TRA NORD E SUD SU AEREI, TRENI E AUTO PENSANDO ALLA ROMA Taccuino di viaggio al seguito dei tifosi giallorossi nelle ultime due trasferte del Campionato |
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TORINO
Finalmente! E’ una Torino piovigginosa e
grigia, che ci accoglie silenziosa. Bisgona
riconoscerlo: loro a certe cose ci sono proprio
abituati. Roma nostra nella stessa circostanza sarebbe
un unico striscione. Dopo rapida consultazione di gruppo
si decide che “via, mica ci saranni i Tupamaros”, si
impone la trattoria. Siamo accolti con un po' di
diffidenza. Forse pensano che siano arrivati dei
selvaggi. Poi, rotto il ghiaccio, ci trattano benissimo
con la nota cortesia piemnontese. Suspance al momento
del conto: niente paura, cortese ed anche onesti. Fuori
comincia a piovere e d’acqua ne prenderemo tanta. Ma per
la Roma... Per raggiungere la nostra curva dobbiamo
attraversare una marea di juventini che si dirigono
verso la “Filadelfia”. Lieta sorpresa. Qualche sguardo
in cagnesco, niente più.
STADIO
La “Maratona” è fantastica, indescrivibile.
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Il gol di Turone (806 kb) |
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Il commento di Falcao (611 kb) |
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Grazie! Il servizio Il servizio 2 |
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LA
PARTITA
Non starò qui a raccontare quello che è
successo in campo, ma il riscontro immediato delle
gradinate. Ringraziamo subito i tanti fumogeni colorati
accesi dagli Ultrà, grazie ai quali il Comunale si è
trovato avvolto per cinque minuti buoni in una coltre di
sapore londinese. Grazie perché ci hanno risparmiato il
primo premeditato, tardelliano e violento fallo del buon
Furino ai danni di Falcao. Notiamo piuttosto, a luce
fatta, che la maggioranza dei tifosi segue il match, per
ora in chiave bianconera, senza alun timore
reverenziale. Piccola divagazione. Grazie Presidente
Viola, per aver reso grande non solo la società, ma
anche il suo seguito. Ricordo la prima trasferta di
Viola in giallorosso. Era un Perugia-Roma di Coppa. Tra
l’incredulità generale dei propri sostenitori i “Lupi”
prima attaccarono e poi colpirono duro quello che era un
grande Perugia. Invece, qui a Torino, il signor Franco
da Frosinone, carpentiere, partito Sabato sera dalla
Ciociaria in pullman, non ha dubbi. E neanche la
provocante lupetta fasciata con una bandiera. E la
grande Roma ripaga. Non ha paura. Il brasiliano,
tutt’altro che intimorito, risponde colpo su colpo.
Azione velocissima, Bruno Conti fallisce incredibilmente
da pochi passi. Risparmio di elencare le “osservazioni”
fatte dai miei vicini. Intanto Furino, ma non è il solo,
dimostra tutto il suo attaccamento ai colori... dei
calzettoni giallorossi. Fatalmente e tardivamente il
“buon Beppe” viene espulso nella ripresa, tra ululati e
“pollici versi” dei romanisti, nella fattispecie sempre
più simili ai nobili antenati. Dobbiamo intanto
rimarcare che la violenza è solo in campo. Forse i
giocatori farebbero bene a prendere esempio dai tanto
bistrattati tifosi. Quelli romanisti vincono
addirittura il “premio bontà”, quando Turone li fa
saltare per la gioia e subito quel negletto guardalinee
strozza i cori sul nascere, annullando la rete scudetto.
Ce ne fosse uno a meditare vendette, ce ne fosse uno,
novello Nerone, a progettare incendi o massacri. Eh sì,
è qui che la ROMA ha vinto il suo scudetto. Zero a zero
fasullo? Pazienza! La Roma ha messo paura, ha meritato
di vincere. Questo conta. I quindicimila ripartono,
domani si lavora. Ebbene sì, si lavora anche dalle
nostre parti. Magari col sole ed un cielo terso ed
incredibilmente azzurro, ma si lavora. Ultima notazione
torinese. Abbiamo ricevuto i sinceri complimenti dei
tifosi bianconeri, ma anche tanta, tanta acqua dal
cielo. Avvocato, lei che può, ma non c’è proprio
soluzione?
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R.C. TREVI
E’ il club che ci ha gentilmente ospitato. Un
circolo giovane. Un’ottantina di iscritti, quasi tutti
bancari. Anche la Presidentessa lavora in banca. R.M. è
una vera appassionata, è tutta la stagione che organizza
trasferte. Conta di raddoppiare entro pochi mesi il
numero degli iscritti, anche in virtù di una serie di
iniziative certamente appetitose. OMISSIS
ARRIVANO GLI AUSTRALIANI
Seimila dollari fanno al cambio più di sei
milioni di lire. Sarà folle, sarà immorale, ma tant’è,
il fatto resta. Dalla lontanissima Melbourne, dopo
dodici anni, grazie alla Roma, Franco e Fabrizio hanno
fatto ritorno in patria. Pochi i rimpianti, nessuna
nostalgia. Il primo ha fatto fortuna nella terra dei
canguri come imprenditore edile in coppia col padre del
secondo. Charlie ha solo 19 anni, è partito che ne aveva
9, studia giurisprudenza, manco a dirlo, gioca al
tennis, ma non rinnega le radici,ed ama anche il calcio,
tantissimo la Roma. Sono arrivati alla vigilia di
Roma-Perugia per vivere “live” questa splendida,
incredibile avventura. Seimila dollari sono tanti, ma la
Roma ha anche di questi tifosi. Forse se l’avesse saputo
il guardalinee di Torino si sarebbe amputato il braccio.
CALDA AVELLINO
Che differenza con Torino. Siamo al Sud. Sole
ed umori sono a livello di guardia. Pullman giunti prima
di noi sono stati aggrediti a sassate. Da un cavalcavia
un mezzo degli “Indipendenti” è stato bombardato e
fortunatamente mancato da una grossa damigiana piena di
vino. Incredibile atmosfera per chi aveva come noi
visitato questi luoghi non più di cinque mesi fa in ben
altra circostanza. Ma per un giorno questa terra
dimentica le sue disgrazie, i suoi morti, il terremoto.
C’è la serie A da conquistare. Anche questo sarà
immorale, ma viva l’immoralità. Minor plauso invece
all”esuberanza” dei tifosi irpini che hanno trasformato
una gita fuori porta in trincea.
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ULTIMI FUOCHI
Quelli accesi da Falcao con la sua splendida
rete. Durano solo venti minuti, poi ci pensa Cabrini a
rimettere le cose a posto. L’ira degli irpini non
consente neppure di fare un ultimo applauso ai giocatori
romanisti. Si esce con dieci minuti di anticipo, tra
minacce e sputi. Una breve salva di mortaretti annuncia
la slavezza dell’Avellino. Almeno per loro c’è stata
giustizia.
ROMANITA’
Quelle vera, che rispecchia tutta la seggezza
del vero romano è nel commento finale, tra il caustico e
il blasfemo del “sipparone” Mimmo Spadoni. “E’ tutta
corpa der Turco. Qui se vince ogni morte de Papa,
e quello te va puro a sbajà mira!!!" Coraggio Roma,
Pasquino non è morto ancora.
Quegli anni, gli ultimi degli anni ’70 e i primi degli anni ’80 erano gli anni del tifo giallorosso. Erano gli anni dove abbiamo avuto la fortuna di fare parte della Curva più unita, la curva più forte, la curva più popolosa che sia mai esistita in Italia; che si diradava il lunedì per ritrovarsi piano piano dal sabato, e partire in tutti i modi verso la città dove la Roma giocava in trasferta la domenica. Pullman, auto, treni, come tutti uniti da un'unica voglia, da un'unica passione, senza alcuna paura, perché sapevamo che saremmo stati in tanti, che ci saremmo riuniti dentro altre curve, avremmo cantato tutti insieme. Erano le trasferte epiche, quelle rimaste nella storia e quelle cadute nell’oblio.
Tra quelle che mi sono rimaste più impresse c’è sicuramente Avellino. Doveva essere l’81 o l’82, l’anno dello scudetto (in realtà era l'80-81, n.d.L.). Il pullman organizzato dal Roma Club Garbatella partiva all’alba da davanti il CTO. Il viaggio iniziò senza alcun problema, si canto l’inno messo nel mangianastri almeno 10 volte. Verso le 10 facciamo una pausa all’autogrill, ancora all’epoca aperti al passaggio dei tifosi; c’erano già altri pullman; naturalmente chi prendeva ciuffi di caramelle da una parte, chi pacchi di biscotti dall’altra, come ho sempre visto fare in qualsiasi autogrill; la canzone che si cantava era sulla falsariga della marsigliese; invece di ‘Quando l’inno si alzeràa,….’era ‘Quando l’auto si fermeràa, il Commando scenderà!..Ruberemo fino all’arresto, l’autogrill saccheggiato saràa..noi rubamo e ‘n se famo piàa…Aleè..Aleè..Alè Roma Alè!’; presi cappuccino e cornetto (pagando) e racconto ciò perché prima di ripartire per l’ultimo tratto ed entrare ad Avellino, pensai potessero essermi utili per rispondere ad eventuali attacchi alcuni grossi sassi che formavano un’ aiuola; li presi della grandezza di mezza rosetta e li misi nel sacchetto del cornetto; invece l’arrivo ad Avellino fu stranamente tranquillo; ricordo passammo vicino a molti container, che ospitavano i terremotati dell’80. Parcheggiammo nei pressi dello stadio e ci trovammo immersi nella marea giallorossa; quel giorno saremmo stati tanti; Prima di arrivare ai cancelli, ebbi paura delle perquisizioni e svuotai a terra il sacchetto con i sassi. Fu una precauzione inutile perché non vi fu alcun tipo di controllo; ricordo che mi colpì del Partenio il fatto che dall’ingresso dei cancelli per entrare in curva si scendeva; e che in cima alla curva, poco prima delle gradinate c’erano piantati dei cipressi. Entrare in una curva lontana da Roma e scoprirla già coperta di drappi giallorossi, di striscioni talmente tanti che si mettevano sovrapposti, vedere la frenetica attività dei tifosi, mentre si avvicina l’ora in cui Falcao, Di Bartolomei e compagni di squadra entreranno in campo è la cosa più bella che ci può essere (anche perché almeno questa volta li vedrai da vicino); Avellino era una trasferta numerosa e in questi casi a volte il Commando portava da Roma del materiale, magari avanzato da una coreografia appena trascorsa; potevano essere buste di rotoli di carta o qualche busta di bandierine.
L’atmosfera si fece subito tesa ai primi cori. C’era un odio da parte nostra, forse perché ancora gemellati con i napoletani o chissà per quale altra ragione, e da parte loro il solito odio contro Roma al quale eravamo abituati. Ricordo che nella parte centrale della nostra curva dove stazionava il Commando c’era un gran movimento, come di discussioni animate, non so se tra di noi o con i tifosi avellinesi che stavano tranquillamente nella parte destra della curva e anche mischiati a noi. Fatto sta che volli avvicinarmi per vedere da vicino cosa stesse succedendo.La curva letteralmente ribolliva, forse a causa di qualche striscione avellinese, non ricordo il perché preciso; mi trovai accanto ad un ragazzo di Napoli che stava arringando dall’alto la folla dicendoci che gli avellinesi erano traditori, che loro li avevano trattati come fratelli e che erano stati ricambiati in modo indegno, che erano ingrati e via urlando; sentii un grido alle mie spalle e mi sfiorò un uomo grosso, che si stava buttando addosso al ragazzo dall’alto, a mani avanti; la spinta fece volare i due per due/tre file sotto e mentre li osservavo, l’avellinese sopra e il napoletano sotto urlare e cercare di darsele pensavo a come fosse possibile esser ancora coscienti dopo un ‘atterraggio’ del genere. Tornai al mio posto accanto a mio zio e mio cugino e iniziò il caos; dalla curva avellinese avevano pensato bene di scendere sulla pista d’atletica con un bandierone senza asta e iniziare a fare un giro di campo; grande caos nella curva, chi cercava qualcosa da usare come ‘arma’ chi discuteva su come reagire, anche perché all’inizio non era ben chiaro cosa volessero fare, se volevano venire magari in massa a cercare lo scontro; invece il bandierone comincia ad avanzare verso la nostra curva preso per i bordi da una decina di persone, ed ecco dopo qualche secondo la risposta: un gruppo della nostra curva si accalca intorno alla porticina che fa entrare in campo. Vedo Geppo prendere a calci una, due tre volte la porta che si apre. La polizia si sta muovendo verso la curva. I nostri scendono sulla pista; ho l’immagine di Geppo davanti a tutti con una catena o con quella che sembra una catena che fa roteare e affrontare gli avellinesi; questione di secondi; il bandierone si ferma ed entra in pista la polizia. Sono stati lanciati dei lacrimogeni che stanno spandendosi in modo esagerato sopra tutta la curva e chissà quanto oltre. Il fatto è che quando ti becchi i lacrimogeni in curva non hai un altro posto dove andare. Devi stare lì a prenderteli tutti. E provi a metterti la sciarpa, le mani, davanti al viso, è tutto inutile: piangi e respiri, piangi e respiri. Dopo un minuto di scontri i nostri sono ributtati dentro. In quel momento, in quei momenti, se avessi avuto le pietre, quelle bianche e pesanti pietre, le avrei lanciate; perché accecato dai lacrimogeni, dall’odio, per difendermi; le avrei lanciate; stavo abbastanza in alto, in corrispondenza degli scontri, sarebbero arrivate giù in modo devastante, immaginate una pietra di 3/400 gm scendere da venti metri di altezza e prendere qualcuno in testa..
Dopo una decina di minuti si è ricominciato a respirare. La Curva della Roma ha ripreso il suo posto; è iniziata la partita, della quale non mi ricordo neanche il risultato finale.
Questa è stata la mia trasferta di Avellino. Siamo ritornati come sempre stremati a casa; a quell’epoca di calcio in tv ce n’era proprio poco. Domenica Sprint, La Domenica Sportiva e Goal di Notte. Tutto quello che facevamo andava perduto. I servizi raramente menzionavano i tifosi e di immagini se ne vedevano veramente poche.
Eravamo una grande curva, unita, bella, come poche sono state..
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Falcao | Il servizio | |||
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