(Il Messaggero) Era più o meno l’una e mezzo di ieri mattina. Serata calda. Entusiasmo alle stelle per la vittoria degli azzurri. Birra a fiumi. A controllare la piazza c’erano una pattuglia dei Reparto Mobile della polizia, una macchina dei carabinieri e una dei vigili urbani. «È successo, né più né meno, quello che è capitato tutte le altre volte afferma Marcello Cardona, neo dirigente del commissariato Trevi-Campo Marzio, arrivato sulla piazza con i rinforzi È comparso il solito gruppetto di giovani che si sono messi a giocare a calcio lanciando il pallone verso i tavolini. Gli agenti hanno cercato di persuaderli a smettere. La gente, lì, nei locali, vuole stare tranquilla. Ma dopo poco, per tutta risposta, è partito il lancio di bottiglie verso le nostre macchine. Lo dico chiaramente: le aggressioni non verranno più consentite. La linea d’ora in poi è questa: se qualcuno vuole violare la legge, metta nel conto di subire un arresto e un possibile processo». I giovani, secondo diversi testimoni, hanno «deliberatamente aggredito» le camionette che presidiavano la zona «dopo aver indossato i caschi per nascondersi i volti». «Un gruppo racconta il gestore di uno dei locali li ha attaccati dal centro della piazza, mentre un altro li prendeva alle spalle da via dei Bovai». Via radio, gli agenti hanno chiesto un «intervento adeguato». Dopo poco, carabinieri e poliziotti hanno iniziato «alcune cariche di alleggerimento» nel tentativo di disperdere gli scalmanati. Ma la situazione è degenerata. I lanci di bottiglie e bastoni sono proseguiti. Alcuni teppisti sono corsi verso i locali e sono stati inseguiti fin dentro ai bar e alle birrerie. A quel punto, però, anche diversi clienti sono finiti coinvolti nel parapiglia. Evidentemente i manganelli, nella confusione, non sono sempre riusciti a distinguere i veri responsabili dell’assalto da quelli che non c’entravano niente. Lo fa pensare anche l’età delle persone arrestate e poi rilasciate. Che sono tre: Marco Mercuri, 44 anni, e i fratelli Lucio e Mirko Lemma, rispettivamente 39 e 26. L’accusa, per tutti, è di lesioni e resistenza pubblico ufficiale. Ma Mercuri, in realtà, è stato preso all’interno di un bar. «Mi sono solo rifiutato di uscire perché temevo un ulteriore lancio di bottiglie ha raccontato e a quel punto polizia e carabinieri mi hanno riempito di botte». L’attacco dei giovani comunque è innegabile. Oltre ai testimoni, ci sono i referti medici: i feriti tra le forze dell’ordine sono cinque. Un carabiniere si è dovuto far medicare per un profondo morso a un braccio. E dire che la serata fino a quel momento era filata via liscia. Nonostante l’entusiasmo per la vittoria degli azzurri, uno dei funzionari del commissariato Trevi, il dottor Valdalà, aveva parlamentato con i ragazzi. «Dobbiamo darci una mano aveva detto Se ognuno rispetta le regole, a Campo de’ Fiori di può stare tutti, giovani, adulti, anziani, con assoluta serenità». Ma il messaggio, evidentemente, non è stato inteso. «Verso l’una secondo uno dei gestori sono arrivati i soliti teppisti con l’aria più “coatta” degli altri. È gente che viene dall’hinterland. Ormai li conoscono tutti. A quelli non gliene frega niente. Hanno un solo obbiettivo: fare casino». E l’hanno fatto. Marco Mercuri era in un bar: «Sono stato trascinato fuori e pestato» La confusione, a Campo de’ Fiori, era al massimo. Erano circa le due meno un quarto. «Dopo le prime cariche racconta Mercuri qualcuno aveva fatto abbassare la saracinesca del locale. Poi la saracinesca è stata rialzata. Sembrava tutto passato, quando, all’improvviso, è entrato quel tipo. Avevo paura che da fuori continuassero a lanciare oggetti e così gli ho detto che non volevo uscire. Non l’avessi mai fatto. M’hanno preso e trascinato all’esterno. Erano in quattro, tutti in borghese, con gli elmetti da carabinieri, è mi hanno letteralmente gonfiato di botte. Ma io a queste cose non ci sto’. Allora gridavo che qualcuno mi dicesse che era il funzionario che dirigeva le operazioni». La piazza intanto era un campo di battaglia. «E a quel punto sono finito in mano a un gruppo di poliziotti continua Mercuri e ho rimediato tre cazzotti in bocca. Da lì mi hanno portato in una camera di sicurezza al commissariato Trevi. Dodici ore in una stanzetta, senza acqua e senza niente. Alle nove e tre quarti del mattino si sono resi conto che ero conciato male e mi hanno fatto portare all’ospedale Santo Spirito». Lo stesso commissariato, verso l’una di ieri, ha fatto scarcerare Mercuri. «Ma vi pare chiede lui che uno debba subire una cosa così?». L. Lip. |
«La vergogna è che dieci ragazzini delinquenti riescono ogni volta a far “esplodere” Campo de’ Fiori. La polizia si metta in borghese e li acchiappi una volta per tutte. Fermati loro, sarà la fine delle risse. Così non si può andare avanti». Angelo, gestore di uno dei locali sulla piazza più calda delle notti romane, è veramente arrabbiato. «Tra l’altro dice ho l’impressione che le forze dell’ordine questa volta abbiano un po’ esagerato. Gli agenti caricavano. Solo che, mentre i veri responsabili del caos scappavano, ci sono andati di mezzo diversi clienti dei locali». L’atmosfera, dopo la notte di Italia-Ucraina, è tesa. «Guardi dice il gestore mi faccia il favore di non rendermi riconoscibile. Qui ormai c’è da aspettarsi di tutto. Se te la prendi coi teppisti, non sai mai quello che può succedere. E se provi a criticare polizia e carabinieri, devi mettere in conto che poi magari ti fanno qualche controllo supplementare. Lo ripeto, era tutto tranquillo. Poi, per colpa di dieci fanatici, ci sono andati di mezzo tutti. Sono “provocatori”, gente che viene dalla periferia profonda e che, evidentemente, sa divertirsi solo così». Notti violente, quando il tifo è un pretesto (Covseva) Dallo stadio a Campo de'Fiori, la sfida alla polizia dei gruppi «mordi e fuggi» - tra giovani e forze dell'ordine, non c'è solo «moda», disagio adolescenziale o teppismo che trova sfogo nell'euforia delle notti mondiali. C'è, invece, un movimento che parte da più lontano, che va dalle curve dello stadio alle piazza e viceversa, e che comincia a preoccupare Polizia e Carabinieri anche in vista di Italia-Germania di domani sera: i turisti tedeschi, nella capitale, sono tanti e la piazza con la statua di Giordano Bruno è - nell'immaginario degli stranieri - il luogo del «melting pot» alla romana. È proprio lì, però, che sempre di più si concentra un certo tipo di fenomeno, con le cariche della polizia, gli agguati nei vicoli, il lancio di oggetti contro blindati e camionette. Solo che, a cercare lo scontro, non sono più soltanto i «duri», quelli coperti dal casco e armati di bastone, ma anche i presunti insospettabili. Come la ragazzina di poco più di sedici anni, col piercing d'ordinanza e vestiti firmati, che col la sua vocina esile si univa al coro «lo sbirro è, il mestiere più infame che c'è». Oppure agli studenti universitari che sembravano usciti da uno dei celebri film sui Nerds (gli «sfigati» dei college americani) e che applaudivano ironicamente all'intervento della polizia costretta a sgomberare la piazza. Un movimento, come detto, che viene da lontano e che - a livello giovanile - rappresenta ormai una tendenza che comincia a fare proseliti, nelle strade come all'Olimpico: «Nella vita come allo stadio... o sei guardia o sei ladro» la scritta apparsa in curva Sud. Era opera dei «Bisl», sigla nata 3-4 anni fa nel frastagliato universo ultras giallorosso e che sta per «Basta infami, solo lame»: secondo le forze dell'ordine sono una quindicina di persone, e mai sempre le stesse, tanto che loro si definiscono non un gruppo ma una «corrente di pensiero». La sigla Bisl ha inneggiato al «lupo» Liboni (il bandito che uccise un carabiniere), ha scritto «Banlieau o periferia, il problema è la polizia» mentre i sobborghi francesi bruciavano, professa l'idea secondo cui «fare l'ultras è reato» e si schiera contro un certo modo di fare gli ultrà, cioè attraverso i programmi sulle radio private, la vendita di t-shirt, l'organizzazione delle trasferte, la gestione dei biglietti. Secondo loro, questo tipo di tifoso è diventato parte del sistema, e non è una questione politica, come si evince da alcuni messaggi apparsi sempre in Sud: «Nè rossi né neri, volti coperti liberi pensieri». Loro - ma non solo loro - sono tra quelli che stanno diffondendo i cosiddetti «incontri (o scontri) casuali». Casuali - casuals , come si legge sui blog - nel senso che vanno al di fuori degli schemi di alleanze o rivalità conosciute e che quindi non sono facilmente catalogabili. Per evidenziare questo concetto, hanno scelto una frase di Lucio Dalla, nella canzone «Grande figlio di p...»: «Sotto l'ombra del cappello non ti fa capire mai, se tira fuori il suo coltello o ti chiede come stai», si lesse sempre in Sud, che più della Nord laziale è stata colpita dal fenomeno della frammentazione. Campo de' Fiori si inquadra più o meno in questo scenario, ed è preoccupante proprio perchè assimilabile ma non ascrivibile in toto al fenomeno delle curve. Nella piazza - ancora di più che allo stadio - non ci sono capi o registi occulti, ma gruppetti di 10-15 ragazzi che non interagiscono tra di loro, se non nel momento della sfida alla polizia. E quando vengono fermati dagli agenti mantengono l'aria di chi non accetta di obbedire alle disposizioni. Ed è proprio questo sentimento di ostilità verso le regole, la legalità e quindi le forze dell'ordine, che preoccupa di più chi quell'ordine lo deve garantire. Ernesto Menicucci Roberto Stracca |
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