Da "GIALLOROSSI" - Novembre 1976


Panthers, Ultras, Fedayn, Fossa dei Lupi, Boys, Guerriglieri:
tanti pittoreschi nomi per nascondere una grande passione e un cuore giallorosso
IL GIORNO PIU' LUNGO DELLA CURVA SUD
Giungendo allo stadio, la prima cosa che colpisce gli occhi sono le decine di scritte, simboli, oscenità che ricoprono i muri e le cancellate: vere e proprie schermaglie murali, che testimoniano il "Cambio della guardia" dei tifosi, che avviene ogni domenica. Gli ultras di una parte scrivono messaggi a quelli dell'altra, che puntualmente, la domenica dopo, li cancellano, sovrapponendovi le loro minacce, finché i muri non vengono pazientemente imbiancati e preparati a ricevere nuove impressionanti scritte.
Sbucando nell'immane catino mi sento un pò sperduto, solo radi gruppi di tifosi e qualche striscione fiammante rompono la grigia uniformità delle tribune. E' una bella giornata, ci sono ancora poche persone, ma gli ultras sono già tutti nei soliti posti; hanno sistemato i loro strani striscioni, i loro tamburi, le batterie di clacson; ma per ora si limitano a chiaccherare. Scendo verso di loro. Hanno nomi stravaganti: "Panthers", "Fedayn", "Fossa dei Lupi"; indossano quasi tutti camicie militari o giubbe mimetiche con i loro emblemi dipinti sopra; da quando si sono riuniti, il tifo, quello urlato, lo monopolizzano loro; in più hanno una succursale, i "Boys", in curva nord; i loro unici concorrenti sono i "Guerriglieri della Curva Sud", appostati un pò più su.
Appena dico che sono di "Giallorossi" mi sono tutti intorno; chiedo loro quanti anni hanno, da dove vengono; "ho sedici anni e so' dei Monti Tiburtini" esordisce Stefano, "Co' la bandiera me porto pure er pranzo, perché parto alle dieci de matina. Puro mi' padre è romanista, ma in curva nun ce vole venì. 'A Roma? 'St'anno ariva minimo quinta...basta che Piero ripija a fà golle". "E poi 'ndo lo metti Kawasaki?" aggiunge Roberto, dicissatte anni di Casalbruciato.
Improvvisamente s'interrompono, scattano in piedi e iniziano ad urlare ferocemente "Serie B, serie B". Ecco, dal tunnel  sono usciti, in borghese i giocatori della squadra avversaria: le parolacce volano da tutte le parti.... ma poi gli animi si calmano e tutti tornano a sedere. Così comincio azzardatamente a chiedere: "Perché scegliete nomi così violenti, perché fate tanto baccano?". "E' bello così". "Almeno spaventa la gente". "Si nun ce famo rispettà, ar prossimo derby li laziali ce gonfiano de botte" e via dicendo. Ma da quel che ho sentito mi pare di capire che la domenica è il loro giorno di gloria: il resto della settimana vivono senza controlli, con la violenza per vangelo; la domenica possono scaricarsi agitandosi, urlando come forsennati, magari spaccando tutto o tirando sassi ai poliziotti.... Il loro amore sviscerato per la Roma è solo un pretesto per sentirsi forti, invincibili almeno allo stadio.
Cambio postazione salendo un pò: ora sono vicino ai "Guerriglieri", vedo parte del campo attraverso la rete che protegge gli spogliatoi, che hanno più volte tentato di incendiare. La curva è piena, nel settore superiore; gli ultras sono tutti in piedi sul parapetto, scandiscono slogan, accompagnati da un rullìo inistente di tamburi. Un uomo sulla quarantina si arrampica sul muretto e si mette a gridare, paonazzo: "Bastardi, annate a arrestà Mesina! Viva Margherito!" Risate generali, e dopo un pò si calma anche lui. Un gruppo di ragazzetti, un mazzo di fiori giallorossi in mano, è entrato in campo; contro di loro latra furiosamente un cane lupo, trattenuto a stento da un poliziotto.
L'entusiasmo cresce, lo speaker, imperturbabile tra i clamori della folla, scandisce i nomi dei giocatori. Un uomo in maglia rossa appare dal tunnel, si china a raccogliere i fiori che gli porgono dalle gradinate: tutta la curva è in piedi e saluta Prati, l'ottavo re di Roma, col grido, un poco scaramantico, di "Piero gol!". Finalmente le squadre entrano in campo, un boato in crescendo saluta i ventidue novelli gladiatori che scendono sul terreno di gioco; le bandiere sventolano a centinaia; alcune, quelle degli ultras, larghe metri e metri quadrati....
"Roma, ROMA!" Metà curva grida a piena voce, spellandosi le mani, mentre viene battuto il calcio d'inizio; ma l'avvio è guardingo, dopo un quarto d'ora tutti si limitano a fissare in silenzio il campo; un gruppo evoca a gran voce gli antenati dell'arbitro, colpevole di qualche decisione dubbia. Ogni entusiasmo pare placato; si sente solo il rullìo continuo dei tamburi, ossessivo, ipnotico: motli vorrebbero farli smettere, ma gli ultras continuano, imperterriti, Non succede nulla per una buona mezzora ma ecco, un rimpallo in area, una zampata furtiva, e la palla oltrepassa la linea fatale. Gol. Un urlo immane fa tremare lo stadio, tutti sono schizzati in  piedi, mani al cielo come quell'uomo in rosso laggiù, che corre impazzito, la bocca spalancata dalla gioia. Ognuno è nelle braccia del vicino, il volto trasfigurato; sulla folla che ribolle come un formicaio lampeggia, qua e là, una bandiera agitata a due, quattro mani.... La palla non è già più a centrocampo quando tutti sono di nuovo seduti, la soddisfazione in viso.
Nell'intervallo attacco discorso con il mio vicino, Sandro, ventun anni, abita ai Parioli: "Vengo in curva sud per stare più vicino al pubblico romanista che è il migliore d'Italia"
Non ha mai  avuto grandi soddisfazioni dalla sua squadra, eppure è sempre qui.
"Forse perché il calcio a Roma non è una droga o un motivo per dimenticare tanti problemi, come succede a Napoli, ad esempio. Qui nessuno pretende lo scudetto a tutti i costi".
E' il primo discorso obiettivo che sento fare, tra tanti dettati da un affetto cieco e forse un pò irragionevole. Intanto inizia il secondo tempo, la Roma subisce il gioco degli avversari, il centrocampo annaspa un pò, un tale azzarda: "Eh, se ci fosse stato Cordova". Subito si accendono animate discussioni: per Alberto, 37 anni, "Cordova monopolizzava il gioco romanista con i suoi alti e bassi, è stato meglio sostituirlo, ormai, aveva fatto il suo tempo". Un signore anziano si intromette: "Sì, va un pò a guardà che te sta a fà co' la Lazio, 'sto fijo de 'na mignotta". Molti capiscono, annuiscono, ma Alberto continua a sostenere che, "comunque sia il caso Cordova dividerà ancora per molto la tifoseria". La partita volge al termine, ogni tanto qualcuno si informa sui risultati degli altri campi. "Che fa la Lazio?". "Sta a vince". C'è del disappunto. "Meno male che la Roma vince". Tre fischi finali, è già inizia l'attesa per la prossima partita: in fondo, essere tifosi è proprio questo.

(Articolo di Bernardo Barbaresi)



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