Panthers,
Ultras, Fedayn, Fossa dei Lupi, Boys, Guerriglieri:
tanti
pittoreschi nomi per nascondere una grande passione e un cuore giallorosso
IL GIORNO
PIU' LUNGO DELLA CURVA SUD
Giungendo
allo stadio, la prima cosa che colpisce gli occhi sono le decine di scritte,
simboli, oscenità che ricoprono i muri e le cancellate: vere e proprie
schermaglie murali, che testimoniano il "Cambio della guardia" dei tifosi,
che avviene ogni domenica. Gli ultras di una parte scrivono messaggi a
quelli dell'altra, che puntualmente, la domenica dopo, li cancellano, sovrapponendovi
le loro minacce, finché i muri non vengono pazientemente imbiancati
e preparati a ricevere nuove impressionanti scritte.
Sbucando
nell'immane catino mi sento un pò sperduto, solo radi gruppi di
tifosi e qualche striscione fiammante rompono la grigia uniformità
delle tribune. E' una bella giornata, ci sono ancora poche persone, ma
gli ultras sono già tutti nei soliti posti; hanno sistemato i loro
strani striscioni, i loro tamburi, le batterie di clacson; ma per ora si
limitano a chiaccherare. Scendo verso di loro. Hanno nomi stravaganti:
"Panthers", "Fedayn", "Fossa dei Lupi"; indossano quasi tutti camicie militari
o giubbe mimetiche con i loro emblemi dipinti sopra; da quando si sono
riuniti, il tifo, quello urlato, lo monopolizzano loro; in più hanno
una succursale, i "Boys", in curva nord; i loro unici concorrenti sono
i "Guerriglieri della Curva Sud", appostati un pò più su.
Appena
dico che sono di "Giallorossi" mi sono tutti intorno; chiedo loro quanti
anni hanno, da dove vengono; "ho sedici anni e so' dei Monti Tiburtini"
esordisce
Stefano, "Co' la bandiera me porto pure er pranzo, perché parto
alle dieci de matina. Puro mi' padre è romanista, ma in curva nun
ce vole venì. 'A Roma? 'St'anno ariva minimo quinta...basta che
Piero ripija a fà golle". "E poi 'ndo lo metti Kawasaki?"
aggiunge Roberto, dicissatte anni di Casalbruciato.
Improvvisamente
s'interrompono, scattano in piedi e iniziano ad urlare ferocemente "Serie
B, serie B". Ecco, dal tunnel sono usciti, in borghese i giocatori
della squadra avversaria: le parolacce volano da tutte le parti.... ma
poi gli animi si calmano e tutti tornano a sedere. Così comincio
azzardatamente a chiedere: "Perché scegliete nomi così
violenti, perché fate tanto baccano?". "E' bello così".
"Almeno spaventa la gente". "Si nun ce famo rispettà, ar prossimo
derby li laziali ce gonfiano de botte" e via dicendo. Ma da quel che
ho sentito mi pare di capire che la domenica è il loro giorno di
gloria: il resto della settimana vivono senza controlli, con la violenza
per vangelo; la domenica possono scaricarsi agitandosi, urlando come forsennati,
magari spaccando tutto o tirando sassi ai poliziotti.... Il loro amore
sviscerato per la Roma è solo un pretesto per sentirsi forti, invincibili
almeno allo stadio.
Cambio
postazione salendo un pò: ora sono vicino ai "Guerriglieri", vedo
parte del campo attraverso la rete che protegge gli spogliatoi, che hanno
più volte tentato di incendiare. La curva è piena, nel settore
superiore; gli ultras sono tutti in piedi sul parapetto, scandiscono slogan,
accompagnati da un rullìo inistente di tamburi. Un uomo sulla quarantina
si arrampica sul muretto e si mette a gridare, paonazzo: "Bastardi,
annate a arrestà Mesina! Viva Margherito!" Risate generali,
e dopo un pò si calma anche lui. Un gruppo di ragazzetti, un mazzo
di fiori giallorossi in mano, è entrato in campo; contro di loro
latra furiosamente un cane lupo, trattenuto a stento da un poliziotto.
L'entusiasmo
cresce, lo speaker, imperturbabile tra i clamori della folla, scandisce
i nomi dei giocatori. Un uomo in maglia rossa appare dal tunnel, si china
a raccogliere i fiori che gli porgono dalle gradinate: tutta la curva è
in piedi e saluta Prati, l'ottavo re di Roma, col grido, un poco scaramantico,
di "Piero gol!". Finalmente le squadre entrano in campo, un boato
in crescendo saluta i ventidue novelli gladiatori che scendono sul terreno
di gioco; le bandiere sventolano a centinaia; alcune, quelle degli ultras,
larghe metri e metri quadrati....
"Roma,
ROMA!" Metà curva grida a piena voce, spellandosi le mani, mentre
viene battuto il calcio d'inizio; ma l'avvio è guardingo, dopo un
quarto d'ora tutti si limitano a fissare in silenzio il campo; un gruppo
evoca a gran voce gli antenati dell'arbitro, colpevole di qualche decisione
dubbia. Ogni entusiasmo pare placato; si sente solo il rullìo continuo
dei tamburi, ossessivo, ipnotico: motli vorrebbero farli smettere, ma gli
ultras continuano, imperterriti, Non succede nulla per una buona mezzora
ma ecco, un rimpallo in area, una zampata furtiva, e la palla oltrepassa
la linea fatale. Gol. Un urlo immane fa tremare lo stadio, tutti sono schizzati
in piedi, mani al cielo come quell'uomo in rosso laggiù, che
corre impazzito, la bocca spalancata dalla gioia. Ognuno è nelle
braccia del vicino, il volto trasfigurato; sulla folla che ribolle come
un formicaio lampeggia, qua e là, una bandiera agitata a due, quattro
mani.... La palla non è già più a centrocampo quando
tutti sono di nuovo seduti, la soddisfazione in viso.
Nell'intervallo
attacco discorso con il mio vicino, Sandro, ventun anni, abita ai Parioli:
"Vengo
in curva sud per stare più vicino al pubblico romanista che è
il migliore d'Italia"
Non
ha mai avuto grandi soddisfazioni dalla sua squadra, eppure è
sempre qui.
"Forse
perché il calcio a Roma non è una droga o un motivo per dimenticare
tanti problemi, come succede a Napoli, ad esempio. Qui nessuno pretende
lo scudetto a tutti i costi".
E'
il primo discorso obiettivo che sento fare, tra tanti dettati da un affetto
cieco e forse un pò irragionevole. Intanto inizia il secondo tempo,
la Roma subisce il gioco degli avversari, il centrocampo annaspa un pò,
un tale azzarda: "Eh, se ci fosse stato Cordova". Subito si accendono
animate discussioni: per Alberto, 37 anni, "Cordova monopolizzava il
gioco romanista con i suoi alti e bassi, è stato meglio sostituirlo,
ormai, aveva fatto il suo tempo". Un signore anziano si intromette:
"Sì,
va un pò a guardà che te sta a fà co' la Lazio, 'sto
fijo de 'na mignotta". Molti capiscono, annuiscono, ma Alberto continua
a sostenere che, "comunque sia il caso Cordova dividerà ancora
per molto la tifoseria". La partita volge al termine, ogni tanto qualcuno
si informa sui risultati degli altri campi. "Che fa la Lazio?".
"Sta
a vince". C'è del disappunto. "Meno male che la Roma vince".
Tre fischi finali, è già inizia l'attesa per la prossima
partita: in fondo, essere tifosi è proprio questo.
(Articolo di Bernardo
Barbaresi)
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