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Prima
del calcio d'inizio Leoluca Orlando, giovane sindaco
di 39 anni, fa un giro di campo. Accanto a lui c'è
Carlo Vizzini, ministro per gli Affari regionali del
governo Craxi. Il cielo è coperto, è una domenica
pomeriggio. I palermitani si preparano a
un'amichevole di lusso, Roma-Urss. Stadio La
Favorita, 7 dicembre 1986. A Palermo non c'è calcio.
La squadra è fallita tre mesi prima. Anzi, è stata
radiata. Il Palermo non esiste più. Così in viale
del Fante si presentano in 15 mila. L'atmosfera è
fredda ma non troppo come soltanto certi giorni
palermitani di dicembre sanno esserlo.
Ore
14.30. Quando i giocatori della Roma sbucano dal
serpentone degli spogliatoi indossano la maglia
rosanero. In panchina nei giallorossi c'è Sven Göran
Eriksson, svedese di 40 anni, che deve fare a meno
di Nela, Giannini e Ancelotti impiegati il giorno
prima in Nazionale a Malta nella rincorsa a Euro
1988. Alcuni big come Tancredi, Boniek, Pruzzo e
Bruno Conti sono rimasti a Roma per smaltire gli
acciacchi. Ma quella che sbarca a Palermo è una
signora Roma. C'è un 16enne Peruzzi in panchina,
giocano Ciccio Desideri, Gerolin, Baroni e Righetti.
C'è perfino un futuro giornalista, Stefano
Impallomeni, costretto poi a interrompere la sua
carriera in rampa di lancio per un fallaccio di
Costacurta. E in attacco volteggia il Condor
Agostini, bravo a propiziare il momentaneo 1-0
giallorosso, imbeccando Berggreen.
L'obiettivo
dell'amichevole è quello di rinverdire alla Favorita
i fasti del pallone che da queste parti non rotola
più. Le domeniche senza calcio a Palermo sono
tristi. I tifosi sono ancora incazzati per come è
stato affossato il club. Sulle pareti dello stadio,
prima della partita, qualcuno fa scomparire la
grande scritta - "Sciacalli e ladri" - che era lì da
settembre. Gli ultimi fuochi della protesta si sono
spenti da qualche settimana ma trovano nuova benzina
quando alla Favorita entrano in campo Roma e Urss.
Le squadre sono precedute da una passerella di
politici locali. Poi scatta la contestazione a suon
di fischi quando dalle casse parte l'inno nazionale
italiano, anche se nel dopopartita Orlando "si
affretterà a smorzare le polemiche dicendo che è
stato soltanto il frutto di un equivoco''.
L'amichevole
tra Roma e Olimpica sovietica nasconde un altro,
nobile, obiettivo: raccogliere fondi per rifondare
il Palermo. L'incasso è di 90 milioni di lire.
Leoluca Orlando alla vigilia dice che quei soldi
sarebbero serviti "per reperire risorse finanziarie
da utilizzare per la costituzione di una squadra
professionistica cittadina". L'operazione simpatia
della Roma, in campo con un rosa "shocking" in parte
riesce perché nei gradoni della Favorita si vede
qualche bandiera giallorossa. Ma tra gli spalti c'è
amarezza. Perché i palermitani fanno i conti con i
loro sentimenti feriti, con l'ingiustizia subìta,
con quella pugnalata arrivata dritta sul petto dalla
Federcalcio.
La
partita sembra quasi una cornice attorno un quadro
desolante in cui la fibrillazione per la partita di
lusso lascia spazio da subito alla rabbia perché
qualcuno a Palermo ha sgonfiato il pallone.
Desolazione, impotenza, ma anche sprazzi di grande
calcio. Di fronte alla Roma c'è l'Unione Sovietica,
espressione di una realtà che appena pochi mesi
prima aveva stupito nel mondiale messicano. I
ragazzini di Anatoliy Byshovets si ribellano ben
presto al vantaggio romanista, e viaggiando al
doppio della velocità ribaltano lo 0-1 grazie a un
rigore di Ljutiy e sul finire del primo tempo
con un graffio di uno dei gemelli Savichev. L'Urss è
organizzatissima e fa un figurone: tra i pali
ha l'astro nascente Kharin, portiere che diventerà
un simbolo del Chelsea degli anni Novanta. A
telecomandarli c'è il ct Valeriy Lobanovski, il
Colonello che di lì a poco diventerà il mentore di
Shevchenko. Quella squadra che impressiona il
pubblico palermitano vincerà due anni dopo l'oro
alle Olimpiadi di Seul 1988.
PALERMO TODAY 8 marzo 2022
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