Nei giorni di Natale si scrisse uno dei giorni più tristi
della storia della Roma. Mancavano i soldi per la trasferta di Vicenza, sicché
l'allenatore (ex laziale) Lorenzo indisse - all'insaputa di
Marini Dettina - una colletta al Sistina per il 31
dicembre, facendo venire i giocatori senza che gli fosse
detto della cosa. Vennero raccolte 800mila lire, che vennero
rifiutate da Marini Dettina e date in beneficenza agli
alluvionati del Vajont. I giocatori pagarono di tasca
propria la trasferta a Vicenza e per il resto della stagione
vennero insultati su tutti i campi con lanci di monetine. Più nel dettaglio, dal gruppo Facebook "Quelli che
non dimenticano la colletta al Sistina": "Era una
matinée del tutto particolare. Gli spettatori che gremivano
il teatro Sistina erano tifosi romanisti carichi di
sentimenti disordinati e confusi, predominavano amarezza e
rancore. Atmosfere da «tempi cupi». La Roma attraversava un difficile
momento, la gestione Marini Dettina stava precipitando verso
il fallimento, almeno dal punto di vista finanziario.
Azzardati movimenti sul mercato avevano zavorrato il deficit
al punto che la società non aveva pagato gli stipendi di
novembre e i giocatori avevano minacciato lo sciopero. Era
intervenuta la Lega riportando un po' di ordine. Franco
Evangelisti giudicò arrivato il momento di fare la mossa
decisiva nel disegno che tendeva a scalzare Marini Dettina e
affiancò lo stralunato presidente. Quel gentiluomo che era
il Conte, dimostrava un totale disadattamento alle nervose
vicende calcistiche, piene di contraddizioni, di ri
pensamenti, di parole mancate, di giuramenti bugiardi.
Sarebbe stato un movimentato Natale, quello del 1964.
Bisognava preparare la trasferta di Vicenza, in programma
per l'inizio dell'anno, e mancava tutto: l'entusiasmo e i
soldi. Juan Carlos Lorenzo, arrivato da poco dopo aver
saltato a pié pari il Tevere (aveva allenato la Lazio, nella
stagione precedente) si era conferito un nobilissimo ruolo,
quello del salvatore della patria, senza averne le stimmate.
li suo rude proposito fu quello di convocare i tifosi e
chiedere brutalmente un obolo. Il Sistina traboccava, di
gente e di malumori. Tutto era stato possibile perchè un
tifoso di antica fede come Pietro Garinei aveva aderito
all'iniziativa ed era intervenuto perchè l'aristocratico
teatro fosse messo a disposizione. Dal palco arrivò la voce
concitata e rotolante -nello sconnesso italiano- di Juan
Carlos Lorenzo. Accenti appassionati. Parlarono altri,
nessuno sapeva chi fossero; la gente voleva offrire subito
quello che poteva, per mettere fine all'ingombrante
cerimonia. Sotto il cupolone non era mai successo niente di
simile: la Roma si era sempre barricata, nelle situazioni
difficili, dietro il suo coraggio, senza piangere, senza
invocare aiuto. Il capitano Giacomo Losi compì l'atto più
difficile: afferrò un secchiello da ghiaccio e percorse i
corridoi che gli sembrarono, in quel momento, irti come
cespugliosi sentieri di montagna: temeva che gli
sanguinassero i piedi. Raccolse le offerte: un milione e
mezzo, la Roma aveva un deficit di qualche miliardo. Losi
confessò poi di aver temuto di morire di vergogna".
*
Ma meglio di
tutti i discorsi, anche per ovviare al titolo infelice de Il
Messaggero il giorno della sua scomparsa, vale il ricordo di
un anonimo tifoso: "Una bellissima figura di uomo. Un gran signore.
Solo la cattiveria umana tentò di sminuirlo con la famosa
colletta del Sistina: un gesto dall'ingenuità disarmante, ma
che segnò un atto d'amore straordinario da parte dei tifosi.
Il suo amore per la Roma gli fece investire e perdere un
capitale. Le nordiste non gli avrebbero mai permesso nulla.
All'epoca non c'erano moviole, ma vi garantisco, io che le
vedevo tutte, che gli arbitri erano perennemente contro. L'unica vittoria - una coppa
Italia - fu celebrata con GIACOMO LOSI, un capitano vero,
una molla di m.1,68, che, con grande correttezza, sradicava
palloni a qualsiasi avversario. Ricordo,come fosse ora, un
suo gol di testa su angolo, decisivo in un Roma-Samp che lo
vide relegato in avanti per uno strappo muscolare. Uno di quei gol, che ricordarlo
commuove. Allora non c'erano sostituzioni. Un altro calcio, a due cuori
immensi quelli del conte Marini-Dettina e di quello che
rimarrà nella storia della magggica come uno dei più grandi
capitani in assoluto. Un pensiero devoto per il conte -
per me ancor più nobile nel gesto tanto deriso del Sistina,
che segnò invece un atto d'amore dei tifosi che forse è
ormai irripetibile nell'attuale egoismo, che ha solo pretese
magari assurde. Un abbraccio a "omino", che
ancora vedo catapultarsi sul pallone, splendido esempio di
vero capitano. Buongiorno a tutti con la ROMA
nel cuore".