PERCHE’ LA TESSERA
DEL TIFOSO E’ ORMAI INUTILE (di Lorenzo Contucci, 13 settembre
2011)
pubblicata
da Lorenzo Contucci il giorno martedì 13 settembre 2011 alle ore
14.35
La “tessera del tifoso” non si
basa un una legge dello Stato, regolarmente discussa e votata in
Parlamento, ma viene di fatto introdotta con la circolare
amministrativa n. 555 del 14 agosto 2009 con la quale, in buona
sostanza, il Ministro dell'Interno Maroni scrive a prefetti e
questori dicendo loro che se le società non adotteranno il
programma in questione, saranno liberi di considerare “non a
norma” gli stadi in cui giocano e conseguentemente chiuderli.
La stessa viene subito avversata – in maggior misura – da parte
dei tifosi che seguono in modo più attivo la squadra per diverse
ragioni: - da un lato, viene contestato lo
stesso concetto di una “tessera del tifoso” di fatto imposta
alle società da parte del Ministero dell’Interno, invece di
essere liberamente adottata dalle stesse; - dall’altro ne viene contestata
la modalità di rilascio, che si poggia su presupposti poco
chiari e, soprattutto, giuridicamente ingiusti, visto che viene
richiamato al riguardo l’art. 9 della legge Amato n. 41/2007 che
dice che non possono avere titoli di accesso negli stadi coloro
che (anche in passato) abbiano ricevuto un daspo ovvero coloro
che (anche in passato) abbiano avuto, anche solo in primo grado,
condanne per reati da stadio.
Poiché la gamma dei “reati da stadio” e delle ragioni di “daspo”
è stata infinitamente aumentata nel corso degli anni con
continui aggiornamenti degli artt. 6 e segg. della legge n.
401/89, era del tutto ovvia la preoccupazione di quella parte di
tifoseria che, seguendo sempre la squadra, poteva avere problemi
al riguardo anche per comportamenti veniali e non
necessariamente violenti (ad es.: la semplice accensione a scopo
folkloristico di un artifizio pirotecnico).
Con una nota chiarificatrice, il Ministero dell’Interno
“interpreta” il suddetto articolo scrivendo che la tessera del
tifoso non può essere rilasciata a chi ha daspo in corso (il che
è ovvio) ed anche a chi ha avuto condanne da stadio, anche solo
in primo grado, negli ultimi 5 anni e questo è assai meno ovvio,
come dimostrerà l’esempio concreto che segue:
Tizio, al gol della Roma, accende per
festeggiare un artifizio giallorosso, senza provocare pericolo
per alcuno. Il suo comportamento costituisce
comunque reato, sicché il Questore lo diffida per due anni
(lasciamo stare se con o senza obbligo di presentazione alla
Polizia Giudiziaria) a partire dal 2011. Fino al 2013, quindi, Tizio non
potrà andare allo stadio per decisione del questore e non potrà,
ovviamente, avere la tessera del tifoso. Per lo stesso identico fatto,
però, lo stesso verrà poi anche condannato dal giudice, perché
l'accensione di un artifizio in uno stadio costituisce reato.
Supponiamo che ciò avvenga, per i tempi della giustizia, nel
2016. Dal 2013 al 2016 Tizio, potrà tranquillamente
tornare a seguire la propria squadra. Con la condanna del 2016,
il giudice dà un altro daspo giudiziario a Tizio, di due anni
con obbligo di presentazione. Dal 2016 al 2018 quindi Tizio,
nuovamente e per lo stesso fatto, non potrà andare allo stadio.
Per via della interpretazione dell’art. 9 del Ministro
dell’Interno (che peraltro è del tutto informale, visto che una
legge non è interpretabile con una circolare - in claris non fit
interpretatio - o, peggio ancora, con comunicati
dell’Osservatorio Nazionale sulle Manifestazioni Sportive),
Tizio non potrà poi avere la tessera del tifoso fino al 2021 (5
anni dalla sentenza di primo grado), ma se si dà retta al tenore
della norma vera propria, lo stesso non potrà più andare
allo stadio. Per l'accensione di un artifizio pirotecnico,
quindi, si hanno più o meno 7 anni di inibizione (nella migliore
delle ipotesi), con alcune parentesi in cui si può andare allo
stadio: che senso ha? Ora, se è il daspo che qualifica
la pericolosità “da stadio” di un soggetto, è assolutamente
evidente, anche al profano, che una volta scaduto il daspo dato
dal questore, il soggetto “diffidato” non è più ritenuto
pericoloso dalla stessa Questura, di tal ché non ha alcun senso
– ed è anzi una vessazione – impedire il rilascio di titoli di
accesso per un periodo di tempo superiore, fosse anche di un
solo giorno oltre al daspo già scontato. Detto questo da un punto di vista
giuridico, è altrettanto evidente che, una volta messo a punto
il – sia pur ingiusto – sistema previsto dall’art. 9 della legge
41/2007, la tessera del tifoso diviene del tutto inutile dal
punto di vista della sicurezza: se già il rilascio del singolo
biglietto viene di fatto controllato, nei suoi motivi ostativi,
dall’emittente il biglietto stesso (che riceve un OK o un KO
dalla stessa Questura una volta che inserisce il nominativo
dell’acquirente), noi abbiamo un controllo di sicurezza a monte
per qualsiasi persona che accede in uno stadio, sia esso
possessore di tessera del tifoso o meno. Se anche si volesse dire che il
rilascio del singolo biglietto può risentire di errori da parte
del rivenditore o "trucchetti" da parte dell'acquirente (che
magari può dare un nome leggermente diverso dal proprio per
ingannare il sistema), certo questo non lo si può sostenere per
l'abbonamento, dove il controllo di questura viene svolto in
maniera approfondita dalla questura per una sola volta, al
momento della richiesta dell'abbonamento. A Roma – ma anche in altre città
– si sta ormai attuando il sistema “questura on line” o
“blacklist” e diverse persone non riescono più ad acquistare il
biglietto per ragioni per altro discutibili, che - al solito -
variano di città in città: Questura che giri, usanza che trovi. Varrà sottoporre il caso di
xxxxx, reale: condannato per i disordini
avvenuti a xxxxx nel 1994, lo stesso ha regolarmente scontato il
suo daspo e la sua condanna. Poiché la sentenza di Cassazione
(terzo grado di giudizio) che ha confermato la sentenza del
Tribunale di xxxxx è intervenuta nel 2010, gli è stato
comunicato che fino al 2015 non può più avere biglietti e,
conseguentemente, andare allo stadio, che ha tranquillamente
frequentato per 15 anni dopo quei fatti senza alcun problema. Altro esempio reale: un tifoso ha
già scontato la diffida biennale perché per festeggiare la
squadra aveva acceso dei fumoni nel 2004. E’ stato, a distanza
di quattro anni, condannato per lo stesso fatto, ha scontato la
sua pena e ora lo stesso, per 5 anni dal 2010 e pur essendo lo
stesso nel frattempo tornato allo stadio senza commettere reati,
non può avere biglietti o tessere che siano. E’ appena superfluo aggiungere
che se il sottoscritto ha ucciso un uomo, una volta scontata la
condanna può avere la tessera del tifoso e qualsiasi tipo di
biglietto, mentre chi per due volte è stato sanzionato per
essersi seduto su un seggiolino diverso dal suo posto assegnato
non lo può avere. Da un punto di vista meno
giuridico, ma non troppo, si ritiene assurdo che in Italia si
cerchi di NON fare andare la gente allo stadio piuttosto che
fare il contrario. L’incredibile limitazione
disposta dal CASMS per Roma/Fiorentina di Supercoppa Primavera –
partita assolutamente gestibile con gli ordinari modi di
contrasto – ne è solo l’ultimo esempio: per la Primavera non
vige il programma “tessera del tifoso” ma il CASMS lo ha inteso
applicare lo stesso e, conseguentemente, una buona parte dei
tifosi che sarebbero andati al match, per protesta, non ci sono
andati. Il protocollo siglato il 21
giugno 2011 tra l’Osservatorio e le varie leghe calcio, lo si
ripete, non si basa su una norma di legge e darà vita a diversi
problemi nella stagione in corso, visto che – è opinione di chi
scrive – una società di calcio non può discriminare
territorialmente i tifosi, stabilendo che solo alcuni possono
farlo e altri no, visto che è ancora vigente l’articolo 3 della
Costituzione che vieta discriminazioni di qualsiasi tipo: se il
Prefetto ritiene – a torto o a ragione – che una partita è ad
altissimo rischio, allora possono essere poste limitazioni alla
vendita dei biglietti, ma se non vi è alcun rischio non si
comprende davvero per quale ragione un tifoso non tesserato non
possa andare liberamente allo stadio, in qualunque settore,
protocollo o non protocollo. I dati della stagione 2010/11
anno hanno dimostrato che sia gli abbonamenti che i tifosi sono
diminuiti: il progetto di riempire gli stadi è quindi fallito e
la colpa – tra le varie componenti – è ANCHE della tessera del
tifoso, totalmente inutile e detestata da una buona parte di
coloro che vanno allo stadio, tenuto conto, per finire, che la
diminuzione dei disordini negli stadi è un trend già in positivo
da diversi anni e che è assolutamente evidente come l’assenza
quasi totale dei tifosi ospiti non possa che far diminuire le
criticità: del resto se nessuno uscisse di casa non vi sarebbero
di certo più furti o rapine, ma non potremmo certo dire di
vivere in uno Stato libero. In conclusione: chi ha
l’abbonamento, così come chi fa il singolo biglietto o un
carnet, anche se non intende fare la tessera del tifoso, è
controllato ai sensi dell’art. 9 L. 41/2007 dalla Questura. Le ragioni di sicurezza sono
quindi TUTTE soddisfatte. Quindi non c'è alcuna ragione DI
SICUREZZA per imporre con l'abbonamento anche la tessera del
tifoso. Se ci sono ragioni ECONOMICHE,
semmai dovrebbe essere una libera scelta della Società e non una
sorta di imposizione del Ministero dell'Interno (questo in uno
Stato democratico dove chi governa non ha interessi in gioco,
mentre - senza volerne fare una questione politica - abbiamo pur
sempre un Presidente del Consiglio dei Ministri che nomina il
ministro dell'Interno e allo stesso tempo è presidente del
Milan, non senza che il suo vice Galliani sia anche consigliere
di quella Lega Calcio Serie A che firma i protocolli con lo
stesso Ministero dell'Interno.... peraltro - il caso vuole - il
Presidente della Lega Calcio Beretta è anche il nuovo
responsabile della struttura Identity and Communications di
UniCredit). A maggior ragione – è il passo
ulteriore – chi ha l’abbonamento (ma anche il singolo biglietto)
dovrebbe poter avere il pieno diritto di seguire la propria
squadra in trasferta visto che le ragioni di sicurezza sono
soddisfatte. Se poi vi sono altre ragioni, non
di sicurezza, beh, è quello che si è sostenuto sin dall’inizio.