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X Giornata
PIOMBINO - ROMA 3-1
Piombino, Stadio Magona D'Italia
domenica 18 novembre 1951
ore: 14.30
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Tabellino partita:
PIOMBINO: Carlotti, Bonci,
Lanciani, Coeli, Bonci II, Ortolano, Morisco,
Biagioli, Zucchinali, Cozzolini, Montiani.
Allenatore: Baldi
ROMA: Risorti, Treré, Nordahl, Cardarelli,
Acconcia, Venturi, Merlin, Zecca, Galli,
Andersson, Bettini.
Allenatore: Viani
Arbitro: Bernardi di Bologna
RETI: 9' Montiani, 40' Biagioli, 76' Biagioli
(R), 84' Venturi (R)
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"Numerose bandiere giallorosse in tribuna e
sulle gradinate"
"Nella stagione 51/52 (la prima in serie
B) è stata disputata la partita che tutt'oggi è la
gara che Piombino ricorda con maggior soddisfazione.
Il 18 novembre 1951 si disputava infatti la partita
Piombino-Roma. La squadra della Capitale, poteva gia
vantare un titolo di campione d'Italia e annoverava
tra la sua fila gente del calibro dello svedese
Nordhal e dei nazionali Venturi e Galli.
Tantissimi romani invasero Piombino, ma
rimediarono una cocente delusione. I nerazzurri con
una grande prova di carattere si imposero per 3-1.Fu
il trionfo del Piombino che toccava l'apice della
popolarità e dell' efficienza tecnica". (Dal sito del
Piombino
Calcio, 2004)
"L'attesa per la partita di domani è vivissima e
si prevede che i 12.000 posti di cui dispone lo stadio non
siano sufficienti ad ospitare gli appassionati che
vorranno assistere all'incontro".
TRAVOLTI DALL'ARDORE DEI TOSCANI
I GIALLOROSSI CEDONO NETTAMENTE PER 3-1
"La dura sconfitta toccata
oggi alla Roma sul campo del Piombino non ha attenuanti e
lo hanno capito i numerosi tifosi venuti dalla Capitale
che l'hanno accettata senza proteste e senza scusanti"
"...i 3.000 sostenitori giallorossi sfollano
commentando amaramente la brutta prova dei beniamini,
mentre riconoscono la regolarità del risultato"
PIOMBINO, 18 NOVEMBRE 1951 (racconto di Stefano Tamburini)
Soffia un vento tiepido, lieve e gentile, un maestrale
dall’odor di leggenda, in questo giorno d’autunno in cui
Piombino si sveglia e poi andrà a dormire cullando il
sogno della Serie A. La guerra è ancora un ricordo vivido
e sono in tanti quelli che si sono appena scrollati le
macerie dal cuore e il terrore delle bombe dall’animo.
La Serie A del calcio può e sembra debba essere anche
quella della vita, del riscatto dopo la miseria e la fame.
Quella squadra che fa sognare è l’espressione di una
fabbrica florida, la Magona, che di lì a poco sarebbe
crollata per poi riprendersi in uno dei tanti cicli di
splendore e disperazione che hanno abbracciato le grandi
fabbriche negli anni che verranno dopo questo speciale 18
novembre.
La leggenda in diretta. È davvero il Giorno dei Giorni,
questo in cui sta per nascere il mito del Grande Piombino.
E anche se l’aria è tersa, il sole è come se tutti quanti
ce l’avessero dentro. Allo stadio Magona si sta per
giocare non un grande incontro, questa è “La Partita”:
dopo, di così leggendarie non ce ne saranno altre. Questi
sono giorni di grandi sogni a prova di ogni alba. Ci sono
13mila, forse 14mila persone stipate in uno stadio che
potrebbe tenerne al massimo 10mila. In piedi, stretti come
sardine, arrampicati sugli alberi e con il cuore in
tumulto. Da giorni la città è tappezzata di manifesti
nerazzurri: “Campionato italiano di calcio, Divisione
nazionale Serie B”, stadio Magona d’Italia, ore 14,30:
Roma vs Piombino”. Sì, la Roma, nell’unico campionato
giocato al secondo piano del nostro calcio. È la
capolista, sette vittorie, un pari e una sola sconfitta
prima di quel giorno: 15 punti contro i 12 del Piombino
che era stato in testa all’inizio. Per i nerazzurri tre
vittorie all’esordio: 4-2 al debutto a Castellammare di
Stabia, 3-0 al Venezia nella prima al Magona e un 2-0 al
Bentegodi di Verona. Poi tre pareggi: 0-0 nel derby con il
Livorno, 1-1 a Catania e in casa con il Pisa. A Salerno la
prima sconfitta (2-0), quindi un bel 4-0 in casa con la
Reggiana e un altro pari a Lodi con il Fanfulla. Dodici
punti, due per ogni vittoria e uno per i pareggi, contro i
15 della Roma. Dalla Capitale sono partiti in quattromila,
molti dei quali senza neanche sapere dove sia Piombino: un
treno speciale e una carovana di torpedoni e auto private.
Sono andati a ruba i pacchetti viaggio-stadio: 3.800 lire
per la tribuna, 2.400 per i distinti e 2.000 per il
parterre, che altro non è che la curva Tolla e quella
fetta al lato della tribuna e la curva. Più o meno 65, 40
e 33 euro del 2015, anche se è davvero impossibile pensare
che un domani così vicino ci possa essere una moneta in
comune con quelli con i quali si è appena finito di
spararsi addosso.
La fiumana giallorossa. Dalla stazione allo stadio sono
trecento metri e la fiumana giallorossa appena venuta giù
dal treno e dalle corriere è imponente ma scorre fra due
ali di piombinesi con sguardo fiero e severo. Sembra di
essere a Trastevere o al Testaccio, la dizione romanesca
prevale. Parlano, parlano, spavaldi come solo quelli della
Capitale sanno essere. Sfottono senza sapere cosa li
attende. Allo stadio quei quattromila si fanno sentire,
durante il riscaldamento i cori sono quelli di chi pensa
di aver già vinto. Per loro, per i giallorossi, in campo
con una stranissima maglia granata, questa Serie B è
un’onta da dimenticare al più presto, il ritorno fra le
“elette” viene considerato scontato nonostante il torneo
da venti squadre proponga una sola promozione diretta e
cinque retrocessioni. Qui si discute da tempo di ridurre
la Serie A a 18 squadre, con il compromesso di uno
spareggio fra la quartultima della A e la seconda della B.
Gli alfieri nerazzurri. Sembra una discussione epocale ma
certo nessuno ci pensa, perché c’è questa partita che può
aprire i sogni alla gloria. Prima di questo Giorno dei
Giorni c’è stata tensione intorno al Piombino appena
salito dalla C. Tutti guardano alle scelte dell’allenatore
Fioravante Baldi, svizzero di nascita ma italianissimo,
bandiera granata prima della guerra, uno che quelli del
Grande Torino li ha visti crescere. È lui ad aver portato
il Piombino in B e sa tener la barra dritta insieme con il
presidente Baldino Giusti, il presidente onorario Arnaldo
Lovetti – l’uomo del miracolo Magona – e il segretario
Siro Iaconi. Con i giocatori, che vengono controllati
passo passo. L’idolo della squadra è Bruno Mezzacapo,
piombinese del quartiere operaio del Cotone. Gioca in
difesa ma è infortunato, quella partita con la Roma non
potrà giocarla: è lì in tribuna a fremere e soffrire, e
poi a gioire. L’altro piombinese della squadra è Doriano
Carlotti, il portiere. Uno che sa stupire e parare
l’imparabile.
Avversari da prima pagina. L’allenatore mischia le carte,
cambia qualche posizione e dall’altra parte Gipo Viani,
uno che poi guiderà la Nazionale, non capirà granché di
quanto accadrà in campo. Due ore prima del via lo stadio è
già quasi pieno, eppure viale Regina Margherita è ancora
un gigantesco fiume umano. Pensare che possano entrare in
quel catino stracolmo sembra follia, eppure alla fine ci
saranno tutti quelli che volevano esserci e non si sa come
abbiano fatto. Quando dal sottopassaggio si scorge la
testa dell’arbitro Giorgio Bernardi, uno che la domenica
di solito frequenta campi di A, s’alza il coro “Roma,
Roma” dalla curva Tolla, sventolano bandiere giallorosse
che provano a cambiar colore al nerazzurro che si distende
nel resto dello stadio.
Nove minuti ed è già gloria. Il vento soffia contro il
Piombino, che attacca verso la curva opposta alla Tolla,
quella dove ci sono i tifosi romanisti, che di vento sanno
ben poco e per loro il ponentino è già chissà che. Per i
piombinesi questo è vento normale, per quelli della
Capitale è una bufera, proprio come quella che stanno per
vedere in campo. Il vento è ancor più nei cuori
nerazzurri, in una squadra che ci crede, dove tutti sanno
quel che devono fare, che gioca a memoria. Sembra un gol
casuale, quello del nono minuto, quello che gela gli
ardori giallorossi. Ma non lo è, sono passaggi
millimetrici, deviazioni precise anche di palloni vaganti.
C’è un calcio di punizione: lo batte Cozzolini, respinge
Knut Nordhal con un campanile da calcio parrocchiale.
Eppure, lui è uno dei fratelli del più celebre Gunnar,
quello del trio Gre-No-Li del Milan (Green, Nordhal e
Niels Liedholm), ed è pur sempre un nazionale svedese.
Quella palla si alza e scende fino a incrociare una mezza
rovesciata di Ortolano e poi un colpo di testa di
Montiani. È pura Accademia. Il portiere Risorti resta
quasi fermo, trafitto da un colpo di biliardo. L’urlo
della folla arriva fino agli angoli più remoti di una
città silenziosa. Chi non è allo stadio è nei dintorni
oppure attende a casa in una sorta di “tam tam di
emozioni” fatto di passaparola e di passione che vale
quasi come un gol in partenza. Quello che è stato appena
segnato. La reazione romanista è da grande squadra, tre
calci d’angolo uno dopo l’altro fanno vacillare ma non
crollare i nerazzurri. Sul terzo è il numero 4, il
cesenate Emilio Bonci, respinge di testa sulla linea. È
una sorta di segnale, l’invito alla riscossa. La squadra
di Baldi si riversa dall’altra parte e per i giallorossi
ben presto arriverà il colpo del (quasi) ko.
Il raddoppio nerazzurro. Corre il minuto 40, quando un
concentrato di abilità e furbizia fa scoppiare i cuori di
gioia. È una rimessa laterale dalla tre quarti sotto la
gradinata, il mulinar di braccia del numero 11 Montiani
libera la palla in area per il numero 8 Biagioli e per un
duello occhi negli occhi con il portiere Risorti. Il
numero 1 giallorosso si oppone come può al centrocampista
piombinese, intercetta la palla ma il tiro è così forte
che gli piega le mani. Si alza una sorta di palombella
beffarda che caracolla verso la porta. Due a zero e gli
inni alla gioia nerazzurra ora sono senza sosta.
Al riposo è gioia pura. L’intervallo è fatto di sfottò ai
romanisti, si ripiegano le prime bandiere giallorosse ma è
tutt’altro che finita. Quando le squadre si riaffacciano
dal sottopassaggio, è quasi un’altra storia: si gioca
ancora sotto la curva verso il centro cittadino, a ruoli
invertiti. La Roma preme, il Piombino vacilla ma non
crolla. Falli, parate quasi impossibili di Carlotti. E la
storia va avanti anche quando la Roma resta in dieci e
mezzo. Si fa male Zecca: il numero 8 va all’ala sinistra e
prova a dire la sua da zoppo, il mediano della Nazionale
Arcadio Venturi va in attacco.
La terza rete dopo la paura. È una specie di assedio, la
squadra di acciaio resiste fino al 30’ quando scatta un
contropiede magistrale e Biagioli potrebbe dare l’ultima
sterzata alla sfida. È un tiro secco da 15 metri, la palla
sibila verso l’incrocio dei pali e sul Magona l’improvviso
silenzio permette a tutti di cogliere il tonfo sordo e
secco al tempo stesso del cuoio che si stampa sul legno
della traversa. Il pubblico si rianima e richiama a gran
voce il gol, la Roma è in bambola. Da quel tonfo sul legno
non è passato neanche un minuto quando Tre Re si lascia
sfuggire Montiani sulla trequarti, lo rincorre fino nella
propria area e lo stende. Il fischio del rigore è accolto
da un boato che si fonde in un coro “Piombino, Piombino”
che accompagna l’esecuzione. Sul dischetto va Biagioli:
palla a sinistra, portiere che non ci arriva. Piombino 3,
Roma 0. Il sogno è realtà, i nerazzurri sono a un punto
dalla coppia di testa Roma-Genoa.
Il gol della bandiera. E poco importa che manchino ancora
14 minuti. Tutti cantano e ballano e al 37’ salutano come
fosse un gol la parata di Carlotti sul tiro a cento
all’ora di Merlin. E non smettono di cantare neppure al
39’, con il pallone calciato da Bettin che si smorza sulla
mano del numero 3 Coeli. Stavolta il rigore è per la Roma
ma i cori non si placano neanche quando Venturi scaglia la
palla rasoterra alla sinistra di Carlotti. Il portierone
arriva a sfiorarlo quel pallone. Ma chi se ne frega:
restano sei minuti e la Capolista non sarà più una
minaccia.
Romanisti distrutti. I giallorossi usciranno poco dopo a
capo chino mentre quelli del Piombino si abbracciano così
come fanno quelli in tribuna. Il treno speciale riparte
lento e sui marciapiedi della stazione ci sono solo
piombinesi che restituiscono gli sfottò. Stessa sorte per
quelli che se ne andranno in auto e in pullman. La strada
di uscita dalla città è una sola (il vialino che dal
centro arriva al Cotone, poi al Poggetto e al Gagno, viale
Unità d’Italia ancora non esisteva). Non aprono neanche i
finestrini, i tifosi romanisti, che non vedono l’ora di
fuggire da quest’inferno. Sarà festa fino a tardi, almeno
per quelli che al mattino alle 6 non dovranno entrare in
fabbrica per il primo turno. È il fumo delle ciminiere ad
alimentare i sogni, non solo calcistici di una città che
appena sei anni prima era in piena rovina. Sarà festa
ancora per un po’, anche se il sogno della Serie A resterà
tale. Anche solo il profumo di quel traguardo ha saputo
inebriare tutti quelli che c’erano e tanti di quelli che
arriveranno dopo e se lo sentiranno raccontare con la
stessa passione con la quale si racconta una favola a un
bambino. Già, una favola che è stata vera, anzi che è
ancora vera: bella e immensa, ben più di come ho provato a
raccontarla. Questa è la favola del Grande Piombino.
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