GLI
ULTRAS
DELL'ANTICA
ROMA
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Il circo è
il luogo adibito alle corse dei cavalli e dei carri. I carri (bighe o quadrighe
a seconda del numero di cavalli attaccati) sono veicoli di legno molto
leggeri condotti in piedi, in equilibrio precario, dall’auriga. Roma ha
quattro circhi: il più importante è il Circo Massimo che
arriva a contenere fino a 385.000 spettatori; c’è inoltre il repubblicano
Circo Flaminio; il circo privato di Caligola dove Nerone si esercita prima
delle esibizioni; e il grande circo di Massenzio, sull’Appia Antica. Sulla
pista stretta e lunga si svolgono le gare tra factiones, contrassegnate
dal colore degli aurighi: bianche per l’Albata, rosse per la Russata, azzurre
per la Veneta, Verdi per la Prasina. Si tratta di compagnie o corporazioni
che forniscono gli equipaggi ai magistrati incaricati di organizzare i
giochi e che sono ricompensate con premi in denaro.
Durante la gara
i carri girano in senso antiorario, intorno alla spina, un lto zoccolo
in murature posto lungo la linea mediana del circo. Gli spettacoli in genere
sono preceduti dalla “pompa circense” con la partecipazione del magistrato,
dei sacerdoti e degli atleti che sfilano con le loro insegne religiose
al suono delle trombe.
Sulle gradinate
sui lati lunghi e sul lato corto semicircolare, prende posto il pubblico
il cui tifo ricorda quello delle odierne partite di calcio: <<Oggi
il circo, contiene tutta Roma - scrive
il poeta Giovenale - e dal fragore che
mi percuote le orecchie, deduco che stanno vincendo i Verdi. Se perdessero,
vedresti questa città mesta e sbigottita come quando i Consoli subirono
la polvere di Canne>>.
Gli spettacoli
sono l’argomento preferito di conversazione in città, prima e dopo
ogni gara. I protagonisti del circo, aurighi e cavalli, acclamati dal pubblico
in delirio, sono idolatrati e ben pagati: <<Scorpio, se vince, in
una sola ora, si porta via quindici sacchi pesanti d’oro ancor caldi di
conio>> scrive Marziale.
Gli atleti pur
essendo di bassa estrazione raggiungono in breve la gloria e la ricchezza.
Nel tardo impero
le corse di carri godono di una popolarità sempre maggiore, al punto
da far pensare che le fazioni s’identifichino con gruppi religiosi e politici.
I giovani che sostengono le une o le altre fazioni arrivano a vestirsi
e a tagliarsi i capelli in modo da essere facilmente riconoscibili scatenando
tumulti pericolosi.
Così scrive
scandalizzato Procopio nel VI secolo: <<I
tifosi combattono contro i loro avversari senza sapere per che cosa si
battono... L’inimicizia che sentono per chi è vicino è irrazionale...
superano i vincoli di parentela o amicizia... possono anche essere privi
del necessario e la Terra dei loro padri può versare nelle peggiori
difficoltà ma non se ne curano se la loro fazione sta vincendo...
Addirittura sono contagiate anche le donne, non solo sostenendo i loro
mariti ma anche in contrasto con loro... In breve posso definire tutto
ciò solo come una follia collettiva>>.
L’ultimo spettacolo
dato nel Circo Massimo verrà organizzato dal re ostrogoto Totila
nel 549.
LA
FAZIONE
La
grande passione dei Romani per le corse del circo e la complessa organizzazione
necessaria determinano la costituzione di gruppi di versi di appartenenza
per gli aurighi, i cavalli e per tutto il personale addetto ai servizi.
Ogni
gruppo dispone di edifici di rappresentanza e di ricovero per gli uomini,
gli animali, e i mezzi (stabulafactionum). Nascono così le fazioni,
il cui nome viene derivato dal colore scelto dai componenti della squadra:
la fazione rossa viene detta Russata, quella azzurra Veneta, quella verde
Prasina e quella bianca Albata.
Domiziano
durante il suo regno crea una fazione di duplice colore, oro e porpora,
detta Purpureus et Auratus Pannus.
Nei
tempi più antichi sembra che le fazioni fossero soltanto due: la
rossa e la bianca. E nelIll secolo d.C. poi le fazioni tornano ad essere
nuovamente due, con la fusione della bianca e della verde, della rossa
e della azzurra.
I
colori delle fazioni derivano dal colore delle vesti degli aurighi, che
ha un significato preciso: il bianco rappresenta la neve, il candore della
luna e l'inverno; il rosso raffigura il sole e l'estate; il verde è
l'espressione della rinascita annuale della natura e pertanto della primavera;
l'azzurro simboleggia il cielo, il mare e l'autunno.
Ogni
fazione ha nella propria scuderia un certo numero di aurighi, di cavalli,
di carri e tutto un corredo di uomini e di mezzi necessario alla preparazione
e allo svolgimento delle corse. Pertanto in ogni fazione vi sono aurighi
(aurigae), custodi (conditores), costruttori e riparatori di carri (sellari),
allestitori di finimenti (sutores), confezionatori di busti (sarcinatores),
medici (medici), veterinari (veterinari), contadini (villici), falegnami
(fabri tignarii), fabbri (fabri ferrarii). Ogni fazione inoltre ha un sovrintendente
denominato Domini Factionum.
Nel
Campo Marzio vi sono sei scuderie appartenenti alle quattro fazioni e tra
queste nello scantinato del Museo Barracco e del Palazzo della Cancelleria
sono venuti alla luce resti delle strutture della Stabula Prasina. E I'
attuale chiesa annessa al Palazzo della Cancelleria, dedicata a San Lorenzo
in Damaso, era detta in antico San Lorenzo in Prasina.
Sul
circo poi gravita una popolazione di individui di non adamantina onestà
che operano nel mondo delle scommesse, che praticano il commercio degli
oggetti più disparati, che lucrano sulle attività delle cortigiane
e anche soggetti dediti all'imbroglio, al raggiro e al furto. La presenza
di questo genere di individui è certamente dovuto al gran numero
di persone che in una giornata completa e per più giorni in un anno
sostano sulle gradinate del circo.
Augusto
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Dagli
"Annali" di Tacito,
Libro
XIV -cap. 17
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"Nel medesimo tempo
da un lieve principio sorse una feroce contesa tra i coloni di Nocera e
quelli di Pompei per uno spettacolo gladiatorio che Livineio Regulo, che
ho ricordato esser stato rimosso dal senato, allestiva. Infatti, a causa
della licenza provinciale, scagliandosi a vicenda ingiurie, quindi pietre,
da ultimo diedero di piglio alle armi, risultando piu' forte la plebe dei
Pompeiani presso i quali si rappresentava lo spettacolo. Di conseguenza
molti tra quelli di Nocera furono riportati nella loro citta' col corpo
mutilato a causa delle ferite e moltissimi piangevano le morti dei figli
o dei genitori.
Il giudizio del
quale fatto il principe lo commise al senato, il senato ai consoli. Ed
essendo stata riportata di nuovo la cosa ai senatori , ai Pompeiani fu
vietato pubblicamente per dieci anni di tener riunioni di tal genere e
le associazioni che avevano istituite contro le leggi furono disciolte;
Livineio e gli altri che avevano provocata la sedizione furono condannati
all'esilio"
Mattia
mi manda questo estratto del suo libro di latino...
"GRAVI
SCONTRI TRA TIFOSI" (Tac. Ann. XIV, 17)
Gli spettacoli di
massa erano spesso teatro di gravi fatti di violenza e di sangue come quello
narrato negli annali da Tacito, il grande storico che sottolinea spesso
gli aspetti di decadenza morale del popolo romano. In occazione dei ludi
gladiatori tenutisi a Pompei nel 59 d.C una furibonda rissa era scoppiata
tra i tifosi "di casa" e gli ospiti nocerini: dapprima erano volati insulti,
poi erano stati lanciati sassi e infine erano stati estratti i coltelli,
secondo una progressione che ben conosciamo nei nostri stadi. Alla fine
dello scontro ebbere la meglio quelli di Pompei ma entrambe le tifoserie
dovettero contare molti morti e feriti. La testimonianza di Tacito è
di preoccupante attualità perchè induce a riflettere su come,
dopo 19 secoli da quei fatti, l'uomo non sia ancora in grado di controllare
con la ragione la propria istintiva gravità.
"In quell'epoca
si ebbe un fiero massacro tra Nocerini e Pompeiani, originato da una futile
causa in occasione dei ludu gladiatori banditi da quel Livinieio
Regolo, che ho già ricordato espulso dal senato. Dapprima si scambiarono
ingiurie con l'insolenzza propria dei provinciali, poi passarono alle sassate,
alla fine ricorsero alle armi, prevalendo i cittadini di Pompei, presso
i quali si dava lo spettacolo. Furono, perciò, riportati a casa
molti di quella di Nocera, col corpo mutilo per ferite, ed in quella città
parecchi cittadini piansero la morte dei figli e dei genitori. Il principe
(Nerone) deferì al Senato il giudizio di questo fatto, il Senato
lo affidò ai consoli, poi, quando la faccenda passò di nuovo
al Senato, fu deliberato di vietare ai cittadini di Pompei per dieci anni
simili pubbliche riunioni; fu poi ordinato lo scioglimento di quelle associazioni
che si erano costituite contrariamente alle disposizioni della legge. Livineio
e coloro che avevano provacato il tumulto furono condannati all'esilio."
Stadi
violenti, gli antichi Romani facevano così
Circo Vaticano
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Circo di Massenzio
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Circo di Caligola
e Nerone
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