L'ITER DELLA LEGGE ANTI-TUTTO

ALLA CAMERA 2007


http://www.camera.it/_dati/leg15/lavori/schedela/trovaschedacamera_wai.asp?pdl=2340



13 MARZO 2007
Commissioni Riunite II e VII - Resoconto di martedì 13 marzo 2007
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SEDE REFERENTE
Martedì 13 marzo 2007. - Presidenza del presidente della II Commissione Pino PISICCHIO.
La seduta comincia alle 9.40.
Decreto-legge n. 8/2007: Misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche.
C. 2340 Governo, approvato dal Senato.
(Esame e rinvio).
La Commissione inizia l'esame del provvedimento.
Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, ritiene opportuno, prima di passare all'esame del disegno di legge, esporre talune precisazioni sull'organizzazione dei lavori delle Commissioni riunite, considerato che in tema di decreti-legge vi è una stretta correlazione tempi di esame e possibilità di modifica.

PINO PISICCHIO
PISICCHIO_G@CAMERA.IT 

Pino Pisicchio (Corato, BA, 23 maggio 1954) è un uomo politico italiano.
Laurea in giurisprudenza, docente universitario, ricercatore,giornalista professionista, già militante 
della Democrazia Cristiana, è stato un esponente dell'UDEUR ed è attualmente parlamentare dell'Italia
dei Valori.
Coordinatore nazionale di Rinnovamento Italiano, è stato eletto al Parlamento Europeo nel 
1999.Eletto per la prima volta alla Camera dei Deputati,nella circoscrizione Bari-Foggia, nel 1987 con
la DC e riconfermato nel 1992.Sottosegretario alle Finanze nel Governo Amato (1992-1993)e ai Lavori
Pubblici nel Governo Ciampi(1993-1994).Nel 2001 è stato eletto alla Camera dei Deputati, col sistema
proporzionale, nelle liste della Margherita in Calabria. Si è successivamente distaccato dalla 
Margherita dapprima aderendo al gruppo UDEUR,di cui fu capogruppo alla Camera, quindi fondando 
un movimento politico regionale in Puglia denominato Rinnovamento Puglia.
Nel 2006 ha aderito all'Italia dei Valori, il movimento fondato da Antonio Di Pietro. Nella legislatura, 
che ha avuto inizio con le elezioni dell'aprile 2006, è stato dunque rieletto alla Camera, nella lista Idv
della circoscrizione Puglia. È presidente della Commissione Giustizia.
Considerato che il provvedimento è iscritto nel calendario dell'Assemblea a partire da martedì 20 marzo, le Commissioni dovranno concluderne l'esame entro questa settimana. Ciò significa che entro la giornata di giovedì dovrà essere conferito ai relatori il mandato di riferire in Assemblea e che, di conseguenza, già nella giornata di mercoledì dovranno essere esaminati gli emendamenti, il cui termine potrà, pertanto, essere fissato per domani mattina affinché le Commissioni competenti siano messe nelle condizioni di esprimere il parere sul testo entro la giornata di giovedì.
Ritiene evidente che si tratti di tempi ristretti per l'esame in Commissione, ma sottolinea come, qualora fosse stato lasciato maggior tempo alle Commissioni, si sarebbero significatamene ridotte le possibilità di apportare eventuali modifiche al testo trasmesso dal Senato.
Ai membri della Commissione Giustizia ricorda l'esperienza dell'esame del decreto-legge sulle intercettazioni telefoniche, quando il provvedimento trasmesso dal Senato fu inserito nel calendario dell'Assemblea in una data ravvicinata alla data di scadenza del termine di conversione. In quella occasione la Commissione ebbe a disposizione un tempo congruo per l'esame del provvedimento trasmesso dal Senato, in quanto il provvedimento fu inserito nel calendario dell'Assemblea dopo quindici giorni. Tuttavia, ciò significò di fatto una sostanziale blindatura del testo trasmesso dal Senato, poiché una sua modifica e quindi trasmissione al Senato per una nuova lettura ne avrebbe significatamene messo a rischio la conversione. Nel caso in esame non è così, considerato che il decreto legge scade il 9 aprile, cioè dopo circa venti giorni dall'inizio dell'esame in Assemblea, per cui il Senato - ricorda, tra l'altro, che il Senato dovrà esaminare anche il decreto-legge sulle missioni internazionali - avrà il tempo necessario per un eventuale nuovo esame.
Pietro FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, ritiene in ogni caso essenziale che il Parlamento sia messo nelle condizioni di poter svolgere il proprio ruolo, eventualmente anche modificando il testo in esame il cui iter non può certo ritenersi concluso con la prima lettura del Senato.
Nicola BONO (AN) prende atto delle indicazioni fornite dal presidente Pisicchio in riferimento ai tempi di approvazione del disegno di legge in esame, in riferimento ai quali si dichiara assolutamente perplesso. Come già più volte ha rappresentato, infatti, ritiene che le Commissioni debbano essere messe nelle condizioni di esaminare in tempi congrui i provvedimenti assegnati. Si tratta di aspetti che peraltro non dipendono dalle Commissioni II e VII ma dalle decisioni assunte in sede di Conferenza dei presidenti dei gruppi. Auspica in ogni caso, riservandosi di intervenire comunque nel prosieguo dell'esame, che possa esserci la più ampia convergenza di tutte le forze politiche sul provvedimento in esame.
Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, condivide nella sostanza le sottolineature dell'onorevole Bono. Rileva quindi come la ristrettezza dei tempi a disposizione delle Commissioni sia in gran parte il risultato dell'asimmetria che si è venuta a creare tra i due rami del Parlamento e, segnatamente, della difficoltà del Senato di lavorare se non su percorsi predeterminati. Tale situazione, che potrebbe anche essere interpretata come una surrettizia modifica dell'assetto costituzionale, non esime tuttavia le Commissioni riunite dall'organizzare ed utilizzare nel modo migliore possibile i tempi a disposizione.
Passando all'illustrazione del provvedimento, evidenzia come esso sia volto a convertire in legge il decreto-legge n. 8 del 2007, recante misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche, emanato a seguito dei gravissimi episodi di violenza verificatisi in occasione di avvenimenti sportivi e culminati nell'omicidio dell'ispettore Raciti a Catania. Per arginare il fenomeno sempre più dilagante della violenza commessa in occasione di manifestazioni sportive (ma l'Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive non aveva detto che dopo la Legge Pisanu era in calo? n.d.L.), il Governo ha ritenuto opportuno utilizzare lo strumento della decretazione d'urgenza, reputando oramai indifferibile l'adozione di idonee misure sia preventive che sanzionatorie. Il decreto-legge, anche dopo le modifiche introdotte dal Senato, contiene disposizioni che attengono sia alla organizzazione delle partite di calcio che misure sanzionatorie.
Ai dodici articoli originari del decreto-legge, il Senato, che ha approvato il disegno di legge di conversione pressoché all'unanimità, ne ha aggiunti altri sette.
Si sofferma quindi sulle principali disposizioni di competenza della Commissione Giustizia ed, in particolare, sugli articoli 2, 2-bis, 2-ter, 3, 3-bis, 4, 5, 6 e 7 e su quelle disposizioni di altri articoli che comunque investono la competenza della Commissione.
Fra queste ultime segnala, anzitutto, l'articolo 1, recante misure specifiche concernenti la sicurezza degli impianti sportivi, come le limitazioni all'accesso negli stadi dove non siano stati completati gli interventi strutturali ed organizzativi previsti dall'articolo 1-quater del decreto-legge 24 febbraio 2003, n. 28.
Prima di esaminare le disposizioni sanzionatorie, ritiene tuttavia indispensabile una considerazione sulla proprietà di formulazione. A tal proposito, suscita più di
una perplessità la formula «a porte chiuse» utilizzata per indicare le partite da effettuare senza la partecipazione del pubblico. Secondo la formulazione adottata dal testo, infatti, negli stadi non ancora «a norma» le competizioni sono svolte «a porte chiuse». Non si tratta di una ragione di per sé sufficiente per giustificare una nuova lettura da parte del Senato, tuttavia, qualora si ravvisassero ulteriori ragioni per una modifica del testo, si potrebbe sostituire l'espressione in questione con la seguente: «in assenza di pubblico» o da formulazioni equivalenti.
Passando all'esame del merito, evidenzia come l'articolo 1 tocchi la competenza della Commissione giustizia nelle parti sanzionatorie. Più specificatamente, al comma 2, capoverso 7-bis, si prevede la sanzione amministrativa pecuniaria da 10.000 euro a 150.000 euro nei confronti di colui che violi i divieti ivi previsti relativi alla vendita, a qualsiasi titolo, alla società sportiva che gioca in trasferta, di titoli di accesso agli impianti sportivi riservati ai sostenitori della stessa ovvero inerenti alla vendita o cessione, a qualsiasi titolo, alla stessa persona fisica di titoli di accesso in numero superiore a quattro.
Il successivo comma 3-quater, introdotto dal Senato, prevede, poi, un'apposita sanzione amministrativa variabile da 5.000 a 20.000 euro, da applicare nel caso in cui il personale addetto alla vendita e alla verifica dei titoli di accesso abbia omesso di effettuare i controlli previsti dai commi 3-bis e 3-ter relativi alle modalità di vendita dei titoli di accesso agli impianti sportivi.
Altra sanzione amministrativa (da 20.000 a 100.000 euro) è prevista dal comma 3-quinquies nei confronti delle società sportive concessionarie del servizio di vendita e controllo dei titoli di accesso agli impianti sportivi che adibiscono ai citati controlli personale sanzionato in virtù del precedente comma 3-quater.
L'articolo 2, in primo luogo, amplia l'ambito applicativo del divieto d'accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive (il cosiddetto DASPO, anche noto come «diffida»), che, fino al decreto-legge in esame, poteva essere disposto dal questore solo nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate, anche con sentenza non definitiva, nel corso degli ultimi cinque anni per una serie di reati specificatamente individuati dal legislatore. Il provvedimento interviene anche sulle disposizioni vigenti in base alle quali alle persone cui è notificato il DASPO il questore può altresì prescrivere di comparire personalmente una o più volte negli orari indicati, presso un determinato ufficio o comando di polizia, nel corso della giornata in cui si svolgono le manifestazioni per le quali opera il divieto.
In primo luogo, il decreto-legge ha esteso l'ambito dei reati che consentono l'applicazione del DASPO e dell'obbligo di presentazione facendovi rientrare anche quello del possesso di artifici pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive. Ancora più importante novità è quella che consente di adottare le predette misure anche sulla base di elementi oggettivi (in tema di flagranza differita lo stesso Relatore dirà che la dicitura "elementi oggettivi" è "indefinita" n.d.L.) dai quali risulti che il soggetto abbia tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa delle manifestazioni stesse. Come sottolinea la relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione, viene così introdotta la possibilità di applicare il divieto di accesso (ma, anche l'obbligo di presentazione di cui al comma 2 del medesimo articolo 6) indipendentemente non solo dalla condanna, seppure non definitiva, ma anche dalla mera denuncia (esattamente come è adesso. Lo stesso relatore non ha capito nulla, n.d.L.). Si segnala, inoltre, che l'articolo 5 del decreto-legge in esame prevede un ulteriore caso in cui possono essere disposti DASPO e obbligo di presentazione.
Il decreto-legge è intervenuto anche sulla durata del DASPO e dell'obbligo di presentazione disposti dal questore, prevedendone una minima di tre mesi, successivamente aumentata ad un anno nel corso dell'esame del provvedimento presso il Senato (tanto già prima non arrivava mai una diffida inferiore ad un anno n.d.L.). Il Senato, ha, inoltre, approvato un emendamento che aumenta da tre a cinque anni l'attuale limite massimo di durata delle citate misure preventive. Si segnala, inoltre, che una disposizione introdotta ex novo dal Senato prevede, poi, che il DASPO possa essere applicato anche nei confronti di minori di 18 anni ultraquattordicenni, stabilendo, peraltro, l'obbligo di notifica del provvedimento all'esercente la potestà genitoriale (già è così da dieci anni: la norma introdotta è assolutamente inutile, n.d.L.).
Il decreto-legge, a seguito delle modifiche del Senato, ha, poi, incrementato la pena prevista per la violazione del DASPO e dell'obbligo di presentazione: si passa dalla reclusione da 3 a 18 mesi, alternativa rispetto alla multa fino a 1.549 euro, alla reclusione da 1 a 3 anni, cumulabile con la multa, ora fissata anche nel minimo, applicabile nella misura da 10.000 a 40.000 euro.
In tale contesto, si segnala come la modifica più rilevante sia rappresentata non tanto dall'aumento di pena, quanto dalla sostituzione della alternatività tra pena pecuniaria e detentiva con la contestualità delle pene detentive e pecuniarie: ciò significa che è stata sottratta al magistrato la possibilità di valutare in concreto se la violazione degli obblighi disposti dal questore sia effettivamente meritevole di una sanzione detentiva (un bell'esempio di democrazia! Si sottrae al magistrato, che magari giudica di una omessa firma in occasione di un Roma/Riccione disputato il 15 agosto, la possibilità di comminare solo una multa invece della reclusione.... n.d.L.). Si tratta di un aspetto estremamente delicato che consente di introdurre nel dibattito parlamentare la questione estremamente delicata della funzione preventiva oltre che remuneratoria della pena detentiva.
Il decreto-legge, specie a seguito delle modifiche introdotte pressoché all'unanimità al Senato, inasprisce pesantemente le pene attualmente previste ad introduce nuovi reati puniti con pene detentive. Le Commissioni dovranno riflettere attentamente per stabilire se la pena detentiva sia effettivamente il migliore strumento per punire le condotte vietate dal decreto-legge, oppure se ve ne siano altri più idonei. Si potrebbe pensare, in particolare, alle cosiddette sanzioni alternative, come, ad esempio, i lavori di pubblica utilità, ai quali potrebbero proficuamente essere sottoposti coloro che commettono alcuni dei reati commessi in occasione di manifestazioni sportive.
Oltre alle considerazioni di fondo circa adeguatezza della pena detentiva come strumento di deterrenza per la commissione di reati, ritiene poi che sussista un'ulteriore riflessione dalla quale le Commissioni non possono sottrarsi: il carcere spesso finisce per rovinare definitivamente i giovani che vi sono rinchiusi, i quali entrano in contatto con criminali che li condizionano pesantemente (ed allora perché fate in modo che chi non va a firmare non possa essere punito, come era prima, anche con la sola multa? n.d.L.). Si tratta di un discorso delicato che si presta a facili quanto sterili strumentalizzazioni, considerato che la risposta più facile, anche come impatto sull'opinione pubblica, al fenomeno della violenza degli stadi, è l'aumento delle pene detentive. Se tale aumento è giustificato per i fatti gravi, non lo è per quelli meno gravi. In questi casi potrebbe essere sufficiente una pena alternativa. Ciò che assolutamente deve essere garantita è la certezza della esecuzione della pena (e questo non lo potrà mai essere finché sarà vigente l'istituto della sospensione della pena, previsto per tutti i cittadini italiani, quindi è inutile inasprire le pene... n.d.L.), evitando che le norme sanzionatorie finiscano di essere degli sterili proclami.
Tornando al contenuto del decreto-legge, segnala come anche la durata del divieto di accesso (DASPO) e dell'obbligo di presentazione disposti dal giudice con la sentenza di condanna (mentre le disposizioni precedenti si riferivano alle misure disposte dal questore) sia aumentata tanto nei minimi quanto nei massimi: portandoli da quelli da due mesi a due anni a quelli da due ad otto anni. Il testo originario del decreto-legge aumentava la durata in maniera meno pesante, portandola a quella di sei mesi e fino al massimo di sette anni. A ciò si aggiunge che l'applicazione del DASPO e dell'obbligo di presentazione sono resi obbligatori con la sentenza di condanna, sia per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive o durante i trasferimenti da o verso i luoghi in cui si svolgono le gare, sia per violazione delle stesse misure di prevenzione. Con la sentenza il giudice può anche disporre la pena accessoria consistente nell'obbligo di prestare un'attività non retribuita a favore della collettività per finalità sociali o di pubblica utilità. Un'ulteriore modifica che risulta introdotta dal Senato ha stabilito, poi, l'immediata esecutività del capo della sentenza non definitiva che dispone il DASPO.
Il comma 2 dell'articolo 2 del decreto-legge novella invece l'articolo 6-quater della legge n. 401 del 1989 aggiungendovi un comma 1-bis, che prevede una sanzione amministrativa pecuniaria da 20.000 a 100.000 euro nei confronti delle società sportive che abbiano attribuito a soggetti privi dei requisiti morali, di cui all'articolo 11 del Testo unico di pubblica sicurezza, i compiti di controllare i titoli di accesso, instradare gli spettatori e assicurare il rispetto del regolamento d'uso dell'impianto.
Viene, dunque, introdotta una apposita sanzione volta a rendere effettivo un divieto già contenuto nel comma 1 dell'articolo 6-quater.
L'articolo 2-bis, che introduce un il divieto di manifestazioni esteriori, è stato aggiunto al provvedimento in esame nel corso del suo esame da parte del Senato.
La norma introduce, al comma 1, un reato di natura contravvenzionale, punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e consistente nella violazione del divieto di esporre negli impianti sportivi striscioni, cartelli, simboli, emblemi, nonché di svolgere manifestazioni esteriori, anche verbali, riferibili ad organizzazioni di sostenitori i cui partecipi siano stati condannati per reati commessi in occasione di manifestazioni sportive.
La prima questione da affrontare si riferisce alla lesività della condotta, intendendo questa come idoneità della medesima a ledere un bene giuridico meritevole di tutela penale. Si tratta di un tema estremamente delicato, che lambisce il campo dei reati di opinione (davvero? n.d.L.), riguardo ai quali nella scorsa legislatura è stata approvata la legge 24 febbraio 2006, n. 85, diretta, segnatamente, a conformare ai principi costituzionali tutti i reati non implicanti una attività materiale violenta. Nel caso in esame, il disvalore è dato da una serie di condotte che finiscono per richiamare organizzazioni i cui sostenitori sono stati condannati per reati commessi in occasione di manifestazioni sportive. La finalità della disposizione è chiara e condivisibile: si vogliono evitare negli stadi le «celebrazioni» di quei gruppi violenti che costituiscono una vera e propria piaga per lo sport. Non è altrettanto chiaro, tuttavia, se lo strumento penale sia quello più appropriato. A tale proposito, ritiene opportuno precisare che oggetto della norma non sono i cori razzisti o di insulto, i quali sono puniti da altre disposizioni legislative, bensì gli inneggiamenti a gruppi di tifosi (vi prego, non ridete... avete mai sentito un coro del tipo "Forza Boys" o "Forza Curva Sud Roma 1973"? n.d.L.). Inoltre, si deve tener presente che non necessariamente deve trattarsi di gruppi violenti, in quanto potrebbe trattarsi anche di gruppi riguardo ai quali solo alcuni sostenitori sono stati condannati per reati commessi in occasione di manifestazioni sportive.
Una volta risolta la questione della lesività della condotta, rimane quella della determinatezza della fattispecie, che in una norma penale costituisce una vera e propria questione di costituzionalità. Su questo punto sussiste più di un dubbio (se ne rendono conto pure loro... n.d.L.). In primo luogo, non è chiaro cosa si intenda per «rappresentazione esteriore anche verbale relativa ad organizzazioni di sostenitori» (esattamente quello che avevo sostenuto nel primo commento della legge: è un non senso lessicale, prima che giuridico, n.d.L.), che sia diversa da striscioni, cartelli, simboli ed emblemi. Inoltre, dalla formulazione della condotta non risulta che debba trattarsi di un atteggiamento di favore verso quelle organizzazioni. Così come è formulata la fattispecie, ad essa sembrano riconducibili anche le manifestazioni di critica rispetto a tali organizzazioni.
Il successivo comma 2 stabilisce, poi, che il rifiuto di rimozione di striscioni, cartelli, eccetera, ovvero di desistere dalle manifestazioni esteriori sopradescritte, a richiesta della forza pubblica, integra il reato di resistenza a pubblico ufficiale di cui all'articolo 337 del codice penale. Identico illecito commette chi, su analoga richiesta, non cessi dalle manifestazioni esteriori e dall'ostentazione di emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi che abbiano tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Ricorda quindi che il reato di resistenza a un pubblico ufficiale sanziona
con la reclusione da sei mesi a cinque anni chiunque usi violenza o minaccia per opporsi a un pubblico ufficiale mentre compie un atto di ufficio. Il comma 2 del decreto-legge si limita a tradurre in legge la giurisprudenza in base alla quale, ai fini del delitto di resistenza, non occorre che la violenza dell'agente ponga in pericolo l'integrità fisica del soggetto passivo, essendo sufficiente il mero impedimento dell'atto da parte del pubblico ufficiale (sì, ma l'impedimento deve sempre essere attuato con  violenza! La mera condotta passiva, che può consistere nel non rimuovere uno striscione su invito della Polziia, non può essere considerato resistenza a pubblico ufficiale, n.d.L.), in quanto il delitto in discorso va a ledere gli interessi della pubblica amministrazione e non la persona fisica del funzionario.
Il comma 3, infine, stabilisce una rimodulazione delle sanzioni previste dall'articolo 2, comma 1, della cosiddetta legge Mancino (legge n. 205 del 1993) a carico di coloro che, in pubbliche riunioni, compiano manifestazioni esteriori od ostentino emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Mentre i previgenti limiti di pena consistevano nella reclusione fino a tre anni e nella multa da 103 a 258 euro, quelli ora introdotti prevedono una reclusione da uno cinque anni e la multa da 10.000 a 50.000 euro (tanto se viene concessa la pena sospesa, garantita a tutti i cittadini, in galera non ci si va lo stesso n.d.L.).
L'articolo 2-ter, inserito nel corso dell'esame del provvedimento al Senato, attribuisce ad un apposito decreto del Ministro dell'interno, da emanarsi entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame, il compito di definire i requisiti, le modalità di selezione e la formazione del personale incaricato dei servizi di controllo dei titoli di accesso agli impianti sportivi, nonché di instradamento degli spettatori e di verifica del rispetto del regolamento d'uso degli impianti medesimi. Il decreto in esame, sul quale dovrà essere acquisito il parere delle competenti Commissioni parlamentari, dovrà, altresì, stabilire le modalità di collaborazione con le Forze dell'ordine. Il prefetto, effettuati i necessari controlli, può vietare alle società sportive l'utilizzo di quelle persone che non risultino in possesso dei requisiti necessari per l'espletamento delle funzioni sopra indicate.
L'articolo 3 del decreto-legge interviene sugli articoli 6-bis, comma 1, e 6-ter della legge n. 401 del 1989, che prevedono due distinte figure di reato.
In particolare, il comma 1 modifica l'articolo 6-bis, comma 1, che configura come reato il lancio di materiale pericoloso in occasione di manifestazioni sportive. Oltre al lancio, costituisce reato anche l'utilizzo di materiale pericoloso (lo era anche prima n.d.L.). Sono stati meglio definiti gli oggetti pericolosi, rientrando tra questi i «razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l'emissione di fumo o di gas visibile, bastoni, mazze, materiale imbrattante o inquinante, oggetti contundenti o comunque atti ad offendere».
La condotta, inoltre, non rileva solo quando sia posta in essere nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, ovvero in quelli interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime, ma anche nelle immediate adiacenze degli stessi (lo era anche prima n.d.L.). Si considerano commessi nei luoghi suddetti i fatti ivi verificatisi nelle ventiquattro ore precedenti o successive allo svolgimento della manifestazione sportiva. Durante l'esame al Senato, la norma è stata ulteriormente modificata - oltre che con una riscrittura di natura formale del nuovo comma 1 dell'articolo 6-bis - con la precisazione che l'illiceità dei fatti deve essere comunque ricollegabile alla manifestazione sportiva (lo era anche prima n.d.L.). La novella interessa anche i profili sanzionatori del reato in oggetto: la pena è ora la reclusione da uno a quattro anni, quindi incrementata rispetto a quella precedente, fissata tra i sei mesi e i tre anni (tanto se viene concessa la pena sospesa, garantita a tutti i cittadini, in galera non ci si va lo stesso n.d.L.).
Le aggravanti speciali previste dall'articolo 6-bis sono invertite. Mentre in passato si prevedeva un semplice aumento di pena se dal fatto derivava un danno alle persone (quindi l'aumento di un terzo, ex articolo 64 del codice penale) e l'aumento fino alla metà se dal fatto derivava il mancato regolare inizio, la sospensione, l'interruzione o la cancellazione della manifestazione sportiva, il decreto-legge ha invertito l'entità dell'aumento della pena tra le due circostanze. Un emendamento approvato dal Senato ha precisato, tuttavia, che l'aumento di pena debba derivare non dal mancato regolare inizio della gara bensì da «un ritardo rilevante dell'inizio» della stessa.
Il comma 2 modifica invece il reato di possesso di artifizi pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive di cui all'articolo 6-ter della legge n. 401 del 1989.
La fattispecie è stata ampliata, punita in modo più rigoroso e armonizzata, sotto i profili del possesso e del luogo, con il delitto di lancio di materiale pericoloso di cui all'articolo 6-bis, come modificato dal comma 1 dell'articolo 3 in esame. Dal punto di vista sanzionatorio, il possesso di tali materiali non è più inquadrato come contravvenzione, bensì come delitto. L'arresto da tre a diciotto mesi e l'ammenda da 150 a 500 euro sono sostituiti dalla reclusione da sei mesi a tre anni e la multa da 500 a 2.000 euro (tanto se viene concessa la pena sospesa, garantita a tutti i cittadini, in galera non ci si va lo stesso n.d.L.). L'entità di quest'ultima è stata aumentata da un emendamento approvato dal Senato che ha fissato i nuovi limiti minimi e massimi in 1.000 e 5.000 euro.
L'articolo 3-bis, modifica l'articolo 635 del codice penale introducendo una nuova aggravante al delitto di danneggiamento, da applicarsi nel caso in cui il danneggiamento di attrezzature e impianti sportivi sia realizzato al fine d'impedire o interrompere lo svolgimento di manifestazioni sportive. La pena che sanziona l'illecito aggravato è la reclusione fino a un anno o la multa fino a 309 euro.
L'articolo 4 modifica gli articoli 8 e 8-bis della legge n. 401 del 1989, in relazione alla disciplina dell'arresto in flagranza effettuato durante o in occasione di manifestazioni sportive.
Il comma 1, in particolare, apporta modifiche alla disciplina dell'arresto in flagranza durante o in occasione di manifestazioni sportive, prevedendo che possa essere effettuato anche nel caso di possesso di materiale pericoloso oltre che per il lancio e l'utilizzo di materiale pericoloso, per la violazione del divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono le manifestazioni sportive (lo era anche prima n.d.L.) e dell'obbligo di presentazione e nel caso di reati commessi con violenza alle persone o alle cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive (lo era anche prima n.d.L.). Viene, inoltre, chiarito che l'arresto può essere disposto nel caso di violazione del divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive, anche nell'ipotesi in cui a tale divieto non si accompagni l'obbligo di presentarsi personalmente al comando di polizia (lo era anche prima n.d.L.). È infine consentito l'arresto nel caso di violazione del divieto di accedere ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive disposto dal giudice con la sentenza di condanna (lo era anche prima n.d.L.).
La successiva lettera b) interviene sull'istituto della «flagranza differita» o «arresto differito», introdotto dal decreto-legge 24 febbraio 2003, n. 28. A tale proposito, si ricorda come il predetto decreto-legge abbia esteso temporalmente il concetto di flagranza, stabilendo che quando non è possibile procedere immediatamente all'arresto per ragioni di sicurezza o incolumità pubblica, si considera comunque in stato di flagranza colui il quale, sulla base di documentazione video fotografica o di altri elementi oggettivi dai quali emerge inequivocabilmente il fatto, ne risulta autore, sempre che l'arresto sia compiuto non oltre il tempo necessario alla sua identificazione e, comunque, entro le trentasei ore dal fatto.
La norma in esame apporta due modifiche a tale disciplina. In primo luogo, viene eliminata la possibilità di verificare la commissione del fatto contestato da parte di un determinato soggetto alla luce di non meglio specificati «elementi oggettivi» (ed allora perché per il cosiddetto "daspo preventivo" si lascia la dicitura "elementi oggettivi" se gli stessi non sono "meglio definiti"? n.d.L.) dai quali emerge inequivocabilmente il fatto. Pertanto, d'ora in avanti si potrà procedere esclusivamente sulla base di filmati e fotografie. In secondo luogo, il termine di durata della flagranza viene ulteriormente esteso dalle trentasei alle quarantotto ore.
Tale ultima modifica sarebbe dettata dall'esigenza di attribuire alle forze dell'ordine un ulteriore lasso di tempo per procedere alle identificazioni ed al successivo prelevamento dei soggetti individuati.
È evidente, peraltro, come qualsiasi aumento dei tempi rende ancora più marcata la deroga al principio della effettività della flagranza. Una volta che si ritenga accettabile la deroga a tale principio, non sono le dodici ore in più a far modificare la valutazione positiva dell'istituto, se queste sono necessarie per rendere concretamente applicabile l'istituto della flagranza differita (il Relatore si rende conto della incostituzionalità della misura ma la propone lo stesso, n.d.L.).
Ciò che appare maggiormente rilevante è quanto previsto dal comma 2, il quale, abrogando l'articolo 1-bis del decreto-legge n. 28 del 2003, che stabiliva un termine finale per l'efficacia delle disposizioni in materia di flagranza differita e la sottrazione alla disciplina generale delle misure cautelari di cui si dirà a breve, conferisce una definitiva stabilità e normalizzazione a due istituti che sinora erano stati considerati eccezionali e temporanei (esatto: a questo punto la flagranza differita potrà valere anche nella vita di tutti i giorni, n.d.L.). Anzi, proprio sulla base di tale natura i medesimi istituti hanno trovato la propria giustificazione. Ricorda come i predetti istituti fossero stati resi transitori in sede di conversione del decreto-legge n. 28 del 2003, attraverso la limitazione della loro efficacia al 30 giugno 2005. Tale termine, ora abrogato, era stato successivamente prorogato al 30 giugno 2007 dal decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115.
Ritiene quindi che occorra riflettere attentamente per stabilire se tale stabilizzazione possa poi giustificare una estensione applicativa degli istituti in tutti i casi in cui vi siano degli schieramenti di persone, come avviene, ad esempio, nelle manifestazioni politiche (subentra il terrore che si possa applicare la flagranza differita anche per le loro manifestazioni politiche, vedi dopo n.d.L.). In astratto, le considerazioni che giustificano la flagranza differita in caso di manifestazioni sportive sono valide anche nel caso di cortei politici o, comunque, di manifestazioni politiche. In entrambi l'arresto in flagranza reale richiederebbe un intervento delle forze di polizia all'interno del gruppo dei manifestanti che potrebbe essere altamente rischioso. Per evitare ciò, nel 2003 fu introdotto l'istituto speciale e temporaneo dell'arresto in flagranza differita. Oggi l'istituto perde il carattere della temporaneità, ma opportunamente non quello della specialità, rimanendo applicabile solo nell'ambito delle manifestazioni sportive (una volta incrinato il principio costituzionale, basterà un governo più autoritari di quello attuale per applicarlo anche alle manifestazioni politiche, n.d.L.). Qualora si intendesse trasformarlo, in futuro, in un istituto di carattere generale si dovranno fare delle valutazioni non limitate al solo fattore dell'ordine pubblico, considerato che diventerebbe applicabile anche alle manifestazioni politiche.
La lettera c) modifica l'articolo 8, comma 1-quater della legge n. 401 del 1989 secondo il quale, nel caso di una serie di reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, le misure coercitive (quali la custodia cautelare e gli arresti domiciliari) possano essere disposte anche per reati la cui pena sia inferiore ai limiti minimi previsti in generale per l'applicazione delle misure cautelari. Ciò allo scopo di evitare che una persona arrestata in base alle previsioni della legge possa poi riacquistare la libertà a causa dell'impossibilità di disporre misure coercitive per tali reati, in quanto aventi limiti edittali di pena insufficienti (siamo alla follia giuridica. Lo era anche prima ma alcun giudice ha mai appliato un simile principio. Se lo facesse sarebbe piuttosto semplice farne dichiarare la assoluta incostituzionalità per violazione del principio di uguaglianza, n.d.L.). La lettera c) prevede che la deroga al regime generale delle misure cautelari si applichi anche nel caso di violazione del divieto di accedere ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive che sia stato disposto dal giudice con la sentenza di condanna (idem, come sopra, n.d.L.).
Il comma 3, infine, prevede che, analogamente a quanto già accade per i reati di violazione del DASPO e degli obblighi di comparizione, di lancio di materiale pericoloso e scavalcamento di recinzioni dell'impianto sportivo e per i reati commessi durante o in occasione di manifestazioni sportive, anche per il possesso di materiale pericoloso si proceda sempre con giudizio direttissimo, salvo che siano necessarie speciali indagini (meglio così, almeno si viene giudicati subito n.d.L.).
L'articolo 5 integra il sistema sanzionatorio per la violazione del regolamento d'uso degli impianti predisposto sulla base delle linee guida approvate dall'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive. Chiunque violi il predetto regolamento è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 a 500 euro in luogo della precedente sanzione da 30 a 300 euro. Il decreto-legge, inoltre, prevede la possibilità di disporre il divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono le manifestazioni sportive e l'obbligo di presentazione al comando di polizia nei confronti di colui al quale - per la seconda volta nel corso della medesima stagione sportiva - sia stata comminata la sanzione amministrativa di cui al comma 2 dell'articolo 1-septies, per aver violato le disposizioni del regolamento d'uso dell'impianto che comportino l'allontanamento dallo stesso. Il cosiddetto DASPO, in questo caso, può essere disposto per una durata da 3 mesi a 2 anni (provvedimento non costituzionale. Il daspo si basa sulla pericolosità: non può essere ritenuto pericoloso chi, ad esempio, getta per due volte la carta per terra o per due volte occupa un posto non suo. Ci penserà la Corte Costituzionale, n.d.L.)
L'articolo 6, al comma 1, estende le misure di prevenzione previste dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423 e dalla legge 31 maggio 1965, n. 575 alle persone indiziate di avere agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva, in più occasioni, alle manifestazioni di violenza commesse in occasione di competizioni sportive.
Il comma 2 dispone, invece, che nei confronti dei medesimi soggetti possa essere altresì applicata la misura di prevenzione patrimoniale della confisca dei beni di cui alla legge n. 575 del 1965. Si tratterà di confiscare i beni che possono agevolare, in qualsiasi modo, le attività di chi prende parte attiva a fatti di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive.
L'articolo 7, al comma 1 (come risultante dall'approvazione di un emendamento interamente sostitutivo nel corso dell'esame da parte del Senato del disegno di legge di conversione del decreto legge), introduce nel codice penale la nuova fattispecie di reato delle lesioni personali gravi o gravissime commesse in occasione di servizi di ordine pubblico (articolo 583-quater del codice penale). In particolare, viene punito con le pene previste dall'articolo 583 del codice penale, aumentate della metà, chiunque procuri ad un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico lesioni personali gravi o gravissime (in pratica come l'omicidio preterintenzionale! E allora che differenza c'è tra lesioni e omicidio? n.d.L.).
Il comma 2 introduce un comma all'articolo 339 del codice penale, recante una nuova circostanza aggravante a effetto speciale per il caso in cui la violenza o la minaccia sia commessa mediante il lancio o l'utilizzo di corpi contundenti o altri oggetti atti a offendere, compresi gli artifici pirotecnici, in modo da creare pericolo alle persone (e questo vale per tutti, anche nelle manifestazioni politiche, n.d.L.).
L'articolo 8 stabilisce il divieto per le società sportive di corrispondere facilitazioni di qualsiasi natura a coloro che siano stati colpiti da divieti o prescrizioni di cui all'articolo 6 della citata legge n. 401 del 1989, o condannati per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, ovvero che siano destinatari di una misura di prevenzione personale o patrimoniale. È altresì vietata alle società sportive la corresponsione di contributi, sovvenzioni, facilitazioni di qualsiasi genere ad associazioni di tifosi, comunque denominate, salvo che non rientrino tra quelle con determinate caratteristiche.
Per quanto concerne specificamente gli ambiti di competenza della Commissione Giustizia, si segnala il comma 3, il quale prevede per le società che corrispondono agevolazioni vietate ai sensi del comma 1, la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 50.000 a 200.000 euro, irrogata dal prefetto della provincia in cui la società ha sede legale.
Sono previste sanzioni amministrative, da 40.000 a 200.000 euro, anche nel caso di violazione delle disposizioni di cui all'articolo 9, relative al divieto per le società organizzatrici di competizioni calcistiche di emettere, vendere o distribuire titoli di accesso ai soggetti destinatari dei provvedimenti interdittivi e prescrittivi di cui al citato articolo 6 della legge n. 401 del 1989, ovvero a soggetti condannati anche con sentenza non definitiva per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive divieto di cui al comma 1 (altra norma illegittima, a meno che non venga dispsota solo per chi ha dei provvedimenti di daspo in corso: diversamente diverrebbe una diffida a vita anche per chi, ad esempio, è stato poi riconosciuto innocente, n.d.L.).
Altre disposizioni sanzionatorie sono previste dall'articolo 11-quater che apporta alcune modifiche al Testo unico della radiotelevisione (decreto legislativo 31 luglio 2005, n. 177), integrando le norme relative alla tutela dei minori nella programmazione televisiva (articoli 34 e 35) con la previsione di uno specifico codice di autoregolamentazione per le trasmissioni di commento ad eventi sportivi, in particolare calcistici.
In particolare il comma 1, lettere d) ed e); modifica l'articolo 35 del testo unico che stabilisce sanzioni specifiche per l'inosservanza delle norme poste a tutela dei minori. Viene esteso l'apparato sanzionatorio già previsto dall'articolo al mancato rispetto del codice di autoregolamentazione per le trasmissioni sportive ed, inoltre, è disposto un inasprimento della durata della sanzione accessoria della sospensione del titolo abilitativo, concessione o autorizzazione, per emittenti che non adempiano alle prescrizioni di cui all'articolo 34: la sospensione, ora prevista per un periodo da uno a dieci giorni, verrebbe disposta per un periodo da tre a trenta giorni.
Mario PESCANTE (FI), intervenendo anche a nome dei deputati del gruppo cui appartiene, rappresenta un convinto consenso sul provvedimento in esame, già approvato dal Senato con il voto favorevole di Forza Italia. Esprime quindi il compiacimento per la trasversalità di consensi su un provvedimento così importante, seppure con l'accettazione dei tempi imposti per il suo esame, in considerazione della necessità di non pervenire ad ulteriori ritardi nella sua approvazione. Precisa infatti che seppure la violenza negli stadi non è un profilo che si può ipotizzare di risolvere definitivamente con il provvedimento in esame, si tratta in realtà di un tema urgente da affrontare in tempi brevi. Ritiene comunque che si potrà, anche in altre sedi, valutare l'adozione di ulteriori interventi normativi, idonei a favorire la diffusione di una cultura dello sport, in collegamento peraltro alla tutela della cultura in generale.
Pietro FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, intende anzitutto rilevare che la tragedia di Catania e la morte di Filippo Raciti, ennesimo servitore dello Stato caduto nell'esercizio del suo dovere, ai cui congiunti esprime anche in questa sede i più forti sentimenti di vicinanza e cordoglio, hanno posto il Paese, il Governo e il Parlamento di fronte alla necessità dell'intervento legislativo di cui si inizia oggi l'esame. Rileva inoltre che quanto accaduto, tuttavia, racconta anche dello scarso risultato, per non parlare di fallimento, di una politica di contrasto alla violenza negli stadi basata esclusivamente, o quasi, su misure di sicurezza e di repressione che ha ispirato fino ad oggi la legislazione in materia.
Osserva che è indubbio che la repressione di comportamenti e azioni che assumono una particolare gravità per il contesto nei quali avvengono, poiché distruggono la fiducia e la passione della maggioranza degli italiani nello «sport nazionale», il calcio, è un dovere del legislatore, delle forze di polizia e della magistratura. Infatti, infangare il gioco del calcio, macchiarlo finanche del sangue di giovani tifosi e di agenti di polizia, è quanto di peggio si possa immaginare in quella che ritiene dovrebbe essere un'occasione di svago e di rinnovata adesione ai valori dello sport, allo «spirito olimpico», al sano agonismo atletico. Si è cioè di fronte ad una vera e propria «espropriazione» del diritto allo spettacolo dello sport della stragrande maggioranza dei tifosi, operata da ristretti, ma pericolosi gruppi e singoli individui per i quali lo stadio è divenuto una metafora bellica del «campo di battaglia».
Ribadisce che nessun atteggiamento lassista e nessun «sociologismo» giustificazionista possono trovare spazio di fronte a fatti tanto gravi come quelli di Catania. E, tuttavia, basare solo sulla repressione - un giustizialismo panpenalistico - il contrasto della violenza nelle manifestazioni sportive non ha portato al risultato di stroncare la violenza. Del resto non poteva che essere così, proprio per l'ambiente e il contesto in cui tali violenze avvengono. Sottolinea quindi che intervenire su questi aspetti non è accessorio rispetto all'efficacia dell'azione dello Stato contro la violenza. Considera infatti fattori decisivi la sicurezza preventiva, la responsabilizzazione delle società, quella dei tifosi e delle loro organizzazioni, l'educazione a comportamenti civili e rispettosi del diritto altrui a godere dello sport, nonché interventi sul piano della comunicazione. Si chiamano in causa così le famiglie, le scuole, le amministrazioni locali, le organizzazioni sociali e religiose e, ancora più in là, gli adulti e la loro difficoltà nell'indicare credibili esempi e modelli di riferimento.
Sottolinea che il calcio, in particolare, di cui la VII Commissione si è occupata a proposito delle cause di «calciopoli» con un'indagine conoscitiva di cui si sta elaborando il documento conclusivo, è ammalato da un eccesso di business, che talvolta diventa - col concorso di piccoli gruppi organizzati di tifosi senza scrupoli, e anche in combutta con alcune società o con settori di esse - affarismo spietato. Ritiene che non sia in questione un mercato che muove grandi risorse economiche, ma l'equilibrio fra il diritto costituzionale della libertà economica e quello del valore sociale che hanno alcune attività, in primis, lo sport.
Nel merito, osserva che il decreto in esame, pur prevedendo severi inasprimenti delle sanzioni penali a carico di chi si macchia di fatti di violenza, o anche solo crea condizioni favorevoli al suo dispiegamento, pur senza conseguenze, prevede al contempo misure di sicurezza preventiva - si riferisce ad esempio alla sicurezza degli impianti sportivi - e, novità di rilievo, previsioni sul piano sociale, culturale e della comunicazione che sembrano poter essere una inversione di tendenza rispetto al passato. Aggiunge, inoltre, che alle iniziali previsioni del Governo, il Senato ha poi meritoriamente aggiunto ulteriori e significative misure proprio in questi ambiti, che sono quelli più strettamente di competenza della Commissione cultura, ed ha votato unanimemente il testo così modificato.
Intende però soffermarsi su qualche aspetto anche riguardo i temi più prettamente penalistici. Rileva che si è dato in passato un messaggio emergenziale teso a rassicurare l'opinione pubblica prevalentemente sotto un profilo formale, ma oltre quel messaggio poco altro si è visto. Ritiene infatti che l'inasprimento formale delle pene, in questo contesto come in molti altri, si dimostra largamente inadeguato, in quanto una pena severa ma non certa, non sempre, anzi quasi mai, è un efficace deterrente (esatto, n.d.L.). All'incremento dell'entità della pena, quindi, va sostituita la cultura della sua certezza e la rapidità della sua applicazione (esiste l'istituto della sospensione della pena, che vale per tutti: o lo si toglie per tutti o per nessuno perché "tutti i citttadini soono eguali davanti alla legge",  n.d.L.). Considera ad esempio positivo quanto previsto circa l'immediata esecuzione della parte della sentenza che dispone l'allontanamento dagli stadi (tanto quando il giudice la fa l'ha già fatta il questore! E' una inutile duplicazione, n.d.L.), introdotto nel corso dell'esame al Senato, sottolineando che occorre proseguire sullo stesso terreno.
Evidenzia quindi che è necessario intervenire su un piano più propriamente preventivo, che permetta di scongiurare l'eventuale commissione dell'illecito e, laddove questo obiettivo venisse mortificato, definisca un sistema che restituisca alla pena la funzione rieducativa, come del resto prescrive l'articolo 27 della Costituzione. Precisa che reprimere i delitti è un dovere imprescindibile per uno Stato di diritto; punire i colpevoli consente infatti di ristabilire l'equilibrio violato dalla commissione dell'illecito ed educare alla legalità è un obiettivo primario di ogni Stato. In questo senso, ritiene allora che si potrebbe immaginare un sistema di «esecuzione alternativa», tale da consentire al giudice, al termine del processo e al momento dell'emissione della sentenza, di porre l'imputato di fronte all'alternativa di proseguire secondo il modello ordinario di irrogazione della pena; ovvero di scegliere un'anticipazione dell'esecuzione della stessa con una pena alternativa alla detenzione, consistente in lavori socialmente utili legati al mondo sportivo. Evidenzia che si potrebbero trasferire, in questa fase, gli stessi principi del patteggiamento, laddove la rinuncia a diritti di difesa viene compensata da vantaggi sulla quantificazione della pena, senza che, essendo la scelta rimessa alla parte, si possa parlare di menomazione dei diritti di difesa costituzionalmente garantiti. Aggiunge, per esemplificare, che se il giudice potesse chiedere al condannato di scegliere tra la detenzione carceraria - ovviamente per fatti di non grave entità (per i fatti di non grave entità il condannato già gode della sospensione della pena o della sua esecuzione, quindi perché dovrei decidere di andare a fare lavori socialmente utili se ho la pena sospesa? n.d.L.)- e l'esecuzione di una pena «socialmente utile» e collegata al calcio - ad esempio, prestare servizio nelle pulizie e nella manutenzione degli impianti sportivi, o nell'attività di servizio al calcio minorile e giovanile - questo potrebbe, da un lato, favorire una rieducazione efficace del condannato e, dall'altro, essere più dissuasiva di una solo ipotetica sanzione detentiva. Sottopone le riflessioni svolte all'attenzione di tutti i commissari, ed in particolare di quelli della Commissione giustizia, pur comprendendo che si tratta di un unicum nella procedura penale e di una innovazione quasi rivoluzionaria. Ritiene, tuttavia, che proprio la materia in esame, lo sport, con la sua specificità e le sue ripercussioni sociali e culturali, sia forse il terreno più adatto a sperimentare forme di innovazione della giustizia penale del genere che ha ipotizzato.
Ritiene eccentrica d'altra parte la previsione di misure preventive - in particolare patrimoniali - di cui all'articolo 6 del decreto-legge in esame, che paiono fuori contesto rispetto alla natura del fenomeno della violenza negli stadi. Aggiunge, inoltre, che il mondo dello sport, nella sua autonomia, a partire dalla Figc, dovrebbe prevedere un aggravamento delle sanzioni nei confronti di giocatori, allenatori, o accompagnatori che si rendessero responsabili di comportamenti violenti sul campo. Si tratta infatti di atteggiamenti che hanno un'influenza negativa immediata sugli spettatori, in particolare i più giovani, che di quegli eventi vivono. Al contrario, sarebbe necessario premiare e incentivare quei comportamenti e quelle condotte positive di campioni a cui molti ragazzi guardano con rispetto e ammirazione.
Passa quindi all'esame di ciascun articolo, ritenendo di particolare rilevanza, ai fini della prevenzione, le previsioni di cui all'articolo 1 circa l'irrigidimento delle misure di sicurezza degli impianti e la commercializzazione dei titoli di accesso, ulteriormente ristretta dall'intervento del Senato. Queste misure, pur previste dalla legislazione precedente, erano rimaste nei fatti inattuate mentre ora si collega l'apertura degli impianti al pubblico, alla loro attuazione. Rileva invece, in riferimento all'articolo 2-bis, introdotto nel corso dell'esame al Senato, che suscita perplessità, anche rispetto alla libertà di espressione, il divieto di manifestazioni esteriori, sanzionato penalmente, da parte di gruppi i cui membri abbiano subito condanne per reati commessi durante le manifestazioni sportive. Sarebbe quindi opportuno meglio specificare la natura di tali manifestazioni e le circostanze che le rendono punibili; ritiene infatti che una buona organizzazione delle coreografie e degli striscioni nello stadio sia un formidabile deterrente alla violenza (ogni tanto qualche ragionamento corretto lo si vede, n.d.L.).
Considera positiva, invece, la previsione dell'articolo 2-ter, anch'esso introdotto nel corso dell'esame al Senato, circa la formazione del personale addetto agli impianti sportivi, i cosiddetti steward, il cui compito dovrà essere quello di accompagnatori e mediatori, in stretto coordinamento con le forze di polizia, e non certo di polizia privata controllata dalle società. Sottolinea che nella formazione e nell'addestramento, tale personale deve essere messo in condizione di prevenire il dispiegarsi della violenza, soprattutto operando preventivamente, sia riguardo la sicurezza in senso stretto, ad esempio l'accesso dei tifosi, sia riguardo atteggiamenti che preludano a comportamenti violenti. Il decreto attuativo dovrebbe quindi prevedere che la vigilanza di tali operatori sia assicurata per tutto il corso della partita, e non solo per la fase iniziale di assegnazione dei posti, eventualmente anche stabilendo che gli steward, come avviene all'estero, durante la gara siano rivolti verso il pubblico e non seduti a seguire la partita, con lo sguardo al campo di gioco.
Ritiene anche opportuna la modifica apportata all'articolo 3 riguardo l'estensione dei tempi e dello spazio che configurano violazione di legge riguardo i reati di possesso o lancio di oggetti pericolosi o artifizi pirotecnici, e la contemporanea limitazione costituita dal collegamento tra tali comportamenti e la manifestazione sportiva. Così come anche l'aggravante, in questo e nei successivi articoli, costituita dalla determinazione di un effettivo ritardo o turbativa della manifestazione sportiva stessa. Aggiunge quindi che l'articolo 4 contiene la positiva limitazione della flagranza differita - norma com'è noto assai discussa - alle prove documentali, quali filmati e foto, che la dimostrino in modo inequivocabile (il problema è diverso: chi valuta le foto? n.d.L.), impedendo così che la delazione diventi strumento di vendetta tra gruppi di tifosi (??, n.d.L.). Rinvia quindi a quanto già sottolineato circa l'articolo 6, ricordando che l'articolo 7, così come modificato dal Senato, reca aggravanti opportune in caso di violenza e resistenza con lesioni a pubblico ufficiale. Il successivo articolo 8 stabilisce, poi, il divieto per le società sportive di corrispondere facilitazioni di qualsiasi natura a coloro che siano stati colpiti da divieti o prescrizioni di cui all'articolo 6 della legge n. 401 del 1989, o condannati per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, ovvero che siano destinatari di una misura di prevenzione personale o patrimoniale; mentre il successivo articolo 9 introduce, al comma 1, il divieto per le società organizzatrici di competizioni calcistiche di emettere, vendere o distribuire titoli di accesso ai citati soggetti destinatari dei provvedimenti interdittivi e prescrittivi di cui al citato articolo 6 della legge n. 401 del 1989, ovvero a soggetti condannati anche con sentenza non definitiva per reati commessi in occasione, o a causa di manifestazioni sportive.
In particolare, considera positiva la deroga di cui al comma 4 dell'articolo 9, che stabilisce la possibilità di rapporti tra le società e le organizzazioni di tifosi «aventi tra le finalità statutarie la promozione e la divulgazione dei valori e dei principi della cultura sportiva, della non violenza e della pacifica convivenza, come sanciti dalla Carta olimpica». Si disegna così la possibilità di un'evoluzione del tifo associato verso forme mature e democratiche. Intende inoltre sottolineare che, soprattutto nel caso di grandi società sostenute da una fitta rete di club su tutto il territorio nazionale, queste associazioni già svolgono una preziosa azione sociale, benefica e di solidarietà, portando con viaggi organizzati le famiglie agli stadi. Sottolinea però che anche molti gruppi ultrà - come testimoniato d'altra parte da una recente audizione svolta dalla VII Commissione nel corso dell'indagine conoscitiva sul calcio - si stanno evolvendo e stanno prendendo coscienza della necessità di un'energica azione contro la violenza e le ideologie o i comportamenti che la diffondono; vanno quindi aiutati in questo percorso con lo strumento individuato. Sottolinea ancora che appare opportuna la modifica introdotta dal Senato circa la non presenza tra gli associati di persone oggetto di provvedimenti interdittivi, a condizione che venga specificato che l'atto di allontanamento dall'organizzazione ripristini la facoltà di istituire rapporti tra dette organizzazioni e le società.
Ritiene anche opportuni i divieti di vendita dei biglietti di cui all'articolo 9 nei confronti di persone oggetto di provvedimenti restrittivi o condanne penali, al fine di responsabilizzare anche le società di calcio; gli articoli 10 e 11 affrontano invece la necessità degli adeguamenti degli impianti sportivi in relazione alla sicurezza. Sottolinea che il Senato ha in particolare previsto che le società sportive abbiano in carico tale adeguamento; pur comprendendo la ratio di tale previsione, ritiene che essa potrebbe risultare inattuabile perché eccessivamente onerosa soprattutto per le società più piccole. Sarebbe opportuno quindi prevedere forme di sgravio fiscale a favore di tali società, anche con criteri progressivi riguardo l'efficacia delle misure di sicurezza adottate.
Aggiunge che dovrà essere affrontato, ma in altra sede, il tema degli impianti, in riferimento alla proprietà e all'eventuale cessione alle società sportive; come pure dell'occasione rappresentata dall'Europeo 2012, che potrebbe rappresentare un vero e proprio volano per la loro sistemazione e messa in sicurezza. Ricorda, infatti, come è stato documentato sempre nell'indagine conoscitiva su «calciopoli», che la capitalizzazione delle società e il loro rafforzamento è infatti fortemente legata al tema degli stadi.
Sottolinea, ancora, che la previsione di misure per promuovere i valori dello sport, di cui all'articolo 11-bis introdotto dal Senato, di per sé estremamente positiva, non è però accompagnata da una previsione seppur minima di spesa ed è anzi vincolata al non incremento delle uscite per la finanza pubblica. Riterrebbe, invece, che andrebbe previsto uno stanziamento, anche minimo, al fine di non rendere la norma una mera petizione di intenti. Considera rilevante inoltre anche l'estensione delle misure di sicurezza agli impianti minori - che rende però ancora più necessario l'adeguamento degli articolo 10 e 11 riguardo le spese per le società - poiché in tali luoghi spesso trascurati avvengono gli stessi episodi di violenza gravi e a volte anche gravissimi, lontani però dai riflettori dei grandi media.
Ritiene infine pienamente condivisibile la previsione dell'articolo 11-quater riguardo l'autodisciplina delle trasmissioni sportive, visto che si tratta di luoghi ove, senza voler generalizzare, a volte si annidano germi di intolleranza e si alimentano linguaggi violenti. Considera altresì opportuna anche la forma di un codice di autoregolamentazione, da adottare successivamente con atto del Governo. Non comprende però la previsione del parere della Commissione parlamentare di cui alla legge 23 dicembre 1997, n. 451, competente per l'infanzia; il riferimento andrà senz'altro corretto, prevedendo il parere delle Commissioni parlamentari competenti.
Con l'intento, infine, di favorire l'accesso delle famiglie, e in particolare dei minori, agli stadi, così da determinare una «riappropriazione» dell'evento sportivo da parte del pubblico, preannuncia la presentazione di un emendamento relativo all'introduzione di una specifica norma che preveda la gratuità dell'ingresso allo stadio per i minori di 14 anni, se accompagnati da un adulto (questa è una buona cosa, n.d.L.). Ritiene infatti che occorra lavorare sulla possibilità di creare un autentico clima di festa e di gioco negli impianti sportivi, invitando anche le società a promuovere iniziative di intrattenimento precedenti le partite (vi prego, almeno questo risparmiatecelo!, n.d.L.), anche per mantenere il più possibile distesa l'atmosfera antecedente lo svolgimento della partita.
In conclusione, sottolinea che il decreto all'esame delle Commissioni rappresenta un ragionevole ed utile passo in avanti sulla strada della sicurezza e della prevenzione della violenza. Andrà però compiuto un ulteriore sforzo per renderlo anche strumento di avvicinamento delle famiglie al grande spettacolo del calcio. Rileva, in questo senso, che è stato importante il lavoro svolto nel corso dell'esame al Senato, si dovrà però ulteriormente valorizzarlo, in questo ramo del Parlamento - essendovi i tempi tecnici, in quanto il decreto è in scadenza il 9 aprile - prevedendo modifiche che col consenso di tutti, rendano più efficaci nel senso indicato le norme in esame.
Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, nessun altro chiedendo di intervenire, rinvia il seguito dell'esame alla seduta convocata domani prima della seduta antimeridiana dell'Assemblea.
La seduta termina alle 10.10.


14 MARZO 2007
Commissioni Riunite II e VII - Resoconto di mercoledì 14 marzo 2007
SEDE REFERENTE
Mercoledì 14 marzo 2007. - Presidenza del presidente della VII Commissione Pietro FOLENA. - Interviene il sottosegretario di Stato per le politiche giovanili e le attività sportive Giovanni Lolli.
La seduta comincia alle 8.45.
Decreto-legge n. 8/2007: Misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche.
C. 2340 Governo, approvato dal Senato.
(Seguito esame e rinvio).
Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta di ieri.
Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, avverte che è stata presentata dal gruppo di Alleanza nazionale una richiesta di chiarimenti, dati e informazioni ai sensi dell'articolo 79, comma 6, del Regolamento, che verrà esaminata nella riunione dell'Ufficio di presidenza integrato dai rappresentanti dei gruppi, convocata al termine della seduta odierna.
Daniele FARINA (RC-SE) dopo avere precisato di non avere intenzione di analizzare la filosofia alla base del decreto-legge in esame, sottolinea la necessità di affrontare preliminarmente la questione relativa alla sussistenza dei margini, sia politici che temporali, perché la Camera possa apportare delle modifiche al testo trasmesso dal Senato. A tale proposito, auspica che i predetti margini sussistano, poiché il provvedimento contiene delle vere e proprie anomalie per le quali vi è una vera e propria esigenza di modifica. Tale esigenza è maggiormente sentita per le disposizioni repressive che appaiono idonee ad espandere ingiustificatamente la propria portata oltre i confini delle competizioni sportive (Rifondazione Comunista inizia ad avvertire il pericolo dello sconfinamento delle norme anche nelle manifestazioni politiche... n.d.L.).
Sottolinea, in particolare, come il Senato abbia apportato modifiche talvolta peggiorative al decreto-legge. Ciò è accaduto, ad esempio, per l'articolo 7, comma 1, che introduce nel codice penale un articolo 583-quater che risulta applicabile a tutte le manifestazioni pubbliche, senza distinzioni (eh già! Che le volevate solo per i tifosi? n.d.L.). Ritiene quindi che tale disposizione debba essere soppressa o, in subordine, essere limitata nella portata applicativa.
L'articolo 4 risulta incostituzionale, in quanto estende e stabilizza l'istituto della cosiddetta flagranza differita, il quale costituiva un vulnus costituzionale già prima dell'entrata in vigore del decreto-legge in esame, quando ancora si trattava di un istituto eccezionale e temporaneo che trovava applicazione fino al 31 dicembre 2007 (davvero? Dite tutti che è incostituzionale però lo approvate! n.d.L.).
L'articolo 2-bis, inoltre, richiede una riflessione estremamente approfondita, poiché detta una disciplina che coinvolge, con formulazioni peraltro generiche ed indeterminate, l'ambito dei reati di opinione (direi, n.d.L.).
Luciano CIOCCHETTI (UDC) sottolinea che il decreto in esame, come modificato dal Senato, presenta aspetti perfettibili, ma è il risultato di un lavoro trasversale congiunto tra i gruppi di maggioranza e quelli di opposizione. Preannuncia quindi la presentazione di emendamenti, pur dichiarandosi disponibile ad una approvazione del testo indicato senza modifiche, laddove questo si rendesse necessario ai fini di una rapida conversione del decreto.
Evidenzia quindi che si interviene sia sul versante della repressione, attraverso un inasprimento delle pene, come previsto all'articolo 7, sia nel senso di una prevenzione nella commissione di atti violenti, anche allo scopo di valorizzare l'attività di tifosi non facinorosi che organizzano la propria attività di sostegno alle squadre nel pieno rispetto dei valori della Carta olimpica. Vi è infine una prospettiva di attività di promozione e di educazione nelle scuole e in altre istituzioni con lo svolgimento di iniziative volte a favorire la partecipazione delle famiglie, e in particolare dei bambini, alle iniziative sportive.
Ribadisce quindi la disponibilità a valutare eventuale proposte modificative migliorative, seppure, laddove ve ne fosse l'esigenza, con la disponibilità a favorire una rapida conversione del provvedimento in esame, anche senza modifiche.
Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, avverte che è stato richiesto che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Non essendovi obiezioni così rimane stabilito.
Mario PESCANTE (FI) ricorda che la posizione del gruppo cui appartiene non è quella di ostacolare l'approvazione del provvedimento in esame, come emerso su alcune notizie di stampa nella giornata di ieri. Vi è piuttosto l'intendimento di giungere ad una sua approvazione anche senza modifiche - pur essendovi profili da migliorare - in considerazione dell'attesa del provvedimento da parte degli operatori del settore. Condivide in questo senso alcune delle perplessità evidenziate dal presidente Pisicchio nella relazione illustrata nella seduta di ieri, ribadendo la necessità di affrontare la questione della cultura sportiva in tutte le sue espressioni. Non condivide invece la critica rivolta dal presidente Folena al decreto Pisanu, considerato quale solo atto reiterato di repressione di comportamenti violenti da parte dei tifosi.
Riterrebbe opportuno certo che nel mondo del calcio si diffondesse il modello del rugby, in cui sia i giocatori sia gli spettatori hanno culturalmente un comportamento ontologicamente sportivo. Non considera però il provvedimento in esame lo strumento idoneo ad affrontare questo tipo di intervento normativo. Ribadisce infatti la necessità di intervenire in tempi rapidi all'approvazione del decreto in esame, dichiarandosi disponibile comunque a contribuire all'eventuale suo miglioramento. Preannuncia quindi la presentazione di alcuni emendamenti in questo senso, tra in particolare cui uno finalizzato ad introdurre una disciplina specifica dell'attività svolta dagli steward.
Gaetano PECORELLA (FI) (Laurea in giurisprudenza, avvocato penalista - docente universitario in pensione, n.d.L.) osserva che il provvedimento trasmesso dal Senato contiene più di una disposizione da considerare irragionevole ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione (finalmente un giurista, n.d.L.). Tra tali disposizioni, si sofferma sul comma 1 dell'articolo 7, volto ad introdurre nel codice penale il delitto di lesioni personali gravi o gravissime procurate ad un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico. Rileva che, in maniera del tutto irragionevole, tale delitto, nel caso in cui determini delle lesioni gravissime, è punito alla stregua dell'omicidio preterintenzionale (quello che dicevamo sopra... n.d.L.). Qualora non venisse modificata la disposizione in esame sarà sicuramente la Corte costituzionale a dichiararne l'illegittimità, non essendo ammissibile che fatti di gravità diversa siano puniti alla stessa maniera (già, n.d.L.). Sottolinea poi l'incostituzionalità del comma 1 dell'articolo 2-bis diretto a punire con l'arresto da tre mesi ad un anno delle condotte riconducibili a forme di manifestazione del pensiero e, quindi, come tali, riconducibili all'articolo 21 della Costituzione (già, n.d.L.). La disposizione in questione, infatti, non si riferisce alle ipotesi in cui le cosiddette manifestazioni esteriori abbiano un contenuto offensivo, quanto piuttosto ad ogni tipo di manifestazione esteriore che sia relativa ad organizzazioni di sostenitori i cui partecipi siano stati condannati per reati commessi in occasione di manifestazioni sportive, configurando pertanto una sorta di responsabilità penale per fatto altrui (già, n.d.L.). Tale norma, inoltre, rischia di produrre anche degli effetti criminogeni, in quanto sono facili prefigurare gli scontri con le Forze dell'ordine in tutte quelle ipotesi in cui queste cercheranno di eliminare gli striscioni, i cartelli o i simboli. Altra disposizione ritenuta non conforme ai principi costituzionali è l'articolo 4 nella parte in cui porta da trentasei ore a quarantotto ore il periodo di flagranza differita e porta a regime tale istituto (già, n.d.L.). In questo caso verrebbe violato l'articolo 13 della Costituzione, secondo cui l'arresto è consentito solamente in casi eccezionali di necessità ed urgenza. È evidente che aumentando il periodo di durata della flagranza di reato si riduce sempre di più la necessità ed urgenza che giustifica l'arresto. Inoltre, il venir meno della natura di temporaneità dell'istituto, che fino all'entrata in vigore del decreto-legge in esame sarebbe stato operativo al 31 dicembre 2007, fa venir meno tutte quelle giustificazioni basate sulla natura eccezionale dell'istituto sulla base delle quali questo era stato introdotto nell'ordinamento dal decreto-legge n. 28 del 2003 (già, n.d.L.).
Dopo aver apprezzato l'impegno profuso in tutta la vita dall'onorevole Pescante a favore dello sport, sottolinea l'esigenza di modificare il testo trasmesso dal Senato al fine di evitare di introdurre nell'ordinamento delle norme incostituzionali giustificate solo sulla base di una situazione emergenziale (applauso del sottoscritto, n.d.L.). A tale proposito ricorda che più di una volta nel passato è accaduto che norme emergenziali si siano poi tradotte in norme a regime di carattere generale (già, n.d.L.).
Antonio RUSCONI (Ulivo) ribadisce le perplessità già evidenziate nel corso dell'esame di provvedimenti analoghi nelle passate legislature, legate soprattutto all'adozione di interventi emergenziali che, come quello in esame, richiederebbero invece norme strutturali e di sistema. Evidenzia in particolare che il problema principale è stato quello della non applicazione delle norme già a suo tempo approvate dal Parlamento che ha determinato il perpetrarsi dei fenomeni di violenza negli stadi degli ultimi mesi, purtroppo tipici non solo delle competizioni delle massime Serie ma anche di quelle minori.
Si dichiara quindi disponibile ad un confronto nel merito del provvedimento che, certo, non può semplicemente realizzarsi in una mera ratifica del lavoro svolto al Senato, preannunciando peraltro l'intendimento di non presentare emendamenti in considerazione della necessità di pervenire ad una sua rapida approvazione. Con particolare riferimento all'articolo 2, riterrebbe peraltro opportuno che, in sede di interpretazione autentica, si indicasse la possibilità di ammettere le bandiere all'interno degli stadi, senza che le stesse siano considerate quali manifestazioni escluse dal decreto (ammettere le bandiere all'interno degli stadi.... non avrei mai pensato un giorno di dover commentare questo pensiero, n.d.L.).
Sottolinea infine che compito del Parlamento è in questa fase di emergenza anche quello di dare il senso della fermezza e della tempestività nell'adozione di iniziative che intervengono necessariamente in risposta ai drammi verificatesi suoi campi di gioco, negli ultimi mesi.
Nicola BONO (AN) sottolinea come la morte dell'ispettore Raciti abbia posto il problema di affrontare per l'ennesima volta in maniera emergenziale gli spinosi nodi che riguardano la violenza negli stadi. Sottolinea che le perplessità manifestate sia dal presidente Folena, sia dal presidente Pisicchio nelle relazioni introduttive da loro presentate, richiedono necessariamente norme correttive imprescindibili. Si dichiara quindi contrario a qualunque forma di blindatura del testo approvato dal Senato.
Evidenzia infatti che vi è una continuità con i provvedimenti adottati nel passato che si completa in questa occasione con alcune norme di carattere sociale e culturale. Ritiene peraltro che non si può certo pensare di risolvere l'atteggiamento negativo di taluni giovani nei confronti delle forze dell'ordine solo con una duplicazione delle pene (già, forse bisognerebbe capirne i motivi, n.d.L.). Fermo che da parte del gruppo cui appartiene vi è la ferma convinzione della necessità di adottare forme di repressione e di misure deterrenti, ribadisce che vi è peraltro l'esigenza di completare gli interventi indicati con misure strutturali che affrontino il problema alla radice; preannuncia quindi la presentazione di emendamenti volti a intervenire nel senso strutturale indicato.
Pensa per esempio all'esigenza di intervenire con misure di messa in sicurezza degli stadi che non penalizzino le piccole società ma favoriscano, in realtà, il recupero di modelli anglosassoni di proprietà degli stadi (giusto, n.d.L.). In questo caso, riterrebbe opportuno individuare forme di sinergie tra società di calcio ed enti locali per risolvere il problema. Ritiene inoltre che l'articolo 11-bis sia soltanto una norma manifesto, poiché senza la previsione di risorse finanziarie non si consente alcun reale tipo di intervento effettivo.
Ribadisce in ogni caso la disponibilità dei deputati del gruppo di Alleanza nazionale a favorire una rapida approvazione del provvedimento in esame, con le modifiche indicate, in modo tale che si possa giungere nei tempi previsti ad una sua rapida conversione da parte del Senato.
Il sottosegretario Giovanni LOLLI, dopo aver ricordato che da parlamentare ha più volte partecipato all'esame di provvedimenti che avevano con la stessa natura e finalità di quello in esame e che in tali occasioni sono sempre emerse questioni relative alla opportunità di misure emergenziali, si sofferma principalmente su due questioni. La prima riguarda il rischio di non poter convertire il decreto-legge nel caso in cui venga modificato il testo trasmesso dal Senato. Ricorda, infatti, che il decreto-legge deve essere convertito entro il 9 aprile, e che nel frattempo il Senato dovrà esaminare due ulteriori disegni di legge di conversione di decreti-legge estremamente delicati, quali quello sulle missioni internazionali e quello sulle liberalizzazioni. Tutto ciò significa che, per quanto sia convinto che nessun gruppo parlamentare voglia non convertire il decreto-legge, vi è un rischio altamente probabile di una mancata conversione. Per tali ragioni, pur rispettando le osservazioni tecniche emerse nel corso dell'esame in relazione ad alcune disposizioni del decreto-legge, rappresenta l'esigenza che questo sia approvato senza modifiche (questo sottosegretario è disposto a tutto, anche ad approvare norme anticostituzionali, pur di farlo convertire in legge. La finalità non è la giustizia ma il proprio esclusivo interesse, n.d.L.).
La seconda questione riguarda la reale gravità del fenomeno della violenza in relazione ad accadimenti di natura calcistica. Le morti dell'ispettore di polizia Filippo Raciti, in occasione alla partita di calcio Catania-Palermo, e del signor Ermanno Licursi, in occasione di una partita di calcio dilettantistica, sono solo due drammatici episodi di un fenomeno di vaste proporzioni. A tale proposito rileva di aver ricevuto dei dati estremamente allarmanti circa gli episodi di violenza dei quali gli arbitri calcistici di categorie minori o giovanili sono vittime ogni domenica. Da una statistica in merito risulterebbe che negli ultimi tre anni più di tremila arbitri siano stati oggetto di una prognosi di guarigione da lesioni, subite nel corso di partite di calcio, superiore a dieci giorni. Non condivide la parificazione che spesso viene effettuata tra la violenza perpetrata nel corso di manifestazioni calcistiche e le condizioni generali della società civile, in quanto tali violenze non si verificano anche in occasione di manifestazioni riguardanti sport diversi dal calcio. Con ciò non significa assolutamente che i tifosi calcistici debbano essere tutti parificati agli ultras (singolare parificazione ultras = teppista, così come tifoso inglese = hooligan, n.d.L.), quanto piuttosto che sia necessaria un'approfondita analisi del fenomeno calcistico.
Un ulteriore problema da affrontare è poi quello della mancata applicazione delle leggi che sono state approvate proprio con la finalità di arginare il fenomeno della violenza nelle manifestazioni sportive. Anzi in alcuni casi si è addirittura arrivati, anche attraverso interventi legislativi, a modificare le regole nel corso dei campionati stessi.
Sul merito del decreto-legge, osserva che all'estensione del periodo di durata della flagranza differita corrisponde una riduzione degli elementi dei quali può essere desunta la colpevolezza del soggetto da arrestare, essendo stato eliminato il riferimento agli elementi oggettivi. Ciò significa che d'ora in avanti si potrà procedere esclusivamente sulla base di filmati e fotografie (e che vuol dire? La Polizia può arrestare - lo dice la Costituzione all'art. 13 e se non vi va bene cambiatela - solo in ipotesi eccezionali di necessità e urgenza. Dopo 48 ore dov'è l'eccezioanlità? Dove è la necessità? Dove è l'urgenza? Deve essere un magistrato - che dà garanzia di imparzialità - a provvedere, NON la polizia! Se la polizia non sbagliasse, volontariamente o meno, non esisterebbero le assoluzioni nel processo penale, n.d.L.).
Conclude ribadendo l'esigenza che il Parlamento, attraverso un voto unanime, dia un segnale al Paese dal quale risulti inequivocabilmente l'intenzione delle istituzioni di affrontare e risolvere la questione della violenza in occasione di manifestazioni sportive e, in particolare, di quelle calcistiche.
Edmondo CIRIELLI (AN) rileva, da un lato, come la discussione sinora svolta dimostri l'estrema complessità del provvedimento in esame e, dall'altro, come i giudizi sia politici che morali dei componenti l'attuale maggioranza siano, sui medesimi temi, profondamente mutati rispetto al passato.
Sottolinea quindi come l'impostazione, ad anche la formulazione, del decreto-legge in esame denotino una scarsa sensibilità giuridica e, in particolare, penalistica (verissimo, n.d.L.). La disciplina da esso prevista, inoltre, appare anche culturalmente inadeguata, anche perché appare esclusivamente tesa alla repressione indiscriminata di fenomeni certamente delinquenziali, senza una adeguata analisi delle ragioni per le quali i predetti fenomeni riguardano prevalentemente soggetti di giovane età. Si trascura, segnatamente, come l'eccessiva enfasi mediatica attribuita al calcio nel nostro Paese condizioni pesantemente i comportamenti dei giovani e finisca per produrre effetti criminogeni. L'approccio al fenomeno della violenza nel calcio avrebbe dovuto fondarsi su basi diverse.
Per quanto concerne la repressione della violenza, comunque, considera adeguata la tutela apprestata dall'articolo 7 nei confronti delle forze di pubblica sicurezza, sottolineando come tale norma non costituisca un vulnus alla al principio di ragionevolezza, riproducendo uno schema già utilizzato in passato di fronte a fattispecie particolarmente rilevanti sotto il profilo della politica criminale. Ricorda, infatti, come nel corso di manifestazioni sportive - ma anche di manifestazioni di altro genere - che degenerano in episodi di violenza, le forze dell'ordine costituiscano il principale obiettivo di alcune bande di teppisti, per nulla interessati all'evento, sportivo o di altra natura, che si sta svolgendo.
L'aspetto del provvedimento sul quale esprime un giudizio particolarmente critico è rappresentato dalle norme di natura preventiva, le quali, come nel caso dell'articolo 2-bis, possono produrre, direttamente o indirettamente, effetti criminogeni. Ritiene, inoltre, che i cosiddetti DASPO, in quanto provvedimenti sostanzialmente limitativi della libertà personale, debbano essere sottratti alla competenza dei questori e giurisdizionalizzati (E' QUESTO IL VERO PROBLEMA, FINALMENTE QUALCUNO LO HA CAPITO! Deve essere SOLO un giudice a comminare il Daspo e non il Questore, n.d.L.).
Conclusivamente, data la delicatezza del provvedimento e l'irragionevolezza di molte delle disposizioni in esso contenute, ritiene indispensabile che la Camera lavori libera dall'affanno determinato da tempi eccessivamente ristretti.
Emerenzio BARBIERI (UDC) rileva innanzitutto come non sia plausibile che ancora una volta si acceda alla scelta di non modificare un testo approvato dal Senato in prima lettura, che presenta tra l'altro numerosi profili di criticità. Ritiene infatti che se il Governo ha perso dieci giorni di tempo per risolvere la crisi che lo ha coinvolto, non si può certo scaricare sull'opposizione e tanto meno sul Paese la responsabilità di approvare senza modifiche un testo sbagliato (sacrosanto, n.d.L.).
Ritiene per esempio necessario che nel provvedimento in esame si corregga il riferimento al termine «a porte chiuse» con quello «assenza di pubblico»; come pure che all'articolo 2-bis la norma che vieta l'esposizione di striscioni e di altre rappresentazioni esteriori anche verbali sia corretta perché equivoca. Aggiunge inoltre che all'articolo 1, comma 3, andrebbe corretto il riferimento ai titoli venduti o ceduti prima dell'entrata in vigore del provvedimento, poiché si tratta di titoli di accesso nulli. L'articolo 11-quater, capoverso 6-bis, dovrebbe infine essere corretto in modo coerente con quanto previsto dall'articolo 34, comma 4, del testo unico della radio televisione.
Alessandro MARAN (Ulivo), esprimendo la posizione del proprio gruppo, dichiara di condividere il contenuto e le finalità del decreto-legge in esame, nonché la disponibilità a sostenerlo, così come modificato al Senato. Sottolinea, d'altra parte, come il testo in esame sia stato approvato al Senato da una maggioranza ben più ampia di quella di governo.
Ciò premesso, evidenzia come talune norme sanzionatorie sollevino dei dubbi, soffermandosi in particolare sull'articolo 2-bis, la cui fattispecie potrebbe apparire carente di lesività e di determinatezza, mentre la sanzione penale non sembra il più indicato per conseguire una finalità comunque condivisibile.
Preannuncia comunque che il gruppo dell'Ulivo non presenterà emendamenti (la ragion di Stato prevale sulla moralità che imporrebbe di chiarire i dubbi e correggere gli errori e le abonimie giuridiche, n.d.L.), riservandosi peraltro di concorrere alle modifiche necessarie, con particolare attenzione agli emendamenti eventualmente presentati dai relatori.
Antonio RAZZI (IdV) riterrebbe opportuno non favorire interventi che penalizzino le società sportive, invitando altresì tutti gli operatori del settore, dai giornalisti ai calciatori, a comportarsi in modo tale da non fomentare la violenza nei tifosi.
Pietro FOLENA, presidente, avverte che sono imminenti votazioni in Assemblea. Rinvia quindi il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 10.25.

UFFICIO DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI
L'ufficio di presidenza si è riunito dalle 10.25 alle 10.45.
SEDE REFERENTE
Mercoledì 14 marzo 2007. - Presidenza del presidente della II Commissione Pino PISICCHIO, indi del vicepresidente della II Commissione Daniele FARINA. - Intervengono i sottosegretari di Stato per la giustizia Luigi Li Gotti e Luigi Scotti e il sottosegretario di Stato per le politiche giovanili e le attività sportive Giovanni Lolli.
La seduta comincia alle 15.35.
Decreto-legge n. 8/2007: Misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche.
C. 2340 Governo, approvato dal Senato.
(Seguito esame e rinvio).
Le Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta antimeridiana.
Pino PISICCHIO, presidente e relatore della II Commissione, comunica che nella seduta congiunta degli Uffici di presidenza dei rappresentanti dei gruppi delle Commissioni II e VII, svoltasi questa mattina al termine della seduta in sede referente delle Commissioni riunite, è stato giudicato non essenziale per il compimento dell'istruttoria legislativa l'oggetto della richiesta, presentata ai sensi dell'articolo 79, comma 6, dai deputati di Alleanza Nazionale. Naturalmente il Governo potrà di propria iniziativa fornire tali dati. Anzi, auspico che ciò avvenga, prima dell'esame dell'Assemblea.
Mauro DEL BUE (DC-PS) concorda con le valutazioni espresse dal sottosegretario Lolli, con particolare riferimento alla necessità di ricordare che il fenomeno della violenza è tipico del calcio, ma non di altri sport quali il rugby e la pallacanestro. Ricorda quindi che gli episodi di violenza sono antichissimi e purtroppo hanno sempre caratterizzato questo sport, a partire dalla strage dell'Heysel (veramente i primi incidenti risalgono all'800, n.d.L.). Proprio in considerazione di quegli eventi, infatti, fu adottato il primo decreto di urgenza del 1989 (peccato che la strage dell'Heysel avvenne nel 1985 e che semmai nel 1989 morì il nostro Antonio De Falchi, n.d.L.) con cui si trasformarono gli stadi prevedendo che vi fossero in essi solo posti a sedere (questo deputato è fantastico! Non è vero nulla di quel che sta dicendo, vi prego, visitatene il sito web n.d.L.). Le successive deroghe a tali disposizioni ne hanno reso l'attuazione problematica, tanto che con l'ennesimo decreto legge in esame si interviene con misure emergenziali, ispirate ad un modello anglosassone (in realtà è tutto il contrario del modello anglosassone, n.d.L.).
Riterrebbe peraltro opportuno che del cosiddetto modello inglese si considerassero non solo le misure repressive, ma anche il meccanismo relativo all'attribuzione della proprietà degli stadi alle società e alla abolizione della barriere all'interno degli impianti. Si dichiara infatti contrario a forme repressive che invece di costituire un deterrente alla violenza, incentivano alla commissione di reati (per fortuna cessa con la storia delle leggi antiviolenza ed inizia ad esprimere pensieri propri, n.d.L.).
Preannuncia quindi la presentazione di emendamenti volti ad applicare la disciplina per gli stadi con meno di 10 mila spettatori anche agli stadi fuori norma con una capienza maggiore di spettatori; nonché una correzione del meccanismo di vendita di biglietti che consenta alla società ospitata almeno di prenotare un numero di tagliandi che verranno poi acquistati dai singoli tifosi. Concorda quindi con la proposta relativa alla disciplina degli steward, preannunciata dal deputato Pescante.
Luigi COGODI (RC-SE) si associa alle considerazioni svolte nell'odierna seduta antimeridiana dall'onorevole Farina.
Esprime, inoltre, forti perplessità sulla formulazione dell'articolo 11-bis, il quale, prevedendo iniziative per la promozione dei valori dello sport, e quindi volte a prevenire la violenza legata ad eventi sportivi, dovrebbe compensare le numerose disposizioni di carattere punitivo che fanno parte del contenuto del provvedimento in esame, creando in tal modo un ragionevole equilibrio tra prevenzione e repressione. Al contrario, le predette iniziative appaiono private della loro potenziale efficacia dal momento che il medesimo articolo 11-bis dispone, in modo illogico e inopportuno, esse non devono comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Il che fornisce ulteriore conferma del fatto che l'impianto e delle finalità del provvedimento sono prevalentemente repressive.
Contrariamente a quanto osservato da taluno, ritiene particolarmente adeguato l'utilizzo nell'articolo 1 dell'espressione «a porte chiuse», poiché rappresenta un'importante elemento rivelatore della complessiva e reale finalità del provvedimento in esame, che, a suo giudizio, è quella di far cessare di esistere lo stadio come luogo aperto di pacifico incontro tra cittadini, per farlo divenire, appunto, un luogo chiuso, probabilmente destinato alla vendita ed al consumo.
Conclusivamente, ritiene che il decreto-legge sia in grado solo di arginare, ma non certo di risolvere, il problema dei fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche, ed esprime la propria ferma contrarietà alle disposizioni che ne inaspriscono il carattere punitivo.
Paolo GAMBESCIA (Ulivo) ricorda che il decreto-legge in esame nasce da una situazione di necessità ed urgenza condivisa da tutti i gruppi politici, come confermato anche dall'approvazione avvenuta al Senato. Tuttavia, il provvedimento appare incompleto, perché non affronta sempre in modo concreto il problema che intende risolvere e non tiene conto di alcune componenti fondamentali del cosiddetto «mondo del calcio», le quali possono invece risultare determinanti per l'innesco di un clima di tensione che può sfociare in episodi di violenza. In particolare, il provvedimento non tiene adeguatamente conto: del fatto che i tifosi possono darsi appuntamento ovunque, e non necessariamente nei luoghi che il decreto-legge considera più a rischio, ovvero lo stadio, il percorso per raggiungerlo e le zone circostanti; dei rapporti che sussistono tra certe tifoserie e le società di calcio, che talvolta possono assumere la forma del ricatto delle prime nei confronti delle seconde; del ruolo svolto dalle radio private, anche sotto il profilo dell'incitamento alla violenza.
Osserva, inoltre, come la previsione o l'inasprimento delle pene detentive non appaia sempre lo strumento più idoneo a reprimere i fenomeni in questione. Occorre tenere conto, infatti, che la violenza connessa alle competizioni calcistiche è una forma di violenza prevalentemente giovanile, che, in quanto tale, ha delle precise radici psicologiche, legate alla particolare immagine di forza che il giovane ha di sé nel momento in cui commette l'atto di violenza. Pertanto risulterebbe molto più efficace studiare ed applicare delle sanzioni ad hoc, che tengano conto del predetto fattore psicologico ed agiscano, ad esempio, sminuendo e svilendo l'immagine del tifoso violento.
Esprime, inoltre, forti perplessità sull'indeterminatezza della fattispecie di cui all'articolo 2-bis. Perplessità che si tramutano in veri e propri timori se tale previsione viene posta in relazione all'istituto, discutibile e di dubbia costituzionalità, della cosiddetta «flagranza differita» di cui all'articolo 4 (mi ripeto: allora perché se siete tutti d'accordo non le eliminate? n.d.L.). Conclusivamente, auspica che, nonostante la ristrettezza dei tempi a disposizione, i gruppi politici riescano a trovare un accordo unanime sui punti critici del decreto-legge, al fine di apportare allo stesso quelle modifiche che appaiono assolutamente indispensabili.
Enrico BUEMI (RosanelPugno) sottolinea come il procedimento di conversione dei decreti-legge si accompagni spesso ad un clima fortemente emotivo, nel quale si è maggiormente propensi ad accettare deroghe ai principi costituzionali (bene, bravo. Finalmente uno riflessivo, n.d.L.). Occorre quindi una particolare cautela, poiché non è infrequente che le soluzioni normative emergenziali determinino problemi più gravi di quelli che intendevano risolvere (siamo di fronte a un genio? n.d.L.).
Nel caso di specie, ritiene fortemente criticabile la disposizione di cui all'articolo 2-bis, che sanziona comportamenti che manifestano opinioni (ed è vero n.d.L.), nonché l'intervento di cui all'articolo 4, volto a rafforzare un istituto, già di per sé aberrante, quale la cosiddetta «flagranza differita» (aberrante. IL termine è corretto, n.d.L.). Si dichiara, inoltre, contrario a qualunque provvedimento limitativo della libertà personale sottratto alla garanzia della giurisdizione (direi, è incredibile che lo si debba ricordare! n.d.L.).
Sottolinea, infine, come il provvedimento in esame lasci irrisolto il problema dei rapporti tra il mondo del calcio e l'economia, dei quali fanno parte anche i rapporti, spesso non del tutto chiari, tra le tifoserie e le società sportive.
Paola BALDUCCI (Verdi) condivide le osservazioni dell'onorevole Buemi, sottolineando come l'uso dello strumento della decretazione d'urgenza possa impedire in concreto l'approfondimento Fa quindi presente che il gruppo del Verdi ha stabilito di non presentare emendamenti, dimostrando il proprio senso di responsabilità nell'ambito di una maggioranza che sta dimostrando si essere in difficoltà (Ponzio Pilato. Condivide le osservazioni del collega, ma per la ragion di Stato preferisce avere norme illegittime. Paolo Cento ma nun eri dei Verdi? n.d.L.).
Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, sottolinea come dal dibattito sia emersa un'ampia convergenza dei gruppi politici sul valore politico dell'intesa raggiunta al Senato sul testo del decreto-legge, sui problemi derivanti dalla situazione di asimmetria che si è venuta a creare nel nostro sistema parlamentare bicamerale e sull'individuazione dei punti di criticità del provvedimento in esame, i quali riguardano principalmente gli articolo 2-bis, 4 e 7.
Ritiene quindi, anche a nome del presidente Folena, che occorra tracciare il percorso dei lavori delle Commissioni riunite nel breve tempo a dispostone. Fa presente, pertanto come alle commissioni si prospetti la seguente alternativa: trovare l'accordo unanime sui punti critici del decreto-legge, convertire il provvedimento con talune fondamentali modifiche, compiendo in tal modo un gesto politico uguale e corrispondente a quello del Senato; oppure accettare il provvedimento così come è pervenuto dal Senato.
Pietro FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, evidenzia, anche in riferimento a quanto rilevato dal collega Gambescia, l'opportunità di introdurre nel decreto una norma che consenta al soggetto condannato per fatti violenti all'interno degli stadi, di poter scegliere tra l'applicazione di una pena ordinaria detentiva ed eventualmente pecuniaria, ed una invece «alternativa sociale-sportiva» che lo tenga fuori dal carcere, ma lo impegni in servizi utili al mondo dello sport. Si realizzerebbe così il doppio effetto della certezza della pena e del risarcimento per la violazione perpetrata.
Intende precisare al collega Pescante, poi, che il riferimento da lui fatto nella relazione introduttiva non era esclusivamente rivolto al decreto-legge Pisanu, ma ad un generale orientamento del legislatore degli ultimi 15-20 anni ad intervenire esclusivamente con misure repressive per risolvere il problema della violenza negli stadi. Ricorda infatti di aver riconosciuto nella propria relazione che proprio il decreto-legge Pisanu abbia in qualche modo affrontato il tema della modernizzazione degli stadi, collegato a quello della incentivazione alle società a svolgere lavori con la prospettiva di recuperare le risorse stanziate attraverso forme di defiscalizzazione.
In riferimento, infine, a quanto evidenziato dal collega Cogodi preannuncia che sta predisponendo una proposta emendativa che introduca una copertura finanziaria all'articolo 11-bis idonea a consentire che gli interventi di sensibilizzazione e di educazione nelle scuole possano essere effettivamente realizzati e non rimanere una sterile dichiarazione di intenti. A questa norma si accompagnerà anche la previsione di una disposizione volta a consentire l'ingresso gratuito negli stadi ai minori di 14 anni, se accompagnati da un adulto e a determinate condizioni, proprio al fine di ridimensionare l'attuale composizione degli spettatori delle partite, a vantaggio di una presenza più eterogenea che comprenda famiglie e giovani generazioni.
Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, nessun altro chiedendo di intervenire, dichiara chiuso l'esame preliminare e fissa il termine per la presentazione di emendamenti alle ore 17 di oggi. Rinvia, quindi, il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta termina alle 16.30.



15 MARZO 2007
DL 8/2007: Misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche.
C. 2340 Governo, approvato dal Senato.
(Seguito dell'esame e rinvio).

La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 14 marzo 2007.

Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, avverte che sono stati presentati alcuni emendamenti al disegno di legge in esame (vedi allegato). Ricorda che nel corso di una riunione informale svolta fra tutti i rappresentanti dei gruppi delle due Commissioni sono stati evidenziati alcuni temi principali in riferimento ai quali concentrare l'attenzione delle Commissioni II e VII ai fini di una modifica del decreto che consenta di pervenire all'approvazione unanime di un testo condiviso. Si tratta in particolare delle modifiche da apportare agli articoli 2-bis, 7, 8, 10 e 11-bis. Aggiunge che si è altresì convenuto di proporre alcune altre correzioni formali, tra cui quella all'articolo 1 per correggere l'espressione «porte chiuse» e quella all'articolo 11-quater, volta a sostituire la previsione del parere della Commissione per l'infanzia con quello delle Commissioni parlamentari competenti.
Avverte inoltre che sono pervenuti il parere favorevole con osservazioni del Comitato per la legislazione e il parere favorevole della Commissione finanze.
Pino PISICCHIO, relatore per la II Commissione, concorda con le osservazioni del presidente Folena, sottolineando come l'obiettivo sia quello di pervenire ad un
testo unanimemente condiviso, in modo che le Commissioni riunite possano esprimere una posizione politica forte e significativa, analoga a quella espressa dal Senato con l'approvazione del provvedimento in esame. Ritiene quindi che tutti i gruppi politici debbano compiere un'attenta riflessione in tal senso.
Mario PESCANTE (FI) ribadisce la propria disponibilità a concentrare l'esame solo su alcune proposte emendative, ferma peraltro l'esigenza di poter discuterne negli aspetti di merito.
Manlio CONTENTO (AN) sottolinea l'opportunità di valutare anche possibili modifiche da apportare all'articolo 8.
Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, conferma che tra i temi da affrontare vi sono anche quelli relativi alla disciplina di cui all'articolo 8, in particolare sul divieto alle società sportive di corrispondere a soggetti destinatari di provvedimenti restrittivi per reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, sovvenzioni e contributi e facilitazioni di qualsiasi natura.
Nicola BONO (AN) ritiene opportuno sospendere la seduta per consentire ai componenti delle due Commissioni di prendere visione degli emendamenti presentati, individuando eventualmente quelli da mantenere.
Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, concordando con la proposta del deputato Bono, anche in considerazione del fatto che sono imminenti votazioni in Assemblea, sospende quindi la seduta.

La seduta, sospesa alle 10.05, è ripresa alle 14.05.

Daniele FARINA, presidente, avverte che è stato richiesto che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Non essendovi obiezioni così rimane stabilito.
Avverte inoltre che le Commissioni I e VIII hanno espresso i pareri di competenza sul decreto-legge in esame.

Pietro FOLENA, relatore per la VII Commissione, illustra gli emendamenti da lui presentati, nonché quelli presentati dal relatore per la II Commissione, temporaneamente impossibilitato a partecipare alla seduta. Evidenzia innanzitutto che le Commissioni dovranno valutare se optare per la proposta soppressiva dell'articolo 2-bis, formulata dal relatore per la II Commissione con l'emendamento 2-bis.100; in questo caso i relatori esprimerebbero quindi parere favorevole sugli identici emendamenti Buemi 2-bis.9, Farina 2-bis.3 e Sgobio 2-bis.4. Si potrebbe altrimenti considerare la proposta di una riformulazione dell'articolo 2-bis, comma 1, come invece da lui proposto con l'emendamento 2-bis.10, considerando in questo caso anche i profili relativi alla pena prevista dal comma 2 stabiliti dall'emendamento Contento 2-bis.50, nonché la soppressione del comma 3, secondo quanto richiesto dall'emendamento Pecorella 2-bis.8. Su questo aspetto si rimette peraltro alla valutazione delle Commissioni.
Nicola BONO (AN) riterrebbe opportuno che il relatore indicasse su quali degli emendamenti presentati il parere è favorevole.
Giuseppe CONSOLO (AN) data la delicatezza delle questioni delle quali si discute, propone di sospendere la seduta in attesa del relatore per la II Commissione.
Daniele FARINA, presidente, avverte che il presidente Pisicchio, relatore per la II Commissione, è impossibilitato a partecipare alla seduta solo per pochi minuti.
Pietro FOLENA, relatore per la VII Commissione, esprime parere favorevole sugli emendamenti identici Bono 1.2, Barbieri 1.3 e Contento 1.70, nonché sugli
emendamenti Pecorella 1.8, Goisis 1.15, 2.21 e 2-ter.2, Farina 3.4 e Pescante 3.8, a condizione che questo ultimo sia riformulato nel senso di prevedere che la sanzione amministrativa sia sostituita da un'ammenda.
Mario PESCANTE (FI) chiede, in riferimento al suo emendamento 3.8, se nella riformulazione sia compresa anche la previsione della pena detentiva.
Pietro FOLENA, relatore per la VII Commissione, conferma che la riformulazione si riferisce solo alla sostituzione tra la sanzione amministrativa e l'ammenda. Invita quindi al ritiro dell'emendamento Pecorella 7.5 in quanto ricompreso nell'emendamento del relatore per la II Commissione 7.100, il quale peraltro potrebbe essere riformulato sostituendo all'espressione «pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico», quella di «agente o ufficiale di polizia in servizio di istituto».

Il sottosegretario Luigi SCOTTI si sofferma sugli emendamenti all'articolo 7, comma 1, meglio precisare la nozione di servizio di ordine pubblico, eventualmente sostituendola con quella di attività di istituto in quanto, altrimenti, la disposizione avrebbe un ambito di applicazione eccessivamente ampio.

Pietro FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, ritiene che in riferimento all'aspetto relativo alla espressione «servizio d'istituto» si possa nel prosieguo dell'esame procedere ad una ulteriore riflessione.
Raccomanda quindi l'approvazione dell'articolo aggiuntivo da lui presentato 7.04 e dell'emendamento 8.20; esprime parere favorevole sull'emendamento Goisis 9.1 e 9.6. Raccomanda altresì l'approvazione dei propri emendamenti 10.4, 11-bis.4, 11-bis.5 e 11-quater.3, esprimendo parere favorevole sull'emendamento Bono 11-quater.2. Invita quindi al ritiro dei restanti emendamenti.

Emerenzio BARBIERI (UDC), essendo imminenti votazioni in Assemblea, riterrebbe opportuno che si definissero le modalità per l'ulteriore corso dell'esame del provvedimento.

Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, ritiene opportuno, prima di stabilire la programmazione del seguito dei lavori delle Commissioni, acquisire i pareri del Governo sugli emendamenti presentati.

Giuseppe CONSOLO (AN) ritiene pregiudiziale risolvere la questione della soppressione o modifica dell'articolo 2-bis, in riferimento sia al comma 1 che al comma 3.

Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, ribadisce l'opportunità che il Governo preliminarmente esprima il parere sugli emendamenti presentati.

Luciano CIOCCHETTI (UDC) riterrebbe opportuno conciliare le proposte emendative presentate dai relatori con alcuni emendamenti simili da lui presentati.

Il sottosegretario Luigi SCOTTI, con riferimento agli emendamenti all'articolo 2-bis e, segnatamente, alla questione della soppressione o modifica dello stesso, ritiene più opportuno che si proceda alla modifica del predetto articolo, seguendo le indicazioni contenute nel parere reso dalla Commissione Affari Costituzionali sul provvedimento in esame. In ordine agli altri emendamenti presentati, dichiara di rimettersi alle Commissioni.

Davide CAPARINI (LNP) chiede alcuni chiarimenti al rappresentante del Governo in riferimento alla sua posizione sul mantenimento dell'articolo 2-bis.

Il sottosegretario Luigi SCOTTI, nel replicare all'onorevole Caparini, precisa di ritenere l'articolo 2-bis, comma 2, inapplicabile e che per tale ragione debba essere soppresso. Il comma 1, invece, potrà essere modificato.

Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, ricorda come i relatori abbiano predisposto una serie di emendamenti al fine di raggiungere una convergenza unanime sulle modifiche da apportare al decreto-legge in esame. Da ciò deriva che gli emendamenti sui quali il presidente Folena ha espresso sinora parere favorevole, sono in realtà recuperati nell'ambito degli emendamenti dei relatori. Pertanto, per rendere proficuo il lavoro svolto dai presidenti, sembrerebbe opportuno formulare un invito al ritiro di tutti gli emendamenti diversi da quelli presentati dai relatori.

Mauro DEL BUE (DC-PS), ferma la disponibilità ad esprimere un giudizio favorevole complessivo sul provvedimento in esame, riterrebbe opportuno che si procedesse alla discussione nel merito degli emendamenti presentati. Si dichiara favorevole alla modifica e non alla soppressione dell'articolo 2-bis. Preannuncia quindi il ritiro del suo emendamento 11.1.

Antonio RUSCONI (Ulivo) ringrazia innanzitutto i relatori per il lavoro svolto, rilevando peraltro una certa preoccupazione per le proposte modificative presentate che rischiano di ritardare l'iter del provvedimento. Ritiene infatti che sarebbe un grave danno per il Paese se il Parlamento non riuscisse a convertire nei termini il provvedimento in esame. Auspica quindi che vi sia una spontanea disponibilità da parte di tutte le forze politiche a ridurre gli emendamenti di testimonianza, preannunciando la presentazione di un ordine del giorno nel corso dell'esame in Assemblea che impegni il Governo a definire in tempi rapidi una riforma organica della disciplina relativa al settore sportivo.

Manlio CONTENTO (AN) evidenzia come l'accordo circa la soppressione o la modifica dell'articolo 2-bis sia pregiudiziale e debba essere unanime. Propone, pertanto, che la questione sia posta subito in votazione.

Luciano CIOCCHETTI (UDC) si dichiara contrario alla soppressione dell'articolo 2-bis, ritenendo opportuna una sua riformulazione che sanzioni la presentazione di rappresentazioni offensive nel corso delle gare da parte delle tifoserie. In questo caso si dichiara disponibile a ritirare tutti gli emendamenti presentati, ad eccezione dell'emendamento Barbieri 11-quater.1 che sottoscrive.

Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, sottolinea come la questione posta dall'onorevole Contento sia effettivamente dirimente.

Davide CAPARINI (LNP) ribadisce l'opportunità di non procedere alla soppressione dell'articolo 2-bis ma ad una sua riformulazione. Preannuncia quindi che insiste per l'esame di tutti gli emendamenti presentati di cui è firmatario.

Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, in considerazione dell'imminenza delle votazioni in Assemblea, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.

La seduta, sospesa alle 14.55, è ripresa alle 20.20.

Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, avverte che i presentatori hanno ritirato l'emendamento 9.8 e l'articolo aggiuntivo 11.01.
Propone di accantonare gli emendamenti riferiti agli articoli 1 e 2 e di passare all'esame di quelli riferiti all'articolo 2-bis.

Le Commissioni concordano.

Si passa all'esame dell'articolo 2-bis e degli emendamenti riferiti ad esso riferiti.

Il sottosegretario Luigi SCOTTI, alla luce del dibattito svoltosi nella precedente seduta pomeridiana, invita il relatore per la VII Commissione a riformulare il suo emendamento 2-bis.10 modificandone il contenuto e trasformandolo in emendamento interamente sostitutivo dell'articolo  2-bis. In particolare, salvo che costituisca più grave reato, si potrebbe punire con l'arresto da tre mesi a tre anni la condotta di chi, negli impianti sportivi, esponga striscioni, cartelli, simboli ed emblemi che, comunque, incitino alla violenza o che contengano insulti o minacce o esortino a compiere atti contrari alle leggi o alle disposizioni dell'autorità. Si dovrebbe, inoltre, precisare che resta fermo quanto previsto all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205.

Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, ritira il proprio emendamento 2-bis.10 e, accogliendo la proposta del rappresentante del Governo, presenta un nuovo emendamento 2-bis.200, interamente sostitutivo dell'articolo 2-bis (vedi allegato).

Pino PISICCHIO, relatore per la II Commissione, dichiara di condividere l'emendamento 2-bis.200.

Gaetano PECORELLA (FI) ritiene che l'emendamento 2-bis.200 debba essere riformulato, in quanto la fattispecie penale, come configurata, riguarda o comportamenti già penalmente puniti oppure forme di manifestazione del pensiero. Inoltre il riferimento a simboli ed emblemi rende la fattispecie indeterminata e l'ultimo periodo appare superfluo.

Il sottosegretario Luigi SCOTTI ritiene che l'emendamento non contenga elementi pleonastici o indeterminati, mentre l'ultimo periodo è stato inserito in considerazione dell'eliminazione del riferimento all'incitamento al razzismo contenuto nella formulazione originaria del decreto-legge.

Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, riterrebbe opportuno, convenendo con alcune delle indicazioni emerse, di sopprimere le parole da «o esortino» a «dell'autorità», verificando in questo modo la possibilità di trovare una posizione comune. Illustra quindi una nuova formulazione del suo emendamento 2-bis. 200 (vedi allegato).

Pino PISICCHIO, relatore per la II Commissione, a seguito dell'approvazione dell'emendamento 2-bis.200, come riformulato, che risolve una delle questioni più delicate del testo trasmesso dal Senato, invita i presentatori al ritiro di tutti gli emendamenti, raccomandando l'approvazione degli emendamenti dei relatori, sui quali vi è un sostanziale accordo tra tutti i gruppi

Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, constata l'assenza del deputato Cirielli, si intende abbia rinunciato agli emendamenti da lui presentati all'articolo 2-bis.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritira il proprio emendamento 2-bis. 9, accogliendo l'invito del relatore.

Luigi COGODI (RC-SE) ritira il proprio emendamento 2-bis. 3, accogliendo l'invito del relatore.

Nicola TRANFAGLIA (Com.It) ritira il proprio emendamento 2-bis. 4, accogliendo l'invito del relatore.

Le Commissioni approvano quindi l'emendamento 2-bis. 200, nuova formulazione (vedi allegato), restando preclusi i restanti emendamenti riferiti all'articolo 2-bis.

Si passa all'articolo 1 e agli emendamenti ad esso riferiti.

Nicola BONO (AN) ritira l'emendamento 1.1 di cui è firmatario.

Davide CAPARINI (LNP) chiede chiarimenti in riferimento alla esigenza di modificare la terminologia prevista dal comma 1 con riferimento all'espressione «a porte chiuse» con quella «in assenza di pubblico».

Nicola BONO (AN) dichiara di ritirare il proprio emendamento 1.1.

Davide CAPARINI (LNP) chiede chiarimenti sull'emendamento 1.2 e, in particolare, sul motivo per il quale l'espressione «a porte chiuse» dovrebbe essere sostituita dalle parole «in assenza di pubblico».

Gaetano PECORELLA (FI) precisa che l'emendamento 1.2 ha lo scopo di chiarire che possono fare ingresso nello stadio soggetti diversi dal pubblico quali, a titolo esemplificativo, i giornalisti e i cameraman.

Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, rileva che l'esigenza di modificare quel riferimento è stata rappresentata anche dal Comitato per la legislazione nel parere approvato.

La Commissione approva quindi gli identici emendamenti 1.2, 1.3 e 1.70.

Davide CAPARINI (LNP) ritira l'emendamento 1.4, di cui è cofirmatario, chiedendo chiarimenti al Governo in riferimento all'invito al ritiro dell'emendamento 1.5, di cui è firmatario.

Il sottosegretario Giovanni LOLLI precisa che vi è la disponibilità del Governo ad affrontare interventi di modifica sistematica della disciplina relativa agli stadi, rilevando peraltro che il provvedimento in esame ha natura emergenziale.

Davide CAPARINI (LNP) riterrebbe opportuno che il Governo e il Parlamento procedessero all'approvazione di una riforma strutturale degli stadi. Preannuncia quindi la presentazione di un ordine del giorno in Assemblea in cui si impegni il Governo ad adoperarsi in questo senso. Ritira quindi i propri emendamenti 1.5 e 1.6.

Gaetano PECORELLA (FI) ritira il proprio emendamento 1.7.

Il sottosegretario Luigi SCOTTI invita altresì al ritiro dell'emendamento 1.8 Pecorella.

Gaetano PECORELLA (FI) insiste per la votazione del proprio emendamento 1.8, volte a chiarire la portata della norma.

Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, ricorda di aver espresso parere favorevole sull'emendamento in esame proprio in riferimento a questa esigenza. Si rimette in ogni caso alla valutazione delle Commissioni.

Le Commissioni approvano quindi l'emendamento 1.8 Pecorella.

Luciano CIOCCHETTI (UDC) ritira il proprio emendamento 1.20.

Luigi COGODI (RC-SE) ritira tutti gli emendamenti di cui è firmatario riferiti all'articolo 1.

Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, constata l'assenza del deputato Del Bue, si intende abbia rinunciato ai suoi emendamenti.

Emerenzio BARBIERI (UDC) riterrebbe opportuno che le Commissioni procedessero all'approvazione dell'emendamento 1.11 da lui presentato, rilevando che si tratta di un aspetto volto ad una migliore chiarificazione dal punto di vista formale della disposizione dell'articolo 1, comma 2, capoverso 7-bis.

Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, precisa che l'invito al ritiro dell'emendamento 1.11, deriva dall'esigenza di limitare, da parte di tutte le forze politiche, le proposte modificative presentate in modo da non ostacolare l'approvazione del provvedimento in esame.

Emerenzio BARBIERI (UDC) ritira quindi il proprio emendamento 1.11. Preannuncia peraltro la presentazione di
un ordine del giorno in Assemblea avente analogo contenuto.

Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, constata l'assenza dei deputati Pescante, Aracu, Di Centa, Garagnani, Romagnoli, Luciano Rossi, Carlucci e Ricevuto, si intende abbiano rinunciato agli emendamenti presentati riferiti all'articolo 1, nonché all'emendamento 2.14.

Davide CAPARINI (LNP) ritira gli emendamenti 1.14 e 1.15 di cui è cofirmatario.

Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, constata l'assenza del deputato Contento, si intende abbia rinunciato al suo emendamento 1.71.

Si passa quindi all'articolo 2 e agli emendamenti ad esso riferiti.

Nicola BONO (AN) sottoscrive gli emendamenti Cirielli riferiti all'articolo 2, che ritira.

Il sottosegretario Luigi SCOTTI invita al ritiro dell'emendamento 2.40 Buemi, in considerazione che fatto che è allo studio del Governo un disegno di legge sulla medesima materia.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) insiste perché sia posto in votazione il proprio emendamento 2.40.

La Commissione respinge quindi l'emendamento Buemi 2.40.

Luigi COGODI (RC-SE) ritira l'emendamento 2.1 di cui è cofirmatario.

Gaetano PECORELLA (FI) ritira il proprio emendamento 2.2.

Nicola BONO (AN) ritira l'emendamento 2.3 di cui è cofirmatario.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) insiste per la votazione del proprio emendamento 2.43.

Le Commissioni respingono quindi l'emendamento 2.43.

Nicola TRANFAGLIA (Com.It) ritira gli emendamenti 2.4, 2.7, 2.8, 2.11, di cui è cofirmatario.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritira il proprio emendamento 2.44, insistendo per la votazione del suo emendamento 2.42.

Le Commissioni respingono quindi l'emendamento 2.42.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritira i propri emendamenti 2.41 e 2.45.

Gaetano PECORELLA (FI) ritira il proprio emendamento 2.5.

Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, constata l'assenza della deputato Lussana, si intende abbia rinunciato ai propri emendamenti 2.6, 2.9, 2.12 e 2.13.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritira i propri emendamenti 2.46 e 2.47.

Gaetano PECORELLA (FI) ritira il proprio emendamento 2.10.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritira il proprio emendamento 2.48.

Luciano CIOCCHETTI (UDC) ritira il proprio emendamento 2.50.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) insiste per la votazione del proprio emendamento 2.97.

Le Commissioni respingono quindi l'emendamento Buemi 2.97.

Davide CAPARINI (LNP) ritira i propri emendamenti 2.15 e 2.16. In riferimento all'invito al ritiro dell'emendamento 2.17,

Davide CAPARINI (LNP) ritira i propri emendamenti 2.15 e 2.16. In riferimento all'invito al ritiro dell'emendamento 2.17, di cui è cofirmatario, accede alla richiesta del relatore, riservandosi di ripresentarlo in Assemblea tenuto conto della sua importanza.

Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, avverte che sono imminenti votazioni in Assemblea. Rinvia quindi il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.

La seduta termina alle 21.

CAMERA DEI DEPUTATI - XV LEGISLATURA
Resoconto della I Commissione permanente
(Affari costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni)
La seduta comincia alle 13.50.
D.L. 8/2007: Misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche.
C. 2340 Governo, approvato dal Senato.
(Parere alle Commissioni II e VII).
(Esame e conclusione - Parere favorevole con condizione e osservazione).
Alessandro NACCARATO (Ulivo), relatore, illustra il contenuto del provvedimento in titolo, rilevando che le disposizioni da esso recate appaiono in primo luogo riconducibili alla materia «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa», rientrante nell'ambito della potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera l) della Costituzione. Osserva quindi che il provvedimento in esame contiene una serie di misure finalizzate ad assicurare l'ordine e la sicurezza pubblica in occasione delle manifestazioni sportive, rientranti nella materia «ordine pubblico e sicurezza» attribuite alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera h) della Costituzione. Rileva infine che alla medesima finalità di tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza sono, altresì, collegabili le ulteriori disposizioni del provvedimento che, sebbene riconducibili alle materie «ordinamento sportivo» e «ordinamento della comunicazione», che l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione annovera tra le materie di competenza legislativa concorrente, sono comunque anch'esse dirette ad arginare fenomeni di violenza connessi allo svolgimento di manifestazioni sportive.
Si sofferma quindi sui commi 1 e 2 dell'articolo 2-bis del decreto-legge, che introducono uno specifico reato di natura contravvenzionale, volto a sanzionare comportamenti riferibili ad organizzazioni di sostenitori, i cui partecipi siano stati condannati per reati commessi in occasione di manifestazioni sportive. Al riguardo rileva che l'assenza di termini rigorosi nella definizione delle condotte vietate determina la introduzione nell'ordinamento di una fattispecie penale dai contorni indeterminati, rispetto alla quale non è chiara la individuazione del bene meritevole di tutela giuridica sotto il profilo penale (come in effetti avevo già da tempo commentato: l'articolo era oscuro, n.d.L.).
Con riferimento poi alla sanzione prevista all'articolo 7, comma 1, capoverso «articolo 583-quater», che introduce l'articolo 583-quater del codice penale, osserva che essa può portare all'applicazione della pena della reclusione fino a diciotto anni nel caso di lesioni personali gravissime procurate ad un pubblico ufficiale, analogamente a quanto previsto per la commissione di più gravi reati contro la persona (come in effetti avevo già osservato, non si possono punire le lesioni gravissime come l'omicidio, n.d.L.).
Propone pertanto l'espressione di un parere favorevole con la condizione che i commi 1 e 2 dell'articolo 2-bis del decreto-legge siano riformulati introducendo una disciplina rigorosa della condotta che si assume vietata, in modo da individuare il bene meritevole di tutela giuridica, e con un'osservazione volta a suggerire alle Commissioni di merito l'opportunità di prevedere, all'articolo 7 del decreto-legge, che la pena stabilita per il reato di cui al nuovo articolo 583-quater del codice penale sia definita in termini di maggiore ragionevolezza, anche tenendo presente l'entità delle altre pene previste per i reati contro la persona.
Nessuno chiedendo di intervenire il Comitato approva la proposta di parere del relatore (vedi allegato 1).
I Commissione - Giovedì 15 marzo 2007

ALLEGATO 1

D.L. 8/2007: Misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche (C. 2340 Governo, approvato dal Senato).
 

PARERE APPROVATO
Il Comitato permanente per i pareri della I Commissione,
esaminato il testo del disegno di legge C. 2340 Governo, approvato, con modificazioni, dal Senato, di conversione del decreto legge n. 8 del 2007 recante Misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche,
rilevato che le disposizioni da esso recate appaiono in primo luogo riconducibili alla materia «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa», rientrante nell'ambito della potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera l) della Costituzione,
osservato che il decreto legge in esame contiene, inoltre, una serie di misure finalizzate ad assicurare l'ordine e la sicurezza pubblica in occasione delle manifestazioni sportive, rientranti nella materia «ordine pubblico e sicurezza» attribuite alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera h) della Costituzione,
rilevato che alla medesima finalità di tutela dell'ordine pubblico e della sicurezza sono, altresì, collegabili le ulteriori disposizioni del provvedimento che, sebbene riconducibili alle materie «ordinamento sportivo» e «ordinamento della comunicazione», che l'articolo 117, terzo comma, della Costituzione annovera tra le materie di competenza legislativa concorrente, sono comunque anch'esse dirette ad arginare fenomeni di violenza connessi allo svolgimento di manifestazioni sportive,
osservato, in particolare, che i commi 1 e 2 dell'articolo 2-bis del decreto-legge introducono uno specifico reato di natura contravvenzionale, volto a sanzionare comportamenti riferibili ad organizzazioni di sostenitori, i cui partecipi siano stati condannati per reati commessi in occasione di manifestazioni sportive,
considerato che l'assenza di termini rigorosi nella definizione delle condotte vietate determina la introduzione nell'ordinamento di una fattispecie penale dai contorni indeterminati, rispetto alla quale non è chiara la individuazione del bene meritevole di tutela giuridica sotto il profilo penale,
rilevato inoltre che la previsione relativa alla sanzione prevista all'articolo 7, comma 1, capoverso «articolo 583-quater», che introduce l'articolo 583-quater del codice penale, può portare all'applicazione della pena della reclusione fino a diciotto anni nel caso di lesioni personali gravissime procurate ad un pubblico ufficiale, analogamente a quanto previsto per la commissione di più gravi reati contro la persona,
esprime

PARERE FAVOREVOLE

con la seguente condizione:
siano riformulati i commi 1 e 2 dell'articolo 2-bis del decreto-legge, mediante una disciplina rigorosa della condotta che si assume vietata, in modo da individuare il bene meritevole di tutela giuridica
e con la seguente osservazione:
valutino le Commissioni di merito l'opportunità di prevedere, all'articolo 7 del decreto-legge, che la pena stabilita per il reato di cui all'articolo 583-quater del codice penale sia definita in termini di maggiore ragionevolezza, anche tenendo presente l'entità delle altre pene previste per i reati contro la persona.



19 MARZO 2007
Commissioni Riunite II e VII - Resoconto di lunedì 19 marzo 2007

SEDE REFERENTE
Lunedì 19 marzo 2007. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO, indi del vicepresidente Daniele FARINA. - Intervengono il sottosegretario di Stato per la giustizia Luigi Scotti e il sottosegretario di Stato per le politiche giovanili e le attività sportive Giovanni Lolli.

La seduta comincia alle 19.

DL 8/2007: Misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche.
C. 2340 Governo, approvato dal Senato.
(Seguito dell'esame e conclusione).

La Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 15 marzo 2007.

Pino PISICCHIO, presidente, ricorda che nella seduta di giovedì 15 marzo scorso sono stati esaminati gli emendamenti presentati agli articoli 1 e 2-bis ed è iniziato l'esame degli emendamenti presentati all'articolo 2. Pone, pertanto, in votazione l'emendamento Goisis 2.18.

Le Commissioni respingono l'emendamento Goisis 2.18.

Davide CAPARINI (LNP) ritira gli emendamenti 2.19 e 2.20, dei quali è cofirmatario.

Le Commissioni approvano l'emendamento Goisis 2.21.

Davide CAPARINI (LNP) ritira gli emendamenti 2.22, 2.23 e 2.24, dei quali è cofirmatario.

Manlio CONTENTO (AN) ritira il proprio emendamento 2.60.

Davide CAPARINI (LNP) ritira gli emendamenti 2.25, 2.26, 2.27, 2.28, 2.29, 2.30, 2.31, 2.32, 2.33 e 2.34, dei quali è cofirmatario. Per quanto concerne l'articolo aggiuntivo 2.01 riterrebbe opportuno che il Governo lo accogliesse, in quanto volto a migliorare il testo del decreto in esame.
 

Pino PISICCHIO, presidente, avverte che è stato richiesto che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche mediante impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Non essendovi obiezioni così rimane stabilito.

Mario PESCANTE (FI) concorda con l'importanza di un intervento normativo che già nel decreto-legge qualifichi adeguatamente il ruolo e i poteri degli steward. Si tratta in particolare di prevedere le norme che consentano agli addetti alla sicurezza negli stadi di controllare che le persone indicate nel biglietto siedano effettivamente nei posti loro assegnati.

Il sottosegretario Luigi SCOTTI, replicando all'onorevole Caparini, dichiara la piena disponibilità del Governo ad approfondire la questione con la massima attenzione, anche accogliendo un eventuale ordine del giorno sulla materia oggetto dell'articolo aggiuntivo 2.01.

Manlio CONTENTO (AN) sottolinea come il decreto ministeriale che attribuisce funzioni agli addetti alla sicurezza non possa superare il limite costituito dalla riserva di legge. Sottolinea quindi la delicatezza del compito di definire le funzioni degli addetti alla sicurezza di cui all'articolo aggiuntivo 2.01.

Luciano CIOCCHETTI (UDC) ritiene che il tema affrontato dall'articolo aggiuntivo in esame sia centrale, perché consentirebbe agli steward di coadiuvare le forze dell'ordine all'interno degli stadi nel mantenimento delle condizioni di sicurezza. È opportuno che sul punto si svolga una riflessione approfondita.

Davide CAPARINI (LNP) alla luce delle considerazioni espresse dal sottosegretario Scotti, ritira l'articolo aggiuntivo 2.01 di cui è cofirmatario, riservandosi di trasformarlo in un ordine del giorno per l'Assemblea. Ritira quindi anche l'emendamento 2-ter di cui è cofirmatario.

Il sottosegretario Giovanni LOLLI evidenzia, in riferimento all'emendamento 2-ter.10 presentato dal relatore per la VII Commissione, l'opportunità di non gravare il provvedimento di modifiche, che pure avrebbero un senso ampiamente giustificato. Si rimette quindi alle Commissioni sull'emendamento in esame.

Pietro FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, pur ritenendo opportuno prevedere un ruolo adeguato per il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive nell'ambito della determinazione delle ulteriori norme da adottare per l'attuazione del decreto in esame, prende atto delle considerazioni del rappresentante del Governo e ritira il proprio emendamento 2-ter.10.

Davide CAPARINI (LNP) ribadisce l'opportunità di disciplinare il ruolo degli addetti alla sicurezza nel provvedimento in esame per renderne le disposizioni più adeguate ad una effettiva attività di controllo. Chiede quindi chiarimenti al Governo in merito all'invito al ritiro dell'emendamento 2-ter.2 di cui è cofirmatario.

Mario PESCANTE (FI) evidenzia che è già prevista attualmente l'affissione all'ingresso delle strutture del regolamento d'uso degli stadi, con la traduzione in più lingue. Ribadisce quindi l'esigenza di disciplinare il ruolo degli steward, come d'altra parte la UEFA chiederà al Governo italiano di fare a breve.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritiene che la soluzione del problema di chi debba svolgere le funzioni di ordine pubblico debba essere preliminarmente risolto se si vuole risolvere realmente la questione della violenza negli stadi. A tale fine, occorrerebbe anche responsabilizzare concretamente le società calcistiche.

Il sottosegretario Luigi SCOTTI sottolinea che la questione dell'individuazione di soggetti privati ai quali attribuire compiti inerenti al rispetto negli stadi delle norme
di ordine pubblico debba essere risolta in via generale e non solamente in relazione alle violenze in occasione di manifestazioni sportive. Si tratta di una questione estremamente seria alla quale il Governo deve prestare una dovuta attenzione.

Pietro FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, esprime complessivamente un giudizio positivo sull'emendamento 2-ter.2, ribadendo l'auspicio di un suo ritiro da parte dei presentatori e di una conseguente trasformazione in un ordine del giorno in Assemblea.

Davide CAPARINI (LNP) ritira quindi l'emendamento 2-ter.2 di cui è cofirmatario, preannunciando la presentazione di un ordine del giorno in Assemblea. Ritira altresì gli emendamenti 2-ter.3, 2-ter.5, 2-ter.6, 2-ter.7, 2-ter.8 e 2-ter.9 di cui è cofirmatario.

Pino PISICCHIO, presidente, avverte che, in considerazione dell'assenza del presentatore dell'emendamento 2-ter.4, si considera che lo stesso vi abbia rinunciato.

Si passa quindi all'esame dell'articolo 3 e degli emendamenti ad esso riferiti.

Silvio CRAPOLICCHIO (Com.It) ritira il proprio emendamento 3.1.

Daniele FARINA (RC-SE) ritira il proprio emendamento 3.2.

Silvio CRAPOLICCHIO (Com.It) ritira il proprio emendamento 3.3.

Le Commissioni approvano l'emendamento Farina 3.4.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritira il proprio emendamento 3.20.

Pino PISICCHIO, presidente, avverte che, in considerazione dell'assenza del presentatore dell'emendamento 3.5, si considera che lo stesso vi abbia rinunciato.

Daniele FARINA (RC-SE) ritira il proprio emendamento 3.6.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritira il proprio emendamento 3.21.

Luciano CIOCCHETTI (UDC) ritira il proprio emendamento 3.30.

Pino PISICCHIO, presidente, avverte che, in considerazione dell'assenza del presentatore dell'emendamento 3.7, si considera che lo stesso vi abbia rinunciato. Con riferimento all'emendamento 3.8, dopo aver ricordato che nella scorsa seduta il presentatore, onorevole Pescante, ha dichiarato di essere favorevole a riformularlo nel senso di sostituire il riferimento alla sanzione amministrativa con quello alla pena dell'ammenda, chiede al medesimo se non intenda riformularlo coordinandolo con quanto previsto dal comma 1, dell'articolo 6-bis della legge n. 401 del 1989, così come modificato dal Senato, ai sensi del comma 1, dell'articolo 3 del decreto-legge in esame. In particolare, osserva che in tale disposizione l'aggravante si realizza non quando dal fatto derivi il mancato regolare inizio della competizione calcistica, bensì anche quando vi sia un ritardo rilevante dell'inizio della stessa.

Mario PESCANTE (FI) accoglie la proposta di riformulazione del relatore per la II Commissione, raccomandando l'approvazione del suo emendamento 3.8, come riformulato.

Le Commissioni approvano quindi l'emendamento Pescante 3.8, nuova formulazione (vedi allegato).

Nicola TRANFAGLIA (Com.It) ritira i propri emendamenti 3.9 e 3.11.

Daniele FARINA (RC-SE) ritira i propri emendamenti 3.10 e 3.12.

Pino PISICCHIO, presidente, avverte che, in considerazione dell'assenza del presentatore  dell'emendamento 3.13, si considera che lo stesso vi abbia rinunciato.

Si passa all'esame dell'articolo 3-bis e degli emendamenti ad esso riferiti

Manlio CONTENTO (AN) ritira il proprio emendamento 3-bis.1.

Il sottosegretario Giovanni LOLLI ribadisce l'invito al ritiro dell'emendamento 3-bis.11, ribadendo che le norme contenute nel decreto, già consentono di distinguere comportamenti diversamente violenti.

Si passa all'esame dell'articolo 4 e degli emendamenti ad esso riferiti (SULLA FLAGRANZA DIFFERITA)

Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritira il proprio emendamento 4.9.

Daniele FARINA (RC-SE) ritira i propri emendamenti 4.1 e 4.2.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritira il proprio emendamento 4.11.

Pino PISICCHIO, presidente, avverte che, in considerazione dell'assenza dei presentatori degli emendamenti 4.3, 4.4 e 4.6, si intende che gli stessi vi abbiano rinunciato.

Silvio CRAPOLICCHIO (Com.It) ritira gli emendamenti 4.5, 4.7 e 4.8, di cui è cofirmatario.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritira il proprio emendamenti 4.13.

Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 4.100, il quale estende al 30 giugno 2010 l'efficacia della norma che prevede la flagranza differita, evitando in tal modo di stabilizzare l'istituto in questione, come è invece previsto dal decreto-legge.

Luciano CIOCCHETTI (UDC) preannuncia il voto favorevole sull'emendamento del relatore per la II Commissione 4.100, precisando che si tratta di una scelta finalizzata solo a consentire la conversione del provvedimento in esame in tempi rapidi.

Davide CAPARINI (LNP) preannuncia, anche a nome dei deputati del gruppo cui appartiene, il voto favorevole sull'emendamento 4.100 che introduce una norma speciale a cui è necessario adeguarsi solo per motivi emergenziali.

Enrico BUEMI (RosanelPugno), con riferimento all'emendamento 4.100, ritiene assolutamente opportuno mantenere il carattere temporaneo della flagranza differita ricordando come tale istituto si ponga ai confini della costituzionalità, i quali, anzi, dovrebbero essere ritenuti superati nel caso di stabilizzazione dell'istituto.

Daniele FARINA (RC-SE) concorda circa l'esigenza di mantenere la provvisorietà della flagranza differita, qualora non si ritenesse, come sarebbe opportuno, sopprimere tale istituto.

Paolo GAMBESCIA (Ulivo) sottolinea l'implicita pericolosità dell'istituto della flagranza differita, ricordando che si tratta di un istituto introdotto nel 2003 nell'ordinamento sotto spinte emergenziali legate all'inasprirsi delle violenze in occasione di manifestazioni sportive. Ricondotto correttamente in tale contesto, il predetto istituto deve a maggior ragione mantenere il proprio carattere di eccezionalità e temporaneità.

Mario PESCANTE (FI) preannuncia il voto favorevole sull'emendamento 4.100, pur ricordando che molti sostenitori della norma in esame sono stati contrari, nel corso della passata legislatura, anche alla previsione di un termine di 36 ore.

Manlio CONTENTO (AN) esprime riserve in merito all'istituto della flagranza differita, ricordando che si tratta di una soluzione di compromesso per consentire, anche in condizioni non agevoli per un intervento da parte delle forze dell'ordine, di identificare i responsabili di azioni violente. Quindi occorre comprendere che la forzatura costituita dalla flagranza differita à necessaria finché non si trovi un rimedio più appropriato.

Le Commissioni approvano l'emendamento del relatore 4.100.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritira i propri emendamenti 4.12 e 5.2.

Si passa all'esame dell'articolo 5 e degli emendamenti ad esso riferiti

Pino PISICCHIO, presidente, avverte che, in considerazione dell'assenza del presentatore dell'emendamento 5.1, si considera che lo stesso vi abbia rinunciato.

Si passa all'esame dell'articolo 4 e degli emendamenti ad esso riferiti

Silvio CRAPOLICCHIO (Com.It) ritira l'emendamento 6.1, del quale è cofirmatario.

Daniele FARINA (RC-SE) ritira il proprio emendamento 6.2.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritira il proprio emendamento 6.3.

Si passa all'esame dell'articolo 7 e degli emendamenti ad esso riferiti

Daniele FARINA (RC-SE) ritira i propri emendamenti 7.1, 7.2 e 7.3.

Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, riformula il proprio emendamento 7.100 nel senso di limitarne l'applicazione all'ipotesi in cui le lesioni gravi o gravissime siano cagionate al pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive (vedi allegato). Per quanto attiene alla corretta individuazione del soggetto passivo della circostanza aggravante in questione, ritiene che sia opportuno procedere nel corso dell'esame in Assemblea ad una riformulazione della disposizione, al fine di evitare qualsiasi dubbio interpretativo della sua esclusiva applicabilità nel caso in cui la lesione sia cagionata ad agenti o pubblici ufficiali delle forze dell'ordine.

Manlio CONTENTO (AN) pur confermando la volontà di contribuire al raggiungimento di un accordo anche sulle modifiche da apportare all'articolo 7, manifesta forti perplessità sull'opportunità di circoscrivere l'ambito di applicazione della norma in questione alle sole manifestazioni sportive.

Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, nel replicare all'onorevole Contento, osserva che la scelta di circoscrivere l'ipotesi aggravante in questione ai soli casi in cui le lesioni siano cagionate in occasione di manifestazioni sportive è legata ad una consapevole scelta di politica criminale volta a dare una risposta immediata e forte al sempre più crescente fenomeno della violenza in occasione di manifestazioni sportive.

Luciano CIOCCHETTI (UDC) avrebbe ritenuto opportuno non circoscrivere l'ambito di efficacia della norma in esame, che prevede tra l'altro una diminuzione delle pene. Preannuncia quindi un voto favorevole sull'emendamento 7.100, solo per favorire una rapida approvazione del provvedimento.

Rosa SUPPA (Ulivo) concordando con quanto sottolineato dal relatore per la II Commissione, evidenzia l'esigenza che l'aggravante in questione sia circoscritta alle ipotesi in cui la condotta violenta si verifichi in occasione di manifestazioni sportive. Ciò appare conforme alla ratio emergenziale del decreto-legge in esame.

Silvio CRAPOLICCHIO (Com.It) considera opportuna ed appropriata la riformulazione dell'emendamento 7.100 del relatore per la II Commissione.

Luigi COGODI (RC-SE) ritiene che la nuova formulazione dell'emendamento  7.100 ha il pregio di essere coerente con la ratio del provvedimento in esame. In un secondo momento sarà, peraltro, opportuno discutere in modo approfondito dell'adeguatezza delle sanzioni previste e, quindi, di quale sia il più corretto bilanciamento degli interessi in gioco.

Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritiene che l'emendamento 7.100 debba essere ulteriormente circoscritto nel suo ambito di applicazione, in modo tale da renderlo conforme al principio di proporzionalità tra condotta illecita e sanzione.

Le Commissioni approvano l'emendamento del relatore 7.100 (nuova formulazione).

Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, avverte che a seguito dell'approvazione dell'emendamento 7.100, gli emendamenti 7.4, 7.5 e 7.6 non saranno posti in votazione.

Manlio CONTENTO (AN) ritira il proprio emendamento 7.8.

Pietro FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, raccomanda l'approvazione del proprio articolo aggiuntivo 7.04, nuova formulazione (vedi allegato) volto a favorire la sospensione del processo da parte del giudice e l'applicazione di misure sostitutive di utilità sociale. Ribadisce che si tratta di una norma volta a dare certezza alla punizione di chi delinque, nel caso specifico delle violazioni previste dal decreto in esame, con esclusione di quelle che recano danno alle persone, ma al contempo con una funzione rieducativa della misura repressiva.

Il sottosegretario Luigi SCOTTI preliminarmente fa presente che è allo studio del Governo un disegno di legge di modifica del codice di procedura penale che affronta la materia dell'affidamento in prova, oggetto dell'articolo aggiuntivo 7.04 (nuova formulazione) in relazione ai soli reati commessi in occasione di manifestazioni sportive. Sottolinea, quindi, come il decreto-legge in esame, anche per il suo carattere emergenziale, non appaia lo strumento più idoneo per applicare per la prima volta agli adulti un istituto del processo minorile. Pertanto, pur condividendo pienamente il principio alla base della proposta emendativa in esame, invita il relatore a trasformare l'emendamento in ordine del giorno in Assemblea.

Manlio CONTENTO (AN) manifesta perplessità circa l'opportunità, anche ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione, di introdurre una normativa come quella prevista nell'articolo aggiuntivo 7.04, come riformulato.

Silvio CRAPOLICCHIO (Com.It), anche per ragioni di ordine sistematico, ritiene preferibile che la materia di cui all'articolo aggiuntivo 7.04 sia disciplinata nel codice di procedura penale.

Alessandro MARAN (Ulivo) ritiene condivisibili le osservazioni del rappresentante del Governo dichiarandosi disponibile a sottoscrivere un eventuale ordine del giorno.

Mario PESCANTE (FI) riterrebbe opportuno che il contenuto dell'articolo aggiuntivo fosse trasformato in un ordine del giorno, sottoscritto da tutte le forze politiche.

Luigi COGODI (RC-SE) non riterrebbe incoerente introdurre la disciplina di cui all'articolo aggiuntivo 7.04 come riformulato nel decreto-legge in esame.

Pietro FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, prende atto con rammarico delle posizioni contrarie del rappresentante Governo e dei rappresentanti dei gruppi intervenuti, ribadendo che gli argomenti a sostegno dell'invito al ritiro dell'articolo aggiuntivo 7.04, come da lui riformulato, non appaiono comunque convincenti. Ribadisce, infatti, che in un provvedimento in cui si prevede un aggravante di pena solo per ipotesi di reato legate a manifestazioni sportive e si vota la vigenza
temporanea della cosiddetta quasi flagranza, ampliandone la portata a 48 ore, la norma da lui presentata si pone in linea con gli interventi emergenziali e non appare in alcun modo in contrasto con il principio di uguaglianza previsto dalla Costituzione. Si applica infatti la sospensione del processo e l'applicazione della misura sostituiva in un momento antecedente alla previsione della pena da parte del giudice.
Ritira comunque l'articolo aggiuntivo 7.04, come riformulato, riservandosi di presentare in Assemblea un ordine del giorno, pur nella consapevolezza che lo stesso non avrà certo la stessa efficacia normativa.

Mario PESCANTE (FI) ritira i propri articoli aggiuntivi 7.01 e 7.02.

Manlio CONTENTO (AN) ritira il proprio articolo aggiuntivo 7.03.

Si passa all'esame dell'articolo 8 e degli emendamenti ad esso riferiti

Davide CAPARINI (LNP) ritira l'emendamento 8.1, del quale è cofirmatario.

Pino PISICCHIO, presidente, avverte che il relatore per la VII Commissione ha presentato una nuova formulazione dell'emendamento 8.20 (vedi allegato).

Pietro FOLENA, relatore per la VII Commissione, raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 8.20 come riformulato avvertendo che, nel caso in cui fosse approvato, risulterebbero preclusi gli emendamenti Ciocchetti 8.7 e 8.9, vertenti su analoga materia.

Le Commissioni approvano l'emendamento del relatore per la VII Commissione 8.20 (nuova formulazione).

Pino PISICCHIO, presidente, avverte che in seguito all'approvazione dell'emendamento 8.20 (nuova formulazione) l'emendamento Ciocchetti 8.7 non sarà posto in votazione.

Davide CAPARINI (LNP) ritira l'emendamento 8.2, del quale è cofirmatario.

Luciano CIOCCHETTI (UDC) ritira il proprio emendamento 8.8.

Davide CAPARINI (LNP) ritira l'emendamento 8.3, del quale è cofirmatario.

Pino PISICCHIO, presidente, avverte che in seguito all'approvazione dell'emendamento 8.20 (nuova formulazione) l'emendamento Ciocchetti 8.9 non sarà posto in votazione.

Davide CAPARINI (LNP) ritira le proposte emendative 8.4, 8.01 e 9.1, delle quali è cofirmatario.

Si passa all'esame dell'articolo 9 e degli emendamenti ad esso riferiti.

Pino PISICCHIO, presidente, avverte che, in considerazione dell'assenza del presentatore dell'emendamento 9.2, si considera che lo stesso vi abbia rinunciato.

Davide CAPARINI (LNP) ritira gli emendamenti 9.3, 9.4 e 9.5, dei quali è cofirmatario.

Pietro FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, precisa che sono previste già sanzioni penali nei confronti di chi induce alla violenza nell'ambito del decreto. Precisa inoltre che vi sono aspetti attinenti al settore della giustizia sportiva che nulla hanno a che vedere con il testo in esame.

Il sottosegretario Luigi SCOTTI sull'emendamento Goisis 9.6 si rimette alla Commissione.

Le Commissioni approvano l'emendamento Goisis 9.6.

Davide CAPARINI (LNP) ritira gli emendamenti 9.7, 9.8, 9.9, 9.10, nonché gli articoli aggiuntivi 9.01 e 9.02, dei quali è cofirmatario.

Si passa all'esame dell'articolo 10 e degli emendamenti ad esso riferiti

Pino PISICCHIO, presidente, avverte che il relatore per la VII Commissione ha presentato una nuova riformulazione dell'emendamento 10.4 (vedi allegato).

Pietro FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, illustra l'emendamento 10.4 nella nuova formulazione da lui presentata

Mario PESCANTE (FI) non concorda con la proposta di riformulazione del relatore.

Il sottosegretario Giovanni LOLLI, in riferimento all'emendamento 10.4 come riformulato, osserva, innanzitutto, l'esigenza di mantenere la discussione sul piano della proposta normativa e non di scadere in valutazioni come quelle emerse sulla stampa nel corso dei giorni passati. Ribadisce che non vi è l'intendimento del Governo, con l'intervento in esame, di alleggerire in qualche misura la portata delle norme previste dal decreto come approvato dal Senato. Ricorda infatti che molti degli interventi richiesti dalla legge sono stati di fatto già svolti; con la formulazione proposta dal relatore per la VII Commissione si tornerebbe invece all'indicazione originaria prevista dal Governo, con l'ulteriore previsione che dagli interventi non vi siano oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.

Manlio CONTENTO (AN) sull'emendamento 10.4 (nuova formulazione) ritiene che qualora non venisse inserita una «clausola di invarianza» riferita alla finanza pubblica si correrebbe il rischio di un parere contrario sul punto da parte della Commissione Bilancio. I rilievi della Commissione Bilancio potrebbero essere superati precisando che la disposizione di cui all' all'articolo 10, comma 1, capoverso 5-bis, si applica solo nel caso in cui all'adeguamento degli impianti provvedano le società utilizzatrici.

Alessandro MARAN (Ulivo) propone di tornare alla formulazione originaria dell'articolo 10, comma 1, capoverso 5-bis, del decreto-legge.

Luigi COGODI (RC-SE) ritiene che la formulazione più coerente sia quella approvata dal Senato.

Pietro FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, si dichiara consapevole della complessità derivante dall'introduzione di una norma del tipo in esame, ricordando peraltro di avere già proposto in sede di relazione il mantenimento del termine approvato dal Senato, con un'adeguata misura di defiscalizzazione a favore delle imprese per sostenere gli ingenti costi derivanti dagli interventi da realizzare. Osserva che si è trattato peraltro di una misura che non è stato possibile introdurre anche in considerazione dei tempi ristretti del provvedimento e anche dell'impossibilità di definirla congiuntamente al Governo.
Aggiunge peraltro che la norma introdotta al Senato non può in alcun modo essere ritenuta corretta, in considerazione del fatto che pone forti tensioni con norme imperative dell'ordinamento giuridico. Pensa in particolare all'attribuzione a società privata dell'obbligo di ristrutturazione di un bene pubblico del quale non solo non sono proprietarie, ma non hanno neanche la titolarità di gestione.
La norma dell'articolo 10, capoverso 5-bis, come formulata risponde quindi all'esigenza di ritornare alla previsione iniziale del Governo, ferma l'esigenza - che verrebbe comunque richiamata nel corso dell'esame dalla Commissione bilancio - di non prevedere nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Si tratta quindi di una norma volta a conciliare le esigenze delle società calcistiche e degli enti locali, ai quali è comunque rimessa la possibilità di intervenire nei limiti previsti dagli stanziamenti dei propri bilanci. Raccomanda quindi l'approvazione del proprio emendamento 10.4 come riformulato.
 

Mario PESCANTE (FI) ribadisce forti perplessità sulla proposta del relatore.

Il sottosegretario Giovani LOLLI ritiene convincenti e persuasive le considerazioni espresse dal relatore per la VII Commissione, che condivide.

Marilena SAMPERI (Ulivo) osserva che le Commissioni trascurano la realtà dei piccoli comuni i quali si fanno carico di spese e contributi anche molto elevati, spesso trovandosi in difficoltà. Non ritiene che questi debbano essere gravati anche dalle spese necessarie per l'adeguamento degli impianti sportivi.

Le Commissioni approvano l'emendamento del relatore per la VII Commissione 10.4 (nuova formulazione)

Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, avverte che, in considerazione dell'approvazione dell'emendamento 10.4 (nuova formulazione), gli emendamenti 10.3, 10.1 e 10.10 non saranno posti in votazione.

Davide CAPARINI (LNP) ritira l'emendamento 10.2, del quale è cofirmatario, che si riserva di trasformare in un ordine del giorno nel corso dell'esame in Assemblea.

Si passa all'esame dell'articolo 11 e degli emendamenti ad esso riferiti.

Davide CAPARINI (LNP) ritira l'emendamento 11.2 e l'articolo aggiuntivo 11.01, dei quali è cofirmatario.

Si passa all'esame dell'articolo 11-bis e degli emendamenti ad esso riferiti.

Pietro FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 11-bis.4, come riformulato. Ritira il proprio emendamento 11-bis.5 che sostituisce con un nuovo articolo aggiuntivo 11-bis .01, di cui raccomanda l'approvazione (vedi allegato).

Le Commissioni approvano l'emendamento del relatore per la VII Commissione 11-bis.4 (nuova formulazione).

Nicola BONO (AN) ritira il proprio emendamento 11-bis.1.

Luciano CIOCCHETTI (UDC) ritira il proprio emendamento 11.6.

Manlio CONTENTO (AN) sottoscrive l'emendamento Bono 11-bis.2 che ritira.

Davide CAPARINI (LNP) chiede alcuni chiarimenti in riferimento all'articolo aggiuntivo 11-bis.01.

Pietro FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, precisa che si tratta di norme finalizzate al rilascio di biglietti gratuiti a favore di minori. Inoltre, chiarisce che la disposizione in esame non pregiudica le possibilità per le società di rilasciare biglietti gratuiti anche in altre ipotesi, come avviene, ad esempio, attualmente per i minori di anni 7.

Le Commissioni approvano quindi l'articolo aggiuntivo 11-bis.01 del relatore per la VII Commissione.

Si passa all'esame dell'articolo 11-quater e degli emendamenti ad esso riferiti, non essendo previsti emendamenti all'articolo 11-ter.

Pietro FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 11-quater.3, identico all'emendamento Bono 11-quater.2 sul quale il parere è favorevole.

Le Commissioni approvano quindi gli identici emendamenti 11-quater.3 del relatore per la VII Commissione e Bono 11-quater.2.

Si passa quindi all'esame dell'articolo 11-quinquies e dell'articolo aggiuntivo ad esso riferito.

Luciano CIOCCHETTI (UDC) ritira il proprio articolo aggiuntivo 11-quinquies.01.

Le Commissioni deliberano di conferire il mandato ai relatori, Pino Pisicchio, per la II Commissione, e Pietro Folena, per la VII Commissione, a riferire in senso favorevole all'Assemblea sul disegno di legge C. 2340 Governo, approvato dal Senato, come risultante dall'approvazione degli emendamenti, deliberando altresì di richiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.

Pino PISICCHIO, presidente, si riserva, anche a nome del Presidente della VII Commissione, di nominare i componenti del Comitato dei nove sulla base delle indicazioni dei gruppi.
La seduta termina alle 21.50.

ALLEGATO

DL 8/2007: Misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche. (C. 2340 Governo, approvato dal Senato).
 

EMENDAMENTI

ART. 3.

Dopo il comma 1, inserire il seguente: «1.bis. Al comma 2, dell'articolo 6-bis della legge 13 dicembre 1989, n. 401, le parole: «se dal fatto deriva un pericolo concreto» fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «con l'arresto fino ad un anno e con l'ammenda da euro mille a euro cinquemila. La pena è della reclusione da sei mesi a quattro anni se dal fatto deriva un ritardo rilevante dell'inizio, l'interruzione o la sospensione definitiva della competizione calcistica.
3. 8.(Nuova formulazione). Pescante, Aracu, Di Centa, Garagnani, Romagnoli, Luciano Rossi, Paniz, Carlucci, Ricevuto.
 

ART. 7.

Al comma 1 sostituire il capoverso con il seguente: Art. 583-quater. (Lesioni personali gravi o gravissime cagionate in occasione di servizi di ordine pubblico). - Nell'ipotesi di lesioni personali cagionate a un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico, in occasione di manifestazioni sportive, le lesioni gravi sono punite con la reclusione da 4 a 10 anni; le lesioni gravissime, con la reclusione da 8 a 16 anni.
7. 100. (Nuova formulazione) Il relatore per la II Commissione.

Dopo l'articolo 7, inserire il seguente:
 

ART. 7-bis.
(Sospensione del processo e applicazione di misure sostitutive).

1. Il giudice, sentite le parti, può disporre con ordinanza la sospensione del processo per i reati di cui alla legge 13 dicembre 1989, n. 401, come modificata dal presente decreto, nonché per le ipotesi di cui agli articoli 2-bis e 3-bis del presente decreto, con esclusione di quelli che recano danno alle persone, nel caso in cui ritenga di applicare una sanzione sostitutiva a norma del comma 2. Il processo è sospeso per un periodo non superiore ad un anno, durante il quale è sospeso il decorso della prescrizione.
2. Con l'ordinanza di sospensione il giudice prescrive all'imputato lo svolgimento, in collaborazione con il CONI o altro ente pubblico, di attività di utilità sociale, da individuarsi con il decreto ministeriale di cui al comma 3, per una durata da determinarsi in base ai criteri di cui all'articolo 133 del codice penale.
3. Il decreto che individua le attività di utilità sociale è adottato dal Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, previo parere delle Commissioni parlamentari competenti, entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge.
4. Contro l'ordinanza di cui al comma 1 possono ricorrere per Cassazione il pubblico ministero, l'imputato e il suo difensore.
 
 
 

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5. La sospensione è revocata in caso di ripetute e gravi trasgressioni alle prescrizioni imposte.
6. Decorso il periodo di sospensione, il giudice fissa una nuova udienza nella quale dichiara con sentenza estinto il reato, se l'attività di cui all'ordinanza di sospensione è stata regolarmente espletata. In caso contrario, dispone che il processo riprenda il suo corso.
7. 04. (Nuova formulazione) Il relatore per la VII Commissione.
 

ART. 8.

Al comma 1 aggiungere, infine, il seguente periodo: salvo quanto previsto dal comma 4.

Conseguentemente sostituire il comma 4 con il seguente:
4. Le società sportive possono stipulare con associazioni legalmente riconosciute, aventi tra le finalità statutarie la promozione e la divulgazione dei valori e dei principi della cultura sportiva, della non violenza, e della pacifica convivenza, come sanciti dalla Carta olimpica, contratti e convenzioni in forma scritta aventi ad oggetto progetti di interesse comune per la realizzazione delle predette finalità, nonché per il sostegno di gemellaggi con associazioni legalmente riconosciute dei sostenitori di altre società sportive aventi i medesimi fini statutari. I contratti e le convenzioni stipulati con associazioni legalmente riconosciute che abbiano tra i propri associati persone cui è stato notificato il divieto di cui al comma 1 a dell'articolo 6 della legge 13 dicembre 1989 n. 401, e successive modificazioni, sono sospesi per la durata di tale divieto, salvo che intervengano l'espulsione delle persone destinatarie del divieto e la pubblica dissociazione dell'associazione dai comportamenti che l'abbiano determinato».
8. 20. (Nuova formulazione) Il relatore per la VII Commissione.
 

ART. 10.

Al capoverso 5-bis, sostituire le parole: provvedono con le seguenti: possono provvedere, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
10. 4. (Nuova formulazione) Il relatore per la VII Commissione.
 

ART. 11-bis.

Al comma 1 sopprimere le parole: senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica conseguentemente aggiungere, infine, i seguenti periodi: . Il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive promuove, sentito il CONI, le federazioni e le società sportive, manifestazioni e attività finalizzate alla sensibilizzazione ai valori della Carta olimpica, organizzate immediatamente prima dello svolgersi delle manifestazioni sportive all'interno degli impianti e nelle aree ad essi adiacenti. Le iniziative di cui al presente comma sono realizzate nei limiti delle disponibilità del Fondo di cui al comma 2.

Conseguentemente dopo il comma 1, aggiungere il seguente comma:
2. Le somme corrisposte a titolo di sanzione pecuniaria inflitta per le violazioni previste dalle disposizioni di cui alla legge 13 dicembre 1989, n. 401, come modificata dal presente decreto, nonché alle ipotesi di cui agli articoli 2-bis e 3-bis del presente decreto, affluiscono al Fondo di solidarietà sportiva, istituito presso la Presidenza del Consiglio dei ministri, avente la finalità di finanziare i programmi e le iniziative di cui al comma 1. Il Ministro dell'economia e delle finanze è autorizzato ad apportare le conseguenti modifiche di bilancio.
11-bis. 4. (Nuova formulazione) Il relatore per la VII Commissione.
 
 
 

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Dopo l'articolo 11-bis, aggiungere il seguente:
 

ART. 11-bis.1
(Rilascio di biglietti gratuiti a favore di minori).

1-bis. Le società organizzatrici delle manifestazioni sportive sono tenute a rilasciare, anche in deroga al limite numerico di cui all'articolo 1-quater, comma 7-bis, del decreto-legge 24 febbraio 2003, n. 28, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 aprile 2003, n. 88, introdotto dall'articolo 1, comma 2, del presente decreto; biglietti gratuiti nominativi per minori di anni quattordici accompagnati da un genitore o da un parente fino al quarto grado nella misura massima di un minore per ciascuno adulto, per un numero di manifestazioni sportive non inferiore al 50 per cento di quelle organizzate nell'anno. L'adulto assicura la sorveglianza sul minore per tutta la durata della manifestazione sportiva.
11-bis. 01 Il relatore per la VII Commissione.


Resoconto stenografico dell'Assemblea
Seduta n. 130 del 20/3/2007
 
TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO PINO PISICCHIO SUL DISEGNO DI LEGGE DI CONVERSIONE N. 2340-A
PINO PISICCHIO, Relatore per la II Commissione. Dobbiamo partire da una considerazione fondamentale accingendoci all'esame di questo provvedimento: è un decreto che ha al centro della sua valutazione l'ordine pubblico, con inevitabili precipitati relativi a profili penalistici e aspetti che ineriscono le dimensioni sociale e sportiva. Ma la natura essenziale del decreto concerne il profilo dell'ordine pubblico: è un elemento che non va dimenticato e che, anzi, deve rappresentare l'ermeneutica corretta per interpretarlo senza commettere l'errore di attribuire ad esso valenze taumaturgiche per tutto il complesso mondo dello sport.
Ad altro provvedimento, più organico e mirato, sarà consegnato questo compito di ridisegnare i profili del nuovo modo d'essere del calcio italiano, e l'impegno delle Commissioni riunite, l'impegno del Governo, assunto fin da oggi, saprà spendersi
 
 

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in modo adeguato e nei tempi adeguati: alla nostra attenzione oggi c'è ben altro. C' è un decreto per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche, adottato a seguito dei gravissimi episodi di violenza culminati a Catania con l'omicidio dell'ispettore Raciti, annunciato da una lunga sequenza di atti teppistici di estrema gravità che hanno fatto registrare altre vittime nei campi sportivi di mezza Italia. Violenza, dunque, che nulla ha a che vedere con lo sport. Questa la considerazione preliminare che attiene al merito ed ai confini del disegno di legge di conversione.
Ma esiste anche una preliminare questione di metodo che io qui voglio affrontare. Il decreto è stato presentato dal Governo al Senato, dove ha raccolto una maggioranza quasi unanime: questo fatto politico ha rappresentato e rappresenta per noi un riferimento di grande importanza, una traccia su cui articolare il nostro lavoro, ma avrebbe anche potuto rappresentare, sia detto con il rispetto più grande che dobbiamo all'altra Camera, un elemento capace di esercitare un condizionamento per il nostro lavoro.
Le Commissioni riunite II e VII della Camera, nell'affrontare l'esame del provvedimento, hanno preliminarmente affrontato una questione che travalica il merito dello stesso, coinvolgendo i rapporti tra i due rami del Parlamento. Come è già avvenuto in passato, la Camera dei deputati si trova in una situazione anomala determinata dall'asimmetria che si è venuta a creare tra i due rami del Parlamento in ragione di un diverso rapporto tra maggioranza ed opposizione. Se non si vuole pervenire ad una surrettizia modifica dell'assetto costituzionale, ispirato al principio del bicameralismo perfetto, si deve essere consapevoli che un testo approvato dal Senato, sia pure all'unanimità, può essere modificato dalla Camera ogni qual volta ciò si dimostri necessario. Nel caso in esame, le Commissioni riunite hanno ritenuto necessario apportare alcune modifiche al testo approvato dal Senato. La circostanza che si tratti di un testo approvato dall'altro ramo del Parlamento pressoché all'unanimità (solo cinque astenuti) ha indotto le Commissioni ad apportarvi unicamente modifiche sorrette da una condivisione unanime da parte di tutti i gruppi. Non tanto come relatore per la II Commissione quanto piuttosto in veste di presidente di tale Commissione, vorrei sottolineare che le Commissioni riunite hanno svolto un proficuo ed attento esame del testo che ha visto un atteggiamento costruttivo da parte di tutti i gruppi, senza distinzione tra maggioranza ed opposizione. Solo una condivisione unanime delle modifiche può giustificare la trasmissione al Senato di un testo approvato da quel ramo all'unanimità. Prima di passare all'esame del merito vorrei che fosse chiaro un punto: le Commissioni hanno approvato tutti gli emendamenti all'unanimità nonostante che in alcuni casi per qualche gruppo ciò abbia significato la rinuncia ad alcune legittime convinzioni. L'obiettivo di tutti è stato uno solo: approvare un testo condiviso che contenesse misure adeguate per contrastare il fenomeno della violenza nello sport.
Per quanto attiene al testo, mi soffermerò principalmente sulle disposizioni che di più attengono alla competenza della Commissione giustizia.
All'articolo 1, recante misure specifiche concernenti la sicurezza degli impianti sportivi come le limitazioni all'accesso negli stadi dove non siano stati completati gli interventi strutturali ed organizzativi previsti dall'articolo 1-quater del decreto-legge 24 febbraio 2003, n. 28, sono state apportate due modifiche. La prima di natura formale, in quanto si è sostituita la formula «a porte chiuse» utilizzata per indicare le partite da effettuare senza la partecipazione del pubblico. Secondo la formulazione adottata nel decreto-legge , infatti, negli stadi non ancora «a norma» le competizioni sono svolte «a porte chiuse». Non si sarebbe trattato di una ragione sufficiente di per sé a giustificare una nuova lettura da parte del Senato, tuttavia, considerato che una nuova lettura da parte del Senato sarebbe stata comunque
 
 

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necessaria per altre ragioni, si è ritenuto opportuno sostituire l'espressione in questione con quella della «assenza di pubblico».
Di natura sostanziale è, invece, la modifica al comma 7-bis dell'articolo 1-quater del decreto-legge 24 febbraio 2003, n. 28 in quanto si è ritenuto opportuno precisare che il divieto di vendita alla stessa persona fisica di titoli di accesso in numero superiore a quattro si estende alle persone giuridiche. Ciò al fine di evitare facili elusioni del divieto nel caso in cui l'acquisto dei biglietti sia effettuato da queste. Forse sul punto è necessaria una ulteriore riflessione, considerato che comunque rimangono fuori gli enti privi di riconoscimento giuridico.
L'articolo 2 è stato marginalmente modificato. Non è stata toccata la parte più importante, cioè quella che amplia l'ambito applicativo del divieto d'accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive (il cosiddetto DASPO, anche noto come «diffida»), che, fino al decreto-legge in esame, poteva essere disposto dal questore solo nei confronti delle persone che risultano denunciate o condannate, anche con sentenza non definitiva, nel corso degli ultimi cinque anni per una serie di reati specificatamente individuati dal legislatore. Il provvedimento interviene anche sulle disposizioni vigenti in base alle quali alle persone cui è notificato il DASPO il questore può altresì prescrivere di comparire personalmente una o più volte negli orari indicati, presso un determinato ufficio o comando di polizia, nel corso della giornata in cui si svolgono le manifestazioni per le quali opera il divieto. In primo luogo, il decreto-legge ha esteso l'ambito dei reati che consentono l'applicazione del DASPO e dell'obbligo di presentazione facendovi rientrare anche quello del possesso di artifici pirotecnici in occasione di manifestazioni sportive. Ancora più importante è la novità che consente di adottare le predette misure anche sulla base di elementi oggettivi dai quali risulti che il soggetto abbia tenuto una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza in occasione o a causa di manifestazioni sportive o tale da porre in pericolo la sicurezza pubblica in occasione o a causa delle manifestazioni stesse. Come sottolinea la relazione di accompagnamento al disegno di legge di conversione, viene così introdotta la possibilità di applicare il divieto di accesso (ma, anche l'obbligo di presentazione di cui al comma 2 del medesimo articolo 6) indipendentemente non solo dalla condanna, seppure non definitiva, ma anche dalla mera denuncia. Si segnala, inoltre, che l'articolo 5 del decreto-legge in esame prevede un ulteriore caso in cui possono essere disposti DASPO e obbligo di presentazione.
Il decreto-legge è intervenuto anche sulla durata del DASPO e dell'obbligo di presentazione disposti dal questore, prevedendo una durata minima di tre mesi, successivamente aumentata ad un anno nel corso dell'esame presso il Senato. Il Senato ha, inoltre, approvato un emendamento che aumenta da tre a cinque anni l'attuale limite massimo di durata delle citate misure preventive. Si segnala, inoltre, che una disposizione introdotta ex novo dal Senato prevede, poi, che il DASPO possa essere applicato anche nei confronti di minori di 18 anni ultraquattordicenni, stabilendo, peraltro, l'obbligo di notifica del provvedimento all'esercente la potestà genitoriale. Il decreto-legge, a seguito delle modifiche del Senato, ha incrementato la pena prevista per la violazione del DASPO e dell'obbligo di presentazione. Si segnala che più rilevante dell'aumento di pena è la sostituzione della alternatività tra pena pecuniaria e detentiva con la contestualità delle pene detentive e pecuniarie: ciò significa che è stata sottratta al magistrato la possibilità di valutare in concreto se la violazione degli obblighi disposti dal questore sia effettivamente meritevole di una sanzione detentiva. Si tratta di un aspetto estremamente delicato che consente di introdurre nel dibattito parlamentare una questione di particolare rilevanza. Mi riferisco alla funzione preventiva oltre che remuneratoria della pena detentiva. Il decreto-legge, specie a seguito delle modifiche introdotte pressoché all'unanimità al Senato, inasprisce
 
 

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pesantemente le pene attualmente previste nonché introduce nuovi reati puniti con pene detentive. Le Commissioni hanno riflettuto su tale punto: la pena detentiva è il migliore strumento per punire le condotte vietate dal decreto-legge o ve ne sono altre? Mi riferisco alle cosiddette sanzioni alternative, come, ad esempio, ai lavori di pubblica utilità ai quali potrebbero proficuamente essere sottoposti coloro che commettono reati in occasione di manifestazioni sportive. A parte le considerazioni di fondo sull'adeguatezza della pena detentiva come strumento di deterrenza per la commissione di reati, vi è una riflessione alla quale non possiamo sottrarci: il carcere spesso finisce per rovinare definitivamente i giovani che vi sono rinchiusi, i quali entrano in contatto con criminali che li condizionano pesantemente. Si tratta di un discorso delicato che si presta a facili quanto sterili strumentalizzazioni, considerato che la risposta più facile, anche come impatto sull'opinione pubblica, al fenomeno della violenza degli stadi è l'aumento delle pene detentive. Se tale aumento è giustificato per i fatti gravi, non lo è per quelli meno gravi. In questi casi potrebbe essere sufficiente una pena alternativa. Ciò che assolutamente deve essere garantita è la certezza della esecuzione della pena evitando che le norme sanzionatorie finiscano per essere degli sterili proclami. Proprio in relazione a tale tema, il relatore per la VII Commissione ha presentato in sede referente l'articolo aggiuntivo 7.04, diretto a prevedere per i reati commessi in occasione di manifestazioni sportive, con esclusione di quelli che recano danno alle persone, la sospensione del processo e l'applicazione di misure alternative alle pene detentive e pecuniarie, come ad esempio i lavori di pubblica utilità. Tale soluzione avrebbe il pregio di evitare un indiscriminato e pericoloso inserimento di giovani, che comunque hanno sbagliato, nel circuito carcerario nonché di applicare una pena realmente rieducativa. Tuttavia, come avrà modo di chiarire l'onorevole Folena, anche a seguito di un intervento in Commissione del sottosegretario per la giustizia, l'articolo aggiuntivo è stato ritirato con il proposito di trasformarlo in un ordine del giorno. Dal dibattito è emersa la convinzione che il decreto-legge, anche per il suo carattere emergenziale, non sia lo strumento più idoneo per applicare per la prima volta agli adulti un istituto del processo minorile, quale la messa alla prova. Inoltre, il rappresentante del Governo ha annunciato che è allo studio un disegno di legge di modifica del codice di procedura penale che affronta la materia dell'affidamento in prova sia pure in una ottica generale e, quindi, non riferita a particolare reati.
La modifica apportata dalle Commissioni all'articolo 2 ha per oggetto il comma 2. Si tratta di una precisazione più linguistica che normativa in quanto si è eliminata la qualificazione di «morali» dei requisiti previsti dall'articolo 11 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza in relazione all'incarico che le società sportive possono conferire in riferimento alle attività negli stadi.
Una importante modifica al testo trasmesso dal Senato è stata la sostituzione dell'articolo 2-bis, che introduceva nell'ordinamento il reato relativo al divieto di manifestazioni esteriori. Sulla necessità di modificare la nuova fattispecie penale prevista dal Senato vi è stata una totale e piena condivisione da parte di tutti i gruppi. La norma, al comma 1, introduceva un reato di natura contravvenzionale, punito con l'arresto da tre mesi ad un anno e consistente nella violazione del divieto di esporre negli impianti sportivi striscioni, cartelli, simboli, emblemi, nonché di svolgere manifestazioni esteriori, anche verbali, riferibili ad organizzazioni di sostenitori i cui partecipi siano stati condannati per reati commessi in occasione di manifestazioni sportive. L'incostituzionalità del testo è parsa evidente anche alla I Commissione, che lo ha segnato in una condizione contenuta nel proprio parere favorevole. Anche il Comitato per la legislazione ha ritenuto opportuno sottolineare l'indeterminatezza della fattispecie. In realtà il problema di tale norma non era soltanto l'indeterminatezza
 
 

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della fattispecie, la quale si sarebbe potuta sanare attraverso una definizione più puntuale della stessa, quanto la carenza di lesività della condotta, intendendo questa come idoneità della medesima a ledere un bene giuridico meritevole di tutela penale. Le Commissioni hanno convenuto che ci si trovava innanzi ad un reato di opinione privo di un vero e proprio disvalore. In luogo di tale reato le Commissioni ne hanno introdotto uno che invece esprime di per sé un disvalore giuridico. In particolare, anziché vietare striscioni, cartelli, simboli, emblemi nonché rappresentazioni esteriori anche verbali, relativi ad organizzazioni di sostenitori i cui partecipi siano stati condannati per reati, si sono vietati striscioni e cartelli che, comunque, incitino alla violenza o che contengano insulti o minacce. È stata ovviamente fatta salva la cosiddetta legge Mancino (legge n. 205 del 1993) che vieta tutte le manifestazioni razziste. L'emendamento ha inoltre soppresso i commi 2 e 3 dell'articolo 2-bis. Sulla opportunità di sopprimere il comma 2 non vi sono dubbi, trattandosi di una disposizione diretta a prevedere una specifica ipotesi del reato di resistenza a pubblico ufficiale che già può essere ricavata in via interpretativa dalla normativa vigente o che presuppone il reato che le Commissioni hanno soppresso. Diverso è il caso della soppressione del comma 3, diretto a rimodulare le sanzioni previste dall'articolo 2, comma 1, della cosiddetta legge Mancino (legge n. 205 del 1993) a carico di coloro che, in pubbliche riunioni, compiano manifestazioni esteriori od ostentino emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Mentre i previgenti limiti di pena consistevano nella reclusione fino a tre anni e la multa da 103 a 258 euro, quelli introdotti dal Senato prevedono una reclusione da uno cinque anni e la multa da 10 mila a 50 mila euro. Nel corso dell'esame in Assemblea si potrà valutare se sia stato effettivamente opportuno procedere alla soppressione del comma 3.
L'articolo 2-ter, inserito nel corso dell'esame del provvedimento al Senato e non modificato dalle Commissioni, contiene disposizioni relative al personale addetto agli impianti sportivi.
L'articolo 3 del decreto-legge interviene sugli articoli 6-bis, comma 1, e 6-ter della legge n. 401 del 1989, che prevedono due distinte figure di reato. Le Commissioni non hanno modificato le disposizioni del testo trasmesso dal Senato, ma hanno previsto una ulteriore modifica all'articolo 6-bis della legge n. 401 intervenendo anche sul comma 2, relativo alla invasione di campo.
Non sono state quindi modificate le disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo 6-bis, che configura come reato il lancio di materiale pericoloso in occasione di manifestazioni sportive. Sono stati meglio definiti gli oggetti pericolosi, rientrando tra questi i «razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi, strumenti per l'emissione di fumo o di gas visibile, bastoni, mazze, materiale imbrattante o inquinante, oggetti contundenti o comunque atti ad offendere». La condotta, inoltre, non rileva solo quando sia posta in essere nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, ovvero in quelli interessati alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle manifestazioni medesime, ma anche nelle immediate adiacenze degli stessi. Si considerano commessi nei luoghi suddetti i fatti ivi verificatisi nelle ventiquattro ore precedenti o successive allo svolgimento della manifestazione sportiva. Durante l'esame al Senato, la norma è stata ulteriormente modificata - oltre che con una riscrittura di natura formale del nuovo comma 1 dell'articolo 6-bis - con la precisazione che l'illiceità dei fatti deve essere comunque ricollegabile alla manifestazione sportiva. La novella interessa anche i profili sanzionatori del reato in oggetto: la pena è ora la reclusione da uno a quattro anni, quindi incrementata rispetto a quella precedente, fissata tra i sei mesi e i tre anni.
 
 

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Le aggravanti speciali previste dall'articolo 6-bis sono invertite. Mentre in passato si prevedeva un semplice aumento di pena se dal fatto derivava un danno alle persone (quindi l'aumento di un terzo, ex articolo 64 del codice penale) e l'aumento fino alla metà se dal fatto derivava il mancato regolare inizio, la sospensione, l'interruzione o la cancellazione della manifestazione sportiva, il decreto-legge ha invertito l'entità dell'aumento della pena tra le due circostanze. Un emendamento approvato dal Senato ha precisato, tuttavia, che l'aumento di pena debba derivare non dal mancato regolare inizio della gara bensì da «un ritardo rilevante dell'inizio» della stessa. Come si è detto, le Commissioni sono intervenute sul reato di invasione di campo, modificando il comma 2 dell'articolo 6-bis. Le modifiche sono dirette a conferire maggior rigore alla normativa vigente facendo venir meno il requisito del pericolo concreto nonché prevedendo che tra la pena detentiva e quella pecuniaria non vi sia un rapporto di alternatività, bensì di contestualità. In tal modo, nel caso di invasione di campo si realizza comunque un reato da punire con pena detentiva. Se poi dall'invasione deriva un ritardo rilevante dell'inizio, l'interruzione o la sospensione definitiva della competizione calcistica la pena è aggravata. Secondo le Commissioni, la condotta di invasione di campo è estremamente pericolosa per l'ordine pubblico all'interno degli stadi, per cui, per tale ragione, è irragionevole che al fatto concreto possa applicarsi solo una pena pecuniaria, come è avvenuto nei confronti di coloro che invadendo il campo hanno determinato nel 2004 l'interruzione di un derby romano, con grave pericolo per l'incolumità pubblica.
Non è stato modificato l'articolo 3-bis nella parte in cui modifica l'articolo 635 del codice penale introducendo una nuova aggravante al delitto di danneggiamento, da applicarsi nel caso in cui il danneggiamento di attrezzature e impianti sportivi sia realizzato al fine d'impedire o interrompere lo svolgimento di manifestazioni sportive. La pena che sanziona l'illecito aggravato è la reclusione fino a un anno o la multa fino a 309 euro.
Tra le modifiche più rilevanti al decreto-legge si segnala quella apportata all'articolo 4 relativo alla disciplina dell'arresto in flagranza differita effettuato durante o in occasione di manifestazioni sportive. Le Commissioni non hanno modificato le disposizioni del decreto-legge relative alla disciplina della flagranza differita, ma sono intervenute sulla disposizione diretta a stabilizzare l'istituto, che fino al decreto-legge in esame aveva nel 30 giugno 2007 la scadenza della propria vigenza. Le Commissioni hanno modificato la norma che traduce in istituto a regime la flagranza differita, ma hanno portato al 30 giugno 2007 la scadenza.
Le due modifiche apportate alla normativa in tema di flagranza differita non sono state toccate dalle Commissioni. In primo luogo, il decreto-legge ha eliminato la possibilità di utilizzare «elementi oggettivi» per accertare inequivocabilmente la commissione del fatto. Pertanto, d'ora in avanti si potrà procedere esclusivamente sulla base di filmati e fotografie. Su tale punto si dovrà comunque riflettere in futuro, poiché se si vuole protrarre nel tempo la nozione di flagranza occorre anche individuare strumenti oggettivi idonei ad escludere incertezze nella ricostruzione dei fatti. Non sempre i filmati e le fotografie, specialmente se decontestualizzate, sono in grado di rappresentare fedelmente i fatti. In secondo luogo, il decreto-legge è intervenuto sul termine di durata della flagranza, che viene esteso dalle trentasei alle quarantotto ore. La modifica è stata dettata dall'esigenza di attribuire alle forze dell'ordine un ulteriore lasso di tempo per procedere alle identificazioni ed al successivo prelevamento dei soggetti individuati. È chiaro che qualsiasi aumento dei tempi rende ancora più evidente la deroga al principio della effettività della flagranza. Tuttavia, una volta che si ritiene accettabile la deroga a tale principio non sono le dodici ore in più a far modificare una eventuale valutazione positiva dell'istituto essendo
 
 

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queste necessarie per poter applicare in concreto l'istituto della flagranza differita. Ciò che è stato considerato maggiormente rilevante è quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 4 del decreto-legge. Tale disposizione, abrogando l'articolo 1-bis del decreto-legge n. 28 del 2003 che stabiliva un termine finale per l'efficacia delle disposizioni in materia di flagranza differita e la sottrazione alla disciplina generale delle misure cautelari di cui si dirà a breve, conferiva una definitiva stabilità e normalizzazione a due istituti che sinora erano stati considerati eccezionali e temporanei. Si è ricordato in Commissione che, proprio sulla base di tale natura, gli istituti in questione hanno trovato una loro giustificazione. Si ricorda che questi sono stati trasformati in transitori in sede di conversione del decreto-legge n. 28 del 2003, attraverso la limitazione della loro efficacia al 30 giugno 2005. Tale termine era stato successivamente prorogato al 30 giugno 2007 dal decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115. Le Commissioni hanno ritenuto che un istituto eccezionale, come quello della flagranza differita, non possa essere stabilizzato, ma debba rimanere uno strumento legato a situazioni eccezionali e temporanee. Ci si è anche chiesti se da tale stabilizzazione possa poi conseguire anche una estensione applicativa degli istituti ad ogni ipotesi in cui i reati siano commessi nell'ambito di schieramenti di persone, come può avvenire, ad esempio, nelle manifestazioni politiche. In astratto le considerazioni che giustificano la flagranza differita in occasione di manifestazioni sportive sono valide anche per i cortei politici o comunque per manifestazioni politiche, in quanto anche in tali ipotesi l'arresto in flagranza richiederebbe un intervento delle forze di polizia all'interno del gruppo dei manifestanti. Proprio per evitare ciò, nel 2003 fu conferito il carattere di specialità e temporaneità al nuovo istituto della flagranza differita.
Non sono state modificate le disposizioni, di cui al comma 1 dell'articolo 4, relative all'arresto in flagranza (reale) effettuato durante o in occasione di manifestazioni sportive. Il decreto-legge prevede che questo possa essere effettuato anche nel caso di possesso di materiale. Viene, inoltre, chiarito che l'arresto può essere disposto nel caso di violazione del divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive, anche nell'ipotesi in cui a tale divieto non si accompagni l'obbligo di presentarsi personalmente al comando di polizia. È infine consentito l'arresto nel caso di violazione del divieto di accedere ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive disposto dal giudice con la sentenza di condanna.
Sono state confermate le modifiche all'articolo articolo 8, comma 1-quater della legge n. 401 del 1989, secondo cui, nel caso di una serie di reati commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive, le misure coercitive (quali la custodia cautelare e gli arresti domiciliari) possano essere disposte anche per reati la cui pena sia inferiore ai limiti minimi previsti in generale per l'applicazione delle misure cautelari. Ciò allo scopo di evitare che una persona arrestata in base alle previsioni della legge possa poi riacquistare la libertà a causa dell'impossibilità di disporre misure coercitive per tali reati, in quanto aventi limiti edittali di pena insufficienti. La lettera c) prevede che la deroga al regime generale delle misure cautelari si applichi anche nel caso di violazione del divieto di accedere ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive che sia stato disposto dal giudice con la sentenza di condanna.
Il comma 3, infine, prevede che - analogamente a quanto già accade per i reati di violazione del DASPO, di violazione degli obblighi di comparizione, di lancio di materiale pericoloso, di scavalcamento di recinzioni dell'impianto sportivo nonché per i reati commessi durante o in occasione di manifestazioni sportive - si proceda sempre con giudizio direttissimo, salvo che siano necessarie speciali indagini.
Gli articoli 5 e 6, che non sono stati modificati, hanno per oggetto rispettivamente il sistema sanzionatorio per la violazione del regolamento d'uso degli impianti predisposto sulla base delle linee
 
 

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guida approvate dall'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive nonché l'estensione delle misure di prevenzione previste dalla legge 27 dicembre 1956, n. 1423 e dalla legge 31 maggio 1965, n. 575 alle persone indiziate di avere agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva, in più occasioni, alle manifestazioni di violenza commesse in occasione di competizioni sportive.
Altra rilevante modifica al testo trasmesso dal Senato è quella relativa al comma 1 dell'articolo 7. Tale disposizione, come risultante dall'approvazione di un emendamento interamente sostitutivo nel corso dell'esame da parte del Senato del disegno di legge di conversione del decreto legge, introduceva nel codice penale la nuova fattispecie di reato delle lesioni personali gravi o gravissime commesse in occasione di servizio di ordine pubblico. In particolare, veniva punito con le pene previste dall'articolo 583 del codice penale, aumentate della metà, chiunque procuri ad un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico lesioni personali gravi o gravissime. Nel corso dell'esame in sede referente sono emerse diverse critiche nei confronti di tali aggravanti. In primo luogo, è stata sottolineata l'irragionevolezza della sanzione ivi prevista, in quanto venivano parificate senza alcuna giustificazione quelle previste per le lesioni gravissime con quelle relative all'omicidio preterintenzionale. Per tale ragione le aggravanti sono state punite espressamente con la reclusione da quattro a dieci anni (lesioni gravi) ovvero con la reclusione da otto a sedici anni (lesioni gravissime). La scelta di individuare espressamente la pena da applicare è stata dettata dall'esigenza di sottrarre, ai sensi del terzo comma dell'articolo 69 del codice penale, tali circostanze aggravanti al bilanciamento con le circostanze attenuanti. Altra modifica apportata al testo trasmesso dal Senato è stata quella di limitare l'applicabilità delle circostanze aggravanti in questione alle ipotesi in cui queste siano state cagionate in occasione di manifestazioni sportive. Si è ritenuto, infatti, che tale limitazione sia giustificabile in ragione della peculiarità del fenomeno della violenza negli stadi, che vede come prime vittime proprio le forze dell'ordine. Come ho avuto modo di annunciare in occasione dell'approvazione dell'emendamento sostitutivo del comma 1 dell'articolo 7, sarà necessario trovare una formulazione che identifichi senza alcun dubbio nelle forze dell'ordine i soggetti tutelati dalle nuove aggravanti introdotte nel codice penale in relazione al reato di lesioni.
Per quanto attiene alle altre disposizioni, rinvio alla relazione del relatore per la VII Commissione, riguardando materie rientranti nella competenza di tale Commissione.
 

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Seduta n. 130 del 20/3/2007
 
 
 

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Discussione del disegno di legge: S. 1314 - Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, recante misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche (Approvato dal Senato) (A.C. 2340-A ) (ore 21,40).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, recante misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche.
 

(Discussione sulle linee generali - A.C. 2340-A )
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto che il Presidente del gruppo parlamentare di Forza Italia ne ha chiesto l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo 83, comma 2, del regolamento.
Avverto, altresì, che le Commissioni II (Giustizia) e VII (Cultura) si intendono autorizzate a riferire oralmente.
Il relatore per la II Commissione, deputato Pisicchio, ha facoltà di svolgere la relazione.

PINO PISICCHIO, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, svolgerò oralmente solo una parte della mia relazione; consegnerò poi l'altra parte del testo.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, accingendoci all'esame di questo provvedimento, dobbiamo partire da una considerazione fondamentale: si tratta di un decreto-legge che al centro della sua valutazione ha l'ordine pubblico, con inevitabili precipitati relativi a profili penalistici e aspetti che ineriscono alle dimensioni sociale e sportiva. Ma la natura essenziale del decreto concerne il profilo dell'ordine pubblico. È un elemento che non va dimenticato e che anzi deve rappresentare l'ermeneutica corretta per interpretarlo, senza commettere l'errore di attribuire ad esso valenze taumaturgiche per tutto il complesso mondo dello sport, e di quello calcistico in particolare.
Ad altro provvedimento più organico e mirato sarà consegnato questo compito di ridisegnare i profili del nuovo modo di essere del calcio italiano e l'impegno delle Commissioni riunite, l'impegno del Governo, assunto sin da oggi, sarà quello di spendersi in modo adeguato e nei tempi adeguati.
All'attenzione nostra, oggi, c'è ben altro: c'è un decreto-legge per la prevenzione e per la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche, adottato a seguito dei gravissimi episodi di violenza culminati a Catania con l'omicidio dell'ispettore Raciti, annunciato da una lunga sequenza di atti teppistici di estrema gravità che hanno fatto registrare altre vittime nei campi sportivi di mezza Italia. Violenza, dunque, che nulla ha a che vedere con lo sport.
Questa è la considerazione preliminare che attiene al merito e ai confini del disegno di legge di conversione. Ma esiste anche una preliminare questione di metodo che qui voglio esporre.
Il decreto è stato presentato dal Governo al Senato, dove ha raccolto una maggioranza quasi unanime. Questo fatto politico ha rappresentato e rappresenta per noi un riferimento di grande importanza, una traccia su cui articolare il nostro lavoro, ma avrebbe potuto anche rappresentare - sia detto con il rispetto più grande che dobbiamo all'altro ramo
 
 

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del Parlamento - un elemento capace di esercitare un condizionamento per il nostro lavoro.
Le Commissioni riunite II e VII della Camera, nell'affrontare l'esame del provvedimento, hanno affrontato preliminarmente una questione che travalica il merito stesso del provvedimento, coinvolgendo i rapporti tra i due rami del Parlamento. Come già è avvenuto in passato, la Camera dei deputati si trova in una situazione anomala, determinata dall'asimmetria che si è venuta a creare tra i due rami del Parlamento in ragione del diverso rapporto tra maggioranza ed opposizione.
Se non si vuole pervenire ad una surrettizia modifica dell'assetto costituzionale, ispirato al principio del bicameralismo perfetto, si deve essere consapevoli che un testo approvato dal Senato, sia pure all'unanimità, può essere modificato dalla Camera ogni qualvolta ciò si dimostri necessario.
Nel caso in esame, le Commissioni riunite hanno ritenuto necessario apportare alcune modifiche al testo approvato al Senato.
La circostanza che, come si ricordava, si tratti di un testo approvato dall'altro ramo del Parlamento all'unanimità (vi sono stati cinque astenuti) ha indotto le Commissioni ad apportarvi unicamente modifiche sorrette dalla condivisione unanime di tutti i gruppi. Non tanto come relatore per la II Commissione, quanto piuttosto in veste di presidente di essa, vorrei sottolineare che le Commissioni riunite hanno svolto un proficuo ed attento esame del testo, che ha visto un atteggiamento costruttivo da parte di tutti i gruppi, senza distinzione tra maggioranza ed opposizione. Solo una condivisione unanime delle modifiche può giustificare la trasmissione al Senato di un testo approvato da quel ramo del Parlamento all'unanimità.
Prima di passare all'esame del merito - anzi, prima di consegnare il testo relativo all'esame del merito - vorrei che fosse chiaro un punto: le Commissioni hanno approvato tutti gli emendamenti all'unanimità, nonostante che in alcuni casi, per qualche gruppo, ciò abbia significato la rinuncia ad alcune legittime convinzioni. L'obiettivo di tutti è stato uno solo: approvare un testo condiviso che contenesse misure adeguate per contrastare il fenomeno della violenza nello sport.
Per quanto attiene al testo integrale della relazione, al fine di rendere possibile un dibattito più celere, chiedo che la Presidenza ne autorizzi la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna. Ho concluso (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).

PRESIDENTE. Grazie. La Presidenza consente la pubblicazione del testo integrale della sua relazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna, sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Il relatore, presidente della Commissione cultura, deputato Folena, ha facoltà di svolgere la relazione.

PIETRO FOLENA, Relatore per la VII Commissione. Signor Presidente, mi piacerebbe molto che il decreto-legge in esame, oltre ad essere ricordato come quello che inasprisce - ma rende anche più efficaci - le sanzioni nei confronti degli episodi di violenza che hanno recentemente colpito il mondo del calcio, con l'omicidio del funzionario Raciti e, qualche giorno prima, con l'assassinio di un dirigente di una squadra di calcio dilettantistica in Calabria, potesse in qualche modo passare alla cronaca anche come un provvedimento che lancia un messaggio positivo.
Con il decreto-legge, se approvato così come proposto all'unanimità dalle due Commissioni - l'ha ricordato il presidente Pisicchio -, i minori di 14 anni, ove accompagnati da un genitore, potranno entrare gratuitamente negli stadi per assistere alle partite di calcio. Si tratta di un messaggio che il Parlamento vuole lanciare alla società italiana, ai minori ed ai loro genitori, per recuperare il senso di una festa, di uno sport, di un momento di competizione, ma anche di un grande momento di socializzazione, anche di un
 
 

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grande momento di riconoscimento collettivo: chiunque sia tifoso di una squadra di calcio sa che una partita è anche questo.
Io credo che quello al nostro esame, nato essenzialmente come decreto-legge basato sull'aspetto penalistico e repressivo, è stato giustamente emendato dal Senato con l'aggiunta di una seconda parte di natura sociale e sportiva sulla quale noi siamo ulteriormente intervenuti. In tal modo, si configura una disciplina che poggia su due gambe solide: una volta a contrastare più efficacemente, con gli strumenti della legge, la violenza negli stadi; un'altra fatta di norme che, mirando sulla prevenzione, possano permettere di uscire da quella condizione che ha visto una forma di esproprio del diritto alla partecipazione ai grandi eventi collettivi.
Come ho avuto modo di affermare nella relazione svolta in sede di Commissione - alla quale rinvio per ciò che riguarda l'esame approfondito del provvedimento che ci è pervenuto dal Senato - la violenza è l'altra faccia di un calcio malato, di un eccesso di economia, di business, di affari che hanno contribuito a spegnere una parte della partecipazione a questo gigantesco evento. Certamente, ci sono anche altri motivi. In sede di VII Commissione, con il concorso di tutti i colleghi, della maggioranza e dell'opposizione, abbiamo concluso una indagine conoscitiva al riguardo. La prossima settimana esamineremo uno schema di documento conclusivo che darà alcune indicazioni su aspetti di grande rilievo. Ad esempio, ricordo che le società di calcio, oggi, sono società per azioni quotate in borsa e c'è da domandarsi se l'infortunio di un giocatore o l'annuncio relativo alle condizioni fisiche di un giocatore, e gli effetti sulla quotazione in borsa delle società, non finiscano per diventare più importanti dello stesso sistema che regola una leale e piena competizione sportiva.
Mi domando quali paletti dobbiamo mettere alla libertà di impresa, che non deve essere conculcata e che, tuttavia, incontra il suo contrappeso costituzionale nel valore sociale che vogliamo tutelare, quello del diritto allo sport.
Il testo che abbiamo proposto - lo ha ricordato il relatore Pisicchio, con forza - è stato approvato all'unanimità dalle Commissioni congiunte. Ciascuna ha fatto la propria parte. Spogliandomi per un attimo dei panni di relatore e, persino, di presidente di Commissione, anch'io ho dovuto compiere alcune rinunce, con l'obiettivo di proseguire nel solco di un lavoro unitario che il Senato aveva svolto. In tal modo, è stata modificata quella norma irrealizzabile e sbagliata, dal punto di vista costituzionale, che vietava la esposizione di qualsiasi striscione negli stadi ed il divieto è stato limitato ai soli striscioni che inneggiano alla violenza o all'odio.
Allo stesso modo, la flagranza differita - termine ossimoro, vera e propria contraddizione di questo sistema - è rimasta, pur essendo stata circoscritta e riferita soltanto agli elementi video e fotografici. Si tratta di una norma a tempo che scadrà nel 2010 e che non entra a far parte, a regime, dei codici del nostro paese.
L'articolo 7, che aggrava significativamente le pene per lesioni cagionate a ufficiali o agenti di polizia in servizio di ordine pubblico, è stato riferito alle manifestazioni sportive, evitando quella cattiva abitudine secondo cui, nella emanazione di un decreto-legge urgente e di emergenza, legato ad uno specifico fenomeno, si finisce con lo stravolgere l'intero codice, senza badare a tutte le conseguenze e compiendo atti forse discutibili anche sotto il profilo costituzionale.
È dal punto di vista della prevenzione che questo decreto-legge ha subito alcune delle modifiche più significative. Tra esse voglio citare la nuova formulazione dell'articolo 8, comma 4, il quale, accanto al divieto - che rimane in vigore - per le società sportive di intrattenere rapporti finanziari con i club e le associazioni, stabilisce tuttavia la possibilità di stipulare convenzioni che abbiano finalità sociali e di solidarietà con quei club che si dissocino apertamente dalla violenza, nell'eventualità in cui un loro appartenente sia coinvolto in episodi del genere.
La nuova formulazione dell'articolo 11-bis permette, inoltre, di lanciare un messaggio,
 
 

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prevedendo che le somme corrisposte a titolo di sanzione pecuniaria per i reati previsti dal decreto-legge servano per alimentare quei positivi programmi sportivi di cui si alla prima parte dello stesso articolo e per aiutare lo svolgimento, prima delle partite, di quelle attività che possano distendere il clima da preparazione bellica che, a volte, c'è negli stadi.
Se noi rompiamo quel clima e creiamo un clima di maggior festa, aiutiamo a determinare una condizione positiva.
Mi permetto di dire che anche le coreografie, quando non sono violente, sono straordinari momenti perfino di creatività e di partecipazione. C'è gente che viene dall'estero in Italia per vedere alcune di queste coreografie e sarebbe assurdo pensare di vietarle.
Credo che la norma più rilevante che abbiamo inteso aggiungere sia costituita dal nuovo articolo 11-ter, recante «Rilascio di biglietti gratuiti per i minori», sul quale ho esordito nella mia relazione. Mi pare che sia un messaggio che possa andare nel profondo della società italiana.
Certo, si poteva fare di più. A me, personalmente, sarebbe piaciuta una norma volta a sospendere la pena per i reati meno gravi e a far sì che i ragazzi che vengono accusati di tali reati possano avere una proposta concreta di una misura alternativa, come tagliare l'erba, pulire lo stadio o essere affidati ad un lavoro che abbia un significato risarcitorio, uscendo dalla logica penalistica.
Il sottosegretario Scotti, a nome del Governo, ci ha detto in Commissione che è allo studio ed in preparazione una norma organica che prevede proprio questa modalità di sospensione della pena, non solo in riferimento ai reati di cui stiamo parlando, ma erga omnes.
Infine, devo dare atto da alcuni colleghi, soprattutto al collega Caparini e al gruppo che rappresenta, di aver posto con grande forza la questione della messa in sicurezza degli stadi. Penso che lavoreremo insieme su un ordine del giorno o su un documento organico, perché è ora che il Parlamento si apra con un disegno di legge governativo e proposte di legge di iniziativa parlamentare ad una riforma organica degli stadi che ci permetta di uscire da quella condizione di assoluta incertezza e cattiva organizzazione che ancora oggi, nel 2007, purtroppo, esiste negli stadi italiani e che obbligatoriamente dobbiamo superare, se vogliamo concorrere efficacemente, ad esempio, ad essere gli organizzatori dei campionati europei di calcio del 2012 e, soprattutto, se vogliamo offrire agli italiani e alle italiane, e a chi ama questo straordinario sport, la possibilità di passare una domenica, un sabato o una serata di festa e non di angoscia (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea, Italia dei Valori e Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.

LUIGI SCOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Daniele Farina. Ne ha facoltà.

DANIELE FARINA. Signor Presidente, colleghi deputati, sottosegretario Scotti, credo che abbiamo lavorato fecondamente in Commissione e abbiamo operato dei miglioramenti al testo che proveniva dal Senato. Però, per chiarezza ed anche per brevità dei nostri lavori, ritengo che bisogna esprimere subito un giudizio chiaro sul provvedimento che stiamo esaminando. Non se ne abbia a male il sottosegretario Scotti, ma credo che il decreto-legge del Governo, così come è stato strutturato, fosse essenzialmente orrido in origine e pessimo nel testo licenziato dal Senato.
Quindi, come ho già dichiarato più volte, ritengo che ciò che andremo a costruire sarà comunque giudicato da molti un brutto testo. Intendo dire che quella che si è verificata nei vari passaggi legislativi è stata una procedura graduale di vera e propria riduzione del danno. Lo affermo perché mi risulta evidente che è
 
 

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sbagliato l'approccio di fondo con cui il Governo ha affrontato questa materia.
È chiaro, infatti, che il testo del decreto-legge si sviluppa a partire dagli avvenimenti che a Catania hanno avuto culmine nell'omicidio dell'ispettore Raciti e nell'urgenza di dare una risposta a quei fatti gravissimi e ad un'evidente degenerazione delle condizioni di esercizio delle manifestazioni calcistiche.
Questo lo hanno affermato molti colleghi: penso sia un'evidenza difficilmente discutibile. Ma l'errore di fondo è nel credere che un provvedimento quasi esclusivamente repressivo abbia un'efficacia reale. Il relatore per la VII Commissione, il collega Folena, metteva in evidenza l'aspetto positivo che il Senato della Repubblica ha introdotto sul nucleo duro di un provvedimento del Governo che aveva una chiave esclusivamente penalistica, nella misura in cui è riuscito ad introdurre - e noi qui ad ampliare - un elemento che guarda alla promozione dello sport e alla riforma delle condizioni normali di agibilità dei nostri stadi e dell'approccio di numerosi soggetti al fenomeno calcistico.
La domanda che dovremo porci - al Senato hanno tentato di porsela - è perché paiono non funzionare le norme esistenti, a partire della legge n. 401 del 1989, poi successivamente modificata nel 2001. Si tratta di norme che non sono, a differenza di quanto si legge qua e là, particolarmente tenere sotto il profilo penale, anzi. Eppure suonano a conferma che la strada intrapresa è a fondo cieco, se permane l'usanza che le norme approvate restano lettera morta. Da anni, io personalmente, per fortuna non in solitudine, sono convinto che gli stadi siano il terreno di sperimentazione di nuove normative che tendono ad estendersi al resto della società.
Nel testo prodotto dal Governo questa idea risulta, a mio avviso, fortemente confermata. Voi ricorderete, soprattutto i colleghi che hanno più legislature alle spalle, il forte dibattito che ha accompagnato l'istituto della cosiddetta «flagranza differita». Indipendentemente dagli esiti del voto sui vari provvedimenti che la contenevano, è evidente che è aperta la questione del vulnus, anche costituzionale, che questa rappresenta nel nostro ordinamento. È evidente che la sua dilatazione da 36 a 48 ore amplifica questo problema, anche se ne restringe - di questo va dato onestamente merito al Governo - la discrezionalità alla sola documentazione videofotografica. Soprattutto verrebbe a cadere, se confermato il testo del Governo e se confermato il testo del Senato, il carattere provvisorio che anche le passate legislature hanno voluto attribuire a questo istituto della «flagranza differita», cioè verrebbe a cadere il carattere a termine, eccezionale. Se ne darebbe insomma per scontata la definitiva introiezione nel nostro ordinamento.
Questa è la ragione per la quale, nel dibattito che abbiamo avuto in Commissione, abbiamo voluto ridare un termine a questo istituto, mantenendone il carattere di eccezione. Inoltre, sul medesimo versante dello stadio come laboratorio, il Governo dovrebbe spiegare con più evidenza come sia possibile che un provvedimento dichiaratamente volto alla prevenzione e alla repressione dei fenomeni di violenza connessi alle manifestazioni calcistiche si dilati invece, modificando il codice penale, fino a comprendere tutte le circostanze e tutti i cittadini, anche molto distanti da quello che dovrebbe essere l'oggetto di questo decreto e del dibattito per la sua conversione in legge. Questo accadrebbe, pur essendo evidente che non esiste, tranne che negli stadi, alcuna necessità o urgenza per un'applicazione così diffusa.
Si è tentato poi di introdurre un vero e proprio reato di opinione con riferimento alle fattispecie previste dall'articolo 2-bis, comma 1, che abbiamo per queste ragioni concordemente riformulato e spero che nessuno se ne dolga. Uno dei due relatori del Senato, nell'iter del decreto in quella Camera, ha fatto più volte presente che in questo decreto sono state inserite dal Governo e confermate dal Senato - e noi non le modifichiamo - misure di prevenzione personali e patrimoniali, che sono previste dalla legislazione
 
 

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antimafia, nonostante che metà della Commissione del Senato proponesse di abrogarle e che la restante metà le ritenesse inutili. Eppure sono rimaste in questo testo. Questo ragionamento nasce dalla convinzione che la legislazione di emergenza è un potente veleno, che una volta introdotto nell'ordinamento non ne esce più, anzi tende a corroderlo. Questo paese ne ha avuto esperienza, ma colpisce la naturalezza - lo ribadisco - con cui temi di questo tipo sono stati sottoposti alle Camere: mi riferisco al provvedimento dal carattere di particolare necessità ed urgenza concernente la repressione e la prevenzione delle violenze che si verificano in occasione di manifestazioni sportive di carattere calcistico.
Siamo di fronte ad un mondo, quello del calcio (mi soffermerò molto brevemente sulla questione perché è già intervenuto il relatore Folena e altri lo faranno in seguito), che è destinato a cambiare: mi riferisco alla proprietà degli stadi, alla loro privatizzazione, alle TV a pagamento, al destino del pubblico e dei tifosi organizzati, temi che rimangono sullo sfondo e su cui si annunciano specifici interventi legislativi ed interventi diversi di settore.
Il fatto che siamo di fronte ad un qualcosa che in futuro strutturalmente cambierà è una ragione in più per marcare il carattere di eccezionalità, per cui è possibile la limitazione temporale delle norme che ci accingiamo ad approvare.
L'eccezione è tale - lo credo molto umilmente - quando non si pratica a sufficienza la fatica dell'ordinario. Cosa intendo dire?
Credo sia difficile negare il fatto che la situazione che questo provvedimento contrasta ha molti padri e molte madri, vale a dire ha molti più responsabili dei soggetti concreti i cui reati si intende contrastare!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato D'Elia. Ne ha facoltà.

SERGIO D'ELIA. Signor Presidente, colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo, purtroppo, il dibattito che stiamo affrontando ci permetterà solo in parte di avviare una riflessione politica seria, pacata e di carattere più complessivo. Lo strumento del decreto-legge non ci aiuta, infatti, in questo. Sono 18 anni ormai che lo Stato affronta il fenomeno della violenza negli stadi a colpi di decreti-legge, fondati principalmente su quello che accade negli stadi o fuori dagli stadi, cioè sull'impatto emotivo provocato da gravi fatti di cronaca.
Il 13 dicembre del 1989 venne approvata la legge n. 401 per la tutela della correttezza dello svolgimento di manifestazioni sportive. Poi, ad ondate successive, sono state via via introdotte, sempre con la tecnica del decreto-legge, quelle che sono state definite misure urgenti per prevenire la violenza negli stadi.
Abbiamo così avuto una sequela di decreti: quello del 1994, del 2001, del 2003, del 2005, sino ad arrivare al decreto-legge oggi in discussione.
La stratificazione di queste norme emergenziali ha delineato un sistema improntato esclusivamente a logiche repressivo-preventive, attraverso il quale sono stati configurati reati specifici, misure di prevenzione, procedure speciali, eccezioni alle garanzie costituzionali.
Dopo vent'anni, siamo al punto di partenza: non è con metodi e logiche di emergenza, con leggi di eccezione o misure speciali, con provvedimenti repressivi e di dubbia costituzionalità, anche se mascherati da misure preventive, che si risolve il problema ed i fatti lo hanno dimostrato. Anzi, la militarizzazione degli stadi e la criminalizzazione generalizzata del tifoso paradossalmente ha favorito la politicizzazione e lo spostamento della violenza nei confronti delle forze di polizia ovvero di chi si trova a rappresentare sul campo lo Stato e a far valere le sue leggi.
La violenza negli stadi, che è culminata di recente nei tragici fatti di Catania, non può essere risolta in questo modo. Necessita di provvedimenti di più ampio respiro che riformulino del tutto l'ormai vecchia legge n. 401 del 1989, soprattutto riportando la normativa nell'alveo costituzionale.
 
 

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La democraticità di un paese la si valuta anche dal numero di leggi speciali che vengono approvate.
Già il codice di procedura penale avrebbe degli strumenti - reati e sanzioni, introdotti attraverso vari decreti-legge -, ma questi ultimi non sono stati utilizzati poiché si preferisce sempre fare ricorso a nuovi decreti-legge, a nuove leggi speciali, ad ennesime norme d'emergenza; per fare un esempio, non è stato applicato nemmeno il decreto Pisanu.
A parer mio, si tratta di capire, più che di reprimere, anche perché il pugno duro è mostrato da istituzioni che non hanno fatto rispettare, e non rispettano le leggi: basti pensare alle autorizzazioni in deroga concesse ai gestori degli stadi insicuri, che sono state rilasciate fino a poche settimane fa (tra l'altro, già si sono avute deroghe, nonostante l'emergenza di cui si è discusso sui giornali nelle settimane scorse).
Ritengo che sarebbe stata opportuna un'indagine conoscitiva sull'illegalità diffusa, che ha permesso l'errata programmazione di interventi infrastrutturali, lo spreco di denaro pubblico, l'agibilità di stadi fuorilegge, l'elusione delle normative sulla sicurezza e l'omessa adozione dei provvedimenti conseguenti, ma anche l'ottusa gestione dell'ordine pubblico. Di questo avremmo dovuto discutere, ma così non è stato, quindi oggi ci troviamo ad introdurre nel nostro ordinamento nuove misure autoritarie e ad appesantire quelle già esistenti. Vi è il rischio di introdurre nel nostro ordinamento un vero e proprio cavallo di Troia, che può minare la configurazione democratica e liberale, lo stato di diritto del nostro Paese.
L'Italia, periodicamente, ciclicamente, compie dei passi in avanti sulla via del diritto e sulla scia di una civiltà giuridica, ma poi, improvvisamente, compie dei passi indietro, ha delle battute d'arresto come quella registrata oggi grazie a questo decreto-legge.
Addirittura, il nostro Paese è riuscito a proiettare la sua visione del diritto alla vita anche a livello internazionale nei confronti, ad esempio, di quei paesi che ancora praticano la pena di morte, e si è impegnato a presentare all'ONU una proposta di moratoria universale delle esecuzioni capitali. In ogni caso, successivamente accade che, nonostante gli impegni, i precisi atti d'indirizzo del Parlamento nei confronti del Governo, quest'ultimo venga meno ai suoi proponimenti. A causa di ciò, Marco Pannella, in queste ore, ha dovuto annunciare la ripresa di uno sciopero della fame, proprio per ottenere dal Governo il rispetto degli impegni solenni - reiterati non soltanto dal nostro Parlamento, ma anche dal Parlamento europeo - per la presentazione all'Assemblea generale dell'ONU di una risoluzione per la moratoria della pena di morte. In Iraq, questa notte, ancora una volta dopo l'uccisione di Saddam Hussein, vi è stata un'esecuzione riguardante l'ex vicepresidente iracheno, Yassin Ramadan. Si potrebbero, quindi, verificare nuove vendette, nuovi omicidi ed assassini in quel paese.
Per quanto riguarda il provvedimento in discussione, segnalo, in primo luogo, una gravissima anomalia contenuta nel decreto-legge. Mi riferisco ad una misura di prevenzione adottata dal questore, il cosiddetto Daspo; si tratta di un fatto mai avvenuto in questi anni, caratterizzati anche da una gravissima emergenza sul fronte della criminalità organizzata e della mafia.
Questa misura si applica ai reati, ai comportamenti giudicati pericolosi commessi durante, primo o dopo lo svolgimento di partite di calcio.
Va tanto di moda il modello inglese, tutti lo invocano, ma nessuno ricorda che in Gran Bretagna il corrispettivo del nostro questore si limita a proporre il provvedimento cosiddetto Daspo, mentre è il giudice con una regolare udienza a dover decidere se e in quale misura applicarlo, così come avviene per le altre misure di prevenzione. L'inasprimento della conflittualità esistente tra i tifosi e le forze dell'ordine è stata determinata anche da una eccessiva discrezionalità lasciata ai questori e alle insufficienti garanzie difensive degli imputati.
 
 

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Con la conversione del presente decreto-legge noi andiamo a confermare questa anomalia aggravandone gli effetti ed aprendo crepe significative nella nostra Costituzione. Da un lato, sembrano eccessive nei minimi edittali le pene previste per alcuni reati, giacché, se paragonate con altre fattispecie di reato più gravi tolgono al giudice la discrezionalità di stabilire una pena congrua e giusta, dall'altro sembra anche eccessivo che il Daspo che può applicare il giudice abbia una durata minima di due anni, atteso che un reato di modestissima entità non può portare ad un obbligo di presentazione in commissariato così invasivo e per una durata minima che il giudice non può ridurre. Aspetti non conformi alla Costituzione sono invece rappresentati da un altro tipo di Daspo, questo applicato in via addirittura preventiva. Vi è infatti il Daspo che può applicare il giudice con una sentenza, ma vi è anche il Daspo preventivo, quello disposto dal questore, basato non su una denunzia, ma su una relazione di servizio, su delle note informative che vengono dagli organi di polizia.
L'altra anomalia, pesantissima, che apre una breccia pericolosissima nel nostro ordinamento è quella della cosiddetta flagranza differita. Il Daspo preventivo sottrae al prevenuto la possibilità di difendersi in quanto non ha un giudice di merito avanti al quale discolparsi. Questo dice il nostro decreto-legge che stiamo discutendo, perché l'innocente denunziato e «daspato» può sperare nell'archiviazione o nell'assoluzione, mentre l'innocente «daspato» senza denunzia, quello a cui il provvedimento viene applicato in via preventiva, non ha la possibilità di rimuoverlo perché non ha un giudice di merito avanti al quale difendersi. Il TAR infatti è un giudice di legittimità ed il GIP si pronuncia solo sull'obbligo della firma.
Vi è poi la questione del Daspo per chi contravviene al regolamento d'uso nello stadio, qui siamo di fronte a cose veramente ridicole, da tre mesi a due anni se per sbaglio uno che va allo stadio e paga il biglietto si siede in un posto che non è il suo. Ad una semplice sanzione amministrativa non può corrispondere una misura di prevenzione che ha quale presupposto la pericolosità.
Torno ora sulla flagranza differita, oggi estesa a 48 ore e costituzionalmente inconcepibile e criticabile, perché viola l'articolo 13, comma 2, della Carta costituzionale. Introdotta dal decreto-legge Pisanu, fu fortemente osteggiata (lo ricordo soprattutto ai colleghi della maggioranza) dall'allora opposizione. Ricordo da questo punto di vista parole esemplari e condivisibilissime utilizzate da Anna Finocchiaro per contrastare la flagranza differita. Ora è stata introdotta in questo decreto-legge e ci troviamo in una situazione nella quale rischiamo di dare vita a precedenti per cui la flagranza differita può essere applicata non soltanto ai comportamenti relativi al calcio, ma anche ai comportamenti politici, di disobbedienza civile o, in generale, all'attività politica. Si tratta di un brutto precedente.
Da respingere totalmente sono invece le modifiche ancora più restrittive introdotte dal Senato, mi riferisco in particolare al sostanziale divieto di tifo organizzato, che rischia in quanto tale di divenire reato. La disciplina di dettaglio dettata nei giorni scorsi dall'osservatorio sulle manifestazioni sportive, inattuabile e cervellotica, ha poi fatto il resto.
Signor rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, penso che la semplice ragionevolezza, nella punizione come nella prevenzione, sia l'arma vincente per governare ogni fenomeno. Non servono leggi eccezionali o autoritarie che favoriscono svolte di regime per la nostra società in genere e soprattutto per il business di coloro che vivono e si arricchiscono sul calcio, ovvero i soliti noti. Eccezionali sarebbero l'applicazione delle leggi ordinarie esistenti ed il rispetto del diritto e della Costituzione vigenti. È questa l'eccezionalità che noi vorremmo, ovvero l'applicazione delle leggi esistenti e soprattutto dei princìpi fondamentali del nostro Paese, della nostra civiltà giuridica e del nostro stato di diritto.
 
 

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PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pescante. Ne ha facoltà.

MARIO PESCANTE. Signor Presidente, ancor prima della conclusione del dibattito, il gruppo di Forza Italia esprime il suo compiacimento - perché no? - per il risultato che si sta profilando (consideratelo un auspicio) e per l'approvazione di un testo condiviso. Tuttavia, mi auguro anche che il provvedimento sia approvato a larga maggioranza. Pertanto, parteciperemo al dibattito con la convinzione di interpretare il sentire dell'opinione pubblica di un Paese, stufa di questa violenza fanatica e spesso politicizzata che sta devastando l'immagine del calcio italiano e minando i valori stessi sui quali si fonda lo sport.
Il nostro atteggiamento propositivo nei confronti del decreto-legge del Governo si basa anche sulla considerazione che questo provvedimento sia la prosecuzione, anzi l'attualizzazione, delle leggi varate nel corso della passata Legislatura per contrastare la violenza nello sport, che per la verità non trovarono da parte dell'opposizione la stessa accoglienza da noi riservata oggi al decreto-legge del Governo.
Colleghi dell'opposizione, allora ci avevate osteggiato e contrastato, nonostante si trattasse di provvedimenti ai quali voi stessi oggi fate riferimento nel varare questo decreto-legge. Noi invece vi sosterremo, esprimendo al contempo il più vivo compiacimento per il ravvedimento di taluni, dopo aver ascoltato gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto. Prima di estendere queste note avrei parlato di un solo ravvedimento, mentre adesso ho acquisito che si tratta del ravvedimento di taluni. Tale ravvedimento vi ha portato a superare la remore e le riserve del passato.
E a proposito di ravvedimenti, prendo atto con piacere che si sono convertiti due autorevoli membri del Governo, uno dei quali all'epoca (cito il resoconto stenografico della Camera) sosteneva che per combattere la violenza era sufficiente applicare la legge ordinaria e che i biglietti nominativi - non la violenza! - allontanavano le famiglie dagli stadi. Si è ravveduto anche l'altro autorevole esponente del Governo, che sosteneva (cito sempre il resoconto stenografico) l'esigenza di aprire un tavolo di confronto con gli ultras, sospendendo l'applicazione di norme liberticide come la diffida. So che è assai poco protocollare far riferimento agli interventi che mi hanno preceduto, tuttavia vorrei far presente al collega D'Elia che, se è vero che in Inghilterra il cosiddetto Daspo è attribuito e sentenziato da un giudice, è anche vero che la sua sentenza avviene entro 24 ore dalla comunicazione.
È silente un altro severo oppositore dei provvedimenti contro la violenza dell'altra legislatura, attuale capogruppo di un partito di maggioranza al Senato, che all'epoca sosteneva - e, per la verità, alcuni di questi termini sono riecheggiati anche oggi, proprio qualche minuto fa - che le norme antiviolenza del Governo - cito testualmente - costituivano un laboratorio: oggi gli stadi, domani i cortei. E aggiungeva: «la figura degli steward porta alla militarizzazione degli stadi, il passo successivo sarebbe stata la militarizzazione della società». Il precedente Governo non è riuscito a fare tanto, pare che questo sia un testimone che viene consegnato di Governo in Governo.
Noto anche con piacere che sono state abbandonate alcune tesi proprie di una certa sociologia militante che ha alimentato la mentalità secondo la quale i disadattati, i teppisti, i violenti, specialmente se giovani, vanno capiti e mai puniti, trattati con i guanti bianchi, perché sostanzialmente innocenti. Nessuno ha mai colpa di niente. La colpa è sempre di qualcun altro. Anzi, di qualcosa altro: società, famiglia, sistema. Nel nostro caso - lo abbiamo sentito qualche minuto fa - si tratta della mancanza della cultura sportiva, dei dirigenti delle squadre di calcio, spendaccioni, responsabili di vari bilanci contraffatti, dei comportamenti in campo dei calciatori, dei club, del business e così via. Potrei continuare, ma per gli appassionati di queste tematiche giustificazioniste rinvio alla istruttiva lettura dei verbali delle sedute che si sono svolte sui
 
 

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provvedimenti contro la violenza negli stadi negli anni 2001, 2003 e 2005. Il risultato finale fu che le leggi di quegli anni furono annacquate e, durante i dibattiti parlamentari, rese poco incisive ed efficaci, sia per l'atteggiamento denunciato dell'opposizione, sia - lo devo riconoscere onestamente - per un certo ideologico garantismo di alcuni colleghi dell'allora maggioranza.
Non ho fatto questi richiami sul passato per spirito di polemica, ma per controbattere i motivi che oggi sono di nuovo riecheggiati. Il fatto è che si imputa oggi alla precedente legislazione la responsabilità di aver fallito nel contrastare la violenza, perché le norme erano troppo repressive. La realtà era che quelle norme - che di repressivo avevano assai poco -, sono risultate poco efficaci per questo motivo, con un impegno trasversale del Parlamento assai poco apprezzabile.
Ciò premesso, confermo che Forza Italia sosterrà il presente testo, per giungere all'obiettivo di restituire gli stadi ai giovani, alle famiglie, ai tifosi, agli stessi ultras, quelli che vanno allo stadio - e sono la stragrande maggioranza - per vivere una bella giornata di sport. Il fatto che questo impegno sia condiviso mi dà finalmente la consapevolezza che, al di là delle polemiche del passato, siamo tutti coscienti, in testa il Governo, che non possiamo più consentire che gli stadi siano diventati spazi di impunità. Si è finalmente capito, con colpevole ritardo, che la violenza del calcio è ribellione allo stato puro. Ribellione contro le forze dell'ordine, che a Catania ha visto l'uccisione di Raciti e che, a Livorno, ha visto inneggiare a questo assassinio.
Tra i violenti c'è chi va allo stadio senza vedere la partita, ma per insultare, aggredire e, soprattutto, colpire gli agenti. Si tratta di bande criminali che fraternizzano fra di loro, anche se appartengono a tifoserie avverse. I veri nemici sono diventati alleati. È chiaro che il pallone è solo un pretesto ignobile nella sproporzione tra causa ed effetto.
Nessuno vuole la guerra contro certe frange di ultras, ma nessuno, anche all'interno degli stadi, vuole più essere mischiato con i loro traffici e i loro crimini!
Dunque, dimentichiamoci le polemiche del passato e discutiamo insieme su questa degenerazione del tifo, nonché su come combatterla. Credo, infatti, che il provvedimento in esame sia condivisibile anche sotto questo punto di vista.
Concludo dando atto ai presidenti delle Commissioni giustizia e cultura della Camera dei deputati che, anche grazie al nostro contributo, non si è mai ceduto alla tentazione italica di cadere nell'antico vizio del legislatore, allorché si presentano, sull'onda di una forte emozione, dei disegni di legge e poi, una volta «sbollita l'ira», si smarrisce la loro ragion d'essere. Questa volta non si è innestata la marcia indietro e devo dire che di questo deve essere dato atto alle due Commissioni ed ai presidenti che le dirigono. Credo, in conclusione, che sussistano tutti i presupposti per poter svolgere, in sede di dibattito, un buon lavoro.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Balducci. Ne ha facoltà.

PAOLA BALDUCCI. Signor Presidente, chiedo sempre scusa, ma resto seduta per motivi «logistici»!
Illustrissimo Presidente, illustri colleghi, signor rappresentante del Governo, voglio, in questo mio breve intervento, esprimere preliminarmente un apprezzamento per il puntuale lavoro svolto, in questi brevissimi giorni, dalle Commissioni riunite II e VII della Camera dei deputati. Si è trattato di un lavoro impegnativo e stimolante, che ci ha visto intensamente impegnati per convertire in legge il decreto in esame.
Dopo le modifiche apportate dalle Commissioni giustizia e cultura, la normativa avrà un volto molto diverso e non più solamente repressivo. Si tratta di un tema - e parlo come rappresentante del gruppo dei Verdi - che, a nostro avviso, deve costituire sempre l'estrema ratio.
Attraverso il provvedimento in esame, potremo finalmente recuperare i valori fondamentali dello sport. Mi riferisco a
 
 

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quei valori che ci consentiranno di superare, come tutti auspichiamo, questo momento traumatico per lo sport italiano, mostrando un grande atto di fiducia nelle sue risorse.
Il decreto-legge in esame è duramente intervenuto, come tutti noi ricordiamo, dopo quei fatti gravissimi che, in una notte, hanno sconvolto il mondo dello sport italiano. Si è trattato di eventi che ci hanno riempito di dolore, a causa della perdita di Filippo Raciti, l'ispettore di polizia ucciso nell'espletamento dei propri doveri.
Con questo provvedimento, lo Stato ha reagito prontamente non solo facendosi carico di una questione rimasta irrisolta, ma anche colmando un vuoto normativo gravissimo. Il decreto-legge in esame manda un segnale sicuramente importante, responsabilizzando, al contempo, le società di calcio e tutti gli altri operatori del settore attraverso nuove e più forti regole che vanno, finalmente, a ridisegnare il quadro legislativo di riferimento.
Non si tratta, come si potrebbe essere portati erroneamente a pensare - ed insisto fortemente su tale aspetto -, di un «pacchetto» di regole punitive per le società di calcio, oppure rivolte a scoraggiare la presenza negli stadi della tifoseria. Sono sicura che queste nuove norme, una volta metabolizzate, stimoleranno una reazione positiva del sistema sportivo, la quale condurrà alla produzione di anticorpi idonei a neutralizzare quelle espressioni di violenza, fisica e verbale, che, come già detto, hanno messo a forte disagio l'intero mondo del calcio.
Si deve capire che l'investimento compiuto oggi sulla sicurezza del calcio non solo equivale ad una assicurazione per il domani, ma rappresenta, altresì, un importantissimo incentivo alla crescita dell'interesse dei cittadini nei confronti dello sport. Non vogliamo che gli stadi ed i luoghi ad essi vicini siano considerati zone a rischio sicurezza. Si prenderà in considerazione, attraverso questa normativa, chi vuole vivere e godere le manifestazioni sportive facendolo finalmente in maniera serena, sicura, lontano da ansie e da paure, e soprattutto senza il rischio di veder trasformata una domenica di divertimento in un momento di angoscia e di dolore. Le modifiche apportate in sede di conversione operano in questo senso, perché confermano la volontà del Parlamento - insisto fortemente su questo aspetto - di riportare negli stadi le famiglie. Stavolta non si tratta solo di parole; per questo è stata deliberata dalle Commissioni riunite un'importante modifica al testo - che io sostengo non soltanto in nome e per conto del mio gruppo, ma anche personalmente -, che ora include un nuovo articolo 11-ter, la cui approvazione da parte dell'Assemblea consentirà l'accesso gratuito negli stadi per i minori di quattordici anni accompagnati. Signor Presidente, questo è un forte, fortissimo richiamo perché lo sport recuperi i suoi valori.
Come abbiamo detto, le norme previste in questo testo sono certamente severe, ma non colpiscono - ripeto - il tifo sano. Per questo c'è stata un'ulteriore limatura, che ha permesso di riscrivere - ringrazio la Commissione giustizia e il nostro presidente, che con grande impegno è intervenuto per dare un senso di legalità e di garanzia al decreto-legge in esame - il divieto riguardante gli striscioni. Il divieto penalmente sanzionato, di cui all'articolo 2-bis, riguarda ora soltanto quegli striscioni e quei cartelli che, comunque, incitino alla violenza o contengano insulti o minacce. Noi non vogliamo che le norme contenute nel decreto-legge portino a processi che riguardano soltanto le intenzioni e non invece a processi ai fatti, e, se vi sono reati, alla loro repressione.
Tante e importanti sono le correzioni e le novità introdotte dalle Commissioni. Ritengo, ad esempio, che sia un fatto positivo che la cosiddetta flagranza differita - un tema che ci ha coinvolto e su cui ognuno di noi ha espresso sentimenti personali ed importanti - torni ad essere una misura eccezionale. Ringrazio il presidente Pisicchio e la Commissione giustizia che, sulla base delle nostre osservazioni, ci ha ribadito come la flagranza differita torni
 
 

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ad essere una misura eccezionale e temporalmente limitata fino al 30 giugno 2010.
Resta fermo l'ampliamento della fragranza alle 48 ore anziché alle 36 ore successive, come nel cosiddetto decreto Pisanu, ma l'istituto ritorna giustamente ad essere di carattere temporaneo e perde il carattere di definitività che gli era stato impresso. Allo stesso modo, abbiamo attenuato la portata di alcune previsioni introdotte dal Senato, che, a nostro avviso, non erano condivisibili. Nel testo licenziato dall'altro ramo del Parlamento, chiunque avesse procurato ad un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico lesioni personali gravi o gravissime sarebbe incorso nelle pene rispettivamente previste dall'articolo 583, aumentate della metà. Si sarebbe potuto arrivare per le lesioni gravissime fino a diciotto anni di reclusione. La nuova ipotesi di reato è stata dunque riscritta, punendo chi cagiona lesioni personali gravi o gravissime, in occasione di servizi di ordine pubblico, rispettivamente con la reclusione da quattro a dieci anni o da otto a sedici anni: si stabiliscono, quindi, pene severe, ma non sproporzionate.
Tuttavia, le Commissioni in alcuni casi hanno inasprito le sanzioni: si pensi alle modifiche introdotte al comma 2 dell'articolo 6-bis (legge 13 dicembre 1989, n. 401), che punisce le persone che superano indebitamente una recinzione o una separazione dell'impianto.
In conclusione, tutti noi auspichiamo che le misure sicuramente severe e antiviolenza contenute in questo nuovo provvedimento - tale è stato infatti lo spirito che ha animato il nostro comportamento in sede di Commissioni riunite giustizia e cultura - non rechino solo norme transitorie ma consistano anche in disposizioni (e tale aspetto mi sta più a cuore) che agevolino la formazione di una nuova cultura sportiva. Saremo finalmente in grado di garantire tutte le condizioni necessarie per riportare la sicurezza dentro e fuori gli stadi, in modo che non abbiano più a ripetersi altri tragici episodi quali quello di Catania.
Peraltro, confidiamo anche in un altro risultato; aprendo la discussione con l'illustrazione della relazione della Commissione cultura, l'onorevole Folena ha dichiarato che vi deve essere un clima diverso. Ebbene, a mio avviso, l'articolo 11-ter contribuirà sicuramente a recuperare il senso dello sport per i giovani e le famiglie affinché esso non sia più visto come una forma di antagonismo violento ma, al contrario, come una competizione sana per i giovani che vogliano partecipare alla vita sportiva.
Mi preme svolgere un'ultima osservazione sulla quale insisto e che è anche un invito rivolto alle Commissioni competenti; qualsiasi riforma attenga a sanzioni, a misure interdittive - abbiamo parlato anche dell'affidamento in prova - o a misure proprie degli ordinamenti minorili e a quant'altro deve a mio avviso collocarsi nell'ambito di una riforma organica dei codici penale e di procedura penale, una riforma che finalmente introduca, accanto a sanzioni repressive come il carcere, anche misure interdittive.
È qui presente il rappresentante del Governo, al quale formulo un invito perché finalmente - e non solo per la vicenda dello sport o per la materia sulla quale intervengono le modifiche recate dal provvedimento ora in discussione - si possa introdurre, pur restando il carcere l'extrema ratio, una normativa in tema di sanzioni penali che possa recuperare l'applicazione di misure interdittive, eventualmente mutuate anche da altri ordinamenti. Penso, ad esempio, al giudice di pace o alla giustizia minorile, che prevede istituti come l'affidamento in prova e altri che potranno sicuramente essere utili per una riforma organica delle sanzioni nel diritto penale (Applausi dei deputati dei gruppi Verdi, L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Popolari-Udeur).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Crapolicchio. Ne ha facoltà.

SILVIO CRAPOLICCHIO. Signor Presidente, onorevoli deputati, onorevole rappresentante del Governo, come è noto,
 
 

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all'indomani dei gravi fatti di Catania è stato emanato il decreto-legge n. 8 del 2007 al fine sia di predisporre adeguati strumenti di reazione ai gravi fenomeni di violenza, che ormai da troppo tempo si verificano sempre più frequentemente nel corso dello svolgimento di manifestazioni sportive, sia di dare al paese un segnale immediato dell'attenzione delle istituzioni a fronte di tali episodi.
Se le manifestazioni calcistiche in Italia si sono purtroppo patologicamente trasformate in un grave problema di ordine pubblico, risulta allora evidente la necessità di porre rimedio a tale stato di cose mediante un intervento legislativo di ampio respiro, ampliativo di quello recato dal testo originario del decreto-legge oggetto di conversione e in realtà, destinato ad inserirsi, senza sostanziale soluzione di continuità, nel solco del cosiddetto decreto Pisanu, che già aveva previsto talune misure repressive, risultate tuttavia inefficaci in sede applicativa a causa di numerose problematicità, anche di carattere strettamente pratico, segnalate dagli operatori di polizia in occasione delle audizioni tenutesi presso il Senato della Repubblica.
Ciò premesso in ambito generale in ordine alla necessità di intervenire con assoluta celerità nella materia in questione, ci si può, a questo punto, soffermare sulla specificità della riforma legislativa e sulle modifiche apportate al testo del decreto-legge da parte del Senato della Repubblica in sede di approvazione del disegno di legge di conversione del decreto di urgenza.
Ebbene, a tale proposito, il testo oggi all'esame della Camera dei deputati, che ha positivamente incontrato nel corso dell'iter parlamentare una sostanziale unanimità di consensi delle forze politiche, sia di maggioranza, sia di opposizione, appare nel complesso condivisibile, anche e soprattutto per lo spirito di mediazione in esso contenuto.
L'introduzione delle disposizioni previste dal testo oggi in discussione era infatti da considerarsi assolutamente doverosa ed urgente; si pensi alla previsione dell'obbligo di effettiva identificazione dello spettatore sin dal momento della vendita del biglietto mediante l'esibizione di un documento di identità oppure all'imposizione delle prescrizioni di carattere tecnico necessarie al fine dell'adeguamento degli stadi ai più rilevanti standard di sicurezza.
Rispetto a tale ultimo aspetto, peraltro, sia consentita una notazione critica in merito al curioso operato delle società calcistiche, che, dopo aver per anni respinto al mittente ogni richiesta di adeguamento degli stadi, affermando che anche solo l'installazione dei tornelli avrebbe richiesto tempi assai lunghi, all'indomani dell'entrata in vigore del decreto-legge in questione hanno, invece, provveduto ai lavori di adeguamento in pochissimi giorni. Tale condotta appare quantomeno paradossale, per non dire omissiva.
Allo stesso modo, debbono ritenersi positivi i rigorosi limiti imposti in ordine alle modalità di vendita dei titoli di accesso, vietandosi, ad esempio, la vendita o la cessione alla stessa persona giuridica o fisica di titoli di accesso in numero superiore a quattro, così come in ordine ai rapporti tra le società calcistiche al fine della vendita dei medesimi titoli di accesso. Inoltre, si prende atto, anche se tale aspetto ci preoccupa, dell'avvertita necessità, ai fini sia di una significativa reazione ai fenomeni di violenza di assoluta gravità, sia di un'immediata risposta al paese, del generale inasprimento delle sanzioni penali ed amministrative, previste a presidio del rispetto della disposizione in esame.
Pur condividendo nel complesso l'intervento legislativo in esame, riteniamo opportuno segnalare taluni profili di criticità che crediamo perfettibili, quantomeno con una riforma organica della materia.
In primo luogo, sembra problematica l'ulteriore estensione temporale della flagranza di reato, ancorché quale misura temporanea, a causa di evidenti profili di incostituzionalità, senza considerare che in uno Stato di diritto le deroghe al regime ordinario, pur giustificate dall'emergenza, possono comportare il rischio dell'ingiustificata compressione dei diritti, anche di natura processuale. Evidenzio inoltre la perplessità politica, non giuridica, sul concetto
 
 

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di temporaneità, trattandosi di misure destinate ad applicarsi addirittura sino al 2010.
Allo stesso modo, riteniamo che le modifiche apportate alla fattispecie di lancio, utilizzo e possesso di materiale pericoloso debbano essere ancorate alla prova certa, non meramente presuntiva, della chiara collegabilità delle condotte contestate alla manifestazione sportiva.
Valutiamo invece come positivo, in ordine all'articolo 7 del testo in esame, come modificato dalle Commissioni riunite, che l'efficacia della relativa disposizione sia stata ancorata alle sole manifestazioni sportive.
Ebbene, pur con le riserve appena espresse, il provvedimento in esame appare indubbiamente condivisibile e necessario, al fine di fare fronte ad episodi di violenza francamente inaccettabili in uno Stato civile quale il nostro e tali da turbare in modo insanabile l'ordine pubblico. Riteniamo, tuttavia, che un approccio di carattere principalmente repressivo, quale quello in esame, nel lungo periodo non sia di per sé idoneo a garantire lo spontaneo rispetto, da parte di cittadini, di regole di civiltà, se non accompagnato sin da ora da iniziative volte a rendere preponderanti nella società i valori morali ed etici dello sport e della pacifica consistenza di ogni differente realtà, così come testimoniati dalla Carta olimpica e così come, del resto, agevolmente desumibili dalla stessa Carta costituzionale. Soltanto in tal modo, infatti, si potrà evitare che si ripetano inaccettabili episodi di violenza, quali quelli verificatisi negli ultimi anni in occasione di manifestazioni calcistiche e di cui i fatti di Catania rappresentano, purtroppo, soltanto il più recente episodio (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani e L'Ulivo).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Caparini. Ne ha facoltà.

DAVIDE CAPARINI. Signor Presidente, ci troviamo di fronte all'ennesima decretazione d'urgenza, nel tentativo di porre fine alla folle spirale che, ormai da troppi anni, domina il calcio italiano. Dal 1997 il nostro calcio sta inesorabilmente perdendo spettatori, e le principali cause sono da imputare proprio alla scarsa sicurezza e praticabilità degli stadi ed anche alla difficoltà nel mantenere la gestione e la sicurezza all'interno degli impianti.
Praticamente, in questi anni, la metà del pubblico ha abbandonato gli stadi, mentre in altri Stati, quali il Regno Unito, che tanto viene portato ad esempio, gli spettatori sono al di sopra del 90 per cento della capienza degli impianti.
Noi ci dobbiamo interrogare sulle cause, sul nostro ritardo ormai cronico, sulla nostra incapacità di affrontare questo problema, di proporre delle soluzioni radicali. Siamo di fronte all'ennesimo caso di decretazione d'urgenza, a misure repressive che sono simboleggiate dalla flagranza differita, una misura che noi abbiamo già avuto modo di contestare, di mal digerire nel momento in cui nella scorsa legislatura c'è stata proposta come il male minore.
Noi riteniamo che essa sia comunque una resa dello Stato di fronte a coloro che non rispettano la legge all'interno degli stadi, un manifesto dell'incapacità nel mantenere la legalità.
Questo è un punto fondamentale che noi vogliamo portare all'attenzione di questa discussione: l'abbiamo votata allora, la voteremo ancora oggi, perché purtroppo sappiamo essere l'unica possibilità di legalità all'interno degli stadi. Siamo tuttavia convinti che si debba fare di più e meglio.
I dati del Viminale hanno confermato le nostre preoccupazioni allorquando avevamo detto che la militarizzazione degli stadi non avrebbe portato ad una soluzione del problema, avrebbe spostato il problema. Infatti così è stato. Sono calati i feriti civili, ma sono drasticamente aumentati i feriti tra le forze dell'ordine. Il culmine è stato raggiunto con la tragedia che ha colpito l'ispettore capo Raciti.
Vedete, noi dobbiamo trarre insegnamento dall'esperienza di altri paesi, altri paesi che prima e meglio di noi hanno affrontato questo problema, questo cancro.
 
 

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Il 15 aprile delle 1989 a Hillsborough, proprio in una semifinale di coppa di Inghilterra, morivano 95 persone. Quel momento fu l'apice, per quanto riguarda l'Inghilterra, di una situazione che vedeva uno scontro incancrenito tra lo Stato da una parte e le forze dell'ordine dall'altra.
Loro, come oggi noi stiamo facendo, avevano imboccato prima di quella tragica data, la strada del muro contro muro, delle misure repressive, della militarizzazione degli stadi, delle barriere per separare ed anche per dividere i tifosi.
Purtroppo, loro, prima di noi, compresero l'inadeguatezza di queste misure, al punto che Lord Taylor fu incaricato di individuare quali misure adottare per riformare il sistema.
Sono le misure di cui molti di noi parlano da tempo: il monitoraggio della densità degli spettatori, la gestione degli impianti da parte delle società sportive con gli stewart, la revisione della capacità degli stadi e la vivibilità degli impianti.
Si tratta, insomma, di tante misure che purtroppo oggi da noi rimangono sulla carta. Certo, le società inglesi hanno potuto contare, a differenza delle nostre, della proprietà degli impianti, e quindi questo ha agevolato il processo di ristrutturazione e, o, costruzione di nuovi stadi.
È altrettanto vero che il Football Trust ha messo a disposizione ingenti risorse per questa epocale opera che ha portato poi l'Inghilterra ad ospitare manifestazioni a livello mondiale.
Fu una politica intelligente, quindi, che ha fatto in modo che gli stadi inglesi tornassero ad essere polifunzionali e vivibili sette giorni su sette e che ha riportato le famiglie all'interno degli stadi. Le famiglie erano state espulse da quei luoghi a causa del contrasto tra forze dell'ordine da una parte ed hooligans dall'altra.
A loro è servito oltre un decennio per arrivare a questo risultato. Hanno dovuto affinare, in un percorso legislativo molto complesso, le norme che regolano le manifestazioni sportive che siano trattate come un evento particolare, quindi, con regole particolari.
Al divieto di possesso di sostanze alcoliche, previsto dallo Sporting Event Act del 1985, si è aggiunta, con il Public Order Act del 1986, una fattispecie molto importante, quella del comportamento turbativo della quiete pubblica. Viene punita la condotta, anche se l'effettiva violenza non si compie all'interno dello stadio, poiché è prodromica a disturbare l'ordine pubblico (una fattispecie non prevista nel nostro ordinamento e credo che mai lo sarà). Ciò dà l'idea di come, nel corso del tempo, abbiano dovuto modellare il loro sistema, fino ad addivenire al rafforzamento di tutte le fattispecie, come l'estensione alle 36 ore precedenti e antecedenti la manifestazione, previste nei diversi provvedimenti adottati per il mantenimento della sicurezza.
Il fatto che una sola delle violazioni previste dalla normativa speciale inglese possa portare all'esclusione dallo stadio, fa la differenza rispetto alla nostra normativa. In precedenza, un collega ha fatto riferimento al giudice che emette l'atto di esclusione dallo stadio. Sì, è vero. Ma è altrettanto vero che quest'atto di esclusione viene compiuto nelle ventiquattro ore successive alla manifestazione, che il fermo viene fatto immediatamente e che gli impianti inglesi sono dotati di celle di sicurezza. Nel momento in cui si entra nello stadio, sono affissi i cartelli con gli orari di convocazione del giorno successivo presso il tribunale.
Certo, per noi ciò rappresenta un miraggio, ove si consideri lo stato della giustizia nel nostro paese. Per questo motivo, siamo costretti ad inventarci strumenti impensabili, almeno lo erano alcuni anni fa, come la flagranza differita.
Tra i tre pilastri su cui si è fondata la rinascita del calcio inglese, che, molto spesso, viene preso ad esempio da tutti noi, vi è sicuramente quello concernente gli stadi nuovi. Per questo, abbiamo chiesto al presidente Folena di affrontare tale questione, a bocce ferme, e non attraverso lo strumento della decretazione d'urgenza, ma impiegando il tempo necessario e mettendoci l'attenzione indispensabile. Da qui, la proposta di legge della Lega Nord che
 
 

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vede come primo firmatario Giancarlo Giorgetti, che affronta tale problematica fondamentale. Infatti, è necessario ripartire dagli stadi.
È necessario, quindi, mettere in atto in breve tempo un piano di ammodernamento dei nostri impianti.
Il secondo pilastro, altrettanto importante, è costituito dalla gestione della sicurezza all'interno degli impianti affidata alle società di calcio. È necessario ed imprescindibile «smilitarizzare» i nostri stadi; è necessario ed imprescindibile far sì che le società, una volta entrate in possesso degli impianti, ne siano responsabili; è necessario far sì che le società siano responsabili, ovviamente, anche degli oneri per il mantenimento della sicurezza all'interno e all'esterno, in modo tale che non siano più scaricati sulla collettività costi impropri. In terzo luogo, occorre considerare che l'Inghilterra può contare su un sistema giudiziario diverso dal nostro, più efficiente e tempestivo.
Nella XIV legislatura, la Commissione cultura ha affrontato ed approfondito la questione disponendo un'indagine conoscitiva all'esito della quale è arrivata ad approvare, all'unanimità, un documento conclusivo che metteva in evidenza la necessità di procedere a riforme strutturali per arginare e prevenire la violenza. Purtroppo, nulla è stato fatto e nulla è cambiato nel mondo del calcio. Oggi, a pochi giorni dalla conclusione dell'ennesima indagine sulla sicurezza e sullo stato del calcio nel nostro paese, mi auguro che si abbia un segno di discontinuità con il passato e che, sulla base delle numerose dichiarazioni rese in quest'aula ed in Commissione e della volontà espressa da molti esponenti delle varie forze politiche, si riescano finalmente a creare le condizioni affinché gli stadi ritornino ad essere luoghi di civiltà e di cultura sportiva, luoghi in cui le famiglie possano entrare non in virtù di provvedimenti speciali, di decretazioni d'urgenza (come, purtroppo, sta avvenendo oggi), ma semplicemente per il piacere di condividere la gioia di uno sport unico. Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. Grazie a lei.
È iscritto a parlare il deputato Rusconi. Ne ha facoltà.

ANTONIO RUSCONI. Signor Presidente, colleghi, in due miei precedenti interventi in quest'aula, il 26 maggio 2003 ed il 21 settembre 2005, avevo sottolineato con rammarico che era sbagliato legiferare sul tema della sicurezza e della violenza negli stadi solo in conseguenza di fatti gravissimi, in un clima di emergenza ed emotività, ed avevo evidenziato come, a settembre 2005, non fossero stati realizzati negli impianti i dispositivi previsti, parte entro il 1o agosto 2004 e parte entro il 25 febbraio 2005.
Il provvedimento in discussione, ovvero il disegno di legge di conversione del decreto-legge n. 8 dell'8 febbraio 2007, già applicato finalmente con serietà e rigore, è il risultato positivo, però, di una nuova ed ancor più grave emergenza, ovvero l'uccisione dell'ispettore Filippo Raciti, caduto nell'assolvimento del suo dovere e l'aggressione mortale, una settimana prima, ad un dirigente di una società dilettantistica su un campo di terza categoria, alle famiglie dei quali va il nostro cordoglio profondo.
La prima responsabilità, dunque, che ci deve coinvolgere tutti è che, rispetto alle nuove norme previste, non vi potranno più essere atteggiamenti di perdonismo, condiscendenza o addirittura di copertura. Da questo punto di vista, l'immagine dei tornelli installati a San Siro in meno di 48 ore, per permettere l'entrata allo stadio almeno agli abbonati, rivela chiaramente che non vi erano scuse all'applicazione immediata di norme previste dai decreti del 2003 e del 2005.
D'altra parte, come evidenziato ampiamente dalla stampa, il Parlamento, nel corso di una audizione svoltasi in sede di VII Commissione nell'ambito dell'indagine conoscitiva sul calcio professionistico, lo scorso 20 dicembre 2006 era stato avvisato della mancata applicazione del decreto Pisanu. Leggo alcuni stralci dei verbali da una articolo - mi dispiace che il collega Pescante si sia allontanato - che reca un titolo significativo: «È rimasto il centrosinistra
 
 

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a difendere il decreto Pisanu». In questi stralci si leggono le dichiarazioni di un responsabile della tifoseria: «Di frequente, poiché ci occupiamo anche della biglietteria, ci vengono chieste delle liste che poi vengono cambiate e la documentazione è relativa a persone che molto spesso non hanno i documenti oppure presentano la documentazione di una persona e poi allo stadio ne entra un'altra». E ancora: «Quando ci arrivano gli elenchi con nomi dichiaratamente inventati e sappiamo che all'interno dello stadio può succedere di tutto ci rendiamo conto che le norme introdotte non possono arrivare alla minima conclusione». Per questo motivo, in sede di Commissione, i deputati del gruppo de L'Ulivo sono stati disponibili ad un confronto nel merito per verificare e accogliere emendamenti che agevolassero l'iter del disegno di legge di conversione del decreto-legge, rinunciando deliberatamente a presentarne dei nostri, per il rischio, gravissimo, che la tempistica prevista per il ritorno del provvedimento al Senato portasse alla decadenza del medesimo. Vorremmo auspicare che questo senso di responsabilità sia assunto in questa Assemblea e in quella del Senato da ogni parlamentare. In gioco non vi è la simpatia o l'appoggio di questa o quest'altra tifoseria; vi è, invece, la credibilità della politica rispetto a fatti gravissimi e dello sport italiano - penso all'importanza della assegnazione all'Italia degli europei di calcio del 2012 - rispetto al contesto internazionale. Basterebbe leggere i dati di confronto degli incidenti avvenuti negli stadi di calcio professionistico italiani nel 2005, nel 2006 e nel solo girone di andata di quest'anno: 59 sono stati gli incontri con feriti, a confronto dei 55 incontri nel solo girone di andata della stagione 2006-2007; vi sono stati 142 feriti tra le forze di polizia, a fronte di 202, 94 feriti civili a fronte di 65 e 96 persone arrestate a fronte di 108.
Vorrei anche rispondere a quella parte di opinione pubblica che ha interpretato gli emendamenti limitati che abbiamo condiviso nelle Commissioni II e VII in maniera pressoché unanime, grazie al ruolo fondamentale di mediazione dei relatori Pisicchio e Folena, come un abbassamento della guardia rispetto alla severità e all'urgenza del provvedimento. Non si tratta solo di rassicurare. Condividiamo l'affermazione che i colleghi del Senato hanno svolto un ottimo lavoro, ampiamente condiviso, ma erano necessarie alcune precisazioni e alcune opportune riformulazioni. L'intervista rilasciata questa mattina dal ministro Melandri al più diffuso quotidiano sportivo chiarisce con puntualità i motivi che hanno condotto Governo e Commissioni di riferimento ad adottare modifiche unanimi. Proprio questa condivisione non permetterà, come è accaduto per il decreto Pisanu, che lobby trasversali cerchino di smantellare quello che è stato costruito faticosamente. D'altra parte, il decreto-legge ha già dimostrato la sua efficacia. Ad oggi, rispetto al panorama desolante della situazione degli stadi italiani successivamente alla tragedia di Catania, solamente lo stadio etneo e quello di Brescia risultano ancora chiusi al pubblico. Di questo positivo obiettivo raggiunto dobbiamo onestamente ringraziare la Lega calcio e riconoscerne il lavoro svolto sulle società professionistiche. Inoltre, questo decreto-legge non dimentica, all'articolo 11-bis, iniziative per promuovere i valori dello sport e, all'articolo 11-ter, più volte richiamato nei precedenti interventi, la necessità per il calcio italiano di un cambiamento di cultura. Mi riferisco alla violenza verbale e, soprattutto, mediatica, e desidero in questa sede ricordare, con rimpianto e riconoscenza, una voce moderata e di grande saggezza come quella di Giorgio Tosatti, recentemente scomparso, lontana dall'esasperazione di rincorrere maggiore audience con trasmissioni urlate che infangano l'idea di lealtà e correttezza nello sport e che elevano il sospetto a giudice.
Se l'obiettivo del legislatore fosse innanzitutto quello di formare gli atleti prima che i tifosi, di condannare esplicitamente e con forza ogni forma di violenza nello sport, di far crescere una cultura dove la sconfitta è una realtà da accettare, senza per forza trovare colpevoli certi,
 
 

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dopo infinite e sfinite trasmissioni, moviole e ingiustizie arbitrali, forse la violenza nel calcio sarebbe un fenomeno più limitato.
Questo passaggio ci permette di fare chiarezza, dichiarando apertamente che gran parte dei tifosi appassionati che frequentano le curve non ha nulla a che fare con piccole organizzate frange di facinorosi che non meritano l'appellativo di tifosi. Tale distinzione deve essere netta, con la ferma condanna di ogni forma di violenza, che non può in alcun caso essere giustificata. Infatti, di fronte a vere e proprie aggressioni e violenze brutali, che nulla possono avere a che spartire con il tifo organizzato, ad azioni, simboli, scritte e linguaggi che segnalano riferimenti ad estremismi politici ed offendono la civiltà e la cultura di tutto il paese, non vi possono essere clemenza, tolleranza o tatticismi, comunque inaccettabili. Anzi sarebbe opportuno che tutti i partiti presenti in questo Parlamento prendessero le distanze da episodi e simboli che comunque vogliono evidenziare una provocazione politica.
In conclusione, esprimo due considerazioni ed un auspicio. Il calcio in Italia - lo ricordava prima il relatore Folena - è sicuramente il fattore socializzante maggiore per tanti giovani adolescenti, che troviamo non solo allo stadio, ma a scuola, sul lavoro e nella società. L'obiettivo di questa legge non è solo punitivo, ma quello di rendere questa partecipazione sempre più educativa. Allora, il compito non sarà solo del mondo dello sport, ma della politica, della scuola, della famiglia e degli enti locali.
Una seconda considerazione: il calcio professionistico in Italia è probabilmente il più grande business, ma lo dico anche in senso positivo, dal momento che economisti molto abili hanno dichiarato che il titolo di «campioni del mondo» è servito in maniera autorevole anche per il rilancio dell'economia italiana.
Ebbene, penso che in questi mesi abbiamo avuto due immagini del calcio in questo paese. Dobbiamo lavare, dobbiamo eliminare quella di Catania del 2 febbraio 2007 e dobbiamo riproporre quella esaltante per tutti noi di Berlino del 9 luglio 2006.
L'auspicio è quello che ci deve accomunare tutti: dopo una seconda Commissione fruttuosa nella collaborazione e nel lavoro di indagine sul calcio professionistico, dobbiamo essere tutti consapevoli e responsabilizzati nello scrivere, in modo globale ed organico, una legge sullo sport professionistico in Italia, lontana, una volta tanto, non solo dall'emergenza e dall'emotività, ma soprattutto da nuovi episodi di violenza e di delinquenza (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea e Italia dei Valori).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Del Bue. Ne ha facoltà.

MAURO DEL BUE. Signor Presidente, data l'ora, cercherò di essere telegrafico, perché dilungarmi a questo punto significherebbe essere fosse offensivo della sensibilità dei pochi colleghi che sono presenti e, in particolare, del Presidente della Camera, del rappresentante del Governo e dei presidenti delle Commissioni giustizia e cultura.
Parlerò, dunque, per sintesi, rimandando eventualmente l'approfondimento dei concetti che vorrei esprimere alla dichiarazione di voto.
Innanzitutto, la violenza nello sport, signor Presidente, autorevole esponente del Governo, è circoscrivibile esclusivamente al sistema del calcio.
Il basket si svolge in palazzi dello sport senza barriera e nel basket si vince o si perde soltanto per un punto, all'ultimo secondo; eppure non c'è mai stata una manifestazione di violenza all'interno di un palazzo dello sport. Nel rugby, che è uno sport più violento del calcio, si vince e si perde per un punto e alla fine le due squadre si danno la mano e il pubblico applaude la squadra che vince. Parlo di sport di squadra. Soltanto nel calcio si verificano episodi di violenza e non solo questi ultimi, che ci hanno drammaticamente colpito: l'assassinio di Filippo Raciti,
 
 

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nello spazio prospiciente lo stadio Massimino di Catania, anticipato - non l'avete ricordato e non è bello - dall'omicidio di un povero dirigente di una squadra di terza categoria, in un campetto di terra battuta, come si è intravisto per televisione, della provincia di Cosenza.
Poco dopo la decisione del commissario Pancalli di sospendere le partite di calcio, la domenica successiva, in omaggio alla morte di Raciti e di Licursi, si è dato il permesso di svolgere il torneo giovanile di Viareggio. Ebbene, a Viareggio è successo che una squadra argentina, alla luce di un presunto torto arbitrale, si è messa a rincorrere l'arbitro per prenderlo a botte e a calci. Ciò vuol dire che il mondo del calcio è malato non soltanto a livello professionistico, ma in tutte le sue articolazioni, perché si è fatto del calcio un feticcio e perché del calcio si parla ormai nelle radio, nelle televisioni, in un insieme di esercitazioni, di elucubrazioni giornalistico-sportive, diciamo così, ventiquattr'ore al giorno. È diventato cioè un fenomeno estremamente esaltato, rischiando in tal modo di degenerare in atteggiamenti di eccessiva tensione e di violenza.
In secondo luogo, si interviene con questo decreto-legge alla luce di questi avvenimenti di violenza e per la prima volta facciamo una legislazione speciale per gli stadi. Vorrei che fosse ben chiaro che la legislazione speciale l'abbiamo introdotta in Italia sulla mafia e sul terrorismo. La introduciamo adesso per ciò che riguarda gli atteggiamenti del pubblico negli stadi e nelle zone limitrofe agli stadi. Io, da garantista, ho sempre diffidato delle legislazioni speciali. Sono profondamente ancorato ad un'idea della difesa del diritto dei cittadini. Purtuttavia, guardo con un certo interesse a quei modelli, come quello inglese, che hanno permesso di sconfiggere la violenza negli stadi, partendo da un quantum di violenza non certamente inferiore a quella italiana. Ricordiamoci del fenomeno degli hooligan e di quello che essi combinarono nel 1985 nella partita di finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool allo stadio Heysel di Bruxelles e ancor prima in uno stadio inglese, dove vi furono, come ha ricordato prima il collega della Lega, diverse decine di morti.
Guardo ad un modello che ha permesso di sconfiggere la violenza negli stadi e di ripopolare gli stadi di pubblico, di giovani e di famiglie. Nello stesso tempo, mi chiedo fino a che punto riusciremo a garantire diritti elementari con una legislazione appositamente studiata e da applicare negli stadi italiani. Dobbiamo conciliare bene le due cose, anche perché il modello inglese, signor rappresentante del Governo, è certamente repressivo. Quando si parla di garantismo - io sono garantista - non significa che, se vediamo una persona dirigere un razzo contro un calciatore, non lo dobbiamo arrestare. Garantismo significa applicare le leggi in modo tale da non mettere mai in discussione la presunzione di innocenza, se questa presunzione ha spazio.
Il modello inglese è certamente anche repressivo, ma avere un magistrato che fino a mezzanotte resta attivo nella città dove si svolge una competizione calcistica è certamente una garanzia che un processo si fa e che a breve un imputato può subire una sentenza di condanna o di assoluzione: cosa che in Italia non esiste.
Inoltre, il modello inglese è anche un modello disincentivante: ricordiamoci che in Inghilterra sono state abbattute tutte le barriere negli stadi. Non ci sono più le separazioni tra i tifosi di una e dell'altra squadra; inoltre, non ci sono le separazioni tra la tribuna d'onore e la tribuna laterale, tra le curve e le tribune.
Gli spettatori sono comodamente seduti, anche perché gli steward si occupano della disposizione del pubblico e devono controllare la corrispondenza tra il biglietto nominativo ed il posto occupato.
Se voi fate questa operazione, giusta, dei biglietti nominativi, peraltro introdotta a partire dai decreti 2003 e 2005 di Pisanu all'interno degli stadi italiani, dovete prevederla soprattutto per le curve; se lo fate solo per le tribune e per i posti che saranno occupati da persone che non sono certamente personaggi pericolosi, è un'operazione che non serve a nulla. Tuttavia, per applicare la misura del decreto
 
 

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sui biglietti nominativi delle curve occorre una sorveglianza, un controllo o da parte delle forze dell'ordine, che non vogliono entrare nelle curve dove ci sono gli ultrà per paura, o da parte degli steward.
Dobbiamo introdurre questa nuova figura degli steward e capire la sua natura, vale a dire se si tratta di un funzionario di pubblica sicurezza o semplicemente di una maschera, come quella dei teatri, all'interno dei stadi. Se è soltanto una maschera, faccio tanti auguri agli steward che si recheranno nelle curve per mettere a sedere i nostri ultrà, disponendoli a seconda dei numeri risultanti nel biglietto nominativo.
Quindi, occorre un'ulteriore attenzione da parte delle autorità che devono vigilare, perché le norme vengano concretamente applicate.
Vorrei esprimere due ultime considerazioni: bisogna sapere cosa fare con gli stadi non a norma. Si dice che il decreto-legge viene applicato agli stadi superiori ai 7.500 posti. Si riduce la capienza minima richiesta prima dall'applicazione del decreto Pisanu (da 10.000 a 7.500).
Vi sono due possibilità: uno stadio da 7.500 posti, che risulta a norma, può contenere questo numero di persone. Uno stadio da 30.000 posti, non a norma, non può contenere neppure 7.500 persone. Non mi sembra logico, per cui avevo introdotto l'eventuale possibilità di modificazione del decreto, prevedendo che gli stadi superiori ai 7.500 posti non a norma vengano derubricati ad impianti inferiori a 7.500 posti.
Certamente, qualcuno potrà obiettare che, ormai, quasi tutti gli stadi stanno per essere messi a norma, quelli che non lo sono già. Ma vi sbagliate completamente, perché gli stadi di serie C1 e C2, costruiti quando le squadre di quelle città erano in serie A o in serie B, non sono affatto a norma e, dal prossimo campionato, voglio vedere che fine faranno quelli che non saranno messi a norma con i tornelli e con tutte le disposizioni previste dal decreto Pisanu e ribadite dal vostro decreto-legge!
Una terza ed ultima annotazione riguarda i biglietti per le squadre ospiti. Leggevo sulla Gazzetta dello sport proprio ieri la difficoltà nella quale si è trovata la questura di Milano, a fronte della invasione di 3 mila tifosi atalantini per la partita Milan-Atalanta che si è svolta allo stadio di San Siro.
Prima si sapeva esattamente quanta gente sarebbe arrivata da fuori, perché i biglietti venivano inviati alle società ospitate, le quali segnalavano alla questura della città quanti tifosi ospiti sarebbero arrivati. Si sapeva con che mezzi sarebbero arrivati, come si doveva affrontarli, scortarli e quali posti dovevano essere attribuiti loro.
Con questo decreto-legge, con il quale vengono praticamente aboliti i pacchetti di biglietti inviati alle società ospiti, le questure non sanno quanti tifosi sopraggiungeranno, in che modalità, e si trovano in forte difficoltà. Pertanto, verificate bene se questa è veramente la misura più idonea per bloccare le trasferte, perché se vogliamo raggiungere tale intento, bisogna abolire i posti per i tifosi ospiti e, conseguentemente, la vendita di biglietti di quei posti ai tifosi ospiti.
In questo modo, non si aboliscono né i biglietti ai tifosi ospiti né si abolisce la possibilità che questi arrivino anche in massa per comprarli direttamente allo stadio o in mattinata o il giorno prima nelle rivendite autorizzate, ed è un problema!
Noi voteremo ad ogni modo a favore di questo provvedimento, perché lo riteniamo una risposta importante e positiva, a fronte di una situazione drammatica come quella che si è creata negli stadi italiani (Applausi).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pini. Ne ha facoltà.

GIANLUCA PINI. Signor Presidente, logicamente, vista anche l'ora, non ripeterò i vari richiami ai principi di legalità e di responsabilità, già espressi dal collega Caparini nel suo esaustivo intervento. Permettetemi tuttavia alcune considerazioni, utili a portare un contributo al dibattito, visto che un po' tutti i colleghi intervenuti
 
 

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fino ad ora - e un po' anche la stampa e l'opinione pubblica - hanno parlato del modello rappresentato dal sistema inglese. Mi riferisco a quel sistema che ha permesso in pochi anni di trasformare il calcio inglese da regno degli hooligans in un divertimento a misura di famiglie e di giovani e di sposare un principio fondato sulla sportività e sul sano tifo.
In ogni caso, vi è un problema di fondo a carattere culturale: a mio avviso, poche persone conoscono effettivamente i principi cardine di questo famigerato sistema inglese. Comunque, penso che più o meno tutti possano comprendere che nel nostro paese non vi sarebbe bisogno di applicare leggi speciali o decretazioni d'urgenza se la magistratura funzionasse, se le leggi che puniscono comportamenti devianti, violenti venissero effettivamente applicate nei confronti dei delinquenti.
Quindi, bisogna partire anche da questo tipo di ragionamento, anche se, purtroppo, siamo nuovamente costretti - come diceva prima il collega Caparini - a riproporre misure molto drastiche, urgenti, speciali; in ogni caso, riteniamo che debbano fare un passo avanti anche coloro i quali sono deputati a far rispettare la legge. Altrimenti, potremmo prevedere anche pene vicine all'ergastolo, ma se queste ultime non venissero comminate a causa delle lungaggini burocratiche della magistratura il deterrente verrebbe completamente smontato.
Il presidente Folena ha riconosciuto che vi è stato un accordo a 360 gradi che ha coinvolto anche il gruppo della Lega Nord, che ha profuso i suoi sforzi per definire soluzioni pratiche, più che drastiche.
Abbiamo cercato di introdurre i principi del cosiddetto modello inglese, cercando, allo stesso tempo, di crearne uno italiano: ciò, perché bisogna smetterla di mutuare sempre esperienze dall'estero.
Quindi, il contributo tecnico della Lega Nord, che mi premeva sottolineare nella fase della discussione sulle linee generali, è legato alla figura degli steward, che tutti indicano come una seria soluzione per ciò che concerne il controllo preventivo di accesso agli stadi; ad ogni modo, questo decreto-legge manca di alcune basilari puntualizzazioni. Certo, l'articolo 2-ter, introdotto grazie alle sollecitazioni della Lega Nord, ci lascia ben sperare circa un riconoscimento della figura degli steward, che dovrebbero svolgere un serio servizio di sicurezza ausiliaria. Quindi, noi confidiamo molto sul fatto che l'articolo 2-ter, introdotto al Senato, sia in grado di creare delle figure professionalmente valide e moralmente serie ed ineccepibili. Tra l'altro, le società, per ottemperare all'obbligo di svolgere questo servizio di sicurezza ausiliaria, non debbono appoggiarsi a personaggi di dubbia moralità o di dubbia legalità.
Vedete, richiamandomi al modello inglese, ricordo che esiste la figura dello steward prevista per legge: deve avere una formazione professionale, dei requisiti morali e dei compiti ben specifici. Essi non si sovrappongono e non tolgono alcun tipo di competenza alle forze dell'ordine, ma li vanno a coadiuvare. Sanno che possono intervenire sino ad un certo punto, non sono sicuramente armati, ma svolgono il ruolo primario di prevenzione e in qualche modo riescono a fermare principi di risse o tafferugli. Svolgono dei controlli seri, fanno da filtri, che non sono rappresentati solo dai tornelli, ma anche dalla valutazione che queste persone possono dare a chi entra negli stadi o meno, ma per fare ciò, a nostro avviso è necessario che successivamente all'emanazione di questo decreto vi sia un'attenzione alle trasformazioni della società.
A questo punto, è necessario modificare parte del Testo unico sulle leggi di pubblica sicurezza e dare a queste persone dei compiti ben specifici e, soprattutto, ben conoscendo, Presidente, la sua attenzione per i diritti del mondo del lavoro, riconoscere anche professionalmente queste figure, perché al momento non esistono nell'ordinamento italiano. Abbiamo le forze dell'ordine e le agenzie di vigilanza private. Le stesse figure esistono anche nel cosiddetto modello inglese, ma nel modello inglese esiste anche la figura del servizio di sicurezza ausiliaria.
 
 

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Per poter rendere efficace questo decreto-legge è necessario compiere un ulteriore passo in avanti.
Concludo, invitando il rappresentante del Governo, gli esponenti della maggioranza ed il presidente della Commissione a valutare anche la possibilità di inserire in questo decreto un'estensione dell'articolo 7, in modo da rendere efficace la funzione di questo steward. Deve essere chiaro che chi commette un reato nei confronti di queste persone è come se lo commettesse nei confronti di un agente delle forze di polizia, perché altrimenti anche in questo caso il deterrente viene lentamente a scemare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gambescia. Ne ha facoltà.

PAOLO GAMBESCIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Scotti, vorrei segnalare due dati positivi. In primo luogo, è giunto un testo non facile e non perfetto, per usare un eufemismo, e ci siamo trovati di fronte ad un interrogativo che lei, Presidente, sa bene essersi presentato molte altre volte. Giunge dal Senato un decreto-legge votato magari all'ultimo momento, che presenta, almeno ad avviso delle Commissioni e dell'Assemblea, delle falle che devono essere sanate in qualche modo, ma non si riesce a farlo perché i tempi sono strettissimi e la diversità della composizione in termini numerici della maggioranza di Camera e Senato spesso «consigliano» di non rimandare al Senato la legge. È un problema serio che si è presentato più volte. Questa volta credo che la Camera abbia fatto bene a prendere in mano la situazione e a decidere di correggere alcuni punti lasciando al Senato la decisione di far decadere o meno il decreto-legge, visto che in passato lo abbiamo dovuto fare sempre noi.
Infatti, siamo stati noi in qualche modo a dover subire. A mio avviso si tratta di un primo dato positivo da non sottovalutare. L'aver ristabilito, almeno su questa materia, il bicameralismo non è un aspetto di poco conto. Si tratta di un esempio.
In secondo luogo, un altro dato positivo è come si è arrivati a questa decisione e come alla fine si sono comportati i gruppi politici. Proprio perché vi era questa necessità e nessuno voleva che, qualora il provvedimento fosse tornato al Senato, non vi fossero i tempi necessari per approvarlo, tutti i gruppi hanno fatto passi indietro rispetto alle loro tesi iniziali. Il testo scaturito da tale atteggiamento non è bellissimo, perché poteva essere molto migliore, con maggiore riflessione ed articolazione e con l'inserimento di alcune linee che avrebbero completato un quadro essenzialmente repressivo. Tutti abbiamo compiuto quindi un passo indietro e si è arrivati all'approvazione di un testo non straordinario, ma che comunque affronta quella situazione di emergenza che ha portato all'emanazione di questo decreto.
Se tuttavia ci fermassimo a questo provvedimento senza proseguire oltre, a mio avviso non avremmo realizzato nulla. In proposito vorrei fare alcuni esempi. Nel decreto è previsto un determinato trattamento nei confronti dei tifosi che, in occasione di partite di calcio, commettono determinati atti nello stadio o nelle sue immediate vicinanze nelle ventiquattro ore precedenti o successive all'evento sportivo. Tuttavia, il problema non è questo, perché esso consiste nel rapporto tra alcuni settori, per fortuna marginali, della tifoseria ultrà e le società. Esso consiste nel ruolo che svolgono queste frange ultrà quando stabiliscono rapporti che sanno molto di ricatto (ed uso il termine vero, anche se crudo) nei confronti della società, e non solo per procurarsi i biglietti o per operazioni di merchandising. Prima qualcuno ha parlato di società quotate in borsa. Non far giocare un certo giocatore o attaccare l'allenatore sono comportamenti che possono far oscillare il titolo. Esiste un problema che riguarda la finanza che ruota intorno al calcio. Se è vero - come è vero - che esistono gruppi i quali cercano di influenzare i comportamenti della società, essi non si fermeranno nelle zone limitrofe. Tuttavia, è già qualcosa aver previsto
 
 

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un intervento straordinario vicino allo stadio e nelle ore immediatamente precedenti o seguenti l'evento sportivo.
Ma non ci possiamo fermare qui e credo che il rappresentante della Lega Nord abbia colto un punto essenziale. Si deve proseguire sulla strada della regolamentazione all'interno dello stadio, tuttavia ciò presuppone che si chiarisca definitivamente il problema della proprietà degli impianti. Devono rimanere in mano pubblica? Devono appartenere ai comuni? Bisogna far intervenire le società e vendere loro gli stadi? Bisogna costruire stadi nuovi perché molti di essi sono vecchi e difficilmente ristrutturabili secondo l'ottica della prevenzione?
C'è bisogno di una legislazione complessiva intorno al fenomeno. Il calcio ha questa straordinaria caratteristica, oltre al fatto che è lo sport più praticato e seguito in Italia: è un grande business. Infatti, attorno ad esso girano miliardi. Ho fatto l'esempio dei giocatori, la cui quotazione sale più o meno a seconda di come ne viene iscritta la quotazione a bilancio.
Allora, non si può pensare che tutto questo venga risolto da una legislazione speciale che affronta un aspetto, cioè quello della violenza in un determinato luogo e in determinate circostanze. Noi abbiamo bisogno - e concludo - di una legislazione complessiva che affronti il fenomeno sotto l'aspetto penalistico, repressivo e preventivo, ma anche di regole diverse. Vogliamo che queste società continuino ad essere quotate in borsa? Possiamo arrivare a concludere che vada bene così, ma poi non possiamo lasciare che tutto ciò che ruota attorno all'azienda calcio sia il frutto dell'attività di pochi che magari si travestono da tifosi ultrà e condizionano sia l'andamento della società, sia la partecipazione popolare nei confronti dello sport più bello cui si può assistere negli stadi.
Dopo questo intervento sull'onda dell'emergenza, dobbiamo riprendere tutta la discussione e ripartire da un discorso che parta da premesse culturali, così come accennavamo anche nelle Commissioni. Ci dobbiamo chiedere che cosa debba essere questo sport e come possa vivere insieme alla società, mediante una nuova regolamentazione (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bodega. Ne ha facoltà.

LORENZO BODEGA. Signor Presidente, colleghi, signor sottosegretario, l'argomento è delicatissimo perché, quando si parla di sicurezza, si chiama direttamente in causa un diritto fondamentale dei cittadini e un dovere precipuo dello Stato. C'è voluto il morto, come nella meno nobile tradizione italiana, per aprire gli occhi e chiudere gli stadi. Episodi di violenza reiterati, consumati ad ogni latitudine del nostro paese sono stati per decenni trascurati e certamente ridimensionati se la violenza viene considerata come un fatto fisiologico, come una valvola di sfogo di una società che regala ogni giorno frustrazioni, e se inoltre si considera il tifo degli ultrà una componente della carovana corrotta del calcio. È difficile ergersi a maestri di vita e salire in cattedra quando chi dovrebbe dare l'esempio dà di matto in campo o crede di poterlo governare con un cellulare, nel senso del telefonino.
Bisogna dire che questioni di natura sociologica si incrociano con problemi di sicurezza, di strutture inadeguate e di stadi fatiscenti. Si è passati dal «torello» - consentitemi la battuta -, quel gioco che i calciatori fanno in allenamento, al «tornello», nelle recenti domeniche divenuto uno spartiacque tra gli stadi vuoti e gli spalti gremiti. Non si poteva fare prima? Perché non si sono dotati stadi come il Meazza di Milano di misure che poi sono state improvvisate in qualche ora?
La verità è che le società preferiscono spendere decine di milioni di euro per calciatori «strombazzati» e mediocri, piuttosto che investire sulle infrastrutture, nonché su quell'operazione «stadi sicuri» che il CONI avrebbe dovuto imporre alla Federcalcio quale condizione per dare il via libera ai campionati.
 
 

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Quale rimedio, allora, oltre al giro di vite del Viminale, con i prefetti chiamati a fare da gendarmi sul territorio? Stiamo attenti a non lasciarci infatuare dai modelli anglosassoni o dalle tribune d'onore spagnole, dove i presidenti delle squadre di calcio si siedono accanto per vedere la partita ma poi, in campo, se le danno di santa ragione, con scene, come quelle viste a Valencia, che ricordano più il toro nell'arena!
C'è davvero una cultura dello sport diversa in Inghilterra, come più volte ricordato da numerosi interventi. Non dimentichiamo, tuttavia, che fino a qualche anno fa gli hooligan hanno imperversato e seminato vandalismi e violenze in tutta Europa. È mai possibile che dobbiamo sempre copiare gli esempi stranieri? Si potrebbe adottare il modello tedesco per la legge elettorale, quello inglese per il calcio e, magari, quello olandese per i quartieri «a luci rosse»!
Io sostengo che ci debba essere una «via italiana», come ha detto bene in precedenza l'onorevole Pini, che tenga conto di ciò che è storicamente il calcio nel nostro paese, di quale animosità siano armate le tifoserie e di quali colossali cifre circolino nel paradiso artificiale di uno sport palesemente drogato!
Occorre intervenire sull'educazione scolastica primaria, nonché sul comportamento dei calciatori in campo, i quali istigano alla violenza i tifosi non accettando mai il giudizio ed il fischio dell'arbitro e dimostrandosi arroganti e fragili! Non si può reprimere senza educare, anche se è chiaro che, verso chi calpesta le regole, bisogna essere severi e tempestivi, senza indulgere in facili «buonismi»!
Il gioco del calcio è un bellissimo romanzo popolare, con il finale mai scontato; ma ci sono troppe pagine scure, per cui a molti - io sono tra quelli - viene voglia di chiudere il libro e di buttarlo! Ritengo, allora, che si debbano mettere letteralmente in campo investimenti per le strutture sportive, a partire dalle serie minori. Occorre investire, inoltre, nelle forze dell'ordine, nei giovani e negli educatori, al fine di costruire un futuro nel quale il viaggio allo stadio non sia un'avventura, magari senza ritorno!
Concludendo, vorrei ricordare ciò che è capitato a Filippo Raciti, il quale ha pagato con la propria vita il senso del servizio allo Stato ed ha lasciato due piccoli figli ai quali nessuno - sottolineo: nessuno! - saprà mai spiegare come il padre sia stato ucciso in un giorno nel quale, in Italia, si celebra la più diffusa ed amata festa popolare (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Capotosti. Ne ha facoltà.

GINO CAPOTOSTI. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, signor rappresentante del Governo, il provvedimento in esame impone sicuramente una riflessione critica, né può essere diversamente considerando che lo stesso trova la sua fonte in un fatto di sangue da molti ricordato. È il fatto di sangue per eccellenza, poiché si tratta della cancellazione volontaria della vita umana a danno di un servitore dello Stato, che prima di essere tale era, come già rammentato, sia un lavoratore nell'esercizio delle sue funzioni, sia un padre di famiglia.
Ancora, era un servitore dello Stato della specie appartenente alle cosiddette Forze dell'ordine, cioè a coloro che mettono in discussione più di altri la propria incolumità fisica a vantaggio di una condizione di sicurezza generale, che si esplica nei confronti dell'intera comunità statuale. È chiaro, allora, che la risposta dello Stato non poteva che essere quella che noi oggi andiamo a proporre: una risposta forte, che nel limite del possibile usa ,alcuni degli istituti già compresi nel codice penale (mi riferisco alle misure di sicurezza), ne introduce di nuovi (penso alla flagranza differita) e, addirittura, si avventura nel discusso e difficilissimo campo del reato di opinione. Si tratta di misure forti, che girano intorno al concetto e all'istituto della pena.
Penso che sia utile alla riflessione generale riportare il concetto di un grande
 
 

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maestro del diritto penale, Antolisei, il quale, descrivendo la pena, stabiliva che la stessa ha una funzione di prevenzione generale, perché esercita una minaccia nei confronti dei consociati, ma anche di repressione speciale, perché viene comminata al singolo che viola l'ordinamento giuridico penale. Oggi ci troviamo quindi dinanzi ad una situazione difficile e ad un testo che ne è la logica conseguenza.
È chiaro, la legislazione d'urgenza nasce da un'onda emotiva che, nelle diverse esplicazioni di sensibilità, trova ovviamente consonanze diverse e che inevitabilmente genera un flusso. Si può fare probabilmente un paragone con la legislazione antimafia, che su molti punti mostra i limiti dell'onda emotiva e nel tempo, man mano che l'onda emotiva si calma e che si sviluppano meglio discorsi ed analisi più particolareggiate, i limiti del reflusso.
Allora, non accetto che nel terzo millennio si debba pensare ad un gioco, ad uno sport - seppur nelle sue notevolissime sfaccettature finanziare, societarie, di rilievo sociale, coinvolgendo tante persone e quant'altro - come ad un fenomeno che attiene all'ordine pubblico, che ci costringe a misure di prevenzione di una tale rilevanza da sfiorare molto spesso lo Stato di polizia.
Ho sentito parlare tanto dell'ordinamento e delle misure anglosassoni, ma non so quanto possa considerarsi un fatto positivo arrivare allo stadio con una banca dati di impronte digitali, perché siamo quasi arrivati a ciò. La decretazione d'urgenza nasce in definitiva su un'onda emotiva, che rende ancora più difficili queste considerazioni.
Credo che non potessimo fare altro che recepire, comunque, una forma di risposta che lo Stato repubblicano non può permettersi di non dare. Credo anche che sia nostro dovere e nostra coscienza intavolare quanto prima una riflessione più ampia, che dia vita ad una legge organica che parta da un'analisi più compiuta dei personaggi, degli attori, degli elementi costitutivi della problematica al nostro esame.
Da un lato bisognerà porsi il problema degli stadi, inteso come fenomeno da privatizzare in gestione diretta con i connessi obblighi di custodia e garanzia a favore delle società, che sono quotate in borsa e che hanno ormai una gestione tutta finanziaria; dall'altro, bisognerà anche seguire un approccio diverso e sotto questo profilo taluni elementi sono già contenuti nella decretazione d'urgenza, ad esempio il biglietto gratuito per i minori di quattordici anni. Occorre indubbiamente una riflessione sul punto delle tifoserie. In buona sostanza, si tratta di varare una legge organica che ricomprenda gli elementi base e che, in ipotesi, sappia mutuare dal mondo anglosassone un concetto, che sembra stia trovando spazio all'interno delle commissioni di riforma del codice penale e del codice di procedura penale ovvero quello delle sanzioni prescrittive, vale a dire di quelle sanzioni, che, basandosi su istituti quali l'affidamento in prova ovvero su misure alternative alla detenzione, puntino ad una rieducazione civica e ad un recupero: non ad una resa dello Stato, cioè di tutti noi, dinanzi alla violazione la legge ma alla coscienza di non dover abbandonare la persona che viola la legge, nella consapevolezza che errare è umano e che l'errore può essere recuperato in un percorso dialettico, che tenga per l'appunto conto di tutti gli elementi in campo.
Voglio concludere questo mio breve intervento in tema di sport ricordando a tutti noi che pochi anni fa, negli Stati Uniti - che pure sono un grande paese - si è sospesa la celebrazione di un intero campionato di baseball perché evidentemente gli elementi in gioco erano tali da non essere più compatibili con un ordinamento giuridico ovvero da non essere più compatibili con elementi di civiltà, di rispetto, di dignità della persone intesi nel senso comune di tali termini.
Ciò deve farci riflettere e deve infonderci una consapevolezza; noi discutiamo di un fenomeno complesso che necessita di una legiferazione complessa, ma si tratta pur tuttavia di un fenomeno attinente allo sport, al divertimento, a funzioni di ricreazione e di svago. Queste mai e poi mai,
 
 

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dal mio modesto punto di vista, potrebbero addirittura essere qualificate come problematiche di ordine pubblico, di ribellione sociale o, addirittura, di eversione. Ciò sarebbe un fallimento, non solo nostro; lo consegneremmo infatti ai posteri, ai quali è invece nostro dovere dare una speranza in più.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Guadagno. Ne ha facoltà.

WLADIMIRO GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA. Signor Presidente, colleghi deputati rimasti e resistenti, considerata l'ora, sottosegretario Scotti, non si può nascondere il clima di violenza e di odio diventato insopportabile negli stadi: insulti, atti di ostilità, scontri fisici tra diverse tifoserie, tra tifoserie e Forze dell'ordine e anche, per la verità, tra giocatori, allenatori, accompagnatori; ma penso anche alla violenza dallo stadio allo studio (quello televisivo).
Ha fatto orrore il caso dell'omicidio dell'ispettore capo Filippo Raciti, ucciso il 2 febbraio scorso a Catania; ma non dimentichiamo, e non vogliamo dimenticarlo, il dirigente della San Martinese, Ermanno Licursi, morto dopo una rissa scoppiata alla fine di una partita del campionato di terza categoria a Luzzi, in provincia di Cosenza. E non dimentichiamo neanche altre vittime, i ventuno morti ultrà in Italia dal 1962 ad oggi: i morti non sono mai parte del sistema.
Questo disegno di legge - che, come si è detto, grazie al lavoro bipartisan svolto in sede di Commissioni, è stato modificato e temperato rispetto al carattere iniziale che aveva al Senato, eccessivamente repressivo - è sicuramente severo, molto rigido e risente dell'onda emotiva dei gravi fatti accaduti (e bisogna sempre fare attenzione a non farsi mai travolgere dalle onde).
Tra le conseguenze negative di questa atmosfera di violenza negli stadi, vi è la disaffezione del pubblico; è una disaffezione dovuta anche alle vicende di tangentopoli, al calcio come business, alla corruzione, al virus del sospetto, all'incertezza del risultato sportivo: il calcio dovrebbe essere spettacolarità ma, quando intervengono accordi segreti, esso ne viene distrutto. Nel 2006 il pubblico del teatro, e dello spettacolo in generale, ha superato quello dei campi sportivi e bisogna gioire sempre dell'aumento di pubblico, mai del contrario. Non basta dire che ciò è stata causato dalla trasmissione in televisione delle partite, perché anche lo spettacolo si può vedere in televisione, eppure in quest'ultimo caso, come ho detto, sono aumentati gli spettatori a teatro. Dobbiamo creare un'atmosfera più tranquilla per chi vuole andare allo stadio, certo non pretendendo l'aplomb di chi va a teatro, dove è maleducazione far suonare il cellulare o parlare mentre si ascolta una rappresentazione; non certo il certo silenzio chiediamo, ma un luogo più sicuro, non solo da un punto di vista di ordine pubblico, ma anche di sicurezza degli stadi, di stadi a norma, riscaldati, illuminati e non fatiscenti.
Le società calcistiche devono sapere che spendere qualche soldo in più per la manutenzione degli stadi e un po' meno nel calciomercato è un investimento per l'affezione allo sport e i club hanno l'obbligo di investire una percentuale dei diritti televisivi anche per queste risorse.
Si parla spesso di «modello inglese». Non bisogna dimenticare che il tanto celebrato «metodo inglese» deriva non solo dalla violenza, ma dall'insicurezza degli stadi: insufficienti vie di uscita per la folla hanno prodotto, nel 1989, la tragedia a Sheffield (96 persone calpestate a morte nella calca all'interno dello stadio).
Nella tragedia - che è stata anche ricordata - allo stadio Heysel, in Belgio, nel 1985, durante lo scontro tra i tifosi del Liverpool e della Juventus, fu il crollo di un muro di sostegno a causare la morte di trentanove persone. Le società calcistiche furono obbligate a modernizzare con impianti sportivi, Manchester insegna: oggi a Manchester non ci sono muri divisori, ma solo pochi steward a dividere le tifoserie.
Per quanto riguarda i tornelli si è parlato, in precedenza, di «ravvedimenti» da parte di questa nuova legislatura rispetto
 
 

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alla normativa Pisanu. Debbo dire che si è «ravveduto» anche l'ex Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che soltanto poco tempo fa, il 10 febbraio 2007, si era invece molto arrabbiato contro la stessa applicazione della normativa Pisanu, perché lo stadio San Siro era stato definito fuori norma secondo le stesse disposizioni del cosiddetto decreto Pisanu e, quindi, si è dovuto giocare a porte chiuse in tale stadio.
Devono essere tornelli ovviamente moderni ai quali non vi è bisogno di fare lunghe file, con un lettore magnetico per la lettura di tessere e biglietti, come si fa in occasione delle grandi mostre e di biglietti nominativi con il controllo della carta di identità, come si fa per imbarcarsi all'aeroporto, con steward come maschere di teatro, che si assicurino che ad un determinato posto sieda il titolare di quel posto. Gli steward non sono polizia privata, controllata dalla società: hanno il compito di sorveglianza in coordinamento con le forze di polizia, senza un numero eccessivo di divise visibili che diano l'idea della militarizzazione all'interno dello stadio, che possano provocare tensione e che distrarrebbero anche molti poliziotti dall'espletamento di altri compiti. Saranno vietati i materiali esplosivi, quali i fumogeni, che creano una atmosfera irrespirabile, in tutti i sensi, con un sistema di videosorveglianza.
Si è parlato della flagranza differita a quarantotto ore per chi è riconosciuto colpevole con foto o riprese, ma non con altro, norma su cui vi sono stati dubbi di costituzionalità. È stato ricordato in precedenza il carattere rigido di questa estensione a quarantotto ore e noi chiediamo garanzie, non solo che si debba trattare di un'eccezione a termine e circoscritta agli stadi, ma vogliamo garanzie che questo tempo serva a fare in modo che si possa avere il tempo necessario per verificare bene i filmati e il materiale fotografico prima di accusare qualcuno. È stato aggravato il Daspo, ossia il divieto di accesso agli stadi in termini di anni. Fin qui la repressione.
Ma è importante è stata anche l'affermazione dell'ingresso gratuito per i bambini minori di quattordici anni, accompagnati da un adulto. Ciò è stato il risultato del lavoro delle Commissioni riunite, per riportare le famiglie negli stadi, per rendere questo sport accessibile e godibile a tutti e non come se uno della famiglia debba lasciare casa per andare a vedere la partita come se partisse per una guerra (e, come si faceva ai tempi delle guerre, solo l'uomo partiva, mentre le donne, i bambini e gli anziani rimanevano a casa). Ciò per fare in modo che, con il sistema del biglietto nominativo, i membri della famiglia possano sedersi insieme.
Infine, concludo dicendo che questo disegno di legge è molto severo nei confronti di chi espone striscioni che incitano alla violenza, non tutti gli striscioni.
Chiunque di voi vede la rubrica su Striscia la notizia, «Striscia lo striscione», sorride per la fantasia usata in alcuni slogan che fanno tutt'altro che incitare alla violenza.
Non vorremmo però vedere più simboli nazisti, non vorremmo più leggere frasi razziste e, con l'ampliamento della legge Mancino, prevista con l'estensione della aggravante discriminatoria anche per orientamento sessuale e identità di genere a firma del ministro della giustizia Clemente Mastella, non vorremmo neanche più vedere slogan omofobi all'interno degli stadi. Grazie. (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bono. Ne ha facoltà.

NICOLA BONO. Signor Presidente, la Camera dei deputati ha svolto un buon lavoro su questo provvedimento. Credo forse - lo dico senza tema di essere smentito - che si tratti della prima vera occasione di confronto sereno tra maggioranza e opposizione su un argomento non solo unanimemente condiviso in ordine agli obiettivi da raggiungere, ma anche ben gestito sul piano del metodo parlamentare.
Se ne sentiva il bisogno dopo un lungo periodo di contrapposizioni che non
 
 

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hanno sicuramente recato beneficio al paese in ordine alla bontà della legislazione.
Ci siamo trovati nella difficoltà di dover gestire un provvedimento che proveniva dal Senato in una forma che obiettivamente presentava molte difficoltà interpretative e causava non poche perplessità in ordine alla reale portata delle norme.
Ciò perché a nessuno sfugge che quando si procede alla elaborazione di un provvedimento legislativo sotto la spinta emotiva di fatti gravi come quelli che avevano determinato l'inizio della discussione su questo provvedimento, non sempre il legislatore si muove con la necessaria pacatezza, serenità, e visione dei problemi da affrontare in maniera generale e astratta, come richiederebbe il principio ispiratore di ogni provvedimento di legge.
Fare leggi in stato di emergenza non è mai una buona cosa. Tuttavia, quello che era accaduto a Catania, con la morte tragica dell'ispettore Raciti, e tutto quello che aveva preceduto quell'avvenimento, cioè una continua recrudescenza di fatti violenti che avevano negativamente contraddistinto l'attività che ruota attorno ad uno spettacolo (perché di questo si tratta: uno spettacolo sportivo che attrae decine di milioni di persone nel nostro paese, e non solo nel nostro paese), imponevano da parte del Parlamento delle forme di intervento radicali e decise.
Abbiamo quindi messo mano al provvedimento che ci era pervenuto dal Senato e ne abbiamo avuto la capacità.
Devo quindi dare un giudizio complessivamente positivo del lavoro che è stato svolto, sia per l'equilibrio dei relatori, che hanno sicuramente dato un grande contributo al dialogo e alla costruzione di un percorso comune, sia per la partecipazione serena e determinata, ma anche ispirata a principi di buon senso, da parte di tutte le forze politiche. Abbiamo notato che comunque questo provvedimento si muoveva in termini positivi, perché si è posto immediatamente nella continuità e nel completamento doveroso del decreto-legge 24 febbraio 2003, n. 28.
Tale provvedimento è stato il primo vero grande intervento che ha tentato di mettere ordine nella disciplina riguardante la violenza negli stadi, introducendo una serie di disposizioni repressive che hanno prodotto alcuni risultati, ma non tutti positivi. Alcune disposizioni, in ogni caso, abbisognavano di un ulteriore intervento.
L'aspetto positivo del lavoro che abbiamo svolto alla Camera è stato quello di abbinare ad una serie di norme repressive anche la capacità di individuare misure di carattere sociale e culturale, per diffondere i valori dello sport nella società italiana, cosa che forse, in passato, ha registrato un gap per quanto riguarda l'impegno, la capacità e la sensibilità del legislatore.
Abbiamo individuato alcuni temi che andavano modificati ed aggiustati.
Siamo intervenuti sul piano delle dizioni formali attraverso proposte emendative sulle quali diverse forse politiche si sono ritrovate a convergere, sostituendo la definizione «a porte chiuse» con l'espressione più corretta «inibire l'accesso al pubblico negli stadi non dotati di tutti gli impianti di sicurezza previsti».
Abbiamo individuato nella necessità della certezza delle pene uno dei passaggi fondamentali dal momento che, probabilmente, proprio la mancanza di tale elemento è stato alla base della proliferazione della violenza: quando si commettono atti di violenza e non si scontano pene o si scontano pene irrisorie, certamente ciò non è educativo.
Il gruppo di Alleanza Nazionale rivendica il principio della certezza della pena come un motivo conduttore di tutte le sue azioni politiche. E ci ha fatto non poco piacere constatare che questo sentimento è condiviso anche da chi, in passato, ha adottato atteggiamenti più permissivi e, magari, ha votato a favore dell'indulto. Ma si fa sempre in tempo a rivedere le proprie convinzioni.
Abbiamo ritenuto opportuno approfondire il tema del divieto delle manifestazioni esteriori, non solo perché si ravvisavano pericolosi richiami di ipotesi, costituzionalmente non consentite, di perseguimento
 
 

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del reato d'opinione, ma soprattutto perché tali norme, così draconiane e, a volte, anche di difficile applicazione, non potevano essere circoscritte all'ambito sportivo. Se avessimo lasciato quell'impostazione, probabilmente avremmo creato un grande vulnus all'impianto costituzionale italiano.
Abbiamo valutato l'inadeguatezza delle norme sulla sicurezza negli stadi e abbiamo ritenuto che alcune di esse andavano corrette. Le abbiamo corrette. Altre hanno bisogno di ulteriori interventi. Infatti, il tema della sicurezza degli stadi, a nostro avviso, non può essere scisso da una diversa regolamentazione della vendita dei biglietti, che non possono non essere nominativi e con posti assegnati. È la prima regola che viene attuata nel cosiddetto sistema inglese, che spesso viene richiamato a sproposito come esempio da seguire, ma che, nei fatti, non viene attuato, perché in Inghilterra l'impianto della gestione dello sport è completamente diverso, a partire dal fatto che la proprietà degli stadi è delle società sportive. Quindi, le società sportive diventano naturalmente i soggetti deputati al controllo della sicurezza e, quindi, devono sperimentare strumenti adatti alla realizzazione concreta della sicurezza.
È stata contestata, quindi eliminata, una norma manifesto che serviva solo a fare pubblicità e che era contenuta nell'articolo 11-bis, con cui si proponeva di promuovere i valori dello sport senza spese aggiuntive per la pubblica amministrazione. È una contraddizione in termini e anche su questo siamo riusciti a trovare una soluzione. Abbiamo «aggiustato» le norme sul Daspo, che sono importanti e fondamentali in quanto, pur essendo repressive, consentono di escludere non solo i soggetti direttamente responsabili, ma anche quelli potenzialmente responsabili di possibili disordini e, di conseguenza, sono certamente destinate a rendere più vivibile l'ambiente degli stadi.
Si è molto discusso sulla flagranza differita. Si tratta di un istituto che, alla fine, tutti abbiamo accettato e condiviso, in quanto dettato da situazioni emergenziali; tuttavia, è stato opportunamente fissato - al 30 giugno 2010 - un termine entro il quale si dovrà valutare la possibilità di un suo superamento. Ci auguriamo davvero che alla data indicata non perduri la necessità di utilizzare l'istituto in parola: al momento attuale, esso è indispensabile per cercare di dare alle forze dell'ordine uno strumento concreto per intervenire, ma sicuramente si porrebbero problemi qualora se ne ipotizzasse una stabilizzazione nel sistema a regime.
Un aspetto problematico sul quale Alleanza Nazionale non ha espresso condivisione è, invece, quello che riguarda le circostanze aggravanti previste per l'ipotesi di lesioni a pubblico ufficiale. Abbiamo condiviso la norma relativa alla recrudescenza della pena - abbiamo anche discusso come farla diventare cogente - ma non riteniamo giusto che questo aspetto di tutela dei pubblici ufficiali, delle forze dell'ordine sia limitato soltanto alle manifestazioni sportive. Non comprendiamo il senso e l'equità di una norma che, a fronte della pericolosità dell'esercizio del dovere di tutela dell'ordine pubblico, distingue tra una manifestazione che avviene all'interno di uno stadio, o che è collegata ad un evento sportivo, e qualunque altra. Questo è un aspetto del provvedimento che non condividiamo. Mi auguro che, al riguardo, vi possa essere un «ravvedimento operoso» da parte del Parlamento; in ogni caso, la distinzione va superata perché le forze dell'ordine hanno il diritto di essere difese dalle leggi dello Stato senza che, nell'apprestare tale difesa, si facciano distinzioni a seconda delle ragioni per le quali si verificano gli incidenti.
Il giudizio di Alleanza Nazionale - e mi avvio a concludere - è favorevole. Noi abbiamo già votato a favore del provvedimento al Senato: l'abbiamo fatto con convinzione, anche se avevamo manifestato già in quella sede alcune perplessità e riserve relativamente ad alcuni aspetti. Devo dire che, in larga misura, fatta eccezione per la questione alla quale ho accennato poc'anzi (in relazione alle lesioni a pubblico ufficiale) quelle perplessità
 
 

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e riserve sono ampiamente superate. Non soltanto vi è stata una nostra convergenza sul testo che è stato redatto, ma abbiamo anche partecipato attivamente alla sua elaborazione: sono stati molti gli emendamenti presentati da Alleanza Nazionale che sono stati approvati e condivisi anche dalle altre forze politiche, a dimostrazione di un lavoro che ha portato alla predisposizione di un testo condiviso e di buona fattura.
Nell'esprimere, quindi, la nostra soddisfazione, riteniamo che sull'argomento si debba ritornare al più presto senza la spinta emergenziale, per completare il quadro, il disegno e le definizioni di tutela del diritto alla sicurezza dei cittadini, oltre che delle forze dell'ordine, quando vanno a godere di uno spettacolo coinvolgente e meraviglioso come quello del gioco del calcio (Applausi).

PRESIDENTE. Grazie.
Non vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione sulle linee generali.
 
 
 
 
 
 



 
 


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