"Una famiglia di Piazza Bologna sconvolta nel pieno della
notte, pochi mesi prima della trionfale Espana ‘82, terzo
titolo mondiale con Bearzot.
Era il 21 Marzo 1982, uno squillo improvviso della Polizia
sul telefono della famiglia Vitone, casa in Via Livorno: “Siete
pregati di raggiungere subito Orte. Sul vagone andato a
fuoco è stato trovato il corpo di un giovane. Potrebbe
trattarsi del vostro congiunto”.
Un convoglio di tifosi romanisti stava rientrando da
Bologna: la Roma aveva perso in Emilia per due reti ad una.
Al confine tra Umbria e Lazio, quel treno si trasformò in un
rogo a cielo aperto. All’altezza della piccola stazione di
Sant’Oreste, lasciate Viterbo e Civita Castellana, le fiamme
avvolsero il corpicino di Andrea Vitone, 13 anni, detto
‘Puccino’ per via del fratello maggiore Giuseppe, conosciuto
dagli amici del Commando Ultrà Curva Sud col
soprannome di ‘Pucci’.
“Andrea era simpatico, scherzava sempre a scuola e fuori
– ripeteva un compagno di scuola - Aveva una vera
passione per il calcio, era tifosissimo della Roma e quasi
sempre la seguiva in trasferta.
Ci andava col fratello più grande e il lunedì non veniva a
scuola, restava a casa a riposarsi. Altri interessi? Il
motorino, ci stava sempre sopra, sognava la moto, era la
sua passione. E poi il biliardo, a stecca e a carambola in
un bar sulla Nomentana, dove andavamo di pomeriggio.”
Il piccolo Vitone si spense su quel treno. Non ci fu mai una
versione ufficiale dei fatti. Incendio doloso, incendio
colposo, forse il corto circuito dell’impianto elettrico,
oppure una bravata costata cara. Un buco nero infittito dal
mistero di una vendetta covata nell’ombra, consumata a fuoco
lento seguendo la legge del taglione, con altri due ragazzi
spariti nel nulla ad effetto domino, uno dietro l’altro,
senza che le loro famiglie ne rinvenissero mai i cadaveri.
Un giallo risolto molti anni più tardi grazie alle
confessioni di un pentito: Luca Viotti (15 anni detto Er
marmotta) venne freddato in un agguato sferrato
nell’oscurità di una fungaia dove oggi c’è l’Ospedale
Pertini. Una sorte macabra anche per Stefano La Valle (19
anni di Tor Lupara), forse murato senza pietà in una
palazzina a Torvajanica, senza via di scampo. Pochi lo
sanno, ma se si può dire così… di calcio si è morti anche in
questo modo…"