sua parola che c'è massima unità tra squadra e allenatore.
Il giorno dopo è stato lo stesso Jurich a smentirlo, quando in conferenza stampa ha raccontato di forti attriti tra lui e alcuni giocatori.
Non c'è rispetto, non c'è sincerità e allora ben venga la contestazione.
Penso a questo mentre torno a Roma, con un occhio osservo il monotono paesaggio fuori il finestrino, con l'altro il ragazzo maldestro che guida e nel frattempo aumenta la consapevolezza di ciò che è davvero importante. Se ho fatto tutti questi chilometri, non è per Mancini, Cristante o Dovbyk, è per rappresentare la mia città, è per portare avanti un idea, è per non rassegnarmi al grigiore. "In un mondo che non ha bandiere, siamo solo noi vecchie maniere" cantavano già nei primi 2000 gli asroma ultras. Guardo la Roma attuale e mi persuado che se lo stato dell'arte è drammatico, la cornice acquisisce più significato del quadro. Avanti ultras



I VOSTRI RESOCONTI....
....E QUELLI DELLA STAMPA



DA IL ROMANISTA (Fabrizio Pastore)
C'è qualcosa di peggio
che assistere all'ennesimo strazio fornito da questa squadra. C'è qualcosa di peggio degli otto gol incassati nell'ultima settimana e perfino dei tre subiti dal derelitto Verona (a un misero punto da noi nonostante le sei sconfitte in sette partite), dopo i cinque che hanno trasformato la Fiorentina in un incrocio fra Brasile del '70 e grande Real. 

C'è di peggio che lanciare uno sguardo alla deprimente classifica e cominciare a fare i conti concentrandosi sulle poche che seguono più che sulle tante che precedono. 

C'è di peggio di un allenatore che si dichiara ancora soddisfatto (sigh) della prestazione, proprio come dopo quella invereconda contro l'Elfsborg.

C'è di peggio che pensare a Mourinho relegato a oltre duemila chilometri di distanza, mentre si infiamma difendendo l'ultima piazza che lo ha accolto come un eroe. Giustamente. E c'è di peggio che seguire tramite i social il girovagare di De Rossi per il globo, pur di stare lontano da casa sua. Quella dalla quale è stato sfrattato senza giusta causa.

L'elenco potrebbe diventare ancora più corposo, in ossequio all'antico adagio secondo cui «non c'è limite al peggio». Ma sarebbe fuorviante, perché al di là dei paradossi uno spartiacque esiste eccome. E purtroppo è stato raggiunto. Uno di quei fondi oltre il quale non c'è più nulla da scavare. Rappresentato dalla cosa che più di qualsiasi altra manca. 

Oggi alla Roma manca la Roma. Sic et simpliciter. Non si tratta di un'iperbole. Non più di quanto non lo sia la realtà. Quella che stiamo vivendo è svilita, svuotata, annichilita. È il trionfo dell'apatia emotiva, che ha travolto tutti. A ogni livello. Quando viene a mancare perfino la forza d'incazzarsi; quando tutto sembra ineluttabile, già visto prima ancora che accada, in un continuo déjà-vu infernale degno dei gironi danteschi; quando le speranze sono annientate dal senso d'abbandono; è allora che il danno diventa serio. Serissimo. Se i sentimenti non rispondono più agli stimoli, appaiono soltanto vicoli ciechi. Con tutto il senso di claustrofobia che può seguire. Molto meglio lo strapiombo, che almeno tiene viva la paura e lo spirito di sopravvivenza. Qui invece si vivacchia. Nella mediocrità che rischia di assuefare.

Non è questione di risultati. Non soltanto perlomeno. Quelli non sono arrivati diverse volte nella nostra storia e quando è successo hanno generato reazioni, sia pure negative ma comunque vitali: angoscia, apprensione, tormento, ansia, rabbia. Ora si respira soltanto un senso di frustrazione. Atmosfera tetra e priva d'orgoglio. E perciò antiromanista. Come vivere ogni partita come uno stillicidio, nella sola attesa che finisca presto. Ora tutto è lontano dal cuore.

Ma la Roma è altro. È sempre stata altro, fin dalla fondazione. La Roma è tutta nell'innato moto di fierezza del suo popolo, perfino negli anni più bui. La Roma è sentimento, anche il più tumultuoso. Ma sempre dirompente, focoso, sanguigno. Ridatecelo. Basterebbe anche soltanto questo per farci ritrovare se non il sorriso, la voglia di tornare a lottare.



































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