ALLA CAMERA 2007 |
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http://www.camera.it/_dati/leg15/lavori/schedela/trovaschedacamera_wai.asp?pdl=2340
PINO PISICCHIO |
PISICCHIO_G@CAMERA.IT
Pino Pisicchio (Corato, BA, 23 maggio 1954) è un uomo politico italiano. Laurea in giurisprudenza, docente universitario, ricercatore,giornalista professionista, già militante della Democrazia Cristiana, è stato un esponente dell'UDEUR ed è attualmente parlamentare dell'Italia dei Valori. Coordinatore nazionale di Rinnovamento Italiano, è stato eletto al Parlamento Europeo nel 1999.Eletto per la prima volta alla Camera dei Deputati,nella circoscrizione Bari-Foggia, nel 1987 con la DC e riconfermato nel 1992.Sottosegretario alle Finanze nel Governo Amato (1992-1993)e ai Lavori Pubblici nel Governo Ciampi(1993-1994).Nel 2001 è stato eletto alla Camera dei Deputati, col sistema proporzionale, nelle liste della Margherita in Calabria. Si è successivamente distaccato dalla Margherita dapprima aderendo al gruppo UDEUR,di cui fu capogruppo alla Camera, quindi fondando un movimento politico regionale in Puglia denominato Rinnovamento Puglia. Nel 2006 ha aderito all'Italia dei Valori, il movimento fondato da Antonio Di Pietro. Nella legislatura, che ha avuto inizio con le elezioni dell'aprile 2006, è stato dunque rieletto alla Camera, nella lista Idv della circoscrizione Puglia. È presidente della Commissione Giustizia. |
UFFICIO
DI PRESIDENZA INTEGRATO DAI RAPPRESENTANTI DEI GRUPPI
L'ufficio
di presidenza si è riunito dalle 10.25 alle 10.45.
SEDE
REFERENTE
Mercoledì
14 marzo 2007. - Presidenza del presidente della II Commissione Pino PISICCHIO,
indi del vicepresidente della II Commissione Daniele FARINA. - Intervengono
i sottosegretari di Stato per la giustizia Luigi Li Gotti e Luigi Scotti
e il sottosegretario di Stato per le politiche giovanili e le attività
sportive Giovanni Lolli.
La
seduta comincia alle 15.35.
Decreto-legge
n. 8/2007: Misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni
di violenza connessi a competizioni calcistiche.
C.
2340 Governo, approvato dal Senato.
(Seguito
esame e rinvio).
Le
Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta
antimeridiana.
Pino
PISICCHIO, presidente e relatore della
II Commissione, comunica che nella seduta congiunta degli Uffici di presidenza
dei rappresentanti dei gruppi delle Commissioni II e VII, svoltasi questa
mattina al termine della seduta in sede referente delle Commissioni riunite,
è stato giudicato non essenziale per il compimento dell'istruttoria
legislativa l'oggetto della richiesta, presentata ai sensi dell'articolo
79, comma 6, dai deputati di Alleanza Nazionale. Naturalmente il Governo
potrà di propria iniziativa fornire tali dati. Anzi, auspico che
ciò avvenga, prima dell'esame dell'Assemblea.
Mauro
DEL BUE (DC-PS) concorda con le valutazioni
espresse dal sottosegretario Lolli, con particolare riferimento alla necessità
di ricordare che il fenomeno della violenza è tipico del calcio,
ma non di altri sport quali il rugby e la pallacanestro. Ricorda quindi
che gli episodi di violenza sono antichissimi e purtroppo hanno sempre
caratterizzato questo sport, a partire dalla strage dell'Heysel (veramente
i primi incidenti risalgono all'800, n.d.L.).
Proprio in considerazione di quegli eventi, infatti, fu adottato il primo
decreto di urgenza del 1989 (peccato che la
strage dell'Heysel avvenne nel 1985 e che semmai nel 1989 morì il
nostro Antonio De Falchi, n.d.L.) con cui
si trasformarono gli stadi prevedendo che vi fossero in essi solo posti
a sedere (questo deputato è fantastico!
Non è vero nulla di quel che sta dicendo, vi prego, visitatene il
sito
web n.d.L.). Le successive deroghe a tali
disposizioni ne hanno reso l'attuazione problematica, tanto che con l'ennesimo
decreto legge in esame si interviene con misure emergenziali, ispirate
ad un modello anglosassone (in realtà
è tutto il contrario del modello anglosassone, n.d.L.).
Riterrebbe
peraltro opportuno che del cosiddetto modello inglese si considerassero
non solo le misure repressive, ma anche il meccanismo relativo all'attribuzione
della proprietà degli stadi alle società e alla abolizione
della barriere all'interno degli impianti. Si dichiara infatti contrario
a forme repressive che invece di costituire un deterrente alla violenza,
incentivano alla commissione di reati (per
fortuna cessa con la storia delle leggi antiviolenza ed inizia ad esprimere
pensieri propri, n.d.L.).
Preannuncia
quindi la presentazione di emendamenti volti ad applicare la disciplina
per gli stadi con meno di 10 mila spettatori anche agli stadi fuori norma
con una capienza maggiore di spettatori; nonché una correzione del
meccanismo di vendita di biglietti che consenta alla società ospitata
almeno di prenotare un numero di tagliandi che verranno poi acquistati
dai singoli tifosi. Concorda quindi con la proposta relativa alla disciplina
degli steward, preannunciata dal deputato Pescante.
Luigi
COGODI (RC-SE) si associa alle considerazioni
svolte nell'odierna seduta antimeridiana dall'onorevole Farina.
Esprime,
inoltre, forti perplessità sulla formulazione dell'articolo 11-bis,
il quale, prevedendo iniziative per la promozione dei valori dello sport,
e quindi volte a prevenire la violenza legata ad eventi sportivi, dovrebbe
compensare le numerose disposizioni di carattere punitivo che fanno parte
del contenuto del provvedimento in esame, creando in tal modo un ragionevole
equilibrio tra prevenzione e repressione. Al contrario, le predette iniziative
appaiono private della loro potenziale efficacia dal momento che il medesimo
articolo 11-bis dispone, in modo illogico e inopportuno, esse non devono
comportare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Il che fornisce
ulteriore conferma del fatto che l'impianto e delle finalità del
provvedimento sono prevalentemente repressive.
Contrariamente
a quanto osservato da taluno, ritiene particolarmente adeguato l'utilizzo
nell'articolo 1 dell'espressione «a porte chiuse», poiché
rappresenta un'importante elemento rivelatore della complessiva e reale
finalità del provvedimento in esame, che, a suo giudizio, è
quella di far cessare di esistere lo stadio come luogo aperto di pacifico
incontro tra cittadini, per farlo divenire, appunto, un luogo chiuso, probabilmente
destinato alla vendita ed al consumo.
Conclusivamente,
ritiene che il decreto-legge sia in grado solo di arginare, ma non certo
di risolvere, il problema dei fenomeni di violenza connessi a competizioni
calcistiche, ed esprime la propria ferma contrarietà alle disposizioni
che ne inaspriscono il carattere punitivo.
Paolo
GAMBESCIA (Ulivo) ricorda che il decreto-legge
in esame nasce da una situazione di necessità ed urgenza condivisa
da tutti i gruppi politici, come confermato anche dall'approvazione avvenuta
al Senato. Tuttavia, il provvedimento appare incompleto, perché
non affronta sempre in modo concreto il problema che intende risolvere
e non tiene conto di alcune componenti fondamentali del cosiddetto «mondo
del calcio», le quali possono invece risultare determinanti per l'innesco
di un clima di tensione che può sfociare in episodi di violenza.
In particolare, il provvedimento non tiene adeguatamente conto: del fatto
che i tifosi possono darsi appuntamento ovunque, e non necessariamente
nei luoghi che il decreto-legge considera più a rischio, ovvero
lo stadio, il percorso per raggiungerlo e le zone circostanti; dei rapporti
che sussistono tra certe tifoserie e le società di calcio, che talvolta
possono assumere la forma del ricatto delle prime nei confronti delle seconde;
del ruolo svolto dalle radio private, anche sotto il profilo dell'incitamento
alla violenza.
Osserva,
inoltre, come la previsione o l'inasprimento delle pene detentive non appaia
sempre lo strumento più idoneo a reprimere i fenomeni in questione.
Occorre tenere conto, infatti, che la violenza connessa alle competizioni
calcistiche è una forma di violenza prevalentemente giovanile, che,
in quanto tale, ha delle precise radici psicologiche, legate alla particolare
immagine di forza che il giovane ha di sé nel momento in cui commette
l'atto di violenza. Pertanto risulterebbe molto più efficace studiare
ed applicare delle sanzioni ad hoc, che tengano conto del predetto fattore
psicologico ed agiscano, ad esempio, sminuendo e svilendo l'immagine del
tifoso violento.
Esprime,
inoltre, forti perplessità sull'indeterminatezza della fattispecie
di cui all'articolo 2-bis. Perplessità che si tramutano in veri
e propri timori se tale previsione viene posta in relazione all'istituto,
discutibile e di dubbia costituzionalità, della cosiddetta «flagranza
differita» di cui all'articolo 4 (mi
ripeto: allora perché se siete tutti d'accordo non le eliminate?
n.d.L.). Conclusivamente, auspica che, nonostante
la ristrettezza dei tempi a disposizione, i gruppi politici riescano a
trovare un accordo unanime sui punti critici del decreto-legge, al fine
di apportare allo stesso quelle modifiche che appaiono assolutamente indispensabili.
Enrico
BUEMI (RosanelPugno) sottolinea come il
procedimento di conversione dei decreti-legge si accompagni spesso ad un
clima fortemente emotivo, nel quale si è maggiormente propensi ad
accettare deroghe ai principi costituzionali (bene,
bravo. Finalmente uno riflessivo, n.d.L.).
Occorre quindi una particolare cautela, poiché non è infrequente
che le soluzioni normative emergenziali determinino problemi più
gravi di quelli che intendevano risolvere (siamo
di fronte a un genio? n.d.L.).
Nel
caso di specie, ritiene fortemente criticabile la disposizione di cui all'articolo
2-bis, che sanziona comportamenti che manifestano opinioni (ed
è vero n.d.L.), nonché l'intervento
di cui all'articolo 4, volto a rafforzare un istituto, già di per
sé aberrante, quale la cosiddetta «flagranza differita»
(aberrante.
IL termine è corretto, n.d.L.). Si
dichiara, inoltre, contrario a qualunque provvedimento limitativo della
libertà personale sottratto alla garanzia della giurisdizione (direi,
è incredibile che lo si debba ricordare! n.d.L.).
Sottolinea,
infine, come il provvedimento in esame lasci irrisolto il problema dei
rapporti tra il mondo del calcio e l'economia, dei quali fanno parte anche
i rapporti, spesso non del tutto chiari, tra le tifoserie e le società
sportive.
Paola
BALDUCCI (Verdi) condivide le osservazioni
dell'onorevole Buemi, sottolineando come l'uso dello strumento della decretazione
d'urgenza possa impedire in concreto l'approfondimento Fa quindi presente
che il gruppo del Verdi ha stabilito di non presentare emendamenti, dimostrando
il proprio senso di responsabilità nell'ambito di una maggioranza
che sta dimostrando si essere in difficoltà (Ponzio
Pilato. Condivide le osservazioni del collega, ma per la ragion di Stato
preferisce avere norme illegittime. Paolo Cento ma nun eri dei Verdi? n.d.L.).
Pino
PISICCHIO, presidente e relatore per la
II Commissione, sottolinea come dal dibattito sia emersa un'ampia convergenza
dei gruppi politici sul valore politico dell'intesa raggiunta al Senato
sul testo del decreto-legge, sui problemi derivanti dalla situazione di
asimmetria che si è venuta a creare nel nostro sistema parlamentare
bicamerale e sull'individuazione dei punti di criticità del provvedimento
in esame, i quali riguardano principalmente gli articolo 2-bis, 4 e 7.
Ritiene
quindi, anche a nome del presidente Folena, che occorra tracciare il percorso
dei lavori delle Commissioni riunite nel breve tempo a dispostone. Fa presente,
pertanto come alle commissioni si prospetti la seguente alternativa: trovare
l'accordo unanime sui punti critici del decreto-legge, convertire il provvedimento
con talune fondamentali modifiche, compiendo in tal modo un gesto politico
uguale e corrispondente a quello del Senato;
oppure
accettare il provvedimento così come è pervenuto dal Senato.
Pietro
FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, evidenzia, anche in
riferimento a quanto rilevato dal collega Gambescia, l'opportunità
di introdurre nel decreto una norma che consenta al soggetto condannato
per fatti violenti all'interno degli stadi, di poter scegliere tra l'applicazione
di una pena ordinaria detentiva ed eventualmente pecuniaria, ed una invece
«alternativa sociale-sportiva» che lo tenga fuori dal carcere,
ma lo impegni in servizi utili al mondo dello sport. Si realizzerebbe così
il doppio effetto della certezza della pena e del risarcimento per la violazione
perpetrata.
Intende
precisare al collega Pescante, poi, che il riferimento da lui fatto nella
relazione introduttiva non era esclusivamente rivolto al decreto-legge
Pisanu, ma ad un generale orientamento del legislatore degli ultimi 15-20
anni ad intervenire esclusivamente con misure repressive per risolvere
il problema della violenza negli stadi. Ricorda infatti di aver riconosciuto
nella propria relazione che proprio il decreto-legge Pisanu abbia in qualche
modo affrontato il tema della modernizzazione degli stadi, collegato a
quello della incentivazione alle società a svolgere lavori con la
prospettiva di recuperare le risorse stanziate attraverso forme di defiscalizzazione.
In
riferimento, infine, a quanto evidenziato dal collega Cogodi preannuncia
che sta predisponendo una proposta emendativa che introduca una copertura
finanziaria all'articolo 11-bis idonea a consentire che gli interventi
di sensibilizzazione e di educazione nelle scuole possano essere effettivamente
realizzati e non rimanere una sterile dichiarazione di intenti. A questa
norma si accompagnerà anche la previsione di una disposizione volta
a consentire l'ingresso gratuito negli stadi ai minori di 14 anni, se accompagnati
da un adulto e a determinate condizioni, proprio al fine di ridimensionare
l'attuale composizione degli spettatori delle partite, a vantaggio di una
presenza più eterogenea che comprenda famiglie e giovani generazioni.
Pino
PISICCHIO, presidente e relatore per la
II Commissione, nessun altro chiedendo di intervenire, dichiara chiuso
l'esame preliminare e fissa il termine per la presentazione di emendamenti
alle ore 17 di oggi. Rinvia, quindi, il seguito dell'esame ad altra seduta.
La
seduta termina alle 16.30.
La Commissione prosegue l'esame del provvedimento, rinviato, da ultimo, nella seduta del 14 marzo 2007.
Pietro
FOLENA, presidente e relatore per la VII
Commissione, avverte che sono stati presentati alcuni emendamenti al disegno
di legge in esame (vedi allegato). Ricorda che nel corso di una riunione
informale svolta fra tutti i rappresentanti dei gruppi delle due Commissioni
sono stati evidenziati alcuni temi principali in riferimento ai quali concentrare
l'attenzione delle Commissioni II e VII ai fini di una modifica del decreto
che consenta di pervenire all'approvazione unanime di un testo condiviso.
Si tratta in particolare delle modifiche da apportare agli articoli 2-bis,
7, 8, 10 e 11-bis. Aggiunge che si è altresì convenuto di
proporre alcune altre correzioni formali, tra cui quella all'articolo 1
per correggere l'espressione «porte chiuse» e quella all'articolo
11-quater, volta a sostituire la previsione del parere della Commissione
per l'infanzia con quello delle Commissioni parlamentari competenti.
Avverte
inoltre che sono pervenuti il parere favorevole con osservazioni del Comitato
per la legislazione e il parere favorevole della Commissione finanze.
Pino
PISICCHIO, relatore per la II Commissione,
concorda con le osservazioni del presidente Folena, sottolineando come
l'obiettivo sia quello di pervenire ad un
testo
unanimemente condiviso, in modo che le Commissioni riunite possano esprimere
una posizione politica forte e significativa, analoga a quella espressa
dal Senato con l'approvazione del provvedimento in esame. Ritiene quindi
che tutti i gruppi politici debbano compiere un'attenta riflessione in
tal senso.
Mario
PESCANTE (FI) ribadisce la propria disponibilità
a concentrare l'esame solo su alcune proposte emendative, ferma peraltro
l'esigenza di poter discuterne negli aspetti di merito.
Manlio
CONTENTO (AN) sottolinea l'opportunità
di valutare anche possibili modifiche da apportare all'articolo 8.
Pietro
FOLENA, presidente e relatore per la VII
Commissione, conferma che tra i temi da affrontare vi sono anche quelli
relativi alla disciplina di cui all'articolo 8, in particolare sul divieto
alle società sportive di corrispondere a soggetti destinatari di
provvedimenti restrittivi per reati commessi in occasione o a causa di
manifestazioni sportive, sovvenzioni e contributi e facilitazioni di qualsiasi
natura.
Nicola
BONO (AN) ritiene opportuno sospendere
la seduta per consentire ai componenti delle due Commissioni di prendere
visione degli emendamenti presentati, individuando eventualmente quelli
da mantenere.
Pietro
FOLENA, presidente e relatore per la VII
Commissione, concordando con la proposta del deputato Bono, anche in considerazione
del fatto che sono imminenti votazioni in Assemblea, sospende quindi la
seduta.
La seduta, sospesa alle 10.05, è ripresa alle 14.05.
Daniele
FARINA, presidente, avverte che è
stato richiesto che la pubblicità dei lavori sia assicurata anche
mediante impianto audiovisivo a circuito chiuso.
Non
essendovi obiezioni così rimane stabilito.
Avverte
inoltre che le Commissioni I e VIII hanno espresso i pareri di competenza
sul decreto-legge in esame.
Pietro
FOLENA, relatore per la VII Commissione,
illustra gli emendamenti da lui presentati, nonché quelli presentati
dal relatore per la II Commissione, temporaneamente impossibilitato a partecipare
alla seduta. Evidenzia innanzitutto che le Commissioni dovranno valutare
se optare per la proposta soppressiva dell'articolo 2-bis, formulata dal
relatore per la II Commissione con l'emendamento 2-bis.100; in questo caso
i relatori esprimerebbero quindi parere favorevole sugli identici emendamenti
Buemi 2-bis.9, Farina 2-bis.3 e Sgobio 2-bis.4. Si potrebbe altrimenti
considerare la proposta di una riformulazione dell'articolo 2-bis, comma
1, come invece da lui proposto con l'emendamento 2-bis.10, considerando
in questo caso anche i profili relativi alla pena prevista dal comma 2
stabiliti dall'emendamento Contento 2-bis.50, nonché la soppressione
del comma 3, secondo quanto richiesto dall'emendamento Pecorella 2-bis.8.
Su questo aspetto si rimette peraltro alla valutazione delle Commissioni.
Nicola
BONO (AN) riterrebbe opportuno che il
relatore indicasse su quali degli emendamenti presentati il parere è
favorevole.
Giuseppe
CONSOLO (AN) data la delicatezza delle
questioni delle quali si discute, propone di sospendere la seduta in attesa
del relatore per la II Commissione.
Daniele
FARINA, presidente, avverte che il presidente
Pisicchio, relatore per la II Commissione, è impossibilitato a partecipare
alla seduta solo per pochi minuti.
Pietro
FOLENA, relatore per la VII Commissione,
esprime parere favorevole sugli emendamenti identici Bono 1.2, Barbieri
1.3 e Contento 1.70, nonché sugli
emendamenti
Pecorella 1.8, Goisis 1.15, 2.21 e 2-ter.2, Farina 3.4 e Pescante 3.8,
a condizione che questo ultimo sia riformulato nel senso di prevedere che
la sanzione amministrativa sia sostituita da un'ammenda.
Mario
PESCANTE (FI) chiede, in riferimento al
suo emendamento 3.8, se nella riformulazione sia compresa anche la previsione
della pena detentiva.
Pietro
FOLENA, relatore per la VII Commissione,
conferma che la riformulazione si riferisce solo alla sostituzione tra
la sanzione amministrativa e l'ammenda. Invita quindi al ritiro dell'emendamento
Pecorella 7.5 in quanto ricompreso nell'emendamento del relatore per la
II Commissione 7.100, il quale peraltro potrebbe essere riformulato sostituendo
all'espressione «pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico»,
quella di «agente o ufficiale di polizia in servizio di istituto».
Il sottosegretario Luigi SCOTTI si sofferma sugli emendamenti all'articolo 7, comma 1, meglio precisare la nozione di servizio di ordine pubblico, eventualmente sostituendola con quella di attività di istituto in quanto, altrimenti, la disposizione avrebbe un ambito di applicazione eccessivamente ampio.
Pietro
FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione,
ritiene che in riferimento all'aspetto relativo alla espressione «servizio
d'istituto» si possa nel prosieguo dell'esame procedere ad una ulteriore
riflessione.
Raccomanda
quindi l'approvazione dell'articolo aggiuntivo da lui presentato 7.04 e
dell'emendamento 8.20; esprime parere favorevole sull'emendamento Goisis
9.1 e 9.6. Raccomanda altresì l'approvazione dei propri emendamenti
10.4, 11-bis.4, 11-bis.5 e 11-quater.3, esprimendo parere favorevole sull'emendamento
Bono 11-quater.2. Invita quindi al ritiro dei restanti emendamenti.
Emerenzio BARBIERI (UDC), essendo imminenti votazioni in Assemblea, riterrebbe opportuno che si definissero le modalità per l'ulteriore corso dell'esame del provvedimento.
Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, ritiene opportuno, prima di stabilire la programmazione del seguito dei lavori delle Commissioni, acquisire i pareri del Governo sugli emendamenti presentati.
Giuseppe CONSOLO (AN) ritiene pregiudiziale risolvere la questione della soppressione o modifica dell'articolo 2-bis, in riferimento sia al comma 1 che al comma 3.
Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, ribadisce l'opportunità che il Governo preliminarmente esprima il parere sugli emendamenti presentati.
Luciano CIOCCHETTI (UDC) riterrebbe opportuno conciliare le proposte emendative presentate dai relatori con alcuni emendamenti simili da lui presentati.
Il sottosegretario Luigi SCOTTI, con riferimento agli emendamenti all'articolo 2-bis e, segnatamente, alla questione della soppressione o modifica dello stesso, ritiene più opportuno che si proceda alla modifica del predetto articolo, seguendo le indicazioni contenute nel parere reso dalla Commissione Affari Costituzionali sul provvedimento in esame. In ordine agli altri emendamenti presentati, dichiara di rimettersi alle Commissioni.
Davide CAPARINI (LNP) chiede alcuni chiarimenti al rappresentante del Governo in riferimento alla sua posizione sul mantenimento dell'articolo 2-bis.
Il sottosegretario Luigi SCOTTI, nel replicare all'onorevole Caparini, precisa di ritenere l'articolo 2-bis, comma 2, inapplicabile e che per tale ragione debba essere soppresso. Il comma 1, invece, potrà essere modificato.
Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, ricorda come i relatori abbiano predisposto una serie di emendamenti al fine di raggiungere una convergenza unanime sulle modifiche da apportare al decreto-legge in esame. Da ciò deriva che gli emendamenti sui quali il presidente Folena ha espresso sinora parere favorevole, sono in realtà recuperati nell'ambito degli emendamenti dei relatori. Pertanto, per rendere proficuo il lavoro svolto dai presidenti, sembrerebbe opportuno formulare un invito al ritiro di tutti gli emendamenti diversi da quelli presentati dai relatori.
Mauro DEL BUE (DC-PS), ferma la disponibilità ad esprimere un giudizio favorevole complessivo sul provvedimento in esame, riterrebbe opportuno che si procedesse alla discussione nel merito degli emendamenti presentati. Si dichiara favorevole alla modifica e non alla soppressione dell'articolo 2-bis. Preannuncia quindi il ritiro del suo emendamento 11.1.
Antonio RUSCONI (Ulivo) ringrazia innanzitutto i relatori per il lavoro svolto, rilevando peraltro una certa preoccupazione per le proposte modificative presentate che rischiano di ritardare l'iter del provvedimento. Ritiene infatti che sarebbe un grave danno per il Paese se il Parlamento non riuscisse a convertire nei termini il provvedimento in esame. Auspica quindi che vi sia una spontanea disponibilità da parte di tutte le forze politiche a ridurre gli emendamenti di testimonianza, preannunciando la presentazione di un ordine del giorno nel corso dell'esame in Assemblea che impegni il Governo a definire in tempi rapidi una riforma organica della disciplina relativa al settore sportivo.
Manlio CONTENTO (AN) evidenzia come l'accordo circa la soppressione o la modifica dell'articolo 2-bis sia pregiudiziale e debba essere unanime. Propone, pertanto, che la questione sia posta subito in votazione.
Luciano CIOCCHETTI (UDC) si dichiara contrario alla soppressione dell'articolo 2-bis, ritenendo opportuna una sua riformulazione che sanzioni la presentazione di rappresentazioni offensive nel corso delle gare da parte delle tifoserie. In questo caso si dichiara disponibile a ritirare tutti gli emendamenti presentati, ad eccezione dell'emendamento Barbieri 11-quater.1 che sottoscrive.
Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, sottolinea come la questione posta dall'onorevole Contento sia effettivamente dirimente.
Davide CAPARINI (LNP) ribadisce l'opportunità di non procedere alla soppressione dell'articolo 2-bis ma ad una sua riformulazione. Preannuncia quindi che insiste per l'esame di tutti gli emendamenti presentati di cui è firmatario.
Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, in considerazione dell'imminenza delle votazioni in Assemblea, rinvia il seguito dell'esame ad altra seduta.
La seduta, sospesa alle 14.55, è ripresa alle 20.20.
Pietro
FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, avverte che i presentatori
hanno ritirato l'emendamento 9.8 e l'articolo aggiuntivo 11.01.
Propone
di accantonare gli emendamenti riferiti agli articoli 1 e 2 e di passare
all'esame di quelli riferiti all'articolo 2-bis.
Le Commissioni concordano.
Si passa all'esame dell'articolo 2-bis e degli emendamenti riferiti ad esso riferiti.
Il sottosegretario Luigi SCOTTI, alla luce del dibattito svoltosi nella precedente seduta pomeridiana, invita il relatore per la VII Commissione a riformulare il suo emendamento 2-bis.10 modificandone il contenuto e trasformandolo in emendamento interamente sostitutivo dell'articolo 2-bis. In particolare, salvo che costituisca più grave reato, si potrebbe punire con l'arresto da tre mesi a tre anni la condotta di chi, negli impianti sportivi, esponga striscioni, cartelli, simboli ed emblemi che, comunque, incitino alla violenza o che contengano insulti o minacce o esortino a compiere atti contrari alle leggi o alle disposizioni dell'autorità. Si dovrebbe, inoltre, precisare che resta fermo quanto previsto all'articolo 2, comma 1, del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 giugno 1993, n. 205.
Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, ritira il proprio emendamento 2-bis.10 e, accogliendo la proposta del rappresentante del Governo, presenta un nuovo emendamento 2-bis.200, interamente sostitutivo dell'articolo 2-bis (vedi allegato).
Pino PISICCHIO, relatore per la II Commissione, dichiara di condividere l'emendamento 2-bis.200.
Gaetano PECORELLA (FI) ritiene che l'emendamento 2-bis.200 debba essere riformulato, in quanto la fattispecie penale, come configurata, riguarda o comportamenti già penalmente puniti oppure forme di manifestazione del pensiero. Inoltre il riferimento a simboli ed emblemi rende la fattispecie indeterminata e l'ultimo periodo appare superfluo.
Il sottosegretario Luigi SCOTTI ritiene che l'emendamento non contenga elementi pleonastici o indeterminati, mentre l'ultimo periodo è stato inserito in considerazione dell'eliminazione del riferimento all'incitamento al razzismo contenuto nella formulazione originaria del decreto-legge.
Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, riterrebbe opportuno, convenendo con alcune delle indicazioni emerse, di sopprimere le parole da «o esortino» a «dell'autorità», verificando in questo modo la possibilità di trovare una posizione comune. Illustra quindi una nuova formulazione del suo emendamento 2-bis. 200 (vedi allegato).
Pino PISICCHIO, relatore per la II Commissione, a seguito dell'approvazione dell'emendamento 2-bis.200, come riformulato, che risolve una delle questioni più delicate del testo trasmesso dal Senato, invita i presentatori al ritiro di tutti gli emendamenti, raccomandando l'approvazione degli emendamenti dei relatori, sui quali vi è un sostanziale accordo tra tutti i gruppi
Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, constata l'assenza del deputato Cirielli, si intende abbia rinunciato agli emendamenti da lui presentati all'articolo 2-bis.
Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritira il proprio emendamento 2-bis. 9, accogliendo l'invito del relatore.
Luigi COGODI (RC-SE) ritira il proprio emendamento 2-bis. 3, accogliendo l'invito del relatore.
Nicola TRANFAGLIA (Com.It) ritira il proprio emendamento 2-bis. 4, accogliendo l'invito del relatore.
Le Commissioni approvano quindi l'emendamento 2-bis. 200, nuova formulazione (vedi allegato), restando preclusi i restanti emendamenti riferiti all'articolo 2-bis.
Si passa all'articolo 1 e agli emendamenti ad esso riferiti.
Nicola BONO (AN) ritira l'emendamento 1.1 di cui è firmatario.
Davide CAPARINI (LNP) chiede chiarimenti in riferimento alla esigenza di modificare la terminologia prevista dal comma 1 con riferimento all'espressione «a porte chiuse» con quella «in assenza di pubblico».
Nicola BONO (AN) dichiara di ritirare il proprio emendamento 1.1.
Davide CAPARINI (LNP) chiede chiarimenti sull'emendamento 1.2 e, in particolare, sul motivo per il quale l'espressione «a porte chiuse» dovrebbe essere sostituita dalle parole «in assenza di pubblico».
Gaetano PECORELLA (FI) precisa che l'emendamento 1.2 ha lo scopo di chiarire che possono fare ingresso nello stadio soggetti diversi dal pubblico quali, a titolo esemplificativo, i giornalisti e i cameraman.
Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, rileva che l'esigenza di modificare quel riferimento è stata rappresentata anche dal Comitato per la legislazione nel parere approvato.
La Commissione approva quindi gli identici emendamenti 1.2, 1.3 e 1.70.
Davide CAPARINI (LNP) ritira l'emendamento 1.4, di cui è cofirmatario, chiedendo chiarimenti al Governo in riferimento all'invito al ritiro dell'emendamento 1.5, di cui è firmatario.
Il sottosegretario Giovanni LOLLI precisa che vi è la disponibilità del Governo ad affrontare interventi di modifica sistematica della disciplina relativa agli stadi, rilevando peraltro che il provvedimento in esame ha natura emergenziale.
Davide CAPARINI (LNP) riterrebbe opportuno che il Governo e il Parlamento procedessero all'approvazione di una riforma strutturale degli stadi. Preannuncia quindi la presentazione di un ordine del giorno in Assemblea in cui si impegni il Governo ad adoperarsi in questo senso. Ritira quindi i propri emendamenti 1.5 e 1.6.
Gaetano PECORELLA (FI) ritira il proprio emendamento 1.7.
Il sottosegretario Luigi SCOTTI invita altresì al ritiro dell'emendamento 1.8 Pecorella.
Gaetano PECORELLA (FI) insiste per la votazione del proprio emendamento 1.8, volte a chiarire la portata della norma.
Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, ricorda di aver espresso parere favorevole sull'emendamento in esame proprio in riferimento a questa esigenza. Si rimette in ogni caso alla valutazione delle Commissioni.
Le Commissioni approvano quindi l'emendamento 1.8 Pecorella.
Luciano CIOCCHETTI (UDC) ritira il proprio emendamento 1.20.
Luigi COGODI (RC-SE) ritira tutti gli emendamenti di cui è firmatario riferiti all'articolo 1.
Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, constata l'assenza del deputato Del Bue, si intende abbia rinunciato ai suoi emendamenti.
Emerenzio BARBIERI (UDC) riterrebbe opportuno che le Commissioni procedessero all'approvazione dell'emendamento 1.11 da lui presentato, rilevando che si tratta di un aspetto volto ad una migliore chiarificazione dal punto di vista formale della disposizione dell'articolo 1, comma 2, capoverso 7-bis.
Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, precisa che l'invito al ritiro dell'emendamento 1.11, deriva dall'esigenza di limitare, da parte di tutte le forze politiche, le proposte modificative presentate in modo da non ostacolare l'approvazione del provvedimento in esame.
Emerenzio
BARBIERI (UDC) ritira quindi il proprio emendamento 1.11. Preannuncia peraltro
la presentazione di
un
ordine del giorno in Assemblea avente analogo contenuto.
Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, constata l'assenza dei deputati Pescante, Aracu, Di Centa, Garagnani, Romagnoli, Luciano Rossi, Carlucci e Ricevuto, si intende abbiano rinunciato agli emendamenti presentati riferiti all'articolo 1, nonché all'emendamento 2.14.
Davide CAPARINI (LNP) ritira gli emendamenti 1.14 e 1.15 di cui è cofirmatario.
Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, constata l'assenza del deputato Contento, si intende abbia rinunciato al suo emendamento 1.71.
Si passa quindi all'articolo 2 e agli emendamenti ad esso riferiti.
Nicola BONO (AN) sottoscrive gli emendamenti Cirielli riferiti all'articolo 2, che ritira.
Il sottosegretario Luigi SCOTTI invita al ritiro dell'emendamento 2.40 Buemi, in considerazione che fatto che è allo studio del Governo un disegno di legge sulla medesima materia.
Enrico BUEMI (RosanelPugno) insiste perché sia posto in votazione il proprio emendamento 2.40.
La Commissione respinge quindi l'emendamento Buemi 2.40.
Luigi COGODI (RC-SE) ritira l'emendamento 2.1 di cui è cofirmatario.
Gaetano PECORELLA (FI) ritira il proprio emendamento 2.2.
Nicola BONO (AN) ritira l'emendamento 2.3 di cui è cofirmatario.
Enrico BUEMI (RosanelPugno) insiste per la votazione del proprio emendamento 2.43.
Le Commissioni respingono quindi l'emendamento 2.43.
Nicola TRANFAGLIA (Com.It) ritira gli emendamenti 2.4, 2.7, 2.8, 2.11, di cui è cofirmatario.
Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritira il proprio emendamento 2.44, insistendo per la votazione del suo emendamento 2.42.
Le Commissioni respingono quindi l'emendamento 2.42.
Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritira i propri emendamenti 2.41 e 2.45.
Gaetano PECORELLA (FI) ritira il proprio emendamento 2.5.
Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, constata l'assenza della deputato Lussana, si intende abbia rinunciato ai propri emendamenti 2.6, 2.9, 2.12 e 2.13.
Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritira i propri emendamenti 2.46 e 2.47.
Gaetano PECORELLA (FI) ritira il proprio emendamento 2.10.
Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritira il proprio emendamento 2.48.
Luciano CIOCCHETTI (UDC) ritira il proprio emendamento 2.50.
Enrico BUEMI (RosanelPugno) insiste per la votazione del proprio emendamento 2.97.
Le Commissioni respingono quindi l'emendamento Buemi 2.97.
Davide CAPARINI (LNP) ritira i propri emendamenti 2.15 e 2.16. In riferimento all'invito al ritiro dell'emendamento 2.17,
Davide CAPARINI (LNP) ritira i propri emendamenti 2.15 e 2.16. In riferimento all'invito al ritiro dell'emendamento 2.17, di cui è cofirmatario, accede alla richiesta del relatore, riservandosi di ripresentarlo in Assemblea tenuto conto della sua importanza.
Pietro FOLENA, presidente e relatore per la VII Commissione, avverte che sono imminenti votazioni in Assemblea. Rinvia quindi il seguito dell'esame del provvedimento ad altra seduta.
La seduta termina alle 21.
CAMERA
DEI DEPUTATI - XV LEGISLATURA
Resoconto
della I Commissione permanente
(Affari
costituzionali, della Presidenza del Consiglio e Interni)
La
seduta comincia alle 13.50.
D.L.
8/2007: Misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni
di violenza connessi a competizioni calcistiche.
C.
2340 Governo, approvato dal Senato.
(Parere
alle Commissioni II e VII).
(Esame
e conclusione - Parere favorevole con condizione e osservazione).
Alessandro
NACCARATO (Ulivo), relatore, illustra
il contenuto del provvedimento in titolo, rilevando che le disposizioni
da esso recate appaiono in primo luogo riconducibili alla materia «giurisdizione
e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa»,
rientrante nell'ambito della potestà legislativa esclusiva dello
Stato, ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera l) della Costituzione.
Osserva quindi che il provvedimento in esame contiene una serie di misure
finalizzate ad assicurare l'ordine e la sicurezza pubblica in occasione
delle manifestazioni sportive, rientranti nella materia «ordine pubblico
e sicurezza» attribuite alla potestà legislativa esclusiva
dello Stato, ai sensi dell'articolo 117, comma 2, lettera h) della Costituzione.
Rileva infine che alla medesima finalità di tutela dell'ordine pubblico
e della sicurezza sono, altresì, collegabili le ulteriori disposizioni
del provvedimento che, sebbene riconducibili alle materie «ordinamento
sportivo» e «ordinamento della comunicazione», che l'articolo
117, terzo comma, della Costituzione annovera tra le materie di competenza
legislativa concorrente, sono comunque anch'esse dirette ad arginare fenomeni
di violenza connessi allo svolgimento di manifestazioni sportive.
Si
sofferma quindi sui commi 1 e 2 dell'articolo 2-bis del decreto-legge,
che introducono uno specifico reato di natura contravvenzionale, volto
a sanzionare comportamenti riferibili ad organizzazioni di sostenitori,
i cui partecipi siano stati condannati per reati commessi in occasione
di manifestazioni sportive. Al riguardo rileva che l'assenza di termini
rigorosi nella definizione delle condotte vietate determina la introduzione
nell'ordinamento di una fattispecie penale dai contorni indeterminati,
rispetto alla quale non è chiara la individuazione del bene meritevole
di tutela giuridica sotto il profilo penale (come
in effetti avevo già da tempo commentato: l'articolo era oscuro,
n.d.L.).
Con
riferimento poi alla sanzione prevista all'articolo 7, comma 1, capoverso
«articolo 583-quater», che introduce l'articolo 583-quater
del codice penale, osserva che essa può portare all'applicazione
della pena della reclusione fino a diciotto anni nel caso di lesioni personali
gravissime procurate ad un pubblico ufficiale, analogamente a quanto previsto
per la commissione di più gravi reati contro la persona (come
in effetti avevo già osservato, non si possono punire le lesioni
gravissime come l'omicidio, n.d.L.).
Propone
pertanto l'espressione di un parere favorevole con la condizione che i
commi 1 e 2 dell'articolo 2-bis del decreto-legge siano riformulati introducendo
una disciplina rigorosa della condotta che si assume vietata, in modo da
individuare il bene meritevole di tutela giuridica, e con un'osservazione
volta a suggerire alle Commissioni di merito l'opportunità di prevedere,
all'articolo 7 del decreto-legge, che la pena stabilita per il reato di
cui al nuovo articolo 583-quater del codice penale sia definita in termini
di maggiore ragionevolezza, anche tenendo presente l'entità delle
altre pene previste per i reati contro la persona.
Nessuno
chiedendo di intervenire il Comitato approva la proposta di parere del
relatore (vedi allegato 1).
I
Commissione - Giovedì 15 marzo 2007
ALLEGATO 1
D.L.
8/2007: Misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni
di violenza connessi a competizioni calcistiche (C. 2340 Governo, approvato
dal Senato).
PARERE
APPROVATO
Il
Comitato permanente per i pareri della I Commissione,
esaminato
il testo del disegno di legge C. 2340 Governo, approvato, con modificazioni,
dal Senato, di conversione del decreto legge n. 8 del 2007 recante Misure
urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi
a competizioni calcistiche,
rilevato
che le disposizioni da esso recate appaiono in primo luogo riconducibili
alla materia «giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile
e penale; giustizia amministrativa», rientrante nell'ambito della
potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi dell'articolo
117, comma 2, lettera l) della Costituzione,
osservato
che il decreto legge in esame contiene, inoltre, una serie di misure finalizzate
ad assicurare l'ordine e la sicurezza pubblica in occasione delle manifestazioni
sportive, rientranti nella materia «ordine pubblico e sicurezza»
attribuite alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, ai sensi
dell'articolo 117, comma 2, lettera h) della Costituzione,
rilevato
che alla medesima finalità di tutela dell'ordine pubblico e della
sicurezza sono, altresì, collegabili le ulteriori disposizioni del
provvedimento che, sebbene riconducibili alle materie «ordinamento
sportivo» e «ordinamento della comunicazione», che l'articolo
117, terzo comma, della Costituzione annovera tra le materie di competenza
legislativa concorrente, sono comunque anch'esse dirette ad arginare fenomeni
di violenza connessi allo svolgimento di manifestazioni sportive,
osservato,
in particolare, che i commi 1 e 2 dell'articolo 2-bis del decreto-legge
introducono uno specifico reato di natura contravvenzionale, volto a sanzionare
comportamenti riferibili ad organizzazioni di sostenitori, i cui partecipi
siano stati condannati per reati commessi in occasione di manifestazioni
sportive,
considerato
che l'assenza di termini rigorosi nella definizione delle condotte vietate
determina la introduzione nell'ordinamento di una fattispecie penale dai
contorni indeterminati, rispetto alla quale non è chiara la individuazione
del bene meritevole di tutela giuridica sotto il profilo penale,
rilevato
inoltre che la previsione relativa alla sanzione prevista all'articolo
7, comma 1, capoverso «articolo 583-quater», che introduce
l'articolo 583-quater del codice penale, può portare all'applicazione
della pena della reclusione fino a diciotto anni nel caso di lesioni personali
gravissime procurate ad un pubblico ufficiale, analogamente a quanto previsto
per la commissione di più gravi reati contro la persona,
esprime
PARERE FAVOREVOLE
con
la seguente condizione:
siano
riformulati i commi 1 e 2 dell'articolo 2-bis del decreto-legge, mediante
una disciplina rigorosa della condotta che si assume vietata, in modo da
individuare il bene meritevole di tutela giuridica
e
con la seguente osservazione:
valutino
le Commissioni di merito l'opportunità di prevedere, all'articolo
7 del decreto-legge, che la pena stabilita per il reato di cui all'articolo
583-quater del codice penale sia definita in termini di maggiore ragionevolezza,
anche tenendo presente l'entità delle altre pene previste per i
reati contro la persona.
SEDE
REFERENTE
Lunedì
19 marzo 2007. - Presidenza del presidente Pino PISICCHIO, indi del vicepresidente
Daniele FARINA. - Intervengono il sottosegretario di Stato per la giustizia
Luigi Scotti e il sottosegretario di Stato per le politiche giovanili e
le attività sportive Giovanni Lolli.
La seduta comincia alle 19.
DL
8/2007: Misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni
di violenza connessi a competizioni calcistiche.
C.
2340 Governo, approvato dal Senato.
(Seguito
dell'esame e conclusione).
La Commissioni proseguono l'esame del provvedimento, rinviato nella seduta del 15 marzo 2007.
Pino PISICCHIO, presidente, ricorda che nella seduta di giovedì 15 marzo scorso sono stati esaminati gli emendamenti presentati agli articoli 1 e 2-bis ed è iniziato l'esame degli emendamenti presentati all'articolo 2. Pone, pertanto, in votazione l'emendamento Goisis 2.18.
Le Commissioni respingono l'emendamento Goisis 2.18.
Davide CAPARINI (LNP) ritira gli emendamenti 2.19 e 2.20, dei quali è cofirmatario.
Le Commissioni approvano l'emendamento Goisis 2.21.
Davide CAPARINI (LNP) ritira gli emendamenti 2.22, 2.23 e 2.24, dei quali è cofirmatario.
Manlio CONTENTO (AN) ritira il proprio emendamento 2.60.
Davide
CAPARINI (LNP) ritira gli emendamenti 2.25, 2.26, 2.27, 2.28, 2.29, 2.30,
2.31, 2.32, 2.33 e 2.34, dei quali è cofirmatario. Per quanto concerne
l'articolo aggiuntivo 2.01 riterrebbe opportuno che il Governo lo accogliesse,
in quanto volto a migliorare il testo del decreto in esame.
Pino
PISICCHIO, presidente, avverte che è stato richiesto che la pubblicità
dei lavori sia assicurata anche mediante impianto audiovisivo a circuito
chiuso.
Non
essendovi obiezioni così rimane stabilito.
Mario PESCANTE (FI) concorda con l'importanza di un intervento normativo che già nel decreto-legge qualifichi adeguatamente il ruolo e i poteri degli steward. Si tratta in particolare di prevedere le norme che consentano agli addetti alla sicurezza negli stadi di controllare che le persone indicate nel biglietto siedano effettivamente nei posti loro assegnati.
Il sottosegretario Luigi SCOTTI, replicando all'onorevole Caparini, dichiara la piena disponibilità del Governo ad approfondire la questione con la massima attenzione, anche accogliendo un eventuale ordine del giorno sulla materia oggetto dell'articolo aggiuntivo 2.01.
Manlio CONTENTO (AN) sottolinea come il decreto ministeriale che attribuisce funzioni agli addetti alla sicurezza non possa superare il limite costituito dalla riserva di legge. Sottolinea quindi la delicatezza del compito di definire le funzioni degli addetti alla sicurezza di cui all'articolo aggiuntivo 2.01.
Luciano CIOCCHETTI (UDC) ritiene che il tema affrontato dall'articolo aggiuntivo in esame sia centrale, perché consentirebbe agli steward di coadiuvare le forze dell'ordine all'interno degli stadi nel mantenimento delle condizioni di sicurezza. È opportuno che sul punto si svolga una riflessione approfondita.
Davide CAPARINI (LNP) alla luce delle considerazioni espresse dal sottosegretario Scotti, ritira l'articolo aggiuntivo 2.01 di cui è cofirmatario, riservandosi di trasformarlo in un ordine del giorno per l'Assemblea. Ritira quindi anche l'emendamento 2-ter di cui è cofirmatario.
Il sottosegretario Giovanni LOLLI evidenzia, in riferimento all'emendamento 2-ter.10 presentato dal relatore per la VII Commissione, l'opportunità di non gravare il provvedimento di modifiche, che pure avrebbero un senso ampiamente giustificato. Si rimette quindi alle Commissioni sull'emendamento in esame.
Pietro FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, pur ritenendo opportuno prevedere un ruolo adeguato per il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive nell'ambito della determinazione delle ulteriori norme da adottare per l'attuazione del decreto in esame, prende atto delle considerazioni del rappresentante del Governo e ritira il proprio emendamento 2-ter.10.
Davide CAPARINI (LNP) ribadisce l'opportunità di disciplinare il ruolo degli addetti alla sicurezza nel provvedimento in esame per renderne le disposizioni più adeguate ad una effettiva attività di controllo. Chiede quindi chiarimenti al Governo in merito all'invito al ritiro dell'emendamento 2-ter.2 di cui è cofirmatario.
Mario PESCANTE (FI) evidenzia che è già prevista attualmente l'affissione all'ingresso delle strutture del regolamento d'uso degli stadi, con la traduzione in più lingue. Ribadisce quindi l'esigenza di disciplinare il ruolo degli steward, come d'altra parte la UEFA chiederà al Governo italiano di fare a breve.
Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritiene che la soluzione del problema di chi debba svolgere le funzioni di ordine pubblico debba essere preliminarmente risolto se si vuole risolvere realmente la questione della violenza negli stadi. A tale fine, occorrerebbe anche responsabilizzare concretamente le società calcistiche.
Il
sottosegretario Luigi SCOTTI sottolinea che la questione dell'individuazione
di soggetti privati ai quali attribuire compiti inerenti al rispetto negli
stadi delle norme
di
ordine pubblico debba essere risolta in via generale e non solamente in
relazione alle violenze in occasione di manifestazioni sportive. Si tratta
di una questione estremamente seria alla quale il Governo deve prestare
una dovuta attenzione.
Pietro FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, esprime complessivamente un giudizio positivo sull'emendamento 2-ter.2, ribadendo l'auspicio di un suo ritiro da parte dei presentatori e di una conseguente trasformazione in un ordine del giorno in Assemblea.
Davide CAPARINI (LNP) ritira quindi l'emendamento 2-ter.2 di cui è cofirmatario, preannunciando la presentazione di un ordine del giorno in Assemblea. Ritira altresì gli emendamenti 2-ter.3, 2-ter.5, 2-ter.6, 2-ter.7, 2-ter.8 e 2-ter.9 di cui è cofirmatario.
Pino PISICCHIO, presidente, avverte che, in considerazione dell'assenza del presentatore dell'emendamento 2-ter.4, si considera che lo stesso vi abbia rinunciato.
Si passa quindi all'esame dell'articolo 3 e degli emendamenti ad esso riferiti.
Silvio CRAPOLICCHIO (Com.It) ritira il proprio emendamento 3.1.
Daniele FARINA (RC-SE) ritira il proprio emendamento 3.2.
Silvio CRAPOLICCHIO (Com.It) ritira il proprio emendamento 3.3.
Le Commissioni approvano l'emendamento Farina 3.4.
Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritira il proprio emendamento 3.20.
Pino PISICCHIO, presidente, avverte che, in considerazione dell'assenza del presentatore dell'emendamento 3.5, si considera che lo stesso vi abbia rinunciato.
Daniele FARINA (RC-SE) ritira il proprio emendamento 3.6.
Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritira il proprio emendamento 3.21.
Luciano CIOCCHETTI (UDC) ritira il proprio emendamento 3.30.
Pino PISICCHIO, presidente, avverte che, in considerazione dell'assenza del presentatore dell'emendamento 3.7, si considera che lo stesso vi abbia rinunciato. Con riferimento all'emendamento 3.8, dopo aver ricordato che nella scorsa seduta il presentatore, onorevole Pescante, ha dichiarato di essere favorevole a riformularlo nel senso di sostituire il riferimento alla sanzione amministrativa con quello alla pena dell'ammenda, chiede al medesimo se non intenda riformularlo coordinandolo con quanto previsto dal comma 1, dell'articolo 6-bis della legge n. 401 del 1989, così come modificato dal Senato, ai sensi del comma 1, dell'articolo 3 del decreto-legge in esame. In particolare, osserva che in tale disposizione l'aggravante si realizza non quando dal fatto derivi il mancato regolare inizio della competizione calcistica, bensì anche quando vi sia un ritardo rilevante dell'inizio della stessa.
Mario PESCANTE (FI) accoglie la proposta di riformulazione del relatore per la II Commissione, raccomandando l'approvazione del suo emendamento 3.8, come riformulato.
Le Commissioni approvano quindi l'emendamento Pescante 3.8, nuova formulazione (vedi allegato).
Nicola TRANFAGLIA (Com.It) ritira i propri emendamenti 3.9 e 3.11.
Daniele FARINA (RC-SE) ritira i propri emendamenti 3.10 e 3.12.
Pino PISICCHIO, presidente, avverte che, in considerazione dell'assenza del presentatore dell'emendamento 3.13, si considera che lo stesso vi abbia rinunciato.
Si passa all'esame dell'articolo 3-bis e degli emendamenti ad esso riferiti
Manlio CONTENTO (AN) ritira il proprio emendamento 3-bis.1.
Il sottosegretario Giovanni LOLLI ribadisce l'invito al ritiro dell'emendamento 3-bis.11, ribadendo che le norme contenute nel decreto, già consentono di distinguere comportamenti diversamente violenti.
Si passa all'esame dell'articolo 4 e degli emendamenti ad esso riferiti (SULLA FLAGRANZA DIFFERITA)
Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritira il proprio emendamento 4.9.
Daniele FARINA (RC-SE) ritira i propri emendamenti 4.1 e 4.2.
Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritira il proprio emendamento 4.11.
Pino PISICCHIO, presidente, avverte che, in considerazione dell'assenza dei presentatori degli emendamenti 4.3, 4.4 e 4.6, si intende che gli stessi vi abbiano rinunciato.
Silvio CRAPOLICCHIO (Com.It) ritira gli emendamenti 4.5, 4.7 e 4.8, di cui è cofirmatario.
Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritira il proprio emendamenti 4.13.
Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 4.100, il quale estende al 30 giugno 2010 l'efficacia della norma che prevede la flagranza differita, evitando in tal modo di stabilizzare l'istituto in questione, come è invece previsto dal decreto-legge.
Luciano CIOCCHETTI (UDC) preannuncia il voto favorevole sull'emendamento del relatore per la II Commissione 4.100, precisando che si tratta di una scelta finalizzata solo a consentire la conversione del provvedimento in esame in tempi rapidi.
Davide CAPARINI (LNP) preannuncia, anche a nome dei deputati del gruppo cui appartiene, il voto favorevole sull'emendamento 4.100 che introduce una norma speciale a cui è necessario adeguarsi solo per motivi emergenziali.
Enrico BUEMI (RosanelPugno), con riferimento all'emendamento 4.100, ritiene assolutamente opportuno mantenere il carattere temporaneo della flagranza differita ricordando come tale istituto si ponga ai confini della costituzionalità, i quali, anzi, dovrebbero essere ritenuti superati nel caso di stabilizzazione dell'istituto.
Daniele FARINA (RC-SE) concorda circa l'esigenza di mantenere la provvisorietà della flagranza differita, qualora non si ritenesse, come sarebbe opportuno, sopprimere tale istituto.
Paolo GAMBESCIA (Ulivo) sottolinea l'implicita pericolosità dell'istituto della flagranza differita, ricordando che si tratta di un istituto introdotto nel 2003 nell'ordinamento sotto spinte emergenziali legate all'inasprirsi delle violenze in occasione di manifestazioni sportive. Ricondotto correttamente in tale contesto, il predetto istituto deve a maggior ragione mantenere il proprio carattere di eccezionalità e temporaneità.
Mario PESCANTE (FI) preannuncia il voto favorevole sull'emendamento 4.100, pur ricordando che molti sostenitori della norma in esame sono stati contrari, nel corso della passata legislatura, anche alla previsione di un termine di 36 ore.
Manlio CONTENTO (AN) esprime riserve in merito all'istituto della flagranza differita, ricordando che si tratta di una soluzione di compromesso per consentire, anche in condizioni non agevoli per un intervento da parte delle forze dell'ordine, di identificare i responsabili di azioni violente. Quindi occorre comprendere che la forzatura costituita dalla flagranza differita à necessaria finché non si trovi un rimedio più appropriato.
Le Commissioni approvano l'emendamento del relatore 4.100.
Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritira i propri emendamenti 4.12 e 5.2.
Si passa all'esame dell'articolo 5 e degli emendamenti ad esso riferiti
Pino PISICCHIO, presidente, avverte che, in considerazione dell'assenza del presentatore dell'emendamento 5.1, si considera che lo stesso vi abbia rinunciato.
Si passa all'esame dell'articolo 4 e degli emendamenti ad esso riferiti
Silvio CRAPOLICCHIO (Com.It) ritira l'emendamento 6.1, del quale è cofirmatario.
Daniele FARINA (RC-SE) ritira il proprio emendamento 6.2.
Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritira il proprio emendamento 6.3.
Si passa all'esame dell'articolo 7 e degli emendamenti ad esso riferiti
Daniele FARINA (RC-SE) ritira i propri emendamenti 7.1, 7.2 e 7.3.
Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, riformula il proprio emendamento 7.100 nel senso di limitarne l'applicazione all'ipotesi in cui le lesioni gravi o gravissime siano cagionate al pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico in occasione di manifestazioni sportive (vedi allegato). Per quanto attiene alla corretta individuazione del soggetto passivo della circostanza aggravante in questione, ritiene che sia opportuno procedere nel corso dell'esame in Assemblea ad una riformulazione della disposizione, al fine di evitare qualsiasi dubbio interpretativo della sua esclusiva applicabilità nel caso in cui la lesione sia cagionata ad agenti o pubblici ufficiali delle forze dell'ordine.
Manlio CONTENTO (AN) pur confermando la volontà di contribuire al raggiungimento di un accordo anche sulle modifiche da apportare all'articolo 7, manifesta forti perplessità sull'opportunità di circoscrivere l'ambito di applicazione della norma in questione alle sole manifestazioni sportive.
Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, nel replicare all'onorevole Contento, osserva che la scelta di circoscrivere l'ipotesi aggravante in questione ai soli casi in cui le lesioni siano cagionate in occasione di manifestazioni sportive è legata ad una consapevole scelta di politica criminale volta a dare una risposta immediata e forte al sempre più crescente fenomeno della violenza in occasione di manifestazioni sportive.
Luciano CIOCCHETTI (UDC) avrebbe ritenuto opportuno non circoscrivere l'ambito di efficacia della norma in esame, che prevede tra l'altro una diminuzione delle pene. Preannuncia quindi un voto favorevole sull'emendamento 7.100, solo per favorire una rapida approvazione del provvedimento.
Rosa SUPPA (Ulivo) concordando con quanto sottolineato dal relatore per la II Commissione, evidenzia l'esigenza che l'aggravante in questione sia circoscritta alle ipotesi in cui la condotta violenta si verifichi in occasione di manifestazioni sportive. Ciò appare conforme alla ratio emergenziale del decreto-legge in esame.
Silvio CRAPOLICCHIO (Com.It) considera opportuna ed appropriata la riformulazione dell'emendamento 7.100 del relatore per la II Commissione.
Luigi COGODI (RC-SE) ritiene che la nuova formulazione dell'emendamento 7.100 ha il pregio di essere coerente con la ratio del provvedimento in esame. In un secondo momento sarà, peraltro, opportuno discutere in modo approfondito dell'adeguatezza delle sanzioni previste e, quindi, di quale sia il più corretto bilanciamento degli interessi in gioco.
Enrico BUEMI (RosanelPugno) ritiene che l'emendamento 7.100 debba essere ulteriormente circoscritto nel suo ambito di applicazione, in modo tale da renderlo conforme al principio di proporzionalità tra condotta illecita e sanzione.
Le Commissioni approvano l'emendamento del relatore 7.100 (nuova formulazione).
Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, avverte che a seguito dell'approvazione dell'emendamento 7.100, gli emendamenti 7.4, 7.5 e 7.6 non saranno posti in votazione.
Manlio CONTENTO (AN) ritira il proprio emendamento 7.8.
Pietro FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, raccomanda l'approvazione del proprio articolo aggiuntivo 7.04, nuova formulazione (vedi allegato) volto a favorire la sospensione del processo da parte del giudice e l'applicazione di misure sostitutive di utilità sociale. Ribadisce che si tratta di una norma volta a dare certezza alla punizione di chi delinque, nel caso specifico delle violazioni previste dal decreto in esame, con esclusione di quelle che recano danno alle persone, ma al contempo con una funzione rieducativa della misura repressiva.
Il sottosegretario Luigi SCOTTI preliminarmente fa presente che è allo studio del Governo un disegno di legge di modifica del codice di procedura penale che affronta la materia dell'affidamento in prova, oggetto dell'articolo aggiuntivo 7.04 (nuova formulazione) in relazione ai soli reati commessi in occasione di manifestazioni sportive. Sottolinea, quindi, come il decreto-legge in esame, anche per il suo carattere emergenziale, non appaia lo strumento più idoneo per applicare per la prima volta agli adulti un istituto del processo minorile. Pertanto, pur condividendo pienamente il principio alla base della proposta emendativa in esame, invita il relatore a trasformare l'emendamento in ordine del giorno in Assemblea.
Manlio CONTENTO (AN) manifesta perplessità circa l'opportunità, anche ai sensi dell'articolo 3 della Costituzione, di introdurre una normativa come quella prevista nell'articolo aggiuntivo 7.04, come riformulato.
Silvio CRAPOLICCHIO (Com.It), anche per ragioni di ordine sistematico, ritiene preferibile che la materia di cui all'articolo aggiuntivo 7.04 sia disciplinata nel codice di procedura penale.
Alessandro MARAN (Ulivo) ritiene condivisibili le osservazioni del rappresentante del Governo dichiarandosi disponibile a sottoscrivere un eventuale ordine del giorno.
Mario PESCANTE (FI) riterrebbe opportuno che il contenuto dell'articolo aggiuntivo fosse trasformato in un ordine del giorno, sottoscritto da tutte le forze politiche.
Luigi COGODI (RC-SE) non riterrebbe incoerente introdurre la disciplina di cui all'articolo aggiuntivo 7.04 come riformulato nel decreto-legge in esame.
Pietro
FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, prende atto con rammarico
delle posizioni contrarie del rappresentante Governo e dei rappresentanti
dei gruppi intervenuti, ribadendo che gli argomenti a sostegno dell'invito
al ritiro dell'articolo aggiuntivo 7.04, come da lui riformulato, non appaiono
comunque convincenti. Ribadisce, infatti, che in un provvedimento in cui
si prevede un aggravante di pena solo per ipotesi di reato legate a manifestazioni
sportive e si vota la vigenza
temporanea
della cosiddetta quasi flagranza, ampliandone la portata a 48 ore, la norma
da lui presentata si pone in linea con gli interventi emergenziali e non
appare in alcun modo in contrasto con il principio di uguaglianza previsto
dalla Costituzione. Si applica infatti la sospensione del processo e l'applicazione
della misura sostituiva in un momento antecedente alla previsione della
pena da parte del giudice.
Ritira
comunque l'articolo aggiuntivo 7.04, come riformulato, riservandosi di
presentare in Assemblea un ordine del giorno, pur nella consapevolezza
che lo stesso non avrà certo la stessa efficacia normativa.
Mario PESCANTE (FI) ritira i propri articoli aggiuntivi 7.01 e 7.02.
Manlio CONTENTO (AN) ritira il proprio articolo aggiuntivo 7.03.
Si passa all'esame dell'articolo 8 e degli emendamenti ad esso riferiti
Davide CAPARINI (LNP) ritira l'emendamento 8.1, del quale è cofirmatario.
Pino PISICCHIO, presidente, avverte che il relatore per la VII Commissione ha presentato una nuova formulazione dell'emendamento 8.20 (vedi allegato).
Pietro FOLENA, relatore per la VII Commissione, raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 8.20 come riformulato avvertendo che, nel caso in cui fosse approvato, risulterebbero preclusi gli emendamenti Ciocchetti 8.7 e 8.9, vertenti su analoga materia.
Le Commissioni approvano l'emendamento del relatore per la VII Commissione 8.20 (nuova formulazione).
Pino PISICCHIO, presidente, avverte che in seguito all'approvazione dell'emendamento 8.20 (nuova formulazione) l'emendamento Ciocchetti 8.7 non sarà posto in votazione.
Davide CAPARINI (LNP) ritira l'emendamento 8.2, del quale è cofirmatario.
Luciano CIOCCHETTI (UDC) ritira il proprio emendamento 8.8.
Davide CAPARINI (LNP) ritira l'emendamento 8.3, del quale è cofirmatario.
Pino PISICCHIO, presidente, avverte che in seguito all'approvazione dell'emendamento 8.20 (nuova formulazione) l'emendamento Ciocchetti 8.9 non sarà posto in votazione.
Davide CAPARINI (LNP) ritira le proposte emendative 8.4, 8.01 e 9.1, delle quali è cofirmatario.
Si passa all'esame dell'articolo 9 e degli emendamenti ad esso riferiti.
Pino PISICCHIO, presidente, avverte che, in considerazione dell'assenza del presentatore dell'emendamento 9.2, si considera che lo stesso vi abbia rinunciato.
Davide CAPARINI (LNP) ritira gli emendamenti 9.3, 9.4 e 9.5, dei quali è cofirmatario.
Pietro FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, precisa che sono previste già sanzioni penali nei confronti di chi induce alla violenza nell'ambito del decreto. Precisa inoltre che vi sono aspetti attinenti al settore della giustizia sportiva che nulla hanno a che vedere con il testo in esame.
Il sottosegretario Luigi SCOTTI sull'emendamento Goisis 9.6 si rimette alla Commissione.
Le Commissioni approvano l'emendamento Goisis 9.6.
Davide CAPARINI (LNP) ritira gli emendamenti 9.7, 9.8, 9.9, 9.10, nonché gli articoli aggiuntivi 9.01 e 9.02, dei quali è cofirmatario.
Si passa all'esame dell'articolo 10 e degli emendamenti ad esso riferiti
Pino PISICCHIO, presidente, avverte che il relatore per la VII Commissione ha presentato una nuova riformulazione dell'emendamento 10.4 (vedi allegato).
Pietro FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, illustra l'emendamento 10.4 nella nuova formulazione da lui presentata
Mario PESCANTE (FI) non concorda con la proposta di riformulazione del relatore.
Il sottosegretario Giovanni LOLLI, in riferimento all'emendamento 10.4 come riformulato, osserva, innanzitutto, l'esigenza di mantenere la discussione sul piano della proposta normativa e non di scadere in valutazioni come quelle emerse sulla stampa nel corso dei giorni passati. Ribadisce che non vi è l'intendimento del Governo, con l'intervento in esame, di alleggerire in qualche misura la portata delle norme previste dal decreto come approvato dal Senato. Ricorda infatti che molti degli interventi richiesti dalla legge sono stati di fatto già svolti; con la formulazione proposta dal relatore per la VII Commissione si tornerebbe invece all'indicazione originaria prevista dal Governo, con l'ulteriore previsione che dagli interventi non vi siano oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica.
Manlio CONTENTO (AN) sull'emendamento 10.4 (nuova formulazione) ritiene che qualora non venisse inserita una «clausola di invarianza» riferita alla finanza pubblica si correrebbe il rischio di un parere contrario sul punto da parte della Commissione Bilancio. I rilievi della Commissione Bilancio potrebbero essere superati precisando che la disposizione di cui all' all'articolo 10, comma 1, capoverso 5-bis, si applica solo nel caso in cui all'adeguamento degli impianti provvedano le società utilizzatrici.
Alessandro MARAN (Ulivo) propone di tornare alla formulazione originaria dell'articolo 10, comma 1, capoverso 5-bis, del decreto-legge.
Luigi COGODI (RC-SE) ritiene che la formulazione più coerente sia quella approvata dal Senato.
Pietro
FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, si dichiara consapevole
della complessità derivante dall'introduzione di una norma del tipo
in esame, ricordando peraltro di avere già proposto in sede di relazione
il mantenimento del termine approvato dal Senato, con un'adeguata misura
di defiscalizzazione a favore delle imprese per sostenere gli ingenti costi
derivanti dagli interventi da realizzare. Osserva che si è trattato
peraltro di una misura che non è stato possibile introdurre anche
in considerazione dei tempi ristretti del provvedimento e anche dell'impossibilità
di definirla congiuntamente al Governo.
Aggiunge
peraltro che la norma introdotta al Senato non può in alcun modo
essere ritenuta corretta, in considerazione del fatto che pone forti tensioni
con norme imperative dell'ordinamento giuridico. Pensa in particolare all'attribuzione
a società privata dell'obbligo di ristrutturazione di un bene pubblico
del quale non solo non sono proprietarie, ma non hanno neanche la titolarità
di gestione.
La
norma dell'articolo 10, capoverso 5-bis, come formulata risponde quindi
all'esigenza di ritornare alla previsione iniziale del Governo, ferma l'esigenza
- che verrebbe comunque richiamata nel corso dell'esame dalla Commissione
bilancio - di non prevedere nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
pubblica. Si tratta quindi di una norma volta a conciliare le esigenze
delle società calcistiche e degli enti locali, ai quali è
comunque rimessa la possibilità di intervenire nei limiti previsti
dagli stanziamenti dei propri bilanci. Raccomanda quindi l'approvazione
del proprio emendamento 10.4 come riformulato.
Mario PESCANTE (FI) ribadisce forti perplessità sulla proposta del relatore.
Il sottosegretario Giovani LOLLI ritiene convincenti e persuasive le considerazioni espresse dal relatore per la VII Commissione, che condivide.
Marilena SAMPERI (Ulivo) osserva che le Commissioni trascurano la realtà dei piccoli comuni i quali si fanno carico di spese e contributi anche molto elevati, spesso trovandosi in difficoltà. Non ritiene che questi debbano essere gravati anche dalle spese necessarie per l'adeguamento degli impianti sportivi.
Le Commissioni approvano l'emendamento del relatore per la VII Commissione 10.4 (nuova formulazione)
Pino PISICCHIO, presidente e relatore per la II Commissione, avverte che, in considerazione dell'approvazione dell'emendamento 10.4 (nuova formulazione), gli emendamenti 10.3, 10.1 e 10.10 non saranno posti in votazione.
Davide CAPARINI (LNP) ritira l'emendamento 10.2, del quale è cofirmatario, che si riserva di trasformare in un ordine del giorno nel corso dell'esame in Assemblea.
Si passa all'esame dell'articolo 11 e degli emendamenti ad esso riferiti.
Davide CAPARINI (LNP) ritira l'emendamento 11.2 e l'articolo aggiuntivo 11.01, dei quali è cofirmatario.
Si passa all'esame dell'articolo 11-bis e degli emendamenti ad esso riferiti.
Pietro FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 11-bis.4, come riformulato. Ritira il proprio emendamento 11-bis.5 che sostituisce con un nuovo articolo aggiuntivo 11-bis .01, di cui raccomanda l'approvazione (vedi allegato).
Le Commissioni approvano l'emendamento del relatore per la VII Commissione 11-bis.4 (nuova formulazione).
Nicola BONO (AN) ritira il proprio emendamento 11-bis.1.
Luciano CIOCCHETTI (UDC) ritira il proprio emendamento 11.6.
Manlio CONTENTO (AN) sottoscrive l'emendamento Bono 11-bis.2 che ritira.
Davide CAPARINI (LNP) chiede alcuni chiarimenti in riferimento all'articolo aggiuntivo 11-bis.01.
Pietro FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, precisa che si tratta di norme finalizzate al rilascio di biglietti gratuiti a favore di minori. Inoltre, chiarisce che la disposizione in esame non pregiudica le possibilità per le società di rilasciare biglietti gratuiti anche in altre ipotesi, come avviene, ad esempio, attualmente per i minori di anni 7.
Le Commissioni approvano quindi l'articolo aggiuntivo 11-bis.01 del relatore per la VII Commissione.
Si passa all'esame dell'articolo 11-quater e degli emendamenti ad esso riferiti, non essendo previsti emendamenti all'articolo 11-ter.
Pietro FOLENA (RC-SE), relatore per la VII Commissione, raccomanda l'approvazione del proprio emendamento 11-quater.3, identico all'emendamento Bono 11-quater.2 sul quale il parere è favorevole.
Le Commissioni approvano quindi gli identici emendamenti 11-quater.3 del relatore per la VII Commissione e Bono 11-quater.2.
Si passa quindi all'esame dell'articolo 11-quinquies e dell'articolo aggiuntivo ad esso riferito.
Luciano CIOCCHETTI (UDC) ritira il proprio articolo aggiuntivo 11-quinquies.01.
Le Commissioni deliberano di conferire il mandato ai relatori, Pino Pisicchio, per la II Commissione, e Pietro Folena, per la VII Commissione, a riferire in senso favorevole all'Assemblea sul disegno di legge C. 2340 Governo, approvato dal Senato, come risultante dall'approvazione degli emendamenti, deliberando altresì di richiedere l'autorizzazione a riferire oralmente.
Pino
PISICCHIO, presidente, si riserva, anche a nome del Presidente della VII
Commissione, di nominare i componenti del Comitato dei nove sulla base
delle indicazioni dei gruppi.
La
seduta termina alle 21.50.
ALLEGATO
DL
8/2007: Misure urgenti per la prevenzione e la repressione di fenomeni
di violenza connessi a competizioni calcistiche. (C. 2340 Governo, approvato
dal Senato).
EMENDAMENTI
ART. 3.
Dopo
il comma 1, inserire il seguente: «1.bis. Al comma 2, dell'articolo
6-bis della legge 13 dicembre 1989, n. 401, le parole: «se dal fatto
deriva un pericolo concreto» fino alla fine del comma sono sostituite
dalle seguenti: «con l'arresto fino ad un anno e con l'ammenda da
euro mille a euro cinquemila. La pena è della reclusione da sei
mesi a quattro anni se dal fatto deriva un ritardo rilevante dell'inizio,
l'interruzione o la sospensione definitiva della competizione calcistica.
3.
8.(Nuova formulazione). Pescante, Aracu, Di Centa, Garagnani, Romagnoli,
Luciano Rossi, Paniz, Carlucci, Ricevuto.
ART. 7.
Al
comma 1 sostituire il capoverso con il seguente: Art. 583-quater. (Lesioni
personali gravi o gravissime cagionate in occasione di servizi di ordine
pubblico). - Nell'ipotesi di lesioni personali cagionate a un pubblico
ufficiale in servizio di ordine pubblico, in occasione di manifestazioni
sportive, le lesioni gravi sono punite con la reclusione da 4 a 10 anni;
le lesioni gravissime, con la reclusione da 8 a 16 anni.
7.
100. (Nuova formulazione) Il relatore per la II Commissione.
Dopo
l'articolo 7, inserire il seguente:
ART.
7-bis.
(Sospensione
del processo e applicazione di misure sostitutive).
1.
Il giudice, sentite le parti, può disporre con ordinanza la sospensione
del processo per i reati di cui alla legge 13 dicembre 1989, n. 401, come
modificata dal presente decreto, nonché per le ipotesi di cui agli
articoli 2-bis e 3-bis del presente decreto, con esclusione di quelli che
recano danno alle persone, nel caso in cui ritenga di applicare una sanzione
sostitutiva a norma del comma 2. Il processo è sospeso per un periodo
non superiore ad un anno, durante il quale è sospeso il decorso
della prescrizione.
2.
Con l'ordinanza di sospensione il giudice prescrive all'imputato lo svolgimento,
in collaborazione con il CONI o altro ente pubblico, di attività
di utilità sociale, da individuarsi con il decreto ministeriale
di cui al comma 3, per una durata da determinarsi in base ai criteri di
cui all'articolo 133 del codice penale.
3.
Il decreto che individua le attività di utilità sociale è
adottato dal Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro per
le politiche giovanili e le attività sportive, previo parere delle
Commissioni parlamentari competenti, entro novanta giorni dall'entrata
in vigore della presente legge.
4.
Contro l'ordinanza di cui al comma 1 possono ricorrere per Cassazione il
pubblico ministero, l'imputato e il suo difensore.
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5.
La sospensione è revocata in caso di ripetute e gravi trasgressioni
alle prescrizioni imposte.
6.
Decorso il periodo di sospensione, il giudice fissa una nuova udienza nella
quale dichiara con sentenza estinto il reato, se l'attività di cui
all'ordinanza di sospensione è stata regolarmente espletata. In
caso contrario, dispone che il processo riprenda il suo corso.
7.
04. (Nuova formulazione) Il relatore per la VII Commissione.
ART. 8.
Al comma 1 aggiungere, infine, il seguente periodo: salvo quanto previsto dal comma 4.
Conseguentemente
sostituire il comma 4 con il seguente:
4.
Le società sportive possono stipulare con associazioni legalmente
riconosciute, aventi tra le finalità statutarie la promozione e
la divulgazione dei valori e dei principi della cultura sportiva, della
non violenza, e della pacifica convivenza, come sanciti dalla Carta olimpica,
contratti e convenzioni in forma scritta aventi ad oggetto progetti di
interesse comune per la realizzazione delle predette finalità, nonché
per il sostegno di gemellaggi con associazioni legalmente riconosciute
dei sostenitori di altre società sportive aventi i medesimi fini
statutari. I contratti e le convenzioni stipulati con associazioni legalmente
riconosciute che abbiano tra i propri associati persone cui è stato
notificato il divieto di cui al comma 1 a dell'articolo 6 della legge 13
dicembre 1989 n. 401, e successive modificazioni, sono sospesi per la durata
di tale divieto, salvo che intervengano l'espulsione delle persone destinatarie
del divieto e la pubblica dissociazione dell'associazione dai comportamenti
che l'abbiano determinato».
8.
20. (Nuova formulazione) Il relatore per la VII Commissione.
ART. 10.
Al
capoverso 5-bis, sostituire le parole: provvedono con le seguenti: possono
provvedere, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
10.
4. (Nuova formulazione) Il relatore per la VII Commissione.
ART. 11-bis.
Al comma 1 sopprimere le parole: senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica conseguentemente aggiungere, infine, i seguenti periodi: . Il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive promuove, sentito il CONI, le federazioni e le società sportive, manifestazioni e attività finalizzate alla sensibilizzazione ai valori della Carta olimpica, organizzate immediatamente prima dello svolgersi delle manifestazioni sportive all'interno degli impianti e nelle aree ad essi adiacenti. Le iniziative di cui al presente comma sono realizzate nei limiti delle disponibilità del Fondo di cui al comma 2.
Conseguentemente
dopo il comma 1, aggiungere il seguente comma:
2.
Le somme corrisposte a titolo di sanzione pecuniaria inflitta per le violazioni
previste dalle disposizioni di cui alla legge 13 dicembre 1989, n. 401,
come modificata dal presente decreto, nonché alle ipotesi di cui
agli articoli 2-bis e 3-bis del presente decreto, affluiscono al Fondo
di solidarietà sportiva, istituito presso la Presidenza del Consiglio
dei ministri, avente la finalità di finanziare i programmi e le
iniziative di cui al comma 1. Il Ministro dell'economia e delle finanze
è autorizzato ad apportare le conseguenti modifiche di bilancio.
11-bis.
4. (Nuova formulazione) Il relatore per la VII Commissione.
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Dopo
l'articolo 11-bis, aggiungere il seguente:
ART.
11-bis.1
(Rilascio
di biglietti gratuiti a favore di minori).
1-bis.
Le società organizzatrici delle manifestazioni sportive sono tenute
a rilasciare, anche in deroga al limite numerico di cui all'articolo 1-quater,
comma 7-bis, del decreto-legge 24 febbraio 2003, n. 28, convertito, con
modificazioni, dalla legge 24 aprile 2003, n. 88, introdotto dall'articolo
1, comma 2, del presente decreto; biglietti gratuiti nominativi per minori
di anni quattordici accompagnati da un genitore o da un parente fino al
quarto grado nella misura massima di un minore per ciascuno adulto, per
un numero di manifestazioni sportive non inferiore al 50 per cento di quelle
organizzate nell'anno. L'adulto assicura la sorveglianza sul minore per
tutta la durata della manifestazione sportiva.
11-bis.
01 Il relatore per la VII Commissione.
Resoconto
stenografico dell'Assemblea
Seduta
n. 130 del 20/3/2007
TESTO
INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL DEPUTATO PINO PISICCHIO SUL DISEGNO DI LEGGE
DI CONVERSIONE N. 2340-A
PINO
PISICCHIO, Relatore per la II Commissione. Dobbiamo
partire da una considerazione fondamentale accingendoci all'esame di questo
provvedimento: è un decreto che ha al centro della sua valutazione
l'ordine pubblico, con inevitabili precipitati relativi a profili penalistici
e aspetti che ineriscono le dimensioni sociale e sportiva. Ma la natura
essenziale del decreto concerne il profilo dell'ordine pubblico: è
un elemento che non va dimenticato e che, anzi, deve rappresentare l'ermeneutica
corretta per interpretarlo senza commettere l'errore di attribuire ad esso
valenze taumaturgiche per tutto il complesso mondo dello sport.
Ad
altro provvedimento, più organico e mirato, sarà consegnato
questo compito di ridisegnare i profili del nuovo modo d'essere del calcio
italiano, e l'impegno delle Commissioni riunite, l'impegno del Governo,
assunto fin da oggi, saprà spendersi
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in
modo adeguato e nei tempi adeguati: alla nostra attenzione oggi c'è
ben altro. C' è un decreto per la prevenzione e la repressione di
fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche, adottato a seguito
dei gravissimi episodi di violenza culminati a Catania con l'omicidio dell'ispettore
Raciti, annunciato da una lunga sequenza di atti teppistici di estrema
gravità che hanno fatto registrare altre vittime nei campi sportivi
di mezza Italia. Violenza, dunque, che nulla ha a che vedere con lo sport.
Questa la considerazione preliminare che attiene al merito ed ai confini
del disegno di legge di conversione.
Ma
esiste anche una preliminare questione di metodo che io qui voglio affrontare.
Il decreto è stato presentato dal Governo al Senato, dove ha raccolto
una maggioranza quasi unanime: questo fatto politico ha rappresentato e
rappresenta per noi un riferimento di grande importanza, una traccia su
cui articolare il nostro lavoro, ma avrebbe anche potuto rappresentare,
sia detto con il rispetto più grande che dobbiamo all'altra Camera,
un elemento capace di esercitare un condizionamento per il nostro lavoro.
Le
Commissioni riunite II e VII della Camera, nell'affrontare l'esame del
provvedimento, hanno preliminarmente affrontato una questione che travalica
il merito dello stesso, coinvolgendo i rapporti tra i due rami del Parlamento.
Come è già avvenuto in passato, la Camera dei deputati si
trova in una situazione anomala determinata dall'asimmetria che si è
venuta a creare tra i due rami del Parlamento in ragione di un diverso
rapporto tra maggioranza ed opposizione. Se non si vuole pervenire ad una
surrettizia modifica dell'assetto costituzionale, ispirato al principio
del bicameralismo perfetto, si deve essere consapevoli che un testo approvato
dal Senato, sia pure all'unanimità, può essere modificato
dalla Camera ogni qual volta ciò si dimostri necessario. Nel caso
in esame, le Commissioni riunite hanno ritenuto necessario apportare alcune
modifiche al testo approvato dal Senato. La circostanza che si tratti di
un testo approvato dall'altro ramo del Parlamento pressoché all'unanimità
(solo cinque astenuti) ha indotto le Commissioni ad apportarvi unicamente
modifiche sorrette da una condivisione unanime da parte di tutti i gruppi.
Non tanto come relatore per la II Commissione quanto piuttosto in veste
di presidente di tale Commissione, vorrei sottolineare che le Commissioni
riunite hanno svolto un proficuo ed attento esame del testo che ha visto
un atteggiamento costruttivo da parte di tutti i gruppi, senza distinzione
tra maggioranza ed opposizione. Solo una condivisione unanime delle modifiche
può giustificare la trasmissione al Senato di un testo approvato
da quel ramo all'unanimità. Prima di passare all'esame del merito
vorrei che fosse chiaro un punto: le Commissioni hanno approvato tutti
gli emendamenti all'unanimità nonostante che in alcuni casi per
qualche gruppo ciò abbia significato la rinuncia ad alcune legittime
convinzioni. L'obiettivo di tutti è stato uno solo: approvare un
testo condiviso che contenesse misure adeguate per contrastare il fenomeno
della violenza nello sport.
Per
quanto attiene al testo, mi soffermerò principalmente sulle disposizioni
che di più attengono alla competenza della Commissione giustizia.
All'articolo
1, recante misure specifiche concernenti la sicurezza degli impianti sportivi
come le limitazioni all'accesso negli stadi dove non siano stati completati
gli interventi strutturali ed organizzativi previsti dall'articolo 1-quater
del decreto-legge 24 febbraio 2003, n. 28, sono state apportate due modifiche.
La prima di natura formale, in quanto si è sostituita la formula
«a porte chiuse» utilizzata per indicare le partite da effettuare
senza la partecipazione del pubblico. Secondo la formulazione adottata
nel decreto-legge , infatti, negli stadi non ancora «a norma»
le competizioni sono svolte «a porte chiuse». Non si sarebbe
trattato di una ragione sufficiente di per sé a giustificare una
nuova lettura da parte del Senato, tuttavia, considerato che una nuova
lettura da parte del Senato sarebbe stata comunque
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necessaria
per altre ragioni, si è ritenuto opportuno sostituire l'espressione
in questione con quella della «assenza di pubblico».
Di
natura sostanziale è, invece, la modifica al comma 7-bis dell'articolo
1-quater del decreto-legge 24 febbraio 2003, n. 28 in quanto si è
ritenuto opportuno precisare che il divieto di vendita alla stessa persona
fisica di titoli di accesso in numero superiore a quattro si estende alle
persone giuridiche. Ciò al fine di evitare facili elusioni del divieto
nel caso in cui l'acquisto dei biglietti sia effettuato da queste. Forse
sul punto è necessaria una ulteriore riflessione, considerato che
comunque rimangono fuori gli enti privi di riconoscimento giuridico.
L'articolo
2 è stato marginalmente modificato. Non è stata toccata la
parte più importante, cioè quella che amplia l'ambito applicativo
del divieto d'accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive
(il cosiddetto DASPO, anche noto come «diffida»), che, fino
al decreto-legge in esame, poteva essere disposto dal questore solo nei
confronti delle persone che risultano denunciate o condannate, anche con
sentenza non definitiva, nel corso degli ultimi cinque anni per una serie
di reati specificatamente individuati dal legislatore. Il provvedimento
interviene anche sulle disposizioni vigenti in base alle quali alle persone
cui è notificato il DASPO il questore può altresì
prescrivere di comparire personalmente una o più volte negli orari
indicati, presso un determinato ufficio o comando di polizia, nel corso
della giornata in cui si svolgono le manifestazioni per le quali opera
il divieto. In primo luogo, il decreto-legge ha esteso l'ambito dei reati
che consentono l'applicazione del DASPO e dell'obbligo di presentazione
facendovi rientrare anche quello del possesso di artifici pirotecnici in
occasione di manifestazioni sportive. Ancora più importante è
la novità che consente di adottare le predette misure anche sulla
base di elementi oggettivi dai quali risulti che il soggetto abbia tenuto
una condotta finalizzata alla partecipazione attiva ad episodi di violenza
in occasione o a causa di manifestazioni sportive o tale da porre in pericolo
la sicurezza pubblica in occasione o a causa delle manifestazioni stesse.
Come sottolinea la relazione di accompagnamento al disegno di legge di
conversione, viene così introdotta la possibilità di applicare
il divieto di accesso (ma, anche l'obbligo di presentazione di cui al comma
2 del medesimo articolo 6) indipendentemente non solo dalla condanna, seppure
non definitiva, ma anche dalla mera denuncia. Si segnala, inoltre, che
l'articolo 5 del decreto-legge in esame prevede un ulteriore caso in cui
possono essere disposti DASPO e obbligo di presentazione.
Il
decreto-legge è intervenuto anche sulla durata del DASPO e dell'obbligo
di presentazione disposti dal questore, prevedendo una durata minima di
tre mesi, successivamente aumentata ad un anno nel corso dell'esame presso
il Senato. Il Senato ha, inoltre, approvato un emendamento che aumenta
da tre a cinque anni l'attuale limite massimo di durata delle citate misure
preventive. Si segnala, inoltre, che una disposizione introdotta ex novo
dal Senato prevede, poi, che il DASPO possa essere applicato anche nei
confronti di minori di 18 anni ultraquattordicenni, stabilendo, peraltro,
l'obbligo di notifica del provvedimento all'esercente la potestà
genitoriale. Il decreto-legge, a seguito delle modifiche del Senato, ha
incrementato la pena prevista per la violazione del DASPO e dell'obbligo
di presentazione. Si segnala che più rilevante dell'aumento di pena
è la sostituzione della alternatività tra pena pecuniaria
e detentiva con la contestualità delle pene detentive e pecuniarie:
ciò significa che è stata sottratta al magistrato la possibilità
di valutare in concreto se la violazione degli obblighi disposti dal questore
sia effettivamente meritevole di una sanzione detentiva. Si tratta di un
aspetto estremamente delicato che consente di introdurre nel dibattito
parlamentare una questione di particolare rilevanza. Mi riferisco alla
funzione preventiva oltre che remuneratoria della pena detentiva. Il decreto-legge,
specie a seguito delle modifiche introdotte pressoché all'unanimità
al Senato, inasprisce
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pesantemente
le pene attualmente previste nonché introduce nuovi reati puniti
con pene detentive. Le Commissioni hanno riflettuto su tale punto: la pena
detentiva è il migliore strumento per punire le condotte vietate
dal decreto-legge o ve ne sono altre? Mi riferisco alle cosiddette sanzioni
alternative, come, ad esempio, ai lavori di pubblica utilità ai
quali potrebbero proficuamente essere sottoposti coloro che commettono
reati in occasione di manifestazioni sportive. A parte le considerazioni
di fondo sull'adeguatezza della pena detentiva come strumento di deterrenza
per la commissione di reati, vi è una riflessione alla quale non
possiamo sottrarci: il carcere spesso finisce per rovinare definitivamente
i giovani che vi sono rinchiusi, i quali entrano in contatto con criminali
che li condizionano pesantemente. Si tratta di un discorso delicato che
si presta a facili quanto sterili strumentalizzazioni, considerato che
la risposta più facile, anche come impatto sull'opinione pubblica,
al fenomeno della violenza degli stadi è l'aumento delle pene detentive.
Se tale aumento è giustificato per i fatti gravi, non lo è
per quelli meno gravi. In questi casi potrebbe essere sufficiente una pena
alternativa. Ciò che assolutamente deve essere garantita è
la certezza della esecuzione della pena evitando che le norme sanzionatorie
finiscano per essere degli sterili proclami. Proprio in relazione a tale
tema, il relatore per la VII Commissione ha presentato in sede referente
l'articolo aggiuntivo 7.04, diretto a prevedere per i reati commessi in
occasione di manifestazioni sportive, con esclusione di quelli che recano
danno alle persone, la sospensione del processo e l'applicazione di misure
alternative alle pene detentive e pecuniarie, come ad esempio i lavori
di pubblica utilità. Tale soluzione avrebbe il pregio di evitare
un indiscriminato e pericoloso inserimento di giovani, che comunque hanno
sbagliato, nel circuito carcerario nonché di applicare una pena
realmente rieducativa. Tuttavia, come avrà modo di chiarire l'onorevole
Folena, anche a seguito di un intervento in Commissione del sottosegretario
per la giustizia, l'articolo aggiuntivo è stato ritirato con il
proposito di trasformarlo in un ordine del giorno. Dal dibattito è
emersa la convinzione che il decreto-legge, anche per il suo carattere
emergenziale, non sia lo strumento più idoneo per applicare per
la prima volta agli adulti un istituto del processo minorile, quale la
messa alla prova. Inoltre, il rappresentante del Governo ha annunciato
che è allo studio un disegno di legge di modifica del codice di
procedura penale che affronta la materia dell'affidamento in prova sia
pure in una ottica generale e, quindi, non riferita a particolare reati.
La
modifica apportata dalle Commissioni all'articolo 2 ha per oggetto il comma
2. Si tratta di una precisazione più linguistica che normativa in
quanto si è eliminata la qualificazione di «morali»
dei requisiti previsti dall'articolo 11 del testo unico delle leggi di
pubblica sicurezza in relazione all'incarico che le società sportive
possono conferire in riferimento alle attività negli stadi.
Una
importante modifica al testo trasmesso dal Senato è stata la sostituzione
dell'articolo 2-bis, che introduceva nell'ordinamento il reato relativo
al divieto di manifestazioni esteriori. Sulla necessità di modificare
la nuova fattispecie penale prevista dal Senato vi è stata una totale
e piena condivisione da parte di tutti i gruppi. La norma, al comma 1,
introduceva un reato di natura contravvenzionale, punito con l'arresto
da tre mesi ad un anno e consistente nella violazione del divieto di esporre
negli impianti sportivi striscioni, cartelli, simboli, emblemi, nonché
di svolgere manifestazioni esteriori, anche verbali, riferibili ad organizzazioni
di sostenitori i cui partecipi siano stati condannati per reati commessi
in occasione di manifestazioni sportive. L'incostituzionalità del
testo è parsa evidente anche alla I Commissione, che lo ha segnato
in una condizione contenuta nel proprio parere favorevole. Anche il Comitato
per la legislazione ha ritenuto opportuno sottolineare l'indeterminatezza
della fattispecie. In realtà il problema di tale norma non era soltanto
l'indeterminatezza
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della
fattispecie, la quale si sarebbe potuta sanare attraverso una definizione
più puntuale della stessa, quanto la carenza di lesività
della condotta, intendendo questa come idoneità della medesima a
ledere un bene giuridico meritevole di tutela penale. Le Commissioni hanno
convenuto che ci si trovava innanzi ad un reato di opinione privo di un
vero e proprio disvalore. In luogo di tale reato le Commissioni ne hanno
introdotto uno che invece esprime di per sé un disvalore giuridico.
In particolare, anziché vietare striscioni, cartelli, simboli, emblemi
nonché rappresentazioni esteriori anche verbali, relativi ad organizzazioni
di sostenitori i cui partecipi siano stati condannati per reati, si sono
vietati striscioni e cartelli che, comunque, incitino alla violenza o che
contengano insulti o minacce. È stata ovviamente fatta salva la
cosiddetta legge Mancino (legge n. 205 del 1993) che vieta tutte le manifestazioni
razziste. L'emendamento ha inoltre soppresso i commi 2 e 3 dell'articolo
2-bis. Sulla opportunità di sopprimere il comma 2 non vi sono dubbi,
trattandosi di una disposizione diretta a prevedere una specifica ipotesi
del reato di resistenza a pubblico ufficiale che già può
essere ricavata in via interpretativa dalla normativa vigente o che presuppone
il reato che le Commissioni hanno soppresso. Diverso è il caso della
soppressione del comma 3, diretto a rimodulare le sanzioni previste dall'articolo
2, comma 1, della cosiddetta legge Mancino (legge n. 205 del 1993) a carico
di coloro che, in pubbliche riunioni, compiano manifestazioni esteriori
od ostentino emblemi o simboli propri o usuali delle organizzazioni, associazioni,
movimenti o gruppi aventi tra i propri scopi l'incitamento alla discriminazione
o alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi. Mentre
i previgenti limiti di pena consistevano nella reclusione fino a tre anni
e la multa da 103 a 258 euro, quelli introdotti dal Senato prevedono una
reclusione da uno cinque anni e la multa da 10 mila a 50 mila euro. Nel
corso dell'esame in Assemblea si potrà valutare se sia stato effettivamente
opportuno procedere alla soppressione del comma 3.
L'articolo
2-ter, inserito nel corso dell'esame del provvedimento al Senato e non
modificato dalle Commissioni, contiene disposizioni relative al personale
addetto agli impianti sportivi.
L'articolo
3 del decreto-legge interviene sugli articoli 6-bis, comma 1, e 6-ter della
legge n. 401 del 1989, che prevedono due distinte figure di reato. Le Commissioni
non hanno modificato le disposizioni del testo trasmesso dal Senato, ma
hanno previsto una ulteriore modifica all'articolo 6-bis della legge n.
401 intervenendo anche sul comma 2, relativo alla invasione di campo.
Non
sono state quindi modificate le disposizioni di cui al comma 1 dell'articolo
6-bis, che configura come reato il lancio di materiale pericoloso in occasione
di manifestazioni sportive. Sono stati meglio definiti gli oggetti pericolosi,
rientrando tra questi i «razzi, bengala, fuochi artificiali, petardi,
strumenti per l'emissione di fumo o di gas visibile, bastoni, mazze, materiale
imbrattante o inquinante, oggetti contundenti o comunque atti ad offendere».
La condotta, inoltre, non rileva solo quando sia posta in essere nei luoghi
in cui si svolgono manifestazioni sportive, ovvero in quelli interessati
alla sosta, al transito o al trasporto di coloro che partecipano o assistono
alle manifestazioni medesime, ma anche nelle immediate adiacenze degli
stessi. Si considerano commessi nei luoghi suddetti i fatti ivi verificatisi
nelle ventiquattro ore precedenti o successive allo svolgimento della manifestazione
sportiva. Durante l'esame al Senato, la norma è stata ulteriormente
modificata - oltre che con una riscrittura di natura formale del nuovo
comma 1 dell'articolo 6-bis - con la precisazione che l'illiceità
dei fatti deve essere comunque ricollegabile alla manifestazione sportiva.
La novella interessa anche i profili sanzionatori del reato in oggetto:
la pena è ora la reclusione da uno a quattro anni, quindi incrementata
rispetto a quella precedente, fissata tra i sei mesi e i tre anni.
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Le
aggravanti speciali previste dall'articolo 6-bis sono invertite. Mentre
in passato si prevedeva un semplice aumento di pena se dal fatto derivava
un danno alle persone (quindi l'aumento di un terzo, ex articolo 64 del
codice penale) e l'aumento fino alla metà se dal fatto derivava
il mancato regolare inizio, la sospensione, l'interruzione o la cancellazione
della manifestazione sportiva, il decreto-legge ha invertito l'entità
dell'aumento della pena tra le due circostanze. Un emendamento approvato
dal Senato ha precisato, tuttavia, che l'aumento di pena debba derivare
non dal mancato regolare inizio della gara bensì da «un ritardo
rilevante dell'inizio» della stessa. Come si è detto, le Commissioni
sono intervenute sul reato di invasione di campo, modificando il comma
2 dell'articolo 6-bis. Le modifiche sono dirette a conferire maggior rigore
alla normativa vigente facendo venir meno il requisito del pericolo concreto
nonché prevedendo che tra la pena detentiva e quella pecuniaria
non vi sia un rapporto di alternatività, bensì di contestualità.
In tal modo, nel caso di invasione di campo si realizza comunque un reato
da punire con pena detentiva. Se poi dall'invasione deriva un ritardo rilevante
dell'inizio, l'interruzione o la sospensione definitiva della competizione
calcistica la pena è aggravata. Secondo le Commissioni, la condotta
di invasione di campo è estremamente pericolosa per l'ordine pubblico
all'interno degli stadi, per cui, per tale ragione, è irragionevole
che al fatto concreto possa applicarsi solo una pena pecuniaria, come è
avvenuto nei confronti di coloro che invadendo il campo hanno determinato
nel 2004 l'interruzione di un derby romano, con grave pericolo per l'incolumità
pubblica.
Non
è stato modificato l'articolo 3-bis nella parte in cui modifica
l'articolo 635 del codice penale introducendo una nuova aggravante al delitto
di danneggiamento, da applicarsi nel caso in cui il danneggiamento di attrezzature
e impianti sportivi sia realizzato al fine d'impedire o interrompere lo
svolgimento di manifestazioni sportive. La pena che sanziona l'illecito
aggravato è la reclusione fino a un anno o la multa fino a 309 euro.
Tra
le modifiche più rilevanti al decreto-legge si segnala quella apportata
all'articolo 4 relativo alla disciplina dell'arresto in flagranza differita
effettuato durante o in occasione di manifestazioni sportive. Le Commissioni
non hanno modificato le disposizioni del decreto-legge relative alla disciplina
della flagranza differita, ma sono intervenute sulla disposizione diretta
a stabilizzare l'istituto, che fino al decreto-legge in esame aveva nel
30 giugno 2007 la scadenza della propria vigenza. Le Commissioni hanno
modificato la norma che traduce in istituto a regime la flagranza differita,
ma hanno portato al 30 giugno 2007 la scadenza.
Le
due modifiche apportate alla normativa in tema di flagranza differita non
sono state toccate dalle Commissioni. In primo luogo, il decreto-legge
ha eliminato la possibilità di utilizzare «elementi oggettivi»
per accertare inequivocabilmente la commissione del fatto. Pertanto, d'ora
in avanti si potrà procedere esclusivamente sulla base di filmati
e fotografie. Su tale punto si dovrà comunque riflettere in futuro,
poiché se si vuole protrarre nel tempo la nozione di flagranza occorre
anche individuare strumenti oggettivi idonei ad escludere incertezze nella
ricostruzione dei fatti. Non sempre i filmati e le fotografie, specialmente
se decontestualizzate, sono in grado di rappresentare fedelmente i fatti.
In secondo luogo, il decreto-legge è intervenuto sul termine di
durata della flagranza, che viene esteso dalle trentasei alle quarantotto
ore. La modifica è stata dettata dall'esigenza di attribuire alle
forze dell'ordine un ulteriore lasso di tempo per procedere alle identificazioni
ed al successivo prelevamento dei soggetti individuati. È chiaro
che qualsiasi aumento dei tempi rende ancora più evidente la deroga
al principio della effettività della flagranza. Tuttavia, una volta
che si ritiene accettabile la deroga a tale principio non sono le dodici
ore in più a far modificare una eventuale valutazione positiva dell'istituto
essendo
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queste
necessarie per poter applicare in concreto l'istituto della flagranza differita.
Ciò che è stato considerato maggiormente rilevante è
quanto previsto dal comma 2 dell'articolo 4 del decreto-legge. Tale disposizione,
abrogando l'articolo 1-bis del decreto-legge n. 28 del 2003 che stabiliva
un termine finale per l'efficacia delle disposizioni in materia di flagranza
differita e la sottrazione alla disciplina generale delle misure cautelari
di cui si dirà a breve, conferiva una definitiva stabilità
e normalizzazione a due istituti che sinora erano stati considerati eccezionali
e temporanei. Si è ricordato in Commissione che, proprio sulla base
di tale natura, gli istituti in questione hanno trovato una loro giustificazione.
Si ricorda che questi sono stati trasformati in transitori in sede di conversione
del decreto-legge n. 28 del 2003, attraverso la limitazione della loro
efficacia al 30 giugno 2005. Tale termine era stato successivamente prorogato
al 30 giugno 2007 dal decreto-legge 30 giugno 2005, n. 115. Le Commissioni
hanno ritenuto che un istituto eccezionale, come quello della flagranza
differita, non possa essere stabilizzato, ma debba rimanere uno strumento
legato a situazioni eccezionali e temporanee. Ci si è anche chiesti
se da tale stabilizzazione possa poi conseguire anche una estensione applicativa
degli istituti ad ogni ipotesi in cui i reati siano commessi nell'ambito
di schieramenti di persone, come può avvenire, ad esempio, nelle
manifestazioni politiche. In astratto le considerazioni che giustificano
la flagranza differita in occasione di manifestazioni sportive sono valide
anche per i cortei politici o comunque per manifestazioni politiche, in
quanto anche in tali ipotesi l'arresto in flagranza richiederebbe un intervento
delle forze di polizia all'interno del gruppo dei manifestanti. Proprio
per evitare ciò, nel 2003 fu conferito il carattere di specialità
e temporaneità al nuovo istituto della flagranza differita.
Non
sono state modificate le disposizioni, di cui al comma 1 dell'articolo
4, relative all'arresto in flagranza (reale) effettuato durante o in occasione
di manifestazioni sportive. Il decreto-legge prevede che questo possa essere
effettuato anche nel caso di possesso di materiale. Viene, inoltre, chiarito
che l'arresto può essere disposto nel caso di violazione del divieto
di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive, anche nell'ipotesi
in cui a tale divieto non si accompagni l'obbligo di presentarsi personalmente
al comando di polizia. È infine consentito l'arresto nel caso di
violazione del divieto di accedere ai luoghi dove si svolgono manifestazioni
sportive disposto dal giudice con la sentenza di condanna.
Sono
state confermate le modifiche all'articolo articolo 8, comma 1-quater della
legge n. 401 del 1989, secondo cui, nel caso di una serie di reati commessi
in occasione o a causa di manifestazioni sportive, le misure coercitive
(quali la custodia cautelare e gli arresti domiciliari) possano essere
disposte anche per reati la cui pena sia inferiore ai limiti minimi previsti
in generale per l'applicazione delle misure cautelari. Ciò allo
scopo di evitare che una persona arrestata in base alle previsioni della
legge possa poi riacquistare la libertà a causa dell'impossibilità
di disporre misure coercitive per tali reati, in quanto aventi limiti edittali
di pena insufficienti. La lettera c) prevede che la deroga al regime generale
delle misure cautelari si applichi anche nel caso di violazione del divieto
di accedere ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive che sia
stato disposto dal giudice con la sentenza di condanna.
Il
comma 3, infine, prevede che - analogamente a quanto già accade
per i reati di violazione del DASPO, di violazione degli obblighi di comparizione,
di lancio di materiale pericoloso, di scavalcamento di recinzioni dell'impianto
sportivo nonché per i reati commessi durante o in occasione di manifestazioni
sportive - si proceda sempre con giudizio direttissimo, salvo che siano
necessarie speciali indagini.
Gli
articoli 5 e 6, che non sono stati modificati, hanno per oggetto rispettivamente
il sistema sanzionatorio per la violazione del regolamento d'uso degli
impianti predisposto sulla base delle linee
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guida
approvate dall'Osservatorio nazionale sulle manifestazioni sportive nonché
l'estensione delle misure di prevenzione previste dalla legge 27 dicembre
1956, n. 1423 e dalla legge 31 maggio 1965, n. 575 alle persone indiziate
di avere agevolato gruppi o persone che hanno preso parte attiva, in più
occasioni, alle manifestazioni di violenza commesse in occasione di competizioni
sportive.
Altra
rilevante modifica al testo trasmesso dal Senato è quella relativa
al comma 1 dell'articolo 7. Tale disposizione, come risultante dall'approvazione
di un emendamento interamente sostitutivo nel corso dell'esame da parte
del Senato del disegno di legge di conversione del decreto legge, introduceva
nel codice penale la nuova fattispecie di reato delle lesioni personali
gravi o gravissime commesse in occasione di servizio di ordine pubblico.
In particolare, veniva punito con le pene previste dall'articolo 583 del
codice penale, aumentate della metà, chiunque procuri ad un pubblico
ufficiale in servizio di ordine pubblico lesioni personali gravi o gravissime.
Nel corso dell'esame in sede referente sono emerse diverse critiche nei
confronti di tali aggravanti. In primo luogo, è stata sottolineata
l'irragionevolezza della sanzione ivi prevista, in quanto venivano parificate
senza alcuna giustificazione quelle previste per le lesioni gravissime
con quelle relative all'omicidio preterintenzionale. Per tale ragione le
aggravanti sono state punite espressamente con la reclusione da quattro
a dieci anni (lesioni gravi) ovvero con la reclusione da otto a sedici
anni (lesioni gravissime). La scelta di individuare espressamente la pena
da applicare è stata dettata dall'esigenza di sottrarre, ai sensi
del terzo comma dell'articolo 69 del codice penale, tali circostanze aggravanti
al bilanciamento con le circostanze attenuanti. Altra modifica apportata
al testo trasmesso dal Senato è stata quella di limitare l'applicabilità
delle circostanze aggravanti in questione alle ipotesi in cui queste siano
state cagionate in occasione di manifestazioni sportive. Si è ritenuto,
infatti, che tale limitazione sia giustificabile in ragione della peculiarità
del fenomeno della violenza negli stadi, che vede come prime vittime proprio
le forze dell'ordine. Come ho avuto modo di annunciare in occasione dell'approvazione
dell'emendamento sostitutivo del comma 1 dell'articolo 7, sarà necessario
trovare una formulazione che identifichi senza alcun dubbio nelle forze
dell'ordine i soggetti tutelati dalle nuove aggravanti introdotte nel codice
penale in relazione al reato di lesioni.
Per
quanto attiene alle altre disposizioni, rinvio alla relazione del relatore
per la VII Commissione, riguardando materie rientranti nella competenza
di tale Commissione.
Resoconto
stenografico dell'Assemblea
Seduta
n. 130 del 20/3/2007
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Pag. 103
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...
Discussione
del disegno di legge: S. 1314 - Conversione in legge, con modificazioni,
del decreto-legge 8 febbraio 2007, n. 8, recante misure urgenti per la
prevenzione e la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni
calcistiche (Approvato dal Senato) (A.C. 2340-A ) (ore 21,40).
PRESIDENTE.
L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge, già
approvato dal Senato: Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge
8 febbraio 2007, n. 8, recante misure urgenti per la prevenzione e la repressione
di fenomeni di violenza connessi a competizioni calcistiche.
(Discussione
sulle linee generali - A.C. 2340-A )
PRESIDENTE.
Dichiaro aperta la discussione sulle linee generali.
Avverto
che il Presidente del gruppo parlamentare di Forza Italia ne ha chiesto
l'ampliamento senza limitazioni nelle iscrizioni a parlare, ai sensi dell'articolo
83, comma 2, del regolamento.
Avverto,
altresì, che le Commissioni II (Giustizia) e VII (Cultura) si intendono
autorizzate a riferire oralmente.
Il
relatore per la II Commissione, deputato Pisicchio, ha facoltà di
svolgere la relazione.
PINO
PISICCHIO, Relatore per la II Commissione. Signor Presidente, svolgerò
oralmente solo una parte della mia relazione; consegnerò poi l'altra
parte del testo.
Signor
Presidente, onorevoli colleghi, accingendoci all'esame di questo provvedimento,
dobbiamo partire da una considerazione fondamentale: si tratta di un decreto-legge
che al centro della sua valutazione ha l'ordine pubblico, con inevitabili
precipitati relativi a profili penalistici e aspetti che ineriscono alle
dimensioni sociale e sportiva. Ma la natura essenziale del decreto concerne
il profilo dell'ordine pubblico. È un elemento che non va dimenticato
e che anzi deve rappresentare l'ermeneutica corretta per interpretarlo,
senza commettere l'errore di attribuire ad esso valenze taumaturgiche per
tutto il complesso mondo dello sport, e di quello calcistico in particolare.
Ad
altro provvedimento più organico e mirato sarà consegnato
questo compito di ridisegnare i profili del nuovo modo di essere del calcio
italiano e l'impegno delle Commissioni riunite, l'impegno del Governo,
assunto sin da oggi, sarà quello di spendersi in modo adeguato e
nei tempi adeguati.
All'attenzione
nostra, oggi, c'è ben altro: c'è un decreto-legge per la
prevenzione e per la repressione di fenomeni di violenza connessi a competizioni
calcistiche, adottato a seguito dei gravissimi episodi di violenza culminati
a Catania con l'omicidio dell'ispettore Raciti, annunciato da una lunga
sequenza di atti teppistici di estrema gravità che hanno fatto registrare
altre vittime nei campi sportivi di mezza Italia. Violenza, dunque, che
nulla ha a che vedere con lo sport.
Questa
è la considerazione preliminare che attiene al merito e ai confini
del disegno di legge di conversione. Ma esiste anche una preliminare questione
di metodo che qui voglio esporre.
Il
decreto è stato presentato dal Governo al Senato, dove ha raccolto
una maggioranza quasi unanime. Questo fatto politico ha rappresentato e
rappresenta per noi un riferimento di grande importanza, una traccia su
cui articolare il nostro lavoro, ma avrebbe potuto anche rappresentare
- sia detto con il rispetto più grande che dobbiamo all'altro ramo
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del
Parlamento - un elemento capace di esercitare un condizionamento per il
nostro lavoro.
Le
Commissioni riunite II e VII della Camera, nell'affrontare l'esame del
provvedimento, hanno affrontato preliminarmente una questione che travalica
il merito stesso del provvedimento, coinvolgendo i rapporti tra i due rami
del Parlamento. Come già è avvenuto in passato, la Camera
dei deputati si trova in una situazione anomala, determinata dall'asimmetria
che si è venuta a creare tra i due rami del Parlamento in ragione
del diverso rapporto tra maggioranza ed opposizione.
Se
non si vuole pervenire ad una surrettizia modifica dell'assetto costituzionale,
ispirato al principio del bicameralismo perfetto, si deve essere consapevoli
che un testo approvato dal Senato, sia pure all'unanimità, può
essere modificato dalla Camera ogni qualvolta ciò si dimostri necessario.
Nel
caso in esame, le Commissioni riunite hanno ritenuto necessario apportare
alcune modifiche al testo approvato al Senato.
La
circostanza che, come si ricordava, si tratti di un testo approvato dall'altro
ramo del Parlamento all'unanimità (vi sono stati cinque astenuti)
ha indotto le Commissioni ad apportarvi unicamente modifiche sorrette dalla
condivisione unanime di tutti i gruppi. Non tanto come relatore per la
II Commissione, quanto piuttosto in veste di presidente di essa, vorrei
sottolineare che le Commissioni riunite hanno svolto un proficuo ed attento
esame del testo, che ha visto un atteggiamento costruttivo da parte di
tutti i gruppi, senza distinzione tra maggioranza ed opposizione. Solo
una condivisione unanime delle modifiche può giustificare la trasmissione
al Senato di un testo approvato da quel ramo del Parlamento all'unanimità.
Prima
di passare all'esame del merito - anzi, prima di consegnare il testo relativo
all'esame del merito - vorrei che fosse chiaro un punto: le Commissioni
hanno approvato tutti gli emendamenti all'unanimità, nonostante
che in alcuni casi, per qualche gruppo, ciò abbia significato la
rinuncia ad alcune legittime convinzioni. L'obiettivo di tutti è
stato uno solo: approvare un testo condiviso che contenesse misure adeguate
per contrastare il fenomeno della violenza nello sport.
Per
quanto attiene al testo integrale della relazione, al fine di rendere possibile
un dibattito più celere, chiedo che la Presidenza ne autorizzi la
pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna.
Ho concluso (Applausi dei deputati del gruppo L'Ulivo).
PRESIDENTE.
Grazie. La Presidenza consente la pubblicazione del testo integrale della
sua relazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna,
sulla base dei criteri costantemente seguiti.
Il
relatore, presidente della Commissione cultura, deputato Folena, ha facoltà
di svolgere la relazione.
PIETRO
FOLENA, Relatore per la VII Commissione. Signor Presidente, mi piacerebbe
molto che il decreto-legge in esame, oltre ad essere ricordato come quello
che inasprisce - ma rende anche più efficaci - le sanzioni nei confronti
degli episodi di violenza che hanno recentemente colpito il mondo del calcio,
con l'omicidio del funzionario Raciti e, qualche giorno prima, con l'assassinio
di un dirigente di una squadra di calcio dilettantistica in Calabria, potesse
in qualche modo passare alla cronaca anche come un provvedimento che lancia
un messaggio positivo.
Con
il decreto-legge, se approvato così come proposto all'unanimità
dalle due Commissioni - l'ha ricordato il presidente Pisicchio -, i minori
di 14 anni, ove accompagnati da un genitore, potranno entrare gratuitamente
negli stadi per assistere alle partite di calcio. Si tratta di un messaggio
che il Parlamento vuole lanciare alla società italiana, ai minori
ed ai loro genitori, per recuperare il senso di una festa, di uno sport,
di un momento di competizione, ma anche di un grande momento di socializzazione,
anche di un
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grande
momento di riconoscimento collettivo: chiunque sia tifoso di una squadra
di calcio sa che una partita è anche questo.
Io
credo che quello al nostro esame, nato essenzialmente come decreto-legge
basato sull'aspetto penalistico e repressivo, è stato giustamente
emendato dal Senato con l'aggiunta di una seconda parte di natura sociale
e sportiva sulla quale noi siamo ulteriormente intervenuti. In tal modo,
si configura una disciplina che poggia su due gambe solide: una volta a
contrastare più efficacemente, con gli strumenti della legge, la
violenza negli stadi; un'altra fatta di norme che, mirando sulla prevenzione,
possano permettere di uscire da quella condizione che ha visto una forma
di esproprio del diritto alla partecipazione ai grandi eventi collettivi.
Come
ho avuto modo di affermare nella relazione svolta in sede di Commissione
- alla quale rinvio per ciò che riguarda l'esame approfondito del
provvedimento che ci è pervenuto dal Senato - la violenza è
l'altra faccia di un calcio malato, di un eccesso di economia, di business,
di affari che hanno contribuito a spegnere una parte della partecipazione
a questo gigantesco evento. Certamente, ci sono anche altri motivi. In
sede di VII Commissione, con il concorso di tutti i colleghi, della maggioranza
e dell'opposizione, abbiamo concluso una indagine conoscitiva al riguardo.
La prossima settimana esamineremo uno schema di documento conclusivo che
darà alcune indicazioni su aspetti di grande rilievo. Ad esempio,
ricordo che le società di calcio, oggi, sono società per
azioni quotate in borsa e c'è da domandarsi se l'infortunio di un
giocatore o l'annuncio relativo alle condizioni fisiche di un giocatore,
e gli effetti sulla quotazione in borsa delle società, non finiscano
per diventare più importanti dello stesso sistema che regola una
leale e piena competizione sportiva.
Mi
domando quali paletti dobbiamo mettere alla libertà di impresa,
che non deve essere conculcata e che, tuttavia, incontra il suo contrappeso
costituzionale nel valore sociale che vogliamo tutelare, quello del diritto
allo sport.
Il
testo che abbiamo proposto - lo ha ricordato il relatore Pisicchio, con
forza - è stato approvato all'unanimità dalle Commissioni
congiunte. Ciascuna ha fatto la propria parte. Spogliandomi per un attimo
dei panni di relatore e, persino, di presidente di Commissione, anch'io
ho dovuto compiere alcune rinunce, con l'obiettivo di proseguire nel solco
di un lavoro unitario che il Senato aveva svolto. In tal modo, è
stata modificata quella norma irrealizzabile e sbagliata, dal punto di
vista costituzionale, che vietava la esposizione di qualsiasi striscione
negli stadi ed il divieto è stato limitato ai soli striscioni che
inneggiano alla violenza o all'odio.
Allo
stesso modo, la flagranza differita - termine ossimoro, vera e propria
contraddizione di questo sistema - è rimasta, pur essendo stata
circoscritta e riferita soltanto agli elementi video e fotografici. Si
tratta di una norma a tempo che scadrà nel 2010 e che non entra
a far parte, a regime, dei codici del nostro paese.
L'articolo
7, che aggrava significativamente le pene per lesioni cagionate a ufficiali
o agenti di polizia in servizio di ordine pubblico, è stato riferito
alle manifestazioni sportive, evitando quella cattiva abitudine secondo
cui, nella emanazione di un decreto-legge urgente e di emergenza, legato
ad uno specifico fenomeno, si finisce con lo stravolgere l'intero codice,
senza badare a tutte le conseguenze e compiendo atti forse discutibili
anche sotto il profilo costituzionale.
È
dal punto di vista della prevenzione che questo decreto-legge ha subito
alcune delle modifiche più significative. Tra esse voglio citare
la nuova formulazione dell'articolo 8, comma 4, il quale, accanto al divieto
- che rimane in vigore - per le società sportive di intrattenere
rapporti finanziari con i club e le associazioni, stabilisce tuttavia la
possibilità di stipulare convenzioni che abbiano finalità
sociali e di solidarietà con quei club che si dissocino apertamente
dalla violenza, nell'eventualità in cui un loro appartenente sia
coinvolto in episodi del genere.
La
nuova formulazione dell'articolo 11-bis permette, inoltre, di lanciare
un messaggio,
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prevedendo
che le somme corrisposte a titolo di sanzione pecuniaria per i reati previsti
dal decreto-legge servano per alimentare quei positivi programmi sportivi
di cui si alla prima parte dello stesso articolo e per aiutare lo svolgimento,
prima delle partite, di quelle attività che possano distendere il
clima da preparazione bellica che, a volte, c'è negli stadi.
Se
noi rompiamo quel clima e creiamo un clima di maggior festa, aiutiamo a
determinare una condizione positiva.
Mi
permetto di dire che anche le coreografie, quando non sono violente, sono
straordinari momenti perfino di creatività e di partecipazione.
C'è gente che viene dall'estero in Italia per vedere alcune di queste
coreografie e sarebbe assurdo pensare di vietarle.
Credo
che la norma più rilevante che abbiamo inteso aggiungere sia costituita
dal nuovo articolo 11-ter, recante «Rilascio di biglietti gratuiti
per i minori», sul quale ho esordito nella mia relazione. Mi pare
che sia un messaggio che possa andare nel profondo della società
italiana.
Certo,
si poteva fare di più. A me, personalmente, sarebbe piaciuta una
norma volta a sospendere la pena per i reati meno gravi e a far sì
che i ragazzi che vengono accusati di tali reati possano avere una proposta
concreta di una misura alternativa, come tagliare l'erba, pulire lo stadio
o essere affidati ad un lavoro che abbia un significato risarcitorio, uscendo
dalla logica penalistica.
Il
sottosegretario Scotti, a nome del Governo, ci ha detto in Commissione
che è allo studio ed in preparazione una norma organica che prevede
proprio questa modalità di sospensione della pena, non solo in riferimento
ai reati di cui stiamo parlando, ma erga omnes.
Infine,
devo dare atto da alcuni colleghi, soprattutto al collega Caparini e al
gruppo che rappresenta, di aver posto con grande forza la questione della
messa in sicurezza degli stadi. Penso che lavoreremo insieme su un ordine
del giorno o su un documento organico, perché è ora che il
Parlamento si apra con un disegno di legge governativo e proposte di legge
di iniziativa parlamentare ad una riforma organica degli stadi che ci permetta
di uscire da quella condizione di assoluta incertezza e cattiva organizzazione
che ancora oggi, nel 2007, purtroppo, esiste negli stadi italiani e che
obbligatoriamente dobbiamo superare, se vogliamo concorrere efficacemente,
ad esempio, ad essere gli organizzatori dei campionati europei di calcio
del 2012 e, soprattutto, se vogliamo offrire agli italiani e alle italiane,
e a chi ama questo straordinario sport, la possibilità di passare
una domenica, un sabato o una serata di festa e non di angoscia (Applausi
dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea,
Italia dei Valori e Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il rappresentante del Governo.
LUIGI SCOTTI, Sottosegretario di Stato per la giustizia. Signor Presidente, mi riservo di intervenire in sede di replica.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Daniele Farina. Ne ha facoltà.
DANIELE
FARINA. Signor Presidente, colleghi deputati, sottosegretario Scotti, credo
che abbiamo lavorato fecondamente in Commissione e abbiamo operato dei
miglioramenti al testo che proveniva dal Senato. Però, per chiarezza
ed anche per brevità dei nostri lavori, ritengo che bisogna esprimere
subito un giudizio chiaro sul provvedimento che stiamo esaminando. Non
se ne abbia a male il sottosegretario Scotti, ma credo che il decreto-legge
del Governo, così come è stato strutturato, fosse essenzialmente
orrido in origine e pessimo nel testo licenziato dal Senato.
Quindi,
come ho già dichiarato più volte, ritengo che ciò
che andremo a costruire sarà comunque giudicato da molti un brutto
testo. Intendo dire che quella che si è verificata nei vari passaggi
legislativi è stata una procedura graduale di vera e propria riduzione
del danno. Lo affermo perché mi risulta evidente che è
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sbagliato
l'approccio di fondo con cui il Governo ha affrontato questa materia.
È
chiaro, infatti, che il testo del decreto-legge si sviluppa a partire dagli
avvenimenti che a Catania hanno avuto culmine nell'omicidio dell'ispettore
Raciti e nell'urgenza di dare una risposta a quei fatti gravissimi e ad
un'evidente degenerazione delle condizioni di esercizio delle manifestazioni
calcistiche.
Questo
lo hanno affermato molti colleghi: penso sia un'evidenza difficilmente
discutibile. Ma l'errore di fondo è nel credere che un provvedimento
quasi esclusivamente repressivo abbia un'efficacia reale. Il relatore per
la VII Commissione, il collega Folena, metteva in evidenza l'aspetto positivo
che il Senato della Repubblica ha introdotto sul nucleo duro di un provvedimento
del Governo che aveva una chiave esclusivamente penalistica, nella misura
in cui è riuscito ad introdurre - e noi qui ad ampliare - un elemento
che guarda alla promozione dello sport e alla riforma delle condizioni
normali di agibilità dei nostri stadi e dell'approccio di numerosi
soggetti al fenomeno calcistico.
La
domanda che dovremo porci - al Senato hanno tentato di porsela - è
perché paiono non funzionare le norme esistenti, a partire della
legge n. 401 del 1989, poi successivamente modificata nel 2001. Si tratta
di norme che non sono, a differenza di quanto si legge qua e là,
particolarmente tenere sotto il profilo penale, anzi. Eppure suonano a
conferma che la strada intrapresa è a fondo cieco, se permane l'usanza
che le norme approvate restano lettera morta. Da anni, io personalmente,
per fortuna non in solitudine, sono convinto che gli stadi siano il terreno
di sperimentazione di nuove normative che tendono ad estendersi al resto
della società.
Nel
testo prodotto dal Governo questa idea risulta, a mio avviso, fortemente
confermata. Voi ricorderete, soprattutto i colleghi che hanno più
legislature alle spalle, il forte dibattito che ha accompagnato l'istituto
della cosiddetta «flagranza differita». Indipendentemente dagli
esiti del voto sui vari provvedimenti che la contenevano, è evidente
che è aperta la questione del vulnus, anche costituzionale, che
questa rappresenta nel nostro ordinamento. È evidente che la sua
dilatazione da 36 a 48 ore amplifica questo problema, anche se ne restringe
- di questo va dato onestamente merito al Governo - la discrezionalità
alla sola documentazione videofotografica. Soprattutto verrebbe a cadere,
se confermato il testo del Governo e se confermato il testo del Senato,
il carattere provvisorio che anche le passate legislature hanno voluto
attribuire a questo istituto della «flagranza differita», cioè
verrebbe a cadere il carattere a termine, eccezionale. Se ne darebbe insomma
per scontata la definitiva introiezione nel nostro ordinamento.
Questa
è la ragione per la quale, nel dibattito che abbiamo avuto in Commissione,
abbiamo voluto ridare un termine a questo istituto, mantenendone il carattere
di eccezione. Inoltre, sul medesimo versante dello stadio come laboratorio,
il Governo dovrebbe spiegare con più evidenza come sia possibile
che un provvedimento dichiaratamente volto alla prevenzione e alla repressione
dei fenomeni di violenza connessi alle manifestazioni calcistiche si dilati
invece, modificando il codice penale, fino a comprendere tutte le circostanze
e tutti i cittadini, anche molto distanti da quello che dovrebbe essere
l'oggetto di questo decreto e del dibattito per la sua conversione in legge.
Questo accadrebbe, pur essendo evidente che non esiste, tranne che negli
stadi, alcuna necessità o urgenza per un'applicazione così
diffusa.
Si
è tentato poi di introdurre un vero e proprio reato di opinione
con riferimento alle fattispecie previste dall'articolo 2-bis, comma 1,
che abbiamo per queste ragioni concordemente riformulato e spero che nessuno
se ne dolga. Uno dei due relatori del Senato, nell'iter del decreto in
quella Camera, ha fatto più volte presente che in questo decreto
sono state inserite dal Governo e confermate dal Senato - e noi non le
modifichiamo - misure di prevenzione personali e patrimoniali, che sono
previste dalla legislazione
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antimafia,
nonostante che metà della Commissione del Senato proponesse di abrogarle
e che la restante metà le ritenesse inutili. Eppure sono rimaste
in questo testo. Questo ragionamento nasce dalla convinzione che la legislazione
di emergenza è un potente veleno, che una volta introdotto nell'ordinamento
non ne esce più, anzi tende a corroderlo. Questo paese ne ha avuto
esperienza, ma colpisce la naturalezza - lo ribadisco - con cui temi di
questo tipo sono stati sottoposti alle Camere: mi riferisco al provvedimento
dal carattere di particolare necessità ed urgenza concernente la
repressione e la prevenzione delle violenze che si verificano in occasione
di manifestazioni sportive di carattere calcistico.
Siamo
di fronte ad un mondo, quello del calcio (mi soffermerò molto brevemente
sulla questione perché è già intervenuto il relatore
Folena e altri lo faranno in seguito), che è destinato a cambiare:
mi riferisco alla proprietà degli stadi, alla loro privatizzazione,
alle TV a pagamento, al destino del pubblico e dei tifosi organizzati,
temi che rimangono sullo sfondo e su cui si annunciano specifici interventi
legislativi ed interventi diversi di settore.
Il
fatto che siamo di fronte ad un qualcosa che in futuro strutturalmente
cambierà è una ragione in più per marcare il carattere
di eccezionalità, per cui è possibile la limitazione temporale
delle norme che ci accingiamo ad approvare.
L'eccezione
è tale - lo credo molto umilmente - quando non si pratica a sufficienza
la fatica dell'ordinario. Cosa intendo dire?
Credo
sia difficile negare il fatto che la situazione che questo provvedimento
contrasta ha molti padri e molte madri, vale a dire ha molti più
responsabili dei soggetti concreti i cui reati si intende contrastare!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato D'Elia. Ne ha facoltà.
SERGIO
D'ELIA. Signor Presidente, colleghe e colleghi, rappresentanti del Governo,
purtroppo, il dibattito che stiamo affrontando ci permetterà solo
in parte di avviare una riflessione politica seria, pacata e di carattere
più complessivo. Lo strumento del decreto-legge non ci aiuta, infatti,
in questo. Sono 18 anni ormai che lo Stato affronta il fenomeno della violenza
negli stadi a colpi di decreti-legge, fondati principalmente su quello
che accade negli stadi o fuori dagli stadi, cioè sull'impatto emotivo
provocato da gravi fatti di cronaca.
Il
13 dicembre del 1989 venne approvata la legge n. 401 per la tutela della
correttezza dello svolgimento di manifestazioni sportive. Poi, ad ondate
successive, sono state via via introdotte, sempre con la tecnica del decreto-legge,
quelle che sono state definite misure urgenti per prevenire la violenza
negli stadi.
Abbiamo
così avuto una sequela di decreti: quello del 1994, del 2001, del
2003, del 2005, sino ad arrivare al decreto-legge oggi in discussione.
La
stratificazione di queste norme emergenziali ha delineato un sistema improntato
esclusivamente a logiche repressivo-preventive, attraverso il quale sono
stati configurati reati specifici, misure di prevenzione, procedure speciali,
eccezioni alle garanzie costituzionali.
Dopo
vent'anni, siamo al punto di partenza: non è con metodi e logiche
di emergenza, con leggi di eccezione o misure speciali, con provvedimenti
repressivi e di dubbia costituzionalità, anche se mascherati da
misure preventive, che si risolve il problema ed i fatti lo hanno dimostrato.
Anzi, la militarizzazione degli stadi e la criminalizzazione generalizzata
del tifoso paradossalmente ha favorito la politicizzazione e lo spostamento
della violenza nei confronti delle forze di polizia ovvero di chi si trova
a rappresentare sul campo lo Stato e a far valere le sue leggi.
La
violenza negli stadi, che è culminata di recente nei tragici fatti
di Catania, non può essere risolta in questo modo. Necessita di
provvedimenti di più ampio respiro che riformulino del tutto l'ormai
vecchia legge n. 401 del 1989, soprattutto riportando la normativa nell'alveo
costituzionale.
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La
democraticità di un paese la si valuta anche dal numero di leggi
speciali che vengono approvate.
Già
il codice di procedura penale avrebbe degli strumenti - reati e sanzioni,
introdotti attraverso vari decreti-legge -, ma questi ultimi non sono stati
utilizzati poiché si preferisce sempre fare ricorso a nuovi decreti-legge,
a nuove leggi speciali, ad ennesime norme d'emergenza; per fare un esempio,
non è stato applicato nemmeno il decreto Pisanu.
A
parer mio, si tratta di capire, più che di reprimere, anche perché
il pugno duro è mostrato da istituzioni che non hanno fatto rispettare,
e non rispettano le leggi: basti pensare alle autorizzazioni in deroga
concesse ai gestori degli stadi insicuri, che sono state rilasciate fino
a poche settimane fa (tra l'altro, già si sono avute deroghe, nonostante
l'emergenza di cui si è discusso sui giornali nelle settimane scorse).
Ritengo
che sarebbe stata opportuna un'indagine conoscitiva sull'illegalità
diffusa, che ha permesso l'errata programmazione di interventi infrastrutturali,
lo spreco di denaro pubblico, l'agibilità di stadi fuorilegge, l'elusione
delle normative sulla sicurezza e l'omessa adozione dei provvedimenti conseguenti,
ma anche l'ottusa gestione dell'ordine pubblico. Di questo avremmo dovuto
discutere, ma così non è stato, quindi oggi ci troviamo ad
introdurre nel nostro ordinamento nuove misure autoritarie e ad appesantire
quelle già esistenti. Vi è il rischio di introdurre nel nostro
ordinamento un vero e proprio cavallo di Troia, che può minare la
configurazione democratica e liberale, lo stato di diritto del nostro Paese.
L'Italia,
periodicamente, ciclicamente, compie dei passi in avanti sulla via del
diritto e sulla scia di una civiltà giuridica, ma poi, improvvisamente,
compie dei passi indietro, ha delle battute d'arresto come quella registrata
oggi grazie a questo decreto-legge.
Addirittura,
il nostro Paese è riuscito a proiettare la sua visione del diritto
alla vita anche a livello internazionale nei confronti, ad esempio, di
quei paesi che ancora praticano la pena di morte, e si è impegnato
a presentare all'ONU una proposta di moratoria universale delle esecuzioni
capitali. In ogni caso, successivamente accade che, nonostante gli impegni,
i precisi atti d'indirizzo del Parlamento nei confronti del Governo, quest'ultimo
venga meno ai suoi proponimenti. A causa di ciò, Marco Pannella,
in queste ore, ha dovuto annunciare la ripresa di uno sciopero della fame,
proprio per ottenere dal Governo il rispetto degli impegni solenni - reiterati
non soltanto dal nostro Parlamento, ma anche dal Parlamento europeo - per
la presentazione all'Assemblea generale dell'ONU di una risoluzione per
la moratoria della pena di morte. In Iraq, questa notte, ancora una volta
dopo l'uccisione di Saddam Hussein, vi è stata un'esecuzione riguardante
l'ex vicepresidente iracheno, Yassin Ramadan. Si potrebbero, quindi, verificare
nuove vendette, nuovi omicidi ed assassini in quel paese.
Per
quanto riguarda il provvedimento in discussione, segnalo, in primo luogo,
una gravissima anomalia contenuta nel decreto-legge. Mi riferisco ad una
misura di prevenzione adottata dal questore, il cosiddetto Daspo; si tratta
di un fatto mai avvenuto in questi anni, caratterizzati anche da una gravissima
emergenza sul fronte della criminalità organizzata e della mafia.
Questa
misura si applica ai reati, ai comportamenti giudicati pericolosi commessi
durante, primo o dopo lo svolgimento di partite di calcio.
Va
tanto di moda il modello inglese, tutti lo invocano, ma nessuno ricorda
che in Gran Bretagna il corrispettivo del nostro questore si limita a proporre
il provvedimento cosiddetto Daspo, mentre è il giudice con una regolare
udienza a dover decidere se e in quale misura applicarlo, così come
avviene per le altre misure di prevenzione. L'inasprimento della conflittualità
esistente tra i tifosi e le forze dell'ordine è stata determinata
anche da una eccessiva discrezionalità lasciata ai questori e alle
insufficienti garanzie difensive degli imputati.
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Con
la conversione del presente decreto-legge noi andiamo a confermare questa
anomalia aggravandone gli effetti ed aprendo crepe significative nella
nostra Costituzione. Da un lato, sembrano eccessive nei minimi edittali
le pene previste per alcuni reati, giacché, se paragonate con altre
fattispecie di reato più gravi tolgono al giudice la discrezionalità
di stabilire una pena congrua e giusta, dall'altro sembra anche eccessivo
che il Daspo che può applicare il giudice abbia una durata minima
di due anni, atteso che un reato di modestissima entità non può
portare ad un obbligo di presentazione in commissariato così invasivo
e per una durata minima che il giudice non può ridurre. Aspetti
non conformi alla Costituzione sono invece rappresentati da un altro tipo
di Daspo, questo applicato in via addirittura preventiva. Vi è infatti
il Daspo che può applicare il giudice con una sentenza, ma vi è
anche il Daspo preventivo, quello disposto dal questore, basato non su
una denunzia, ma su una relazione di servizio, su delle note informative
che vengono dagli organi di polizia.
L'altra
anomalia, pesantissima, che apre una breccia pericolosissima nel nostro
ordinamento è quella della cosiddetta flagranza differita. Il Daspo
preventivo sottrae al prevenuto la possibilità di difendersi in
quanto non ha un giudice di merito avanti al quale discolparsi. Questo
dice il nostro decreto-legge che stiamo discutendo, perché l'innocente
denunziato e «daspato» può sperare nell'archiviazione
o nell'assoluzione, mentre l'innocente «daspato» senza denunzia,
quello a cui il provvedimento viene applicato in via preventiva, non ha
la possibilità di rimuoverlo perché non ha un giudice di
merito avanti al quale difendersi. Il TAR infatti è un giudice di
legittimità ed il GIP si pronuncia solo sull'obbligo della firma.
Vi
è poi la questione del Daspo per chi contravviene al regolamento
d'uso nello stadio, qui siamo di fronte a cose veramente ridicole, da tre
mesi a due anni se per sbaglio uno che va allo stadio e paga il biglietto
si siede in un posto che non è il suo. Ad una semplice sanzione
amministrativa non può corrispondere una misura di prevenzione che
ha quale presupposto la pericolosità.
Torno
ora sulla flagranza differita, oggi estesa a 48 ore e costituzionalmente
inconcepibile e criticabile, perché viola l'articolo 13, comma 2,
della Carta costituzionale. Introdotta dal decreto-legge Pisanu, fu fortemente
osteggiata (lo ricordo soprattutto ai colleghi della maggioranza) dall'allora
opposizione. Ricordo da questo punto di vista parole esemplari e condivisibilissime
utilizzate da Anna Finocchiaro per contrastare la flagranza differita.
Ora è stata introdotta in questo decreto-legge e ci troviamo in
una situazione nella quale rischiamo di dare vita a precedenti per cui
la flagranza differita può essere applicata non soltanto ai comportamenti
relativi al calcio, ma anche ai comportamenti politici, di disobbedienza
civile o, in generale, all'attività politica. Si tratta di un brutto
precedente.
Da
respingere totalmente sono invece le modifiche ancora più restrittive
introdotte dal Senato, mi riferisco in particolare al sostanziale divieto
di tifo organizzato, che rischia in quanto tale di divenire reato. La disciplina
di dettaglio dettata nei giorni scorsi dall'osservatorio sulle manifestazioni
sportive, inattuabile e cervellotica, ha poi fatto il resto.
Signor
rappresentante del Governo, colleghe e colleghi, penso che la semplice
ragionevolezza, nella punizione come nella prevenzione, sia l'arma vincente
per governare ogni fenomeno. Non servono leggi eccezionali o autoritarie
che favoriscono svolte di regime per la nostra società in genere
e soprattutto per il business di coloro che vivono e si arricchiscono sul
calcio, ovvero i soliti noti. Eccezionali sarebbero l'applicazione delle
leggi ordinarie esistenti ed il rispetto del diritto e della Costituzione
vigenti. È questa l'eccezionalità che noi vorremmo, ovvero
l'applicazione delle leggi esistenti e soprattutto dei princìpi
fondamentali del nostro Paese, della nostra civiltà giuridica e
del nostro stato di diritto.
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PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pescante. Ne ha facoltà.
MARIO
PESCANTE. Signor Presidente, ancor prima della conclusione del dibattito,
il gruppo di Forza Italia esprime il suo compiacimento - perché
no? - per il risultato che si sta profilando (consideratelo un auspicio)
e per l'approvazione di un testo condiviso. Tuttavia, mi auguro anche che
il provvedimento sia approvato a larga maggioranza. Pertanto, parteciperemo
al dibattito con la convinzione di interpretare il sentire dell'opinione
pubblica di un Paese, stufa di questa violenza fanatica e spesso politicizzata
che sta devastando l'immagine del calcio italiano e minando i valori stessi
sui quali si fonda lo sport.
Il
nostro atteggiamento propositivo nei confronti del decreto-legge del Governo
si basa anche sulla considerazione che questo provvedimento sia la prosecuzione,
anzi l'attualizzazione, delle leggi varate nel corso della passata Legislatura
per contrastare la violenza nello sport, che per la verità non trovarono
da parte dell'opposizione la stessa accoglienza da noi riservata oggi al
decreto-legge del Governo.
Colleghi
dell'opposizione, allora ci avevate osteggiato e contrastato, nonostante
si trattasse di provvedimenti ai quali voi stessi oggi fate riferimento
nel varare questo decreto-legge. Noi invece vi sosterremo, esprimendo al
contempo il più vivo compiacimento per il ravvedimento di taluni,
dopo aver ascoltato gli interventi dei colleghi che mi hanno preceduto.
Prima di estendere queste note avrei parlato di un solo ravvedimento, mentre
adesso ho acquisito che si tratta del ravvedimento di taluni. Tale ravvedimento
vi ha portato a superare la remore e le riserve del passato.
E
a proposito di ravvedimenti, prendo atto con piacere che si sono convertiti
due autorevoli membri del Governo, uno dei quali all'epoca (cito il resoconto
stenografico della Camera) sosteneva che per combattere la violenza era
sufficiente applicare la legge ordinaria e che i biglietti nominativi -
non la violenza! - allontanavano le famiglie dagli stadi. Si è ravveduto
anche l'altro autorevole esponente del Governo, che sosteneva (cito sempre
il resoconto stenografico) l'esigenza di aprire un tavolo di confronto
con gli ultras, sospendendo l'applicazione di norme liberticide come la
diffida. So che è assai poco protocollare far riferimento agli interventi
che mi hanno preceduto, tuttavia vorrei far presente al collega D'Elia
che, se è vero che in Inghilterra il cosiddetto Daspo è attribuito
e sentenziato da un giudice, è anche vero che la sua sentenza avviene
entro 24 ore dalla comunicazione.
È
silente un altro severo oppositore dei provvedimenti contro la violenza
dell'altra legislatura, attuale capogruppo di un partito di maggioranza
al Senato, che all'epoca sosteneva - e, per la verità, alcuni di
questi termini sono riecheggiati anche oggi, proprio qualche minuto fa
- che le norme antiviolenza del Governo - cito testualmente - costituivano
un laboratorio: oggi gli stadi, domani i cortei. E aggiungeva: «la
figura degli steward porta alla militarizzazione degli stadi, il passo
successivo sarebbe stata la militarizzazione della società».
Il precedente Governo non è riuscito a fare tanto, pare che questo
sia un testimone che viene consegnato di Governo in Governo.
Noto
anche con piacere che sono state abbandonate alcune tesi proprie di una
certa sociologia militante che ha alimentato la mentalità secondo
la quale i disadattati, i teppisti, i violenti, specialmente se giovani,
vanno capiti e mai puniti, trattati con i guanti bianchi, perché
sostanzialmente innocenti. Nessuno ha mai colpa di niente. La colpa è
sempre di qualcun altro. Anzi, di qualcosa altro: società, famiglia,
sistema. Nel nostro caso - lo abbiamo sentito qualche minuto fa - si tratta
della mancanza della cultura sportiva, dei dirigenti delle squadre di calcio,
spendaccioni, responsabili di vari bilanci contraffatti, dei comportamenti
in campo dei calciatori, dei club, del business e così via. Potrei
continuare, ma per gli appassionati di queste tematiche giustificazioniste
rinvio alla istruttiva lettura dei verbali delle sedute che si sono svolte
sui
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provvedimenti
contro la violenza negli stadi negli anni 2001, 2003 e 2005. Il risultato
finale fu che le leggi di quegli anni furono annacquate e, durante i dibattiti
parlamentari, rese poco incisive ed efficaci, sia per l'atteggiamento denunciato
dell'opposizione, sia - lo devo riconoscere onestamente - per un certo
ideologico garantismo di alcuni colleghi dell'allora maggioranza.
Non
ho fatto questi richiami sul passato per spirito di polemica, ma per controbattere
i motivi che oggi sono di nuovo riecheggiati. Il fatto è che si
imputa oggi alla precedente legislazione la responsabilità di aver
fallito nel contrastare la violenza, perché le norme erano troppo
repressive. La realtà era che quelle norme - che di repressivo avevano
assai poco -, sono risultate poco efficaci per questo motivo, con un impegno
trasversale del Parlamento assai poco apprezzabile.
Ciò
premesso, confermo che Forza Italia sosterrà il presente testo,
per giungere all'obiettivo di restituire gli stadi ai giovani, alle famiglie,
ai tifosi, agli stessi ultras, quelli che vanno allo stadio - e sono la
stragrande maggioranza - per vivere una bella giornata di sport. Il fatto
che questo impegno sia condiviso mi dà finalmente la consapevolezza
che, al di là delle polemiche del passato, siamo tutti coscienti,
in testa il Governo, che non possiamo più consentire che gli stadi
siano diventati spazi di impunità. Si è finalmente capito,
con colpevole ritardo, che la violenza del calcio è ribellione allo
stato puro. Ribellione contro le forze dell'ordine, che a Catania ha visto
l'uccisione di Raciti e che, a Livorno, ha visto inneggiare a questo assassinio.
Tra
i violenti c'è chi va allo stadio senza vedere la partita, ma per
insultare, aggredire e, soprattutto, colpire gli agenti. Si tratta di bande
criminali che fraternizzano fra di loro, anche se appartengono a tifoserie
avverse. I veri nemici sono diventati alleati. È chiaro che il pallone
è solo un pretesto ignobile nella sproporzione tra causa ed effetto.
Nessuno
vuole la guerra contro certe frange di ultras, ma nessuno, anche all'interno
degli stadi, vuole più essere mischiato con i loro traffici e i
loro crimini!
Dunque,
dimentichiamoci le polemiche del passato e discutiamo insieme su questa
degenerazione del tifo, nonché su come combatterla. Credo, infatti,
che il provvedimento in esame sia condivisibile anche sotto questo punto
di vista.
Concludo
dando atto ai presidenti delle Commissioni giustizia e cultura della Camera
dei deputati che, anche grazie al nostro contributo, non si è mai
ceduto alla tentazione italica di cadere nell'antico vizio del legislatore,
allorché si presentano, sull'onda di una forte emozione, dei disegni
di legge e poi, una volta «sbollita l'ira», si smarrisce la
loro ragion d'essere. Questa volta non si è innestata la marcia
indietro e devo dire che di questo deve essere dato atto alle due Commissioni
ed ai presidenti che le dirigono. Credo, in conclusione, che sussistano
tutti i presupposti per poter svolgere, in sede di dibattito, un buon lavoro.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Balducci. Ne ha facoltà.
PAOLA
BALDUCCI. Signor Presidente, chiedo sempre scusa, ma resto seduta per motivi
«logistici»!
Illustrissimo
Presidente, illustri colleghi, signor rappresentante del Governo, voglio,
in questo mio breve intervento, esprimere preliminarmente un apprezzamento
per il puntuale lavoro svolto, in questi brevissimi giorni, dalle Commissioni
riunite II e VII della Camera dei deputati. Si è trattato di un
lavoro impegnativo e stimolante, che ci ha visto intensamente impegnati
per convertire in legge il decreto in esame.
Dopo
le modifiche apportate dalle Commissioni giustizia e cultura, la normativa
avrà un volto molto diverso e non più solamente repressivo.
Si tratta di un tema - e parlo come rappresentante del gruppo dei Verdi
- che, a nostro avviso, deve costituire sempre l'estrema ratio.
Attraverso
il provvedimento in esame, potremo finalmente recuperare i valori fondamentali
dello sport. Mi riferisco a
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quei
valori che ci consentiranno di superare, come tutti auspichiamo, questo
momento traumatico per lo sport italiano, mostrando un grande atto di fiducia
nelle sue risorse.
Il
decreto-legge in esame è duramente intervenuto, come tutti noi ricordiamo,
dopo quei fatti gravissimi che, in una notte, hanno sconvolto il mondo
dello sport italiano. Si è trattato di eventi che ci hanno riempito
di dolore, a causa della perdita di Filippo Raciti, l'ispettore di polizia
ucciso nell'espletamento dei propri doveri.
Con
questo provvedimento, lo Stato ha reagito prontamente non solo facendosi
carico di una questione rimasta irrisolta, ma anche colmando un vuoto normativo
gravissimo. Il decreto-legge in esame manda un segnale sicuramente importante,
responsabilizzando, al contempo, le società di calcio e tutti gli
altri operatori del settore attraverso nuove e più forti regole
che vanno, finalmente, a ridisegnare il quadro legislativo di riferimento.
Non
si tratta, come si potrebbe essere portati erroneamente a pensare - ed
insisto fortemente su tale aspetto -, di un «pacchetto» di
regole punitive per le società di calcio, oppure rivolte a scoraggiare
la presenza negli stadi della tifoseria. Sono sicura che queste nuove norme,
una volta metabolizzate, stimoleranno una reazione positiva del sistema
sportivo, la quale condurrà alla produzione di anticorpi idonei
a neutralizzare quelle espressioni di violenza, fisica e verbale, che,
come già detto, hanno messo a forte disagio l'intero mondo del calcio.
Si
deve capire che l'investimento compiuto oggi sulla sicurezza del calcio
non solo equivale ad una assicurazione per il domani, ma rappresenta, altresì,
un importantissimo incentivo alla crescita dell'interesse dei cittadini
nei confronti dello sport. Non vogliamo che gli stadi ed i luoghi ad essi
vicini siano considerati zone a rischio sicurezza. Si prenderà in
considerazione, attraverso questa normativa, chi vuole vivere e godere
le manifestazioni sportive facendolo finalmente in maniera serena, sicura,
lontano da ansie e da paure, e soprattutto senza il rischio di veder trasformata
una domenica di divertimento in un momento di angoscia e di dolore. Le
modifiche apportate in sede di conversione operano in questo senso, perché
confermano la volontà del Parlamento - insisto fortemente su questo
aspetto - di riportare negli stadi le famiglie. Stavolta non si tratta
solo di parole; per questo è stata deliberata dalle Commissioni
riunite un'importante modifica al testo - che io sostengo non soltanto
in nome e per conto del mio gruppo, ma anche personalmente -, che ora include
un nuovo articolo 11-ter, la cui approvazione da parte dell'Assemblea consentirà
l'accesso gratuito negli stadi per i minori di quattordici anni accompagnati.
Signor Presidente, questo è un forte, fortissimo richiamo perché
lo sport recuperi i suoi valori.
Come
abbiamo detto, le norme previste in questo testo sono certamente severe,
ma non colpiscono - ripeto - il tifo sano. Per questo c'è stata
un'ulteriore limatura, che ha permesso di riscrivere - ringrazio la Commissione
giustizia e il nostro presidente, che con grande impegno è intervenuto
per dare un senso di legalità e di garanzia al decreto-legge in
esame - il divieto riguardante gli striscioni. Il divieto penalmente sanzionato,
di cui all'articolo 2-bis, riguarda ora soltanto quegli striscioni e quei
cartelli che, comunque, incitino alla violenza o contengano insulti o minacce.
Noi non vogliamo che le norme contenute nel decreto-legge portino a processi
che riguardano soltanto le intenzioni e non invece a processi ai fatti,
e, se vi sono reati, alla loro repressione.
Tante
e importanti sono le correzioni e le novità introdotte dalle Commissioni.
Ritengo, ad esempio, che sia un fatto positivo che la cosiddetta flagranza
differita - un tema che ci ha coinvolto e su cui ognuno di noi ha espresso
sentimenti personali ed importanti - torni ad essere una misura eccezionale.
Ringrazio il presidente Pisicchio e la Commissione giustizia che, sulla
base delle nostre osservazioni, ci ha ribadito come la flagranza differita
torni
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ad
essere una misura eccezionale e temporalmente limitata fino al 30 giugno
2010.
Resta
fermo l'ampliamento della fragranza alle 48 ore anziché alle 36
ore successive, come nel cosiddetto decreto Pisanu, ma l'istituto ritorna
giustamente ad essere di carattere temporaneo e perde il carattere di definitività
che gli era stato impresso. Allo stesso modo, abbiamo attenuato la portata
di alcune previsioni introdotte dal Senato, che, a nostro avviso, non erano
condivisibili. Nel testo licenziato dall'altro ramo del Parlamento, chiunque
avesse procurato ad un pubblico ufficiale in servizio di ordine pubblico
lesioni personali gravi o gravissime sarebbe incorso nelle pene rispettivamente
previste dall'articolo 583, aumentate della metà. Si sarebbe potuto
arrivare per le lesioni gravissime fino a diciotto anni di reclusione.
La nuova ipotesi di reato è stata dunque riscritta, punendo chi
cagiona lesioni personali gravi o gravissime, in occasione di servizi di
ordine pubblico, rispettivamente con la reclusione da quattro a dieci anni
o da otto a sedici anni: si stabiliscono, quindi, pene severe, ma non sproporzionate.
Tuttavia,
le Commissioni in alcuni casi hanno inasprito le sanzioni: si pensi alle
modifiche introdotte al comma 2 dell'articolo 6-bis (legge 13 dicembre
1989, n. 401), che punisce le persone che superano indebitamente una recinzione
o una separazione dell'impianto.
In
conclusione, tutti noi auspichiamo che le misure sicuramente severe e antiviolenza
contenute in questo nuovo provvedimento - tale è stato infatti lo
spirito che ha animato il nostro comportamento in sede di Commissioni riunite
giustizia e cultura - non rechino solo norme transitorie ma consistano
anche in disposizioni (e tale aspetto mi sta più a cuore) che agevolino
la formazione di una nuova cultura sportiva. Saremo finalmente in grado
di garantire tutte le condizioni necessarie per riportare la sicurezza
dentro e fuori gli stadi, in modo che non abbiano più a ripetersi
altri tragici episodi quali quello di Catania.
Peraltro,
confidiamo anche in un altro risultato; aprendo la discussione con l'illustrazione
della relazione della Commissione cultura, l'onorevole Folena ha dichiarato
che vi deve essere un clima diverso. Ebbene, a mio avviso, l'articolo 11-ter
contribuirà sicuramente a recuperare il senso dello sport per i
giovani e le famiglie affinché esso non sia più visto come
una forma di antagonismo violento ma, al contrario, come una competizione
sana per i giovani che vogliano partecipare alla vita sportiva.
Mi
preme svolgere un'ultima osservazione sulla quale insisto e che è
anche un invito rivolto alle Commissioni competenti; qualsiasi riforma
attenga a sanzioni, a misure interdittive - abbiamo parlato anche dell'affidamento
in prova - o a misure proprie degli ordinamenti minorili e a quant'altro
deve a mio avviso collocarsi nell'ambito di una riforma organica dei codici
penale e di procedura penale, una riforma che finalmente introduca, accanto
a sanzioni repressive come il carcere, anche misure interdittive.
È
qui presente il rappresentante del Governo, al quale formulo un invito
perché finalmente - e non solo per la vicenda dello sport o per
la materia sulla quale intervengono le modifiche recate dal provvedimento
ora in discussione - si possa introdurre, pur restando il carcere l'extrema
ratio, una normativa in tema di sanzioni penali che possa recuperare l'applicazione
di misure interdittive, eventualmente mutuate anche da altri ordinamenti.
Penso, ad esempio, al giudice di pace o alla giustizia minorile, che prevede
istituti come l'affidamento in prova e altri che potranno sicuramente essere
utili per una riforma organica delle sanzioni nel diritto penale (Applausi
dei deputati dei gruppi Verdi, L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra
Europea e Popolari-Udeur).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Crapolicchio. Ne ha facoltà.
SILVIO
CRAPOLICCHIO. Signor Presidente, onorevoli deputati, onorevole rappresentante
del Governo, come è noto,
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all'indomani
dei gravi fatti di Catania è stato emanato il decreto-legge n. 8
del 2007 al fine sia di predisporre adeguati strumenti di reazione ai gravi
fenomeni di violenza, che ormai da troppo tempo si verificano sempre più
frequentemente nel corso dello svolgimento di manifestazioni sportive,
sia di dare al paese un segnale immediato dell'attenzione delle istituzioni
a fronte di tali episodi.
Se
le manifestazioni calcistiche in Italia si sono purtroppo patologicamente
trasformate in un grave problema di ordine pubblico, risulta allora evidente
la necessità di porre rimedio a tale stato di cose mediante un intervento
legislativo di ampio respiro, ampliativo di quello recato dal testo originario
del decreto-legge oggetto di conversione e in realtà, destinato
ad inserirsi, senza sostanziale soluzione di continuità, nel solco
del cosiddetto decreto Pisanu, che già aveva previsto talune misure
repressive, risultate tuttavia inefficaci in sede applicativa a causa di
numerose problematicità, anche di carattere strettamente pratico,
segnalate dagli operatori di polizia in occasione delle audizioni tenutesi
presso il Senato della Repubblica.
Ciò
premesso in ambito generale in ordine alla necessità di intervenire
con assoluta celerità nella materia in questione, ci si può,
a questo punto, soffermare sulla specificità della riforma legislativa
e sulle modifiche apportate al testo del decreto-legge da parte del Senato
della Repubblica in sede di approvazione del disegno di legge di conversione
del decreto di urgenza.
Ebbene,
a tale proposito, il testo oggi all'esame della Camera dei deputati, che
ha positivamente incontrato nel corso dell'iter parlamentare una sostanziale
unanimità di consensi delle forze politiche, sia di maggioranza,
sia di opposizione, appare nel complesso condivisibile, anche e soprattutto
per lo spirito di mediazione in esso contenuto.
L'introduzione
delle disposizioni previste dal testo oggi in discussione era infatti da
considerarsi assolutamente doverosa ed urgente; si pensi alla previsione
dell'obbligo di effettiva identificazione dello spettatore sin dal momento
della vendita del biglietto mediante l'esibizione di un documento di identità
oppure all'imposizione delle prescrizioni di carattere tecnico necessarie
al fine dell'adeguamento degli stadi ai più rilevanti standard di
sicurezza.
Rispetto
a tale ultimo aspetto, peraltro, sia consentita una notazione critica in
merito al curioso operato delle società calcistiche, che, dopo aver
per anni respinto al mittente ogni richiesta di adeguamento degli stadi,
affermando che anche solo l'installazione dei tornelli avrebbe richiesto
tempi assai lunghi, all'indomani dell'entrata in vigore del decreto-legge
in questione hanno, invece, provveduto ai lavori di adeguamento in pochissimi
giorni. Tale condotta appare quantomeno paradossale, per non dire omissiva.
Allo
stesso modo, debbono ritenersi positivi i rigorosi limiti imposti in ordine
alle modalità di vendita dei titoli di accesso, vietandosi, ad esempio,
la vendita o la cessione alla stessa persona giuridica o fisica di titoli
di accesso in numero superiore a quattro, così come in ordine ai
rapporti tra le società calcistiche al fine della vendita dei medesimi
titoli di accesso. Inoltre, si prende atto, anche se tale aspetto ci preoccupa,
dell'avvertita necessità, ai fini sia di una significativa reazione
ai fenomeni di violenza di assoluta gravità, sia di un'immediata
risposta al paese, del generale inasprimento delle sanzioni penali ed amministrative,
previste a presidio del rispetto della disposizione in esame.
Pur
condividendo nel complesso l'intervento legislativo in esame, riteniamo
opportuno segnalare taluni profili di criticità che crediamo perfettibili,
quantomeno con una riforma organica della materia.
In
primo luogo, sembra problematica l'ulteriore estensione temporale della
flagranza di reato, ancorché quale misura temporanea, a causa di
evidenti profili di incostituzionalità, senza considerare che in
uno Stato di diritto le deroghe al regime ordinario, pur giustificate dall'emergenza,
possono comportare il rischio dell'ingiustificata compressione dei diritti,
anche di natura processuale. Evidenzio inoltre la perplessità politica,
non giuridica, sul concetto
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di
temporaneità, trattandosi di misure destinate ad applicarsi addirittura
sino al 2010.
Allo
stesso modo, riteniamo che le modifiche apportate alla fattispecie di lancio,
utilizzo e possesso di materiale pericoloso debbano essere ancorate alla
prova certa, non meramente presuntiva, della chiara collegabilità
delle condotte contestate alla manifestazione sportiva.
Valutiamo
invece come positivo, in ordine all'articolo 7 del testo in esame, come
modificato dalle Commissioni riunite, che l'efficacia della relativa disposizione
sia stata ancorata alle sole manifestazioni sportive.
Ebbene,
pur con le riserve appena espresse, il provvedimento in esame appare indubbiamente
condivisibile e necessario, al fine di fare fronte ad episodi di violenza
francamente inaccettabili in uno Stato civile quale il nostro e tali da
turbare in modo insanabile l'ordine pubblico. Riteniamo, tuttavia, che
un approccio di carattere principalmente repressivo, quale quello in esame,
nel lungo periodo non sia di per sé idoneo a garantire lo spontaneo
rispetto, da parte di cittadini, di regole di civiltà, se non accompagnato
sin da ora da iniziative volte a rendere preponderanti nella società
i valori morali ed etici dello sport e della pacifica consistenza di ogni
differente realtà, così come testimoniati dalla Carta olimpica
e così come, del resto, agevolmente desumibili dalla stessa Carta
costituzionale. Soltanto in tal modo, infatti, si potrà evitare
che si ripetano inaccettabili episodi di violenza, quali quelli verificatisi
negli ultimi anni in occasione di manifestazioni calcistiche e di cui i
fatti di Catania rappresentano, purtroppo, soltanto il più recente
episodio (Applausi dei deputati dei gruppi Comunisti Italiani e L'Ulivo).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Caparini. Ne ha facoltà.
DAVIDE
CAPARINI. Signor Presidente, ci troviamo di fronte all'ennesima decretazione
d'urgenza, nel tentativo di porre fine alla folle spirale che, ormai da
troppi anni, domina il calcio italiano. Dal 1997 il nostro calcio sta inesorabilmente
perdendo spettatori, e le principali cause sono da imputare proprio alla
scarsa sicurezza e praticabilità degli stadi ed anche alla difficoltà
nel mantenere la gestione e la sicurezza all'interno degli impianti.
Praticamente,
in questi anni, la metà del pubblico ha abbandonato gli stadi, mentre
in altri Stati, quali il Regno Unito, che tanto viene portato ad esempio,
gli spettatori sono al di sopra del 90 per cento della capienza degli impianti.
Noi
ci dobbiamo interrogare sulle cause, sul nostro ritardo ormai cronico,
sulla nostra incapacità di affrontare questo problema, di proporre
delle soluzioni radicali. Siamo di fronte all'ennesimo caso di decretazione
d'urgenza, a misure repressive che sono simboleggiate dalla flagranza differita,
una misura che noi abbiamo già avuto modo di contestare, di mal
digerire nel momento in cui nella scorsa legislatura c'è stata proposta
come il male minore.
Noi
riteniamo che essa sia comunque una resa dello Stato di fronte a coloro
che non rispettano la legge all'interno degli stadi, un manifesto dell'incapacità
nel mantenere la legalità.
Questo
è un punto fondamentale che noi vogliamo portare all'attenzione
di questa discussione: l'abbiamo votata allora, la voteremo ancora oggi,
perché purtroppo sappiamo essere l'unica possibilità di legalità
all'interno degli stadi. Siamo tuttavia convinti che si debba fare di più
e meglio.
I
dati del Viminale hanno confermato le nostre preoccupazioni allorquando
avevamo detto che la militarizzazione degli stadi non avrebbe portato ad
una soluzione del problema, avrebbe spostato il problema. Infatti così
è stato. Sono calati i feriti civili, ma sono drasticamente aumentati
i feriti tra le forze dell'ordine. Il culmine è stato raggiunto
con la tragedia che ha colpito l'ispettore capo Raciti.
Vedete,
noi dobbiamo trarre insegnamento dall'esperienza di altri paesi, altri
paesi che prima e meglio di noi hanno affrontato questo problema, questo
cancro.
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Il
15 aprile delle 1989 a Hillsborough, proprio in una semifinale di coppa
di Inghilterra, morivano 95 persone. Quel momento fu l'apice, per quanto
riguarda l'Inghilterra, di una situazione che vedeva uno scontro incancrenito
tra lo Stato da una parte e le forze dell'ordine dall'altra.
Loro,
come oggi noi stiamo facendo, avevano imboccato prima di quella tragica
data, la strada del muro contro muro, delle misure repressive, della militarizzazione
degli stadi, delle barriere per separare ed anche per dividere i tifosi.
Purtroppo,
loro, prima di noi, compresero l'inadeguatezza di queste misure, al punto
che Lord Taylor fu incaricato di individuare quali misure adottare per
riformare il sistema.
Sono
le misure di cui molti di noi parlano da tempo: il monitoraggio della densità
degli spettatori, la gestione degli impianti da parte delle società
sportive con gli stewart, la revisione della capacità degli stadi
e la vivibilità degli impianti.
Si
tratta, insomma, di tante misure che purtroppo oggi da noi rimangono sulla
carta. Certo, le società inglesi hanno potuto contare, a differenza
delle nostre, della proprietà degli impianti, e quindi questo ha
agevolato il processo di ristrutturazione e, o, costruzione di nuovi stadi.
È
altrettanto vero che il Football Trust ha messo a disposizione ingenti
risorse per questa epocale opera che ha portato poi l'Inghilterra ad ospitare
manifestazioni a livello mondiale.
Fu
una politica intelligente, quindi, che ha fatto in modo che gli stadi inglesi
tornassero ad essere polifunzionali e vivibili sette giorni su sette e
che ha riportato le famiglie all'interno degli stadi. Le famiglie erano
state espulse da quei luoghi a causa del contrasto tra forze dell'ordine
da una parte ed hooligans dall'altra.
A
loro è servito oltre un decennio per arrivare a questo risultato.
Hanno dovuto affinare, in un percorso legislativo molto complesso, le norme
che regolano le manifestazioni sportive che siano trattate come un evento
particolare, quindi, con regole particolari.
Al
divieto di possesso di sostanze alcoliche, previsto dallo Sporting Event
Act del 1985, si è aggiunta, con il Public Order Act del 1986, una
fattispecie molto importante, quella del comportamento turbativo della
quiete pubblica. Viene punita la condotta, anche se l'effettiva violenza
non si compie all'interno dello stadio, poiché è prodromica
a disturbare l'ordine pubblico (una fattispecie non prevista nel nostro
ordinamento e credo che mai lo sarà). Ciò dà l'idea
di come, nel corso del tempo, abbiano dovuto modellare il loro sistema,
fino ad addivenire al rafforzamento di tutte le fattispecie, come l'estensione
alle 36 ore precedenti e antecedenti la manifestazione, previste nei diversi
provvedimenti adottati per il mantenimento della sicurezza.
Il
fatto che una sola delle violazioni previste dalla normativa speciale inglese
possa portare all'esclusione dallo stadio, fa la differenza rispetto alla
nostra normativa. In precedenza, un collega ha fatto riferimento al giudice
che emette l'atto di esclusione dallo stadio. Sì, è vero.
Ma è altrettanto vero che quest'atto di esclusione viene compiuto
nelle ventiquattro ore successive alla manifestazione, che il fermo viene
fatto immediatamente e che gli impianti inglesi sono dotati di celle di
sicurezza. Nel momento in cui si entra nello stadio, sono affissi i cartelli
con gli orari di convocazione del giorno successivo presso il tribunale.
Certo,
per noi ciò rappresenta un miraggio, ove si consideri lo stato della
giustizia nel nostro paese. Per questo motivo, siamo costretti ad inventarci
strumenti impensabili, almeno lo erano alcuni anni fa, come la flagranza
differita.
Tra
i tre pilastri su cui si è fondata la rinascita del calcio inglese,
che, molto spesso, viene preso ad esempio da tutti noi, vi è sicuramente
quello concernente gli stadi nuovi. Per questo, abbiamo chiesto al presidente
Folena di affrontare tale questione, a bocce ferme, e non attraverso lo
strumento della decretazione d'urgenza, ma impiegando il tempo necessario
e mettendoci l'attenzione indispensabile. Da qui, la proposta di legge
della Lega Nord che
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vede
come primo firmatario Giancarlo Giorgetti, che affronta tale problematica
fondamentale. Infatti, è necessario ripartire dagli stadi.
È
necessario, quindi, mettere in atto in breve tempo un piano di ammodernamento
dei nostri impianti.
Il
secondo pilastro, altrettanto importante, è costituito dalla gestione
della sicurezza all'interno degli impianti affidata alle società
di calcio. È necessario ed imprescindibile «smilitarizzare»
i nostri stadi; è necessario ed imprescindibile far sì che
le società, una volta entrate in possesso degli impianti, ne siano
responsabili; è necessario far sì che le società siano
responsabili, ovviamente, anche degli oneri per il mantenimento della sicurezza
all'interno e all'esterno, in modo tale che non siano più scaricati
sulla collettività costi impropri. In terzo luogo, occorre considerare
che l'Inghilterra può contare su un sistema giudiziario diverso
dal nostro, più efficiente e tempestivo.
Nella
XIV legislatura, la Commissione cultura ha affrontato ed approfondito la
questione disponendo un'indagine conoscitiva all'esito della quale è
arrivata ad approvare, all'unanimità, un documento conclusivo che
metteva in evidenza la necessità di procedere a riforme strutturali
per arginare e prevenire la violenza. Purtroppo, nulla è stato fatto
e nulla è cambiato nel mondo del calcio. Oggi, a pochi giorni dalla
conclusione dell'ennesima indagine sulla sicurezza e sullo stato del calcio
nel nostro paese, mi auguro che si abbia un segno di discontinuità
con il passato e che, sulla base delle numerose dichiarazioni rese in quest'aula
ed in Commissione e della volontà espressa da molti esponenti delle
varie forze politiche, si riescano finalmente a creare le condizioni affinché
gli stadi ritornino ad essere luoghi di civiltà e di cultura sportiva,
luoghi in cui le famiglie possano entrare non in virtù di provvedimenti
speciali, di decretazioni d'urgenza (come, purtroppo, sta avvenendo oggi),
ma semplicemente per il piacere di condividere la gioia di uno sport unico.
Grazie (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE.
Grazie a lei.
È
iscritto a parlare il deputato Rusconi. Ne ha facoltà.
ANTONIO
RUSCONI. Signor Presidente, colleghi, in due miei precedenti interventi
in quest'aula, il 26 maggio 2003 ed il 21 settembre 2005, avevo sottolineato
con rammarico che era sbagliato legiferare sul tema della sicurezza e della
violenza negli stadi solo in conseguenza di fatti gravissimi, in un clima
di emergenza ed emotività, ed avevo evidenziato come, a settembre
2005, non fossero stati realizzati negli impianti i dispositivi previsti,
parte entro il 1o agosto 2004 e parte entro il 25 febbraio 2005.
Il
provvedimento in discussione, ovvero il disegno di legge di conversione
del decreto-legge n. 8 dell'8 febbraio 2007, già applicato finalmente
con serietà e rigore, è il risultato positivo, però,
di una nuova ed ancor più grave emergenza, ovvero l'uccisione dell'ispettore
Filippo Raciti, caduto nell'assolvimento del suo dovere e l'aggressione
mortale, una settimana prima, ad un dirigente di una società dilettantistica
su un campo di terza categoria, alle famiglie dei quali va il nostro cordoglio
profondo.
La
prima responsabilità, dunque, che ci deve coinvolgere tutti è
che, rispetto alle nuove norme previste, non vi potranno più essere
atteggiamenti di perdonismo, condiscendenza o addirittura di copertura.
Da questo punto di vista, l'immagine dei tornelli installati a San Siro
in meno di 48 ore, per permettere l'entrata allo stadio almeno agli abbonati,
rivela chiaramente che non vi erano scuse all'applicazione immediata di
norme previste dai decreti del 2003 e del 2005.
D'altra
parte, come evidenziato ampiamente dalla stampa, il Parlamento, nel corso
di una audizione svoltasi in sede di VII Commissione nell'ambito dell'indagine
conoscitiva sul calcio professionistico, lo scorso 20 dicembre 2006 era
stato avvisato della mancata applicazione del decreto Pisanu. Leggo alcuni
stralci dei verbali da una articolo - mi dispiace che il collega Pescante
si sia allontanato - che reca un titolo significativo: «È
rimasto il centrosinistra
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a difendere
il decreto Pisanu». In questi stralci si leggono le dichiarazioni
di un responsabile della tifoseria: «Di frequente, poiché
ci occupiamo anche della biglietteria, ci vengono chieste delle liste che
poi vengono cambiate e la documentazione è relativa a persone che
molto spesso non hanno i documenti oppure presentano la documentazione
di una persona e poi allo stadio ne entra un'altra». E ancora: «Quando
ci arrivano gli elenchi con nomi dichiaratamente inventati e sappiamo che
all'interno dello stadio può succedere di tutto ci rendiamo conto
che le norme introdotte non possono arrivare alla minima conclusione».
Per questo motivo, in sede di Commissione, i deputati del gruppo de L'Ulivo
sono stati disponibili ad un confronto nel merito per verificare e accogliere
emendamenti che agevolassero l'iter del disegno di legge di conversione
del decreto-legge, rinunciando deliberatamente a presentarne dei nostri,
per il rischio, gravissimo, che la tempistica prevista per il ritorno del
provvedimento al Senato portasse alla decadenza del medesimo. Vorremmo
auspicare che questo senso di responsabilità sia assunto in questa
Assemblea e in quella del Senato da ogni parlamentare. In gioco non vi
è la simpatia o l'appoggio di questa o quest'altra tifoseria; vi
è, invece, la credibilità della politica rispetto a fatti
gravissimi e dello sport italiano - penso all'importanza della assegnazione
all'Italia degli europei di calcio del 2012 - rispetto al contesto internazionale.
Basterebbe leggere i dati di confronto degli incidenti avvenuti negli stadi
di calcio professionistico italiani nel 2005, nel 2006 e nel solo girone
di andata di quest'anno: 59 sono stati gli incontri con feriti, a confronto
dei 55 incontri nel solo girone di andata della stagione 2006-2007; vi
sono stati 142 feriti tra le forze di polizia, a fronte di 202, 94 feriti
civili a fronte di 65 e 96 persone arrestate a fronte di 108.
Vorrei
anche rispondere a quella parte di opinione pubblica che ha interpretato
gli emendamenti limitati che abbiamo condiviso nelle Commissioni II e VII
in maniera pressoché unanime, grazie al ruolo fondamentale di mediazione
dei relatori Pisicchio e Folena, come un abbassamento della guardia rispetto
alla severità e all'urgenza del provvedimento. Non si tratta solo
di rassicurare. Condividiamo l'affermazione che i colleghi del Senato hanno
svolto un ottimo lavoro, ampiamente condiviso, ma erano necessarie alcune
precisazioni e alcune opportune riformulazioni. L'intervista rilasciata
questa mattina dal ministro Melandri al più diffuso quotidiano sportivo
chiarisce con puntualità i motivi che hanno condotto Governo e Commissioni
di riferimento ad adottare modifiche unanimi. Proprio questa condivisione
non permetterà, come è accaduto per il decreto Pisanu, che
lobby trasversali cerchino di smantellare quello che è stato costruito
faticosamente. D'altra parte, il decreto-legge ha già dimostrato
la sua efficacia. Ad oggi, rispetto al panorama desolante della situazione
degli stadi italiani successivamente alla tragedia di Catania, solamente
lo stadio etneo e quello di Brescia risultano ancora chiusi al pubblico.
Di questo positivo obiettivo raggiunto dobbiamo onestamente ringraziare
la Lega calcio e riconoscerne il lavoro svolto sulle società professionistiche.
Inoltre, questo decreto-legge non dimentica, all'articolo 11-bis, iniziative
per promuovere i valori dello sport e, all'articolo 11-ter, più
volte richiamato nei precedenti interventi, la necessità per il
calcio italiano di un cambiamento di cultura. Mi riferisco alla violenza
verbale e, soprattutto, mediatica, e desidero in questa sede ricordare,
con rimpianto e riconoscenza, una voce moderata e di grande saggezza come
quella di Giorgio Tosatti, recentemente scomparso, lontana dall'esasperazione
di rincorrere maggiore audience con trasmissioni urlate che infangano l'idea
di lealtà e correttezza nello sport e che elevano il sospetto a
giudice.
Se
l'obiettivo del legislatore fosse innanzitutto quello di formare gli atleti
prima che i tifosi, di condannare esplicitamente e con forza ogni forma
di violenza nello sport, di far crescere una cultura dove la sconfitta
è una realtà da accettare, senza per forza trovare colpevoli
certi,
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dopo
infinite e sfinite trasmissioni, moviole e ingiustizie arbitrali, forse
la violenza nel calcio sarebbe un fenomeno più limitato.
Questo
passaggio ci permette di fare chiarezza, dichiarando apertamente che gran
parte dei tifosi appassionati che frequentano le curve non ha nulla a che
fare con piccole organizzate frange di facinorosi che non meritano l'appellativo
di tifosi. Tale distinzione deve essere netta, con la ferma condanna di
ogni forma di violenza, che non può in alcun caso essere giustificata.
Infatti, di fronte a vere e proprie aggressioni e violenze brutali, che
nulla possono avere a che spartire con il tifo organizzato, ad azioni,
simboli, scritte e linguaggi che segnalano riferimenti ad estremismi politici
ed offendono la civiltà e la cultura di tutto il paese, non vi possono
essere clemenza, tolleranza o tatticismi, comunque inaccettabili. Anzi
sarebbe opportuno che tutti i partiti presenti in questo Parlamento prendessero
le distanze da episodi e simboli che comunque vogliono evidenziare una
provocazione politica.
In
conclusione, esprimo due considerazioni ed un auspicio. Il calcio in Italia
- lo ricordava prima il relatore Folena - è sicuramente il fattore
socializzante maggiore per tanti giovani adolescenti, che troviamo non
solo allo stadio, ma a scuola, sul lavoro e nella società. L'obiettivo
di questa legge non è solo punitivo, ma quello di rendere questa
partecipazione sempre più educativa. Allora, il compito non sarà
solo del mondo dello sport, ma della politica, della scuola, della famiglia
e degli enti locali.
Una
seconda considerazione: il calcio professionistico in Italia è probabilmente
il più grande business, ma lo dico anche in senso positivo, dal
momento che economisti molto abili hanno dichiarato che il titolo di «campioni
del mondo» è servito in maniera autorevole anche per il rilancio
dell'economia italiana.
Ebbene,
penso che in questi mesi abbiamo avuto due immagini del calcio in questo
paese. Dobbiamo lavare, dobbiamo eliminare quella di Catania del 2 febbraio
2007 e dobbiamo riproporre quella esaltante per tutti noi di Berlino del
9 luglio 2006.
L'auspicio
è quello che ci deve accomunare tutti: dopo una seconda Commissione
fruttuosa nella collaborazione e nel lavoro di indagine sul calcio professionistico,
dobbiamo essere tutti consapevoli e responsabilizzati nello scrivere, in
modo globale ed organico, una legge sullo sport professionistico in Italia,
lontana, una volta tanto, non solo dall'emergenza e dall'emotività,
ma soprattutto da nuovi episodi di violenza e di delinquenza (Applausi
dei deputati dei gruppi L'Ulivo, Rifondazione Comunista-Sinistra Europea
e Italia dei Valori).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Del Bue. Ne ha facoltà.
MAURO
DEL BUE. Signor Presidente, data l'ora, cercherò di essere telegrafico,
perché dilungarmi a questo punto significherebbe essere fosse offensivo
della sensibilità dei pochi colleghi che sono presenti e, in particolare,
del Presidente della Camera, del rappresentante del Governo e dei presidenti
delle Commissioni giustizia e cultura.
Parlerò,
dunque, per sintesi, rimandando eventualmente l'approfondimento dei concetti
che vorrei esprimere alla dichiarazione di voto.
Innanzitutto,
la violenza nello sport, signor Presidente, autorevole esponente del Governo,
è circoscrivibile esclusivamente al sistema del calcio.
Il
basket si svolge in palazzi dello sport senza barriera e nel basket si
vince o si perde soltanto per un punto, all'ultimo secondo; eppure non
c'è mai stata una manifestazione di violenza all'interno di un palazzo
dello sport. Nel rugby, che è uno sport più violento del
calcio, si vince e si perde per un punto e alla fine le due squadre si
danno la mano e il pubblico applaude la squadra che vince. Parlo di sport
di squadra. Soltanto nel calcio si verificano episodi di violenza e non
solo questi ultimi, che ci hanno drammaticamente colpito: l'assassinio
di Filippo Raciti,
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nello
spazio prospiciente lo stadio Massimino di Catania, anticipato - non l'avete
ricordato e non è bello - dall'omicidio di un povero dirigente di
una squadra di terza categoria, in un campetto di terra battuta, come si
è intravisto per televisione, della provincia di Cosenza.
Poco
dopo la decisione del commissario Pancalli di sospendere le partite di
calcio, la domenica successiva, in omaggio alla morte di Raciti e di Licursi,
si è dato il permesso di svolgere il torneo giovanile di Viareggio.
Ebbene, a Viareggio è successo che una squadra argentina, alla luce
di un presunto torto arbitrale, si è messa a rincorrere l'arbitro
per prenderlo a botte e a calci. Ciò vuol dire che il mondo del
calcio è malato non soltanto a livello professionistico, ma in tutte
le sue articolazioni, perché si è fatto del calcio un feticcio
e perché del calcio si parla ormai nelle radio, nelle televisioni,
in un insieme di esercitazioni, di elucubrazioni giornalistico-sportive,
diciamo così, ventiquattr'ore al giorno. È diventato cioè
un fenomeno estremamente esaltato, rischiando in tal modo di degenerare
in atteggiamenti di eccessiva tensione e di violenza.
In
secondo luogo, si interviene con questo decreto-legge alla luce di questi
avvenimenti di violenza e per la prima volta facciamo una legislazione
speciale per gli stadi. Vorrei che fosse ben chiaro che la legislazione
speciale l'abbiamo introdotta in Italia sulla mafia e sul terrorismo. La
introduciamo adesso per ciò che riguarda gli atteggiamenti del pubblico
negli stadi e nelle zone limitrofe agli stadi. Io, da garantista, ho sempre
diffidato delle legislazioni speciali. Sono profondamente ancorato ad un'idea
della difesa del diritto dei cittadini. Purtuttavia, guardo con un certo
interesse a quei modelli, come quello inglese, che hanno permesso di sconfiggere
la violenza negli stadi, partendo da un quantum di violenza non certamente
inferiore a quella italiana. Ricordiamoci del fenomeno degli hooligan e
di quello che essi combinarono nel 1985 nella partita di finale di Coppa
dei Campioni tra Juventus e Liverpool allo stadio Heysel di Bruxelles e
ancor prima in uno stadio inglese, dove vi furono, come ha ricordato prima
il collega della Lega, diverse decine di morti.
Guardo
ad un modello che ha permesso di sconfiggere la violenza negli stadi e
di ripopolare gli stadi di pubblico, di giovani e di famiglie. Nello stesso
tempo, mi chiedo fino a che punto riusciremo a garantire diritti elementari
con una legislazione appositamente studiata e da applicare negli stadi
italiani. Dobbiamo conciliare bene le due cose, anche perché il
modello inglese, signor rappresentante del Governo, è certamente
repressivo. Quando si parla di garantismo - io sono garantista - non significa
che, se vediamo una persona dirigere un razzo contro un calciatore, non
lo dobbiamo arrestare. Garantismo significa applicare le leggi in modo
tale da non mettere mai in discussione la presunzione di innocenza, se
questa presunzione ha spazio.
Il
modello inglese è certamente anche repressivo, ma avere un magistrato
che fino a mezzanotte resta attivo nella città dove si svolge una
competizione calcistica è certamente una garanzia che un processo
si fa e che a breve un imputato può subire una sentenza di condanna
o di assoluzione: cosa che in Italia non esiste.
Inoltre,
il modello inglese è anche un modello disincentivante: ricordiamoci
che in Inghilterra sono state abbattute tutte le barriere negli stadi.
Non ci sono più le separazioni tra i tifosi di una e dell'altra
squadra; inoltre, non ci sono le separazioni tra la tribuna d'onore e la
tribuna laterale, tra le curve e le tribune.
Gli
spettatori sono comodamente seduti, anche perché gli steward si
occupano della disposizione del pubblico e devono controllare la corrispondenza
tra il biglietto nominativo ed il posto occupato.
Se
voi fate questa operazione, giusta, dei biglietti nominativi, peraltro
introdotta a partire dai decreti 2003 e 2005 di Pisanu all'interno degli
stadi italiani, dovete prevederla soprattutto per le curve; se lo fate
solo per le tribune e per i posti che saranno occupati da persone che non
sono certamente personaggi pericolosi, è un'operazione che non serve
a nulla. Tuttavia, per applicare la misura del decreto
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sui
biglietti nominativi delle curve occorre una sorveglianza, un controllo
o da parte delle forze dell'ordine, che non vogliono entrare nelle curve
dove ci sono gli ultrà per paura, o da parte degli steward.
Dobbiamo
introdurre questa nuova figura degli steward e capire la sua natura, vale
a dire se si tratta di un funzionario di pubblica sicurezza o semplicemente
di una maschera, come quella dei teatri, all'interno dei stadi. Se è
soltanto una maschera, faccio tanti auguri agli steward che si recheranno
nelle curve per mettere a sedere i nostri ultrà, disponendoli a
seconda dei numeri risultanti nel biglietto nominativo.
Quindi,
occorre un'ulteriore attenzione da parte delle autorità che devono
vigilare, perché le norme vengano concretamente applicate.
Vorrei
esprimere due ultime considerazioni: bisogna sapere cosa fare con gli stadi
non a norma. Si dice che il decreto-legge viene applicato agli stadi superiori
ai 7.500 posti. Si riduce la capienza minima richiesta prima dall'applicazione
del decreto Pisanu (da 10.000 a 7.500).
Vi
sono due possibilità: uno stadio da 7.500 posti, che risulta a norma,
può contenere questo numero di persone. Uno stadio da 30.000 posti,
non a norma, non può contenere neppure 7.500 persone. Non mi sembra
logico, per cui avevo introdotto l'eventuale possibilità di modificazione
del decreto, prevedendo che gli stadi superiori ai 7.500 posti non a norma
vengano derubricati ad impianti inferiori a 7.500 posti.
Certamente,
qualcuno potrà obiettare che, ormai, quasi tutti gli stadi stanno
per essere messi a norma, quelli che non lo sono già. Ma vi sbagliate
completamente, perché gli stadi di serie C1 e C2, costruiti quando
le squadre di quelle città erano in serie A o in serie B, non sono
affatto a norma e, dal prossimo campionato, voglio vedere che fine faranno
quelli che non saranno messi a norma con i tornelli e con tutte le disposizioni
previste dal decreto Pisanu e ribadite dal vostro decreto-legge!
Una
terza ed ultima annotazione riguarda i biglietti per le squadre ospiti.
Leggevo sulla Gazzetta dello sport proprio ieri la difficoltà nella
quale si è trovata la questura di Milano, a fronte della invasione
di 3 mila tifosi atalantini per la partita Milan-Atalanta che si è
svolta allo stadio di San Siro.
Prima
si sapeva esattamente quanta gente sarebbe arrivata da fuori, perché
i biglietti venivano inviati alle società ospitate, le quali segnalavano
alla questura della città quanti tifosi ospiti sarebbero arrivati.
Si sapeva con che mezzi sarebbero arrivati, come si doveva affrontarli,
scortarli e quali posti dovevano essere attribuiti loro.
Con
questo decreto-legge, con il quale vengono praticamente aboliti i pacchetti
di biglietti inviati alle società ospiti, le questure non sanno
quanti tifosi sopraggiungeranno, in che modalità, e si trovano in
forte difficoltà. Pertanto, verificate bene se questa è veramente
la misura più idonea per bloccare le trasferte, perché se
vogliamo raggiungere tale intento, bisogna abolire i posti per i tifosi
ospiti e, conseguentemente, la vendita di biglietti di quei posti ai tifosi
ospiti.
In
questo modo, non si aboliscono né i biglietti ai tifosi ospiti né
si abolisce la possibilità che questi arrivino anche in massa per
comprarli direttamente allo stadio o in mattinata o il giorno prima nelle
rivendite autorizzate, ed è un problema!
Noi
voteremo ad ogni modo a favore di questo provvedimento, perché lo
riteniamo una risposta importante e positiva, a fronte di una situazione
drammatica come quella che si è creata negli stadi italiani (Applausi).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Pini. Ne ha facoltà.
GIANLUCA
PINI. Signor Presidente, logicamente, vista anche l'ora, non ripeterò
i vari richiami ai principi di legalità e di responsabilità,
già espressi dal collega Caparini nel suo esaustivo intervento.
Permettetemi tuttavia alcune considerazioni, utili a portare un contributo
al dibattito, visto che un po' tutti i colleghi intervenuti
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fino
ad ora - e un po' anche la stampa e l'opinione pubblica - hanno parlato
del modello rappresentato dal sistema inglese. Mi riferisco a quel sistema
che ha permesso in pochi anni di trasformare il calcio inglese da regno
degli hooligans in un divertimento a misura di famiglie e di giovani e
di sposare un principio fondato sulla sportività e sul sano tifo.
In
ogni caso, vi è un problema di fondo a carattere culturale: a mio
avviso, poche persone conoscono effettivamente i principi cardine di questo
famigerato sistema inglese. Comunque, penso che più o meno tutti
possano comprendere che nel nostro paese non vi sarebbe bisogno di applicare
leggi speciali o decretazioni d'urgenza se la magistratura funzionasse,
se le leggi che puniscono comportamenti devianti, violenti venissero effettivamente
applicate nei confronti dei delinquenti.
Quindi,
bisogna partire anche da questo tipo di ragionamento, anche se, purtroppo,
siamo nuovamente costretti - come diceva prima il collega Caparini - a
riproporre misure molto drastiche, urgenti, speciali; in ogni caso, riteniamo
che debbano fare un passo avanti anche coloro i quali sono deputati a far
rispettare la legge. Altrimenti, potremmo prevedere anche pene vicine all'ergastolo,
ma se queste ultime non venissero comminate a causa delle lungaggini burocratiche
della magistratura il deterrente verrebbe completamente smontato.
Il
presidente Folena ha riconosciuto che vi è stato un accordo a 360
gradi che ha coinvolto anche il gruppo della Lega Nord, che ha profuso
i suoi sforzi per definire soluzioni pratiche, più che drastiche.
Abbiamo
cercato di introdurre i principi del cosiddetto modello inglese, cercando,
allo stesso tempo, di crearne uno italiano: ciò, perché bisogna
smetterla di mutuare sempre esperienze dall'estero.
Quindi,
il contributo tecnico della Lega Nord, che mi premeva sottolineare nella
fase della discussione sulle linee generali, è legato alla figura
degli steward, che tutti indicano come una seria soluzione per ciò
che concerne il controllo preventivo di accesso agli stadi; ad ogni modo,
questo decreto-legge manca di alcune basilari puntualizzazioni. Certo,
l'articolo 2-ter, introdotto grazie alle sollecitazioni della Lega Nord,
ci lascia ben sperare circa un riconoscimento della figura degli steward,
che dovrebbero svolgere un serio servizio di sicurezza ausiliaria. Quindi,
noi confidiamo molto sul fatto che l'articolo 2-ter, introdotto al Senato,
sia in grado di creare delle figure professionalmente valide e moralmente
serie ed ineccepibili. Tra l'altro, le società, per ottemperare
all'obbligo di svolgere questo servizio di sicurezza ausiliaria, non debbono
appoggiarsi a personaggi di dubbia moralità o di dubbia legalità.
Vedete,
richiamandomi al modello inglese, ricordo che esiste la figura dello steward
prevista per legge: deve avere una formazione professionale, dei requisiti
morali e dei compiti ben specifici. Essi non si sovrappongono e non tolgono
alcun tipo di competenza alle forze dell'ordine, ma li vanno a coadiuvare.
Sanno che possono intervenire sino ad un certo punto, non sono sicuramente
armati, ma svolgono il ruolo primario di prevenzione e in qualche modo
riescono a fermare principi di risse o tafferugli. Svolgono dei controlli
seri, fanno da filtri, che non sono rappresentati solo dai tornelli, ma
anche dalla valutazione che queste persone possono dare a chi entra negli
stadi o meno, ma per fare ciò, a nostro avviso è necessario
che successivamente all'emanazione di questo decreto vi sia un'attenzione
alle trasformazioni della società.
A
questo punto, è necessario modificare parte del Testo unico sulle
leggi di pubblica sicurezza e dare a queste persone dei compiti ben specifici
e, soprattutto, ben conoscendo, Presidente, la sua attenzione per i diritti
del mondo del lavoro, riconoscere anche professionalmente queste figure,
perché al momento non esistono nell'ordinamento italiano. Abbiamo
le forze dell'ordine e le agenzie di vigilanza private. Le stesse figure
esistono anche nel cosiddetto modello inglese, ma nel modello inglese esiste
anche la figura del servizio di sicurezza ausiliaria.
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Per
poter rendere efficace questo decreto-legge è necessario compiere
un ulteriore passo in avanti.
Concludo,
invitando il rappresentante del Governo, gli esponenti della maggioranza
ed il presidente della Commissione a valutare anche la possibilità
di inserire in questo decreto un'estensione dell'articolo 7, in modo da
rendere efficace la funzione di questo steward. Deve essere chiaro che
chi commette un reato nei confronti di queste persone è come se
lo commettesse nei confronti di un agente delle forze di polizia, perché
altrimenti anche in questo caso il deterrente viene lentamente a scemare
(Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Gambescia. Ne ha facoltà.
PAOLO
GAMBESCIA. Signor Presidente, onorevoli colleghi, sottosegretario Scotti,
vorrei segnalare due dati positivi. In primo luogo, è giunto un
testo non facile e non perfetto, per usare un eufemismo, e ci siamo trovati
di fronte ad un interrogativo che lei, Presidente, sa bene essersi presentato
molte altre volte. Giunge dal Senato un decreto-legge votato magari all'ultimo
momento, che presenta, almeno ad avviso delle Commissioni e dell'Assemblea,
delle falle che devono essere sanate in qualche modo, ma non si riesce
a farlo perché i tempi sono strettissimi e la diversità della
composizione in termini numerici della maggioranza di Camera e Senato spesso
«consigliano» di non rimandare al Senato la legge. È
un problema serio che si è presentato più volte. Questa volta
credo che la Camera abbia fatto bene a prendere in mano la situazione e
a decidere di correggere alcuni punti lasciando al Senato la decisione
di far decadere o meno il decreto-legge, visto che in passato lo abbiamo
dovuto fare sempre noi.
Infatti,
siamo stati noi in qualche modo a dover subire. A mio avviso si tratta
di un primo dato positivo da non sottovalutare. L'aver ristabilito, almeno
su questa materia, il bicameralismo non è un aspetto di poco conto.
Si tratta di un esempio.
In
secondo luogo, un altro dato positivo è come si è arrivati
a questa decisione e come alla fine si sono comportati i gruppi politici.
Proprio perché vi era questa necessità e nessuno voleva che,
qualora il provvedimento fosse tornato al Senato, non vi fossero i tempi
necessari per approvarlo, tutti i gruppi hanno fatto passi indietro rispetto
alle loro tesi iniziali. Il testo scaturito da tale atteggiamento non è
bellissimo, perché poteva essere molto migliore, con maggiore riflessione
ed articolazione e con l'inserimento di alcune linee che avrebbero completato
un quadro essenzialmente repressivo. Tutti abbiamo compiuto quindi un passo
indietro e si è arrivati all'approvazione di un testo non straordinario,
ma che comunque affronta quella situazione di emergenza che ha portato
all'emanazione di questo decreto.
Se
tuttavia ci fermassimo a questo provvedimento senza proseguire oltre, a
mio avviso non avremmo realizzato nulla. In proposito vorrei fare alcuni
esempi. Nel decreto è previsto un determinato trattamento nei confronti
dei tifosi che, in occasione di partite di calcio, commettono determinati
atti nello stadio o nelle sue immediate vicinanze nelle ventiquattro ore
precedenti o successive all'evento sportivo. Tuttavia, il problema non
è questo, perché esso consiste nel rapporto tra alcuni settori,
per fortuna marginali, della tifoseria ultrà e le società.
Esso consiste nel ruolo che svolgono queste frange ultrà quando
stabiliscono rapporti che sanno molto di ricatto (ed uso il termine vero,
anche se crudo) nei confronti della società, e non solo per procurarsi
i biglietti o per operazioni di merchandising. Prima qualcuno ha parlato
di società quotate in borsa. Non far giocare un certo giocatore
o attaccare l'allenatore sono comportamenti che possono far oscillare il
titolo. Esiste un problema che riguarda la finanza che ruota intorno al
calcio. Se è vero - come è vero - che esistono gruppi i quali
cercano di influenzare i comportamenti della società, essi non si
fermeranno nelle zone limitrofe. Tuttavia, è già qualcosa
aver previsto
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un
intervento straordinario vicino allo stadio e nelle ore immediatamente
precedenti o seguenti l'evento sportivo.
Ma
non ci possiamo fermare qui e credo che il rappresentante della Lega Nord
abbia colto un punto essenziale. Si deve proseguire sulla strada della
regolamentazione all'interno dello stadio, tuttavia ciò presuppone
che si chiarisca definitivamente il problema della proprietà degli
impianti. Devono rimanere in mano pubblica? Devono appartenere ai comuni?
Bisogna far intervenire le società e vendere loro gli stadi? Bisogna
costruire stadi nuovi perché molti di essi sono vecchi e difficilmente
ristrutturabili secondo l'ottica della prevenzione?
C'è
bisogno di una legislazione complessiva intorno al fenomeno. Il calcio
ha questa straordinaria caratteristica, oltre al fatto che è lo
sport più praticato e seguito in Italia: è un grande business.
Infatti, attorno ad esso girano miliardi. Ho fatto l'esempio dei giocatori,
la cui quotazione sale più o meno a seconda di come ne viene iscritta
la quotazione a bilancio.
Allora,
non si può pensare che tutto questo venga risolto da una legislazione
speciale che affronta un aspetto, cioè quello della violenza in
un determinato luogo e in determinate circostanze. Noi abbiamo bisogno
- e concludo - di una legislazione complessiva che affronti il fenomeno
sotto l'aspetto penalistico, repressivo e preventivo, ma anche di regole
diverse. Vogliamo che queste società continuino ad essere quotate
in borsa? Possiamo arrivare a concludere che vada bene così, ma
poi non possiamo lasciare che tutto ciò che ruota attorno all'azienda
calcio sia il frutto dell'attività di pochi che magari si travestono
da tifosi ultrà e condizionano sia l'andamento della società,
sia la partecipazione popolare nei confronti dello sport più bello
cui si può assistere negli stadi.
Dopo
questo intervento sull'onda dell'emergenza, dobbiamo riprendere tutta la
discussione e ripartire da un discorso che parta da premesse culturali,
così come accennavamo anche nelle Commissioni. Ci dobbiamo chiedere
che cosa debba essere questo sport e come possa vivere insieme alla società,
mediante una nuova regolamentazione (Applausi dei deputati dei gruppi L'Ulivo
e Rifondazione Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bodega. Ne ha facoltà.
LORENZO
BODEGA. Signor Presidente, colleghi, signor sottosegretario, l'argomento
è delicatissimo perché, quando si parla di sicurezza, si
chiama direttamente in causa un diritto fondamentale dei cittadini e un
dovere precipuo dello Stato. C'è voluto il morto, come nella meno
nobile tradizione italiana, per aprire gli occhi e chiudere gli stadi.
Episodi di violenza reiterati, consumati ad ogni latitudine del nostro
paese sono stati per decenni trascurati e certamente ridimensionati se
la violenza viene considerata come un fatto fisiologico, come una valvola
di sfogo di una società che regala ogni giorno frustrazioni, e se
inoltre si considera il tifo degli ultrà una componente della carovana
corrotta del calcio. È difficile ergersi a maestri di vita e salire
in cattedra quando chi dovrebbe dare l'esempio dà di matto in campo
o crede di poterlo governare con un cellulare, nel senso del telefonino.
Bisogna
dire che questioni di natura sociologica si incrociano con problemi di
sicurezza, di strutture inadeguate e di stadi fatiscenti. Si è passati
dal «torello» - consentitemi la battuta -, quel gioco che i
calciatori fanno in allenamento, al «tornello», nelle recenti
domeniche divenuto uno spartiacque tra gli stadi vuoti e gli spalti gremiti.
Non si poteva fare prima? Perché non si sono dotati stadi come il
Meazza di Milano di misure che poi sono state improvvisate in qualche ora?
La
verità è che le società preferiscono spendere decine
di milioni di euro per calciatori «strombazzati» e mediocri,
piuttosto che investire sulle infrastrutture, nonché su quell'operazione
«stadi sicuri» che il CONI avrebbe dovuto imporre alla Federcalcio
quale condizione per dare il via libera ai campionati.
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Quale
rimedio, allora, oltre al giro di vite del Viminale, con i prefetti chiamati
a fare da gendarmi sul territorio? Stiamo attenti a non lasciarci infatuare
dai modelli anglosassoni o dalle tribune d'onore spagnole, dove i presidenti
delle squadre di calcio si siedono accanto per vedere la partita ma poi,
in campo, se le danno di santa ragione, con scene, come quelle viste a
Valencia, che ricordano più il toro nell'arena!
C'è
davvero una cultura dello sport diversa in Inghilterra, come più
volte ricordato da numerosi interventi. Non dimentichiamo, tuttavia, che
fino a qualche anno fa gli hooligan hanno imperversato e seminato vandalismi
e violenze in tutta Europa. È mai possibile che dobbiamo sempre
copiare gli esempi stranieri? Si potrebbe adottare il modello tedesco per
la legge elettorale, quello inglese per il calcio e, magari, quello olandese
per i quartieri «a luci rosse»!
Io
sostengo che ci debba essere una «via italiana», come ha detto
bene in precedenza l'onorevole Pini, che tenga conto di ciò che
è storicamente il calcio nel nostro paese, di quale animosità
siano armate le tifoserie e di quali colossali cifre circolino nel paradiso
artificiale di uno sport palesemente drogato!
Occorre
intervenire sull'educazione scolastica primaria, nonché sul comportamento
dei calciatori in campo, i quali istigano alla violenza i tifosi non accettando
mai il giudizio ed il fischio dell'arbitro e dimostrandosi arroganti e
fragili! Non si può reprimere senza educare, anche se è chiaro
che, verso chi calpesta le regole, bisogna essere severi e tempestivi,
senza indulgere in facili «buonismi»!
Il
gioco del calcio è un bellissimo romanzo popolare, con il finale
mai scontato; ma ci sono troppe pagine scure, per cui a molti - io sono
tra quelli - viene voglia di chiudere il libro e di buttarlo! Ritengo,
allora, che si debbano mettere letteralmente in campo investimenti per
le strutture sportive, a partire dalle serie minori. Occorre investire,
inoltre, nelle forze dell'ordine, nei giovani e negli educatori, al fine
di costruire un futuro nel quale il viaggio allo stadio non sia un'avventura,
magari senza ritorno!
Concludendo,
vorrei ricordare ciò che è capitato a Filippo Raciti, il
quale ha pagato con la propria vita il senso del servizio allo Stato ed
ha lasciato due piccoli figli ai quali nessuno - sottolineo: nessuno! -
saprà mai spiegare come il padre sia stato ucciso in un giorno nel
quale, in Italia, si celebra la più diffusa ed amata festa popolare
(Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania)!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Capotosti. Ne ha facoltà.
GINO
CAPOTOSTI. Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, signor rappresentante
del Governo, il provvedimento in esame impone sicuramente una riflessione
critica, né può essere diversamente considerando che lo stesso
trova la sua fonte in un fatto di sangue da molti ricordato. È il
fatto di sangue per eccellenza, poiché si tratta della cancellazione
volontaria della vita umana a danno di un servitore dello Stato, che prima
di essere tale era, come già rammentato, sia un lavoratore nell'esercizio
delle sue funzioni, sia un padre di famiglia.
Ancora,
era un servitore dello Stato della specie appartenente alle cosiddette
Forze dell'ordine, cioè a coloro che mettono in discussione più
di altri la propria incolumità fisica a vantaggio di una condizione
di sicurezza generale, che si esplica nei confronti dell'intera comunità
statuale. È chiaro, allora, che la risposta dello Stato non poteva
che essere quella che noi oggi andiamo a proporre: una risposta forte,
che nel limite del possibile usa ,alcuni degli istituti già compresi
nel codice penale (mi riferisco alle misure di sicurezza), ne introduce
di nuovi (penso alla flagranza differita) e, addirittura, si avventura
nel discusso e difficilissimo campo del reato di opinione. Si tratta di
misure forti, che girano intorno al concetto e all'istituto della pena.
Penso
che sia utile alla riflessione generale riportare il concetto di un grande
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maestro
del diritto penale, Antolisei, il quale, descrivendo la pena, stabiliva
che la stessa ha una funzione di prevenzione generale, perché esercita
una minaccia nei confronti dei consociati, ma anche di repressione speciale,
perché viene comminata al singolo che viola l'ordinamento giuridico
penale. Oggi ci troviamo quindi dinanzi ad una situazione difficile e ad
un testo che ne è la logica conseguenza.
È
chiaro, la legislazione d'urgenza nasce da un'onda emotiva che, nelle diverse
esplicazioni di sensibilità, trova ovviamente consonanze diverse
e che inevitabilmente genera un flusso. Si può fare probabilmente
un paragone con la legislazione antimafia, che su molti punti mostra i
limiti dell'onda emotiva e nel tempo, man mano che l'onda emotiva si calma
e che si sviluppano meglio discorsi ed analisi più particolareggiate,
i limiti del reflusso.
Allora,
non accetto che nel terzo millennio si debba pensare ad un gioco, ad uno
sport - seppur nelle sue notevolissime sfaccettature finanziare, societarie,
di rilievo sociale, coinvolgendo tante persone e quant'altro - come ad
un fenomeno che attiene all'ordine pubblico, che ci costringe a misure
di prevenzione di una tale rilevanza da sfiorare molto spesso lo Stato
di polizia.
Ho
sentito parlare tanto dell'ordinamento e delle misure anglosassoni, ma
non so quanto possa considerarsi un fatto positivo arrivare allo stadio
con una banca dati di impronte digitali, perché siamo quasi arrivati
a ciò. La decretazione d'urgenza nasce in definitiva su un'onda
emotiva, che rende ancora più difficili queste considerazioni.
Credo
che non potessimo fare altro che recepire, comunque, una forma di risposta
che lo Stato repubblicano non può permettersi di non dare. Credo
anche che sia nostro dovere e nostra coscienza intavolare quanto prima
una riflessione più ampia, che dia vita ad una legge organica che
parta da un'analisi più compiuta dei personaggi, degli attori, degli
elementi costitutivi della problematica al nostro esame.
Da
un lato bisognerà porsi il problema degli stadi, inteso come fenomeno
da privatizzare in gestione diretta con i connessi obblighi di custodia
e garanzia a favore delle società, che sono quotate in borsa e che
hanno ormai una gestione tutta finanziaria; dall'altro, bisognerà
anche seguire un approccio diverso e sotto questo profilo taluni elementi
sono già contenuti nella decretazione d'urgenza, ad esempio il biglietto
gratuito per i minori di quattordici anni. Occorre indubbiamente una riflessione
sul punto delle tifoserie. In buona sostanza, si tratta di varare una legge
organica che ricomprenda gli elementi base e che, in ipotesi, sappia mutuare
dal mondo anglosassone un concetto, che sembra stia trovando spazio all'interno
delle commissioni di riforma del codice penale e del codice di procedura
penale ovvero quello delle sanzioni prescrittive, vale a dire di quelle
sanzioni, che, basandosi su istituti quali l'affidamento in prova ovvero
su misure alternative alla detenzione, puntino ad una rieducazione civica
e ad un recupero: non ad una resa dello Stato, cioè di tutti noi,
dinanzi alla violazione la legge ma alla coscienza di non dover abbandonare
la persona che viola la legge, nella consapevolezza che errare è
umano e che l'errore può essere recuperato in un percorso dialettico,
che tenga per l'appunto conto di tutti gli elementi in campo.
Voglio
concludere questo mio breve intervento in tema di sport ricordando a tutti
noi che pochi anni fa, negli Stati Uniti - che pure sono un grande paese
- si è sospesa la celebrazione di un intero campionato di baseball
perché evidentemente gli elementi in gioco erano tali da non essere
più compatibili con un ordinamento giuridico ovvero da non essere
più compatibili con elementi di civiltà, di rispetto, di
dignità della persone intesi nel senso comune di tali termini.
Ciò
deve farci riflettere e deve infonderci una consapevolezza; noi discutiamo
di un fenomeno complesso che necessita di una legiferazione complessa,
ma si tratta pur tuttavia di un fenomeno attinente allo sport, al divertimento,
a funzioni di ricreazione e di svago. Queste mai e poi mai,
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dal mio modesto punto di vista, potrebbero addirittura essere qualificate come problematiche di ordine pubblico, di ribellione sociale o, addirittura, di eversione. Ciò sarebbe un fallimento, non solo nostro; lo consegneremmo infatti ai posteri, ai quali è invece nostro dovere dare una speranza in più.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la deputata Guadagno. Ne ha facoltà.
WLADIMIRO
GUADAGNO detto VLADIMIR LUXURIA. Signor Presidente, colleghi deputati rimasti
e resistenti, considerata l'ora, sottosegretario Scotti, non si può
nascondere il clima di violenza e di odio diventato insopportabile negli
stadi: insulti, atti di ostilità, scontri fisici tra diverse tifoserie,
tra tifoserie e Forze dell'ordine e anche, per la verità, tra giocatori,
allenatori, accompagnatori; ma penso anche alla violenza dallo stadio allo
studio (quello televisivo).
Ha
fatto orrore il caso dell'omicidio dell'ispettore capo Filippo Raciti,
ucciso il 2 febbraio scorso a Catania; ma non dimentichiamo, e non vogliamo
dimenticarlo, il dirigente della San Martinese, Ermanno Licursi, morto
dopo una rissa scoppiata alla fine di una partita del campionato di terza
categoria a Luzzi, in provincia di Cosenza. E non dimentichiamo neanche
altre vittime, i ventuno morti ultrà in Italia dal 1962 ad oggi:
i morti non sono mai parte del sistema.
Questo
disegno di legge - che, come si è detto, grazie al lavoro bipartisan
svolto in sede di Commissioni, è stato modificato e temperato rispetto
al carattere iniziale che aveva al Senato, eccessivamente repressivo -
è sicuramente severo, molto rigido e risente dell'onda emotiva dei
gravi fatti accaduti (e bisogna sempre fare attenzione a non farsi mai
travolgere dalle onde).
Tra
le conseguenze negative di questa atmosfera di violenza negli stadi, vi
è la disaffezione del pubblico; è una disaffezione dovuta
anche alle vicende di tangentopoli, al calcio come business, alla corruzione,
al virus del sospetto, all'incertezza del risultato sportivo: il calcio
dovrebbe essere spettacolarità ma, quando intervengono accordi segreti,
esso ne viene distrutto. Nel 2006 il pubblico del teatro, e dello spettacolo
in generale, ha superato quello dei campi sportivi e bisogna gioire sempre
dell'aumento di pubblico, mai del contrario. Non basta dire che ciò
è stata causato dalla trasmissione in televisione delle partite,
perché anche lo spettacolo si può vedere in televisione,
eppure in quest'ultimo caso, come ho detto, sono aumentati gli spettatori
a teatro. Dobbiamo creare un'atmosfera più tranquilla per chi vuole
andare allo stadio, certo non pretendendo l'aplomb di chi va a teatro,
dove è maleducazione far suonare il cellulare o parlare mentre si
ascolta una rappresentazione; non certo il certo silenzio chiediamo, ma
un luogo più sicuro, non solo da un punto di vista di ordine pubblico,
ma anche di sicurezza degli stadi, di stadi a norma, riscaldati, illuminati
e non fatiscenti.
Le
società calcistiche devono sapere che spendere qualche soldo in
più per la manutenzione degli stadi e un po' meno nel calciomercato
è un investimento per l'affezione allo sport e i club hanno l'obbligo
di investire una percentuale dei diritti televisivi anche per queste risorse.
Si
parla spesso di «modello inglese». Non bisogna dimenticare
che il tanto celebrato «metodo inglese» deriva non solo dalla
violenza, ma dall'insicurezza degli stadi: insufficienti vie di uscita
per la folla hanno prodotto, nel 1989, la tragedia a Sheffield (96 persone
calpestate a morte nella calca all'interno dello stadio).
Nella
tragedia - che è stata anche ricordata - allo stadio Heysel, in
Belgio, nel 1985, durante lo scontro tra i tifosi del Liverpool e della
Juventus, fu il crollo di un muro di sostegno a causare la morte di trentanove
persone. Le società calcistiche furono obbligate a modernizzare
con impianti sportivi, Manchester insegna: oggi a Manchester non ci sono
muri divisori, ma solo pochi steward a dividere le tifoserie.
Per
quanto riguarda i tornelli si è parlato, in precedenza, di «ravvedimenti»
da parte di questa nuova legislatura rispetto
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alla
normativa Pisanu. Debbo dire che si è «ravveduto» anche
l'ex Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che soltanto poco tempo
fa, il 10 febbraio 2007, si era invece molto arrabbiato contro la stessa
applicazione della normativa Pisanu, perché lo stadio San Siro era
stato definito fuori norma secondo le stesse disposizioni del cosiddetto
decreto Pisanu e, quindi, si è dovuto giocare a porte chiuse in
tale stadio.
Devono
essere tornelli ovviamente moderni ai quali non vi è bisogno di
fare lunghe file, con un lettore magnetico per la lettura di tessere e
biglietti, come si fa in occasione delle grandi mostre e di biglietti nominativi
con il controllo della carta di identità, come si fa per imbarcarsi
all'aeroporto, con steward come maschere di teatro, che si assicurino che
ad un determinato posto sieda il titolare di quel posto. Gli steward non
sono polizia privata, controllata dalla società: hanno il compito
di sorveglianza in coordinamento con le forze di polizia, senza un numero
eccessivo di divise visibili che diano l'idea della militarizzazione all'interno
dello stadio, che possano provocare tensione e che distrarrebbero anche
molti poliziotti dall'espletamento di altri compiti. Saranno vietati i
materiali esplosivi, quali i fumogeni, che creano una atmosfera irrespirabile,
in tutti i sensi, con un sistema di videosorveglianza.
Si
è parlato della flagranza differita a quarantotto ore per chi è
riconosciuto colpevole con foto o riprese, ma non con altro, norma su cui
vi sono stati dubbi di costituzionalità. È stato ricordato
in precedenza il carattere rigido di questa estensione a quarantotto ore
e noi chiediamo garanzie, non solo che si debba trattare di un'eccezione
a termine e circoscritta agli stadi, ma vogliamo garanzie che questo tempo
serva a fare in modo che si possa avere il tempo necessario per verificare
bene i filmati e il materiale fotografico prima di accusare qualcuno. È
stato aggravato il Daspo, ossia il divieto di accesso agli stadi in termini
di anni. Fin qui la repressione.
Ma
è importante è stata anche l'affermazione dell'ingresso gratuito
per i bambini minori di quattordici anni, accompagnati da un adulto. Ciò
è stato il risultato del lavoro delle Commissioni riunite, per riportare
le famiglie negli stadi, per rendere questo sport accessibile e godibile
a tutti e non come se uno della famiglia debba lasciare casa per andare
a vedere la partita come se partisse per una guerra (e, come si faceva
ai tempi delle guerre, solo l'uomo partiva, mentre le donne, i bambini
e gli anziani rimanevano a casa). Ciò per fare in modo che, con
il sistema del biglietto nominativo, i membri della famiglia possano sedersi
insieme.
Infine,
concludo dicendo che questo disegno di legge è molto severo nei
confronti di chi espone striscioni che incitano alla violenza, non tutti
gli striscioni.
Chiunque
di voi vede la rubrica su Striscia la notizia, «Striscia lo striscione»,
sorride per la fantasia usata in alcuni slogan che fanno tutt'altro che
incitare alla violenza.
Non
vorremmo però vedere più simboli nazisti, non vorremmo più
leggere frasi razziste e, con l'ampliamento della legge Mancino, prevista
con l'estensione della aggravante discriminatoria anche per orientamento
sessuale e identità di genere a firma del ministro della giustizia
Clemente Mastella, non vorremmo neanche più vedere slogan omofobi
all'interno degli stadi. Grazie. (Applausi dei deputati del gruppo Rifondazione
Comunista-Sinistra Europea).
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il deputato Bono. Ne ha facoltà.
NICOLA
BONO. Signor Presidente, la Camera dei deputati ha svolto un buon lavoro
su questo provvedimento. Credo forse - lo dico senza tema di essere smentito
- che si tratti della prima vera occasione di confronto sereno tra maggioranza
e opposizione su un argomento non solo unanimemente condiviso in ordine
agli obiettivi da raggiungere, ma anche ben gestito sul piano del metodo
parlamentare.
Se
ne sentiva il bisogno dopo un lungo periodo di contrapposizioni che non
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hanno
sicuramente recato beneficio al paese in ordine alla bontà della
legislazione.
Ci
siamo trovati nella difficoltà di dover gestire un provvedimento
che proveniva dal Senato in una forma che obiettivamente presentava molte
difficoltà interpretative e causava non poche perplessità
in ordine alla reale portata delle norme.
Ciò
perché a nessuno sfugge che quando si procede alla elaborazione
di un provvedimento legislativo sotto la spinta emotiva di fatti gravi
come quelli che avevano determinato l'inizio della discussione su questo
provvedimento, non sempre il legislatore si muove con la necessaria pacatezza,
serenità, e visione dei problemi da affrontare in maniera generale
e astratta, come richiederebbe il principio ispiratore di ogni provvedimento
di legge.
Fare
leggi in stato di emergenza non è mai una buona cosa. Tuttavia,
quello che era accaduto a Catania, con la morte tragica dell'ispettore
Raciti, e tutto quello che aveva preceduto quell'avvenimento, cioè
una continua recrudescenza di fatti violenti che avevano negativamente
contraddistinto l'attività che ruota attorno ad uno spettacolo (perché
di questo si tratta: uno spettacolo sportivo che attrae decine di milioni
di persone nel nostro paese, e non solo nel nostro paese), imponevano da
parte del Parlamento delle forme di intervento radicali e decise.
Abbiamo
quindi messo mano al provvedimento che ci era pervenuto dal Senato e ne
abbiamo avuto la capacità.
Devo
quindi dare un giudizio complessivamente positivo del lavoro che è
stato svolto, sia per l'equilibrio dei relatori, che hanno sicuramente
dato un grande contributo al dialogo e alla costruzione di un percorso
comune, sia per la partecipazione serena e determinata, ma anche ispirata
a principi di buon senso, da parte di tutte le forze politiche. Abbiamo
notato che comunque questo provvedimento si muoveva in termini positivi,
perché si è posto immediatamente nella continuità
e nel completamento doveroso del decreto-legge 24 febbraio 2003, n. 28.
Tale
provvedimento è stato il primo vero grande intervento che ha tentato
di mettere ordine nella disciplina riguardante la violenza negli stadi,
introducendo una serie di disposizioni repressive che hanno prodotto alcuni
risultati, ma non tutti positivi. Alcune disposizioni, in ogni caso, abbisognavano
di un ulteriore intervento.
L'aspetto
positivo del lavoro che abbiamo svolto alla Camera è stato quello
di abbinare ad una serie di norme repressive anche la capacità di
individuare misure di carattere sociale e culturale, per diffondere i valori
dello sport nella società italiana, cosa che forse, in passato,
ha registrato un gap per quanto riguarda l'impegno, la capacità
e la sensibilità del legislatore.
Abbiamo
individuato alcuni temi che andavano modificati ed aggiustati.
Siamo
intervenuti sul piano delle dizioni formali attraverso proposte emendative
sulle quali diverse forse politiche si sono ritrovate a convergere, sostituendo
la definizione «a porte chiuse» con l'espressione più
corretta «inibire l'accesso al pubblico negli stadi non dotati di
tutti gli impianti di sicurezza previsti».
Abbiamo
individuato nella necessità della certezza delle pene uno dei passaggi
fondamentali dal momento che, probabilmente, proprio la mancanza di tale
elemento è stato alla base della proliferazione della violenza:
quando si commettono atti di violenza e non si scontano pene o si scontano
pene irrisorie, certamente ciò non è educativo.
Il
gruppo di Alleanza Nazionale rivendica il principio della certezza della
pena come un motivo conduttore di tutte le sue azioni politiche. E ci ha
fatto non poco piacere constatare che questo sentimento è condiviso
anche da chi, in passato, ha adottato atteggiamenti più permissivi
e, magari, ha votato a favore dell'indulto. Ma si fa sempre in tempo a
rivedere le proprie convinzioni.
Abbiamo
ritenuto opportuno approfondire il tema del divieto delle manifestazioni
esteriori, non solo perché si ravvisavano pericolosi richiami di
ipotesi, costituzionalmente non consentite, di perseguimento
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del
reato d'opinione, ma soprattutto perché tali norme, così
draconiane e, a volte, anche di difficile applicazione, non potevano essere
circoscritte all'ambito sportivo. Se avessimo lasciato quell'impostazione,
probabilmente avremmo creato un grande vulnus all'impianto costituzionale
italiano.
Abbiamo
valutato l'inadeguatezza delle norme sulla sicurezza negli stadi e abbiamo
ritenuto che alcune di esse andavano corrette. Le abbiamo corrette. Altre
hanno bisogno di ulteriori interventi. Infatti, il tema della sicurezza
degli stadi, a nostro avviso, non può essere scisso da una diversa
regolamentazione della vendita dei biglietti, che non possono non essere
nominativi e con posti assegnati. È la prima regola che viene attuata
nel cosiddetto sistema inglese, che spesso viene richiamato a sproposito
come esempio da seguire, ma che, nei fatti, non viene attuato, perché
in Inghilterra l'impianto della gestione dello sport è completamente
diverso, a partire dal fatto che la proprietà degli stadi è
delle società sportive. Quindi, le società sportive diventano
naturalmente i soggetti deputati al controllo della sicurezza e, quindi,
devono sperimentare strumenti adatti alla realizzazione concreta della
sicurezza.
È
stata contestata, quindi eliminata, una norma manifesto che serviva solo
a fare pubblicità e che era contenuta nell'articolo 11-bis, con
cui si proponeva di promuovere i valori dello sport senza spese aggiuntive
per la pubblica amministrazione. È una contraddizione in termini
e anche su questo siamo riusciti a trovare una soluzione. Abbiamo «aggiustato»
le norme sul Daspo, che sono importanti e fondamentali in quanto, pur essendo
repressive, consentono di escludere non solo i soggetti direttamente responsabili,
ma anche quelli potenzialmente responsabili di possibili disordini e, di
conseguenza, sono certamente destinate a rendere più vivibile l'ambiente
degli stadi.
Si
è molto discusso sulla flagranza differita. Si tratta di un istituto
che, alla fine, tutti abbiamo accettato e condiviso, in quanto dettato
da situazioni emergenziali; tuttavia, è stato opportunamente fissato
- al 30 giugno 2010 - un termine entro il quale si dovrà valutare
la possibilità di un suo superamento. Ci auguriamo davvero che alla
data indicata non perduri la necessità di utilizzare l'istituto
in parola: al momento attuale, esso è indispensabile per cercare
di dare alle forze dell'ordine uno strumento concreto per intervenire,
ma sicuramente si porrebbero problemi qualora se ne ipotizzasse una stabilizzazione
nel sistema a regime.
Un
aspetto problematico sul quale Alleanza Nazionale non ha espresso condivisione
è, invece, quello che riguarda le circostanze aggravanti previste
per l'ipotesi di lesioni a pubblico ufficiale. Abbiamo condiviso la norma
relativa alla recrudescenza della pena - abbiamo anche discusso come farla
diventare cogente - ma non riteniamo giusto che questo aspetto di tutela
dei pubblici ufficiali, delle forze dell'ordine sia limitato soltanto alle
manifestazioni sportive. Non comprendiamo il senso e l'equità di
una norma che, a fronte della pericolosità dell'esercizio del dovere
di tutela dell'ordine pubblico, distingue tra una manifestazione che avviene
all'interno di uno stadio, o che è collegata ad un evento sportivo,
e qualunque altra. Questo è un aspetto del provvedimento che non
condividiamo. Mi auguro che, al riguardo, vi possa essere un «ravvedimento
operoso» da parte del Parlamento; in ogni caso, la distinzione va
superata perché le forze dell'ordine hanno il diritto di essere
difese dalle leggi dello Stato senza che, nell'apprestare tale difesa,
si facciano distinzioni a seconda delle ragioni per le quali si verificano
gli incidenti.
Il
giudizio di Alleanza Nazionale - e mi avvio a concludere - è favorevole.
Noi abbiamo già votato a favore del provvedimento al Senato: l'abbiamo
fatto con convinzione, anche se avevamo manifestato già in quella
sede alcune perplessità e riserve relativamente ad alcuni aspetti.
Devo dire che, in larga misura, fatta eccezione per la questione alla quale
ho accennato poc'anzi (in relazione alle lesioni a pubblico ufficiale)
quelle perplessità
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e riserve
sono ampiamente superate. Non soltanto vi è stata una nostra convergenza
sul testo che è stato redatto, ma abbiamo anche partecipato attivamente
alla sua elaborazione: sono stati molti gli emendamenti presentati da Alleanza
Nazionale che sono stati approvati e condivisi anche dalle altre forze
politiche, a dimostrazione di un lavoro che ha portato alla predisposizione
di un testo condiviso e di buona fattura.
Nell'esprimere,
quindi, la nostra soddisfazione, riteniamo che sull'argomento si debba
ritornare al più presto senza la spinta emergenziale, per completare
il quadro, il disegno e le definizioni di tutela del diritto alla sicurezza
dei cittadini, oltre che delle forze dell'ordine, quando vanno a godere
di uno spettacolo coinvolgente e meraviglioso come quello del gioco del
calcio (Applausi).
PRESIDENTE.
Grazie.
Non
vi sono altri iscritti a parlare e pertanto dichiaro chiusa la discussione
sulle linee generali.