Archivio
cartaceo | di Massimo Fini
28
agosto 2010
Siamo
stufi, arcistufi, di questo Stato di polizia.
Che non è quello delle
intercettazioni telefoniche, come pretende
Berlusconi che ha la coscienza
sporchissima, che sono perfettamente legittime
quando autorizzate dalla
Magistratura, ma quello dove le libertà più
elementari sono
osteggiate, conculcate, vietate, proibite,
scomunicate, tranne quella economica
anche quando passa sul massacro della
popolazione (è “la libera
intrapresa” a creare la disoccupazione, oh yes,
ma questo ve lo spiegherò
in un’altra occasione) e, ovviamente, quelle del
Cavaliere che può
corrompere testimoni in giudizio, pagare
mazzette ai finanzieri, consumare
colossali evasioni fiscali, avere decine di
società “off shore”,
precostituirsi “fondi neri” impunemente perché,
attraverso i suoi
scherani, si fa cucire leggi su misura che lo
tengono fuori dai processi.
Non
bastassero già le leggi nazionali, dove sono
sempre più feroci
i limiti imposti al consumo di alcol, al fumo,
non solo a tutela dei soggetti
passivi ma anche di quelli attivi, alla
prostituzione (da strada naturalmente,
quella delle escort e soprattutto dei loro
importanti clienti è
immune), ora, dopo un altro demenziale decreto
del ministro Maroni, ci
si sono messi anche i sindaci, in particolare
leghisti, ma non solo, a
imporre i divieti più grotteschi e assurdi. A
Verona è proibito
sbocconcellare un panino in strada, consumare
alcol fuori dai bar, bagnarsi
nelle fontane, girare a torso nudo (il Mullah
Omar era più permissivo).
A Vicenza ci sono multe salatissime (500 euro)
“per camper e roulotte che
trasformano la sosta in un bivacco”. A Novara
sono vietate le passeggiate
notturne nei parchi se si è più di due (durante
il fascismo
ci volevano almeno cinque persone per
considerarle “radunata sediziosa”).
A Eraclea (Sicilia) è proibito ai bambini
costruire castelli di
sabbia in riva al mare. A Firenze, a Venezia, a
Trento e in altre città
è vietato chiedere l’elemosina, cosa che non si
era mai vista prima
(nemmeno nei “secoli bui” del Medioevo, anzi,
tantomeno nel Medioevo in
cui si riteneva che il mendico, come il matto,
avesse, per dei suoi misteriosi
canali, un rapporto privilegiato con Dio) in
nessuna società del
mondo, eccezion fatta per l’Unione Sovietica.
Adesso,
sempre per iniziativa del solerte Maroni, è
arrivata anche la “tessera
del
tifoso”. È
intollerabile che uno
per andare a vedere una partita di calcio debba
chiedere la patente alla
società. Una schedatura mascherata, socialmente
razzista perché
imposta solo ai tifosi che vanno nel “settore
ospiti”, cioè dietro
le porte e nelle curve, mentre chi può pagarsi i
“distinti” non
subisce questa gogna. In realtà questa misura
illiberale va nel
segno di una tendenza in atto da molti anni:
eliminare via via il calcio
da stadio a favore di quello televisivo e degli
affari di Sky, Mediaset
e compagnia cantante (con corollario di moviola,
labiali, giocatori scoperti
in flagranti e sacrosante bestemmie – robb de
matt – e, da quest’anno,
anche la profanazione del tempio sacro dello
spogliatoio). Ma chi conosce
anche solo un poco il “frubal”, come lo chiamava
Gioann Brera ai tempi
belli in cui tutte queste stronzate non
esistevano, sa che fra il calcio
visto allo stadio e quello visto in casa, in
pantofole, fra una telefonata
e l’altra e magari sbaciucchiandosi con la
fidanzata (orrore degli orrori,
il calcio è un rito che vuole una concentrazione
esclusiva, non
sono mai andato allo stadio con una ragazza e
fra Naomi e Ruud Van Nistelrooy
– doppietta allo Shalke 04 per inciso – non ho
dubbi) non corre alcuna
parentela. Per vivere davvero la partita, per
capirla, bisogna essere allo
stadio, vedere tutto il campo (ci sono
centrocampisti che, se guardi la
partita in Tv, sembrano aver giocato male perché
han toccato pochi
palloni e invece hanno giocato benissimo, di
posizione) e non solo quello
che garba al cameraman.
Dal
1983 – introduzione del terzo straniero – il
calcio da stadio ha perso
il 40% degli spettatori. Quest’anno gli
abbonamenti sono ulteriormente
crollati del 20%. Molti tifosi hanno
solidarizzato con gli ultras in rivolta
e non l’hanno rinnovato. E poi ci sono le
ragioni, così efficacemente
spiegate da Roberto Stracca in un servizio sul
Corriere (26/8) e che hanno
tutte la stessa origine: scoraggiare la gente
dall’andare allo stadio.
“Anche chi non è ultrà – scrive Stracca – e non
ha mai pensato
di esserlo, dopo biglietti nominali, necessità
di un documento per
un bambino di 8 anni, odissee fantozziane nella
burocrazia più ottusa
per una partita di pallone, non ne ha potuto più
e ha finito per
dire addio allo stadio e aderire alla sempre più
ricca offerta televisiva”.
Maroni,
contestato violentemente da 500 ultras
bergamaschi alla Festa della Lega
ad Alzano Lombardo, ha detto: “Dicono di essere
dei tifosi, ma non lo sono.
Sono dei violenti”. E invece gli ultras sono gli
ultimi, veri, amanti del
calcio. Qualche anno fa, in una domenica
canicolare e patibolare di giugno,
i demonizzatissimi ultras in rappresentanza di
78 società, di A,
di B, di C e delle serie minori, diedero vita a
Porta Romana, a Milano,
davanti alla sede della Figc, a una civilissima
manifestazione al grido
di “Ridateci il calcio di una volta!” (cioè:
numeri dall’uno all’undici,
arbitro in giacchetta nera, pochi stranieri,
riscoperta dei vivai e, soprattutto,
basta con l’enfiagione economica che ha
distrutto tutti i valori mitici,
rituali, simbolici, identitari, che ne hanno
fatto la fortuna per un secolo,
a favore del business e che finirà, prima o poi,
per farlo scoppiare
come la rana di Esopo). La notizia – mi pareva
una notizia – passò
sotto silenzio. Persino la Gazzetta dello Sport
dedicò all’avvenimento
un box di poche righe. Non bisognava disturbare
il manovratore. Cioè
gli affari.
Due
parole sulla “violenza” Ad Alzano Maroni ha
detto anche: “Io con i violenti
non parlo”. E allora il primo cui non dovrebbe
rivolgere la parola è
Umberto Bossi, il suo Capo. L’ineffabile Maroni
si è dimenticato
che il leader del Carroccio, agli albori della
Lega, dichiarò: “Ho
trecentomila leghisti pronti a estrarre la
pistola dalla fondina” (in realtà
quelli, dalla fondina, possono estrarre al
massimo il loro cellulare),
e in seguito: “andremo a prendere i fascisti uno
a uno, casa per casa”,
e ancora, a proposito dei magistrati, “bastano
delle pallottole e una pallottola
costa solo 300 lire”, e di recente ha anfanato
di fucili e altre armi se
non gli concedevano non mi ricordo che cosa,
parole che dette da un esponente
del Governo, sono ben più gravi delle quattro
macchine date alle
fiamme durante la contestazione di Bergamo.
Io
sto con gli ultras. Anche quelli violenti di
Bergamo. Perché mi
paiono gli unici ad aver voglia ed energia di
rivolta in un Paese in cui
i cittadini si fan passare sopra ogni sorta di
abusi, di soprusi e di autentiche
violenze sempre chinando la testa. Sudditi.
Nient’altro che sudditi.
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