la Roma s' inchina anche alla
Juventus, forse e' una questione di carattere
LA SFIDA CALCISTICA DI TORINO .
Contro la piu' "grande" i giallorossi perdono la
testa com' era successo a Parma e a Firenze
di BRUNO TUCCI TORINO . La Roma
indossa i panni della Befana. Senza la scopa e il
foulard in testa, ma i risultati sono gli stessi.
Tanti doni alla Juventus che ringrazia e vola via
verso la conquista dello scudetto. E successo
quello che nessuno avrebbe mai previsto: la difesa
piu' forte del campionato e' andata in bambola, si
e' come disciolta dinanzi al pallido sole che
rendeva meno gelido il freddo pomeriggio di
gennaio. Prima Aldair, poi Petruzzi hanno
combinato il pateracchio rendendo facile il
compito della "vecchia signora" a cui simili
regali non si possono fare. Che brutta figura! Che
spettacolo deprimente! La verita' e' che questa
Roma di Mazzone, quando incontra una squadra di
rango, perde la trebisonda e si fa infilare come
un tordo. E accaduto a Parma, a Firenze e ieri a
Torino. Ma mentre nei primi due casi, si poteva
trovare qualche giustificazione, con la Juve ogni
scusante sarebbe fuori luogo. E inutile andare a
cercare il pelo nell' uovo, e' assurdo ritenere
"sacrosante" le proteste di Aldair, di Cervone, di
Petruzzi, di Giannini nei due episodi chiave della
partita. Assolutamente no. Soltanto il ghiaccio
che ha reso difficilissimo l' equilibrio dei
giocatori in campo potrebbe far gridare i ragazzi
di Trigoria. Ma e' una "par condicio", potremmo
dire usando una terminologia assai di moda nel
linguaggio politico. Il terreno era viscido e
pericoloso tanto per i giallorossi, quanto per i
bianconeri. Ed allora? Non ci sono lai da lanciare
verso il cielo, non ci sono urla che possano in
qualche maniera dimostrare che la Roma non
meritava di perdere. Bisogna solo battersi il
petto, recitare le preghiere per chiedere perdono
a quei tremila intirizziti ultra' che hanno
affrontato un lunghissimo viaggio per assistere ad
uno spettacolo non certo edificante. Il ritornello
e' sempre lo stesso, la musica non cambia. Non
esalta questa Roma formato Mazzone. Finora si e'
salvata ed ha scalato la classifica soltanto
perche' il mister era riuscito a mettere a posto
il pacchetto difensivo. Nel momento in cui questo
reparto e' saltato per le banalita' di Aldair e
Petruzzi e per il nervosismo di Cervone, son
venute fuori le magagne. Vorrei essere chiaro fino
in fondo: Mazzone non puo' strillare ai quattro
venti di essere alla guida di una Ferrari; non
puo' dire di avere una squadra fortissima che
migliorera' con il tempo facendo sfracelli; non
puo' esaltarsi fino ad illudere i fan giallorossi.
Al contrario, dovrebbe essere piu' umile,
affrontare la realta' con meno spocchia, perche'
alla fine i risultati non gli danno assolutamente
ragione. A Torino, nei primi quarantacinque
minuti, le cose non sono poi andate tanto male.
Fino a quando Aldair non ha combinato il
papocchio, favorendo l' inserimento di Ravanelli
che ha regalato il primo gol alla Juventus. Da
quel momento, la Roma non e' piu' esistita. Ecco
il punto: puo' una squadra che, durante tutta la
settimana, ha promesso di raggiungere grandi
traguardi, scomparire alla prima fatalita'
contraria? Puo' innervosirsi fino a favorire in
tutto e per tutto gli avversari? Si fa presto
adesso a prendersela con l' arbitro Stafoggia, a
inveire contro uno dei guardalinee (che, guarda
caso, si chiama Manfredini, come l' indimenticato
Pedro), a sostenere che la Juve e' sempre troppo
protetta dagli uomini in giacchetta nera. Sono
musiche vecchie che non incantano piu' nessuno e
che non portano lontano. Chiunque abbia assistito
alla partita sa che la verita' e' un' altra. E
stupido aggirare l' ostacolo e nascondersi dietro
un dito. La Roma non ha giocato bene, e' stata
ingenua, si e' dimostrata meno squadra degli
avversari, distribuendo doni e sostituendosi cosi'
alla Befana. Peccato: piu' di mezza Italia era
ieri con i giallorossi, nella speranza che il
discorso dello scudetto potesse essere riaperto.
Un' occasione ghiotta per farsi pubblicita' , per
creare proseliti e simpatia lontano dal Cupolone.
Mazzone non ne ha approfittato. E con lui, almeno
il settanta per cento della squadra. Alla faccia
delle decine di miliardi spesi durante l' estate
dal presidente Sensi. La speranza e' che l'
ennesima lezione venga almeno ben tenuta a mente
in avvenire.