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Roma, Stadio Olimpico 26 febbraio 2006 ore 20.30 invia una e-mail per i resoconti |
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LE CRONACHE E LE INTERVISTE
Intervista a Leandro Cufrè (Da "Il mio Canto Libero" del 27 febbraio 2006, su Radio Flash dalle 08.00 alle 11.00, 6424 kb, MP3, grazie a Sandro e Mauro anche se non gliel'ho chiesto!) IL PREDERBY A TRIGORIA VAI A PAGINA 2 VAI A PAGINA 3 VAI A PAGINA 4 CRONACHE VAI A PAGINA 6 |
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L'intervento di Rodrigo Taddei a "Tutta la
Vita" parola per parola. Il
brasiliano, autore dell'1-0 ieri sera, ha parlato del trionfo giallorosso nel derby e di credere nella possibilità di essere convocato dalla "Selecao". Che hai provato ieri sera, Rodrigo? "Un'emozione unica con tutti quei tifosi che festeggiavano. Per me questa maglia è come una seconda pelle". L'hai voluta fortemente poi anche dopo tanti momenti difficili... "Sì l'ho voluta fortemente, i momenti difficili sono stati superati dopo la partita di ieri". E' stato il gol più importante della tua carriera? "Sicuramente, resta nella storia della Roma. Sono doppiamente contento per il gol e il record. E ancora più felice per aver segnato con la maglia numero 11, come le nostre vittorie". Come è stata la festa dopo la partita? "La festa bellissima, sarebbe bello rifarla ma intanto pensiamo alla prossima partita". Rodrigo, sembrate una squadra che si diverte quando gioca. E' vero? "E' questa la nostra forza, vogliamo raggiungere importanti traguardi. Abbiamo vinto il derby, quello che tutti i tifosi aspettavano". Nell'occasione del gol hai chiesto che il cross fosse realizzato in quel modo? "Sì, è il lavoro svolto negli allenamenti. Sono riuscito a rubare il tempo a Rocchi, sono stato fortunato". Hai disorientato i difensori... "A volte capita ai difensori di perdere il tempo negli interventi. Io ho rubato il tempo al mio avversario e sono riuscito a fare questo gol". Che impressione vi ha fatto la presenza del capitano a bordo campo? "Ci ha fatto tanto piacere. Come calciatore lo conosciamo tutti, come uomo non ci sono parole per descriverlo". E Spalletti che correva come un pazzo a fine partita con la maglia di Totti? "Il mister fa parte del gruppo. Abbiamo un gruppo forte, stiamo facendo bene perché abbiamo il collettivo. Credo che vedere il mister in quel modo può essere stata una sensazione bellissima per il capitano". Bellissimo il saluto al presidente Sensi... "E' il minimo che potevamo fare per lui. E' un grande presidente e una grande persona. Se lo merita". Come è proseguita la festa, che hai fatto dopo la partita? "Sono stato in famiglia, con il mio procuratore, e abbiamo festeggiato". Hai corso tanto fino ad ora, non ti senti stanco? "Non sono stanco, ho appena iniziato. Ho tanta benzina ancora. Spero di correre ancora e aiutare i miei compagni". Preferisci la Selecao o la Nazionale italiana? "Per il rispetto che ho per la nazionale italiana, se devo scegliere, preferisco la nazionale del mio paese. Preferisco avere un'opportunità se possibile. Però è difficile arrivarci. Continuo a lavorare, a dare una mano alla Roma, solo così posso arrivare in nazionale. Se è arrivata la Roma, arriverà anche la Selecao". Ti piace ancora il traffico di Roma? "Si certo. Come ho già detto, a San Paolo ci sono tanti abitanti. Io mi diverto lì in mezzo". Hai imparato alcune parole romane...? "Certo, per esempio, "Ao' bello come stai...?". ROMA - E il giorno dopo, Francesco Totti parlò alla sua gente. Riposta la bandiera sventolata domenica sera sotto la Sud, il capitano si è dedicato alle cure della gamba spezzata e, in una sorta di maratona via etere, a rivivere le emozioni di un’indimenticabile notte da record. «Siamo tutti fratelli. Ecco il segreto del nostro rendimento. Ci vogliamo bene, ecco la verità. È la prima volta che mi sento il capitano della Roma a tutti gli effetti, perchè negli anni precedenti c'è stata sempre un po’ di invidia tra i giocatori. Questo gruppo, invece, sa cosa rappresenta Totti per Roma e la Roma, e tutti mi seguono con stima, voglia, amore e rispetto. Che è la cosa che nel rapporto tra uomini conta più di ogni altra». E poi. «La storia siamo noi, grazie a loro (alla Lazio, ndr ) però.... Ai compagni prima della gara ho raccomandato di viverla con serenità e tranquillità, che si poteva e doveva vincere. Solo De Rossi era un po’ troppo carico ... Prima di rientrare negli spogliatoi, dopo il riscaldamento, mi hanno salutato e abbracciato: è stato il gesto più bello. Come è stato bello quando, prima del Bruges, mi si sono presentati a casa: per me è stata un’emozione fortissima. Una gran bella cosa. Ormai questa squadra non è solo il capitano: è un gruppo unito, un gruppo di fratelli che ha voglia di dimostrare il suo valore. Domenica sera ero più teso del solito perchè non potevo fare niente: se avessi giocato avrei trasportato tutto sul campo. Comunque l'allenatore non potrei mai farlo, giusto se allenassi mio figlio. Non riuscirei a gestire la tensione, specie in una partita così. A proposito: se Cristian battesse questo record, non me la prenderei, anzi... E’ già forte come un toro, mio figlio». Ancora sulla domenica del record, dai microfoni di Centro Suono Sport, Rete Sport e Radio Incontro . «Con tutto l'entusiasmo che avevo potevo pure appoggiare il piede a terra... Avevo detto di prendere una bandiera più piccola, me ne ha data una da tre chili... Spalletti? E’ dal primo giorno che l'ho conosciuto che dico che è un grande oltre che un po’ matto. De Rossi è stato quello che gli ha dato più pizze in testa. Spalletti è stratosferico in campo e genuino fuori. Il presidente Sensi? Ha litigato con la moglie per venirmi a trovare in clinica e starmi vicino. Mi guardava, piangeva e mi diceva “Noi siamo la Roma”. Domenica sera l'ho ringraziato privatamente». A proposito: il presidente Sensi, ancora strafelice e commosso, domenica è andato a dormire alle 4, cioè non prima di aver rivisto il derby e le feste del post derby a Roma Channel. «La Roma vuole arrivare al quarto posto. Ora siamo lì, nessuno ci credeva ma con questa mentalità arriveremo fino in fondo. L'importante è rimanere con i piedi per terra. Il Mondiale? Impossibile non pensarci: devo recuperare in tempo; anzi voglio rientrare prima per giocare le finali di Coppa Italia e Coppa Uefa con la Roma, ma soprattutto perchè questo sarà il mio ultimo Mondiale, poi ci sarà solo la Roma. Nelle ultime edizioni del Mondiale e all'Europeo le cose non sono andate bene, non ho dimostrato il mio vero valore. Non sbaglierò una terza volta». E il futuro. «Ho firmato perchè mi sono fidato di quello che mi hanno detto. Voglio restare qui e vincere qui, poi mi prenderanno per matto... Tutti i giorni parlo con la dirigenza per sapere le cose come stanno. Questo è un gruppo solido, da qui si parte guardando l'orizzonte e cioè andando sempre avanti con tre, quattro, cinque campioni: più ce ne sono e meglio è». Finale amaro. «Purtroppo mi dovevo rompere una gamba per fare cambiare atteggiamento agli arbitri. Fino a quando giocherò? Se si continua così, al massimo fino a trentuno anni». Perrotta: non chiamateci esagerati «Troppe feste? Forse. Ma solo chi ha vinto questo derby può capire» UGO TRANI FIRENZE - «Mi hanno detto che nella ripresa non abbiamo voluto infierire. Così ho rivisto la partita e in effetti il risultato poteva essere più rotondo. Tante volte ci siamo presentati in superiorità numerica». Perrotta dopo sedici mesi e mezzo è di nuovo in Nazionale e si diverte a rivivere la partita del record assoluto e anche il dopo. «Dall’esterno la nostra esultanza, insieme con i tifosi, forse può essere sembrata un po’ eccessiva. Ma la può capire solo chi ha giocato il derby a Roma. Dopo il tre a uno dell’anno scorso, aspettavamo noi e la nostra gente proprio una serata come quella di domenica. Si parla più del nostro primato che della fuga della Juve perché i successi bianconeri non fanno notizia. E undici di fila, comunque, non li hanno collezionati nemmeno loro...». Il rapporto di Simone con la Roma ora è diverso. Completamente cambiato in sette mesi, dai giorni del raduno a Trigoria a metà luglio. «Fui contestato e la prima idea fu quella di andar via. Sono rimasto perché ho dato retta all’allenatore e alla società. Mi hanno detto che alla fine avrei avuto la meglio. Hanno avuto ragione loro». I tifosi stravedono per lui. «L’anno scorso, invece, mi aggredirono verbalmente: ero con mia moglie e mio figlio in un centro commerciale. Non volevo credere che la causa fosse una mia intervista, quella famosa del non si vince in tre e non si perde in otto, in riferimento al tridente. E invece ne ho avuto la conferma quest’anno, quando alcuni tifosi si sono scusati con me. Capitolo chiuso. Io come gli altri compagni vogliamo sempre giocare e restare alla Roma. Prima di Natale ci siamo ricompattati. Se funziona il gruppo, se c’è amicizia, ecco i risultati. Mi ricorda il mio primo anno al Chievo». Lo spogliatoio, dunque, funziona. Ma non c’entra l’addio di Cassano. «Quando vincemmo con il Basilea, qualificandoci in Coppa Uefa, e la prima delle undici, Antonio era ancora alla Roma. Forse oggi per lui sarebbe stato meglio essere ancora con noi, ma quando ha deciso di andar via gli scenari erano diversi. Spalletti è stato utilissimo. Ci ha dato la mentalità e la convinzione, ha sempre elogiato le nostre qualità e ha eliminato le scorie della stagione passata». «Ho giocato in tanti ruoli, solo due-tre volte nel mio, da mediano. E ora ho tanti rivali... Una volta Spalletti mi ha chiesto di fare il terzino destro, ma poi Panucci per fortuna ha recuperato. Ho saltato il Bruges perché due giorni prima era morto mio nonno: stavo per tornare a casa». A Simone piace la posizione dietro la prima punta. «Mi sono adattato, con me altri miei compagni come De Rossi che gioca più dietro, e adesso le nuove conoscenze possono aiutarmi in Nazionale. L’avevo persa più di un anno fa: c’era chi meritava di più. In azzurro è giusto puntare sui giocatori del momento. A me non interessa il ruolo, ma un posto per il mondiale. Con la Roma mi piacerebbe vincere la Coppa Uefa, ma so che per una società il quarto posto per partecipare alla Champions vale di più. Conta più l’aspetto economico, nel calcio di oggi, che un trofeo. Noi dobbiamo giocarci il quarto posto con la Fiorentina. E sarà dura senza Totti. Milan e Inter hanno qualcosa in più, ma possono sprecare molte energie proprio in Champions...». ROMA – Alla fine, il presidente Sensi piange con Totti e con la squadra intorno lui. E’ commosso come un bambino. Ha un filo di voce. «La Roma è nella Storia? Mi ci hanno portato i ragazzi. E’ stato bellissimo, un record importante, una vittoria incredibile. Ora bisogna continuare», dice a fine partita. Spalletti e la Roma entrano nella storia del calcio italiano. Mai nessuno era riuscito a vincere undici gare consecutive. Gioia maggiore poi, se l’ultimo successo viene ottenuto nel derby. La ciliegina sulla torta, insomma, tanto per dirla alla Panucci. Il tecnico si presenta in sala stampa con una maglia giallorossa numero dieci con scritto “forza capitano”. «E’ stata la vittoria del gruppo, un’impresa storica. Davanti avevamo una grande Lazio e questo ci rende ancor più merito. I ragazzi si sono messi a disposizione con umiltà, nonostante l’assenza di Totti. A loro e al presidente, la dedica di questi successi». Era il suo secondo derby. «Questa partita è un qualcosa di veramente unico. Nonostante le dieci vittorie, tutti mi ricordavano questa partita. Eccola, ce l’abbiamo fatta. E’ una bella sensazione. Complimenti a tutta la città. Intorno a questa gara ci si può creare un contorno migliore. Un trofeo a parte». Il segreto è Spalletti, la sua serenità. «Cerco di dare un contributo. Ma i ragazzi non hanno mai perso di vista i comportamenti. La mia carriera? Può darsi che questo sia il momento più importante per me. Considerando che lo scorso anno si era lottato per non retrocedere, quest’anno vuol dire che, vista la classifica, abbiamo fatto la scuola-recupero a pagamento: tre anni in uno». Due parole sull’arbitro. «Trefoloni perfetto. Non c’era di meglio e gli vanno fatti i complimenti. Eppure c’erano dubbi...». Ora questa squadra può puntare al secondo posto? «Guardare troppo in là vuol dire illudersi. Speriamo di giocarcela fino alla fine per il quarto posto, poi vedremo». Importanti e significative, le parole di Mancini. «Sono sempre stato felice di giocare nella Roma e di far parte di questa squadra che è entrata nella leggenda. Questo è un gruppo importante, ora dobbiamo arrivare in Champions. Ogni traguardo è possibile». Bruno Conti, a seguire. «Roma magica. Non stancherò di ringraziare il pubblico. Record dedicato a Sensi e famiglia». E infine, colui che ha realizzato il gol partita, Aquilani. «Kuffour mi ha guardato negli occhi e mi ha detto: segni tu. Gli dedico la vittoria. A lui ai tifosi e a chi mi vuole bene. Vincere è stata una bella soddisfazione. Ora la storia siamo noi». Ora la squadra si è meritata due giorni di riposo assoluto: ripresa degli allenamenti, domani pomeriggio. Spalletti dovrà fare a meno dei nazionali, in partenza per le amichevoli pre-mondiale. Stavolta non si troverà nemmeno Perrotta, convocato da Lippi per la sfida di mercoledì contro la Germania («Sono contento per questa convocazione. Ci tenevo»). Ovviamente, con lui in azzurro pure De Rossi. Da Dacourt, Montella, De Rossi, Cufrè, Taddei, una processione di parole alla fine del derby. La dedica di tutti al capitano, ai tifosi, alla società, poi la celebrazione del record. Emozionati un po’ tutti per l’impresa, dedicata a Sensi, ai tifosi e al capitano. «Era destino segnassi io: Undici vittorie, undici il numero della mia maglia», dice Taddei. «Un successo storico. Sensi ci ha emozionato. La storia, ora, siamo noi», il commento di De Rossi e Cufrè. Che aggiungono: «Con questo gruppo e questi tifosi possiamo arrivare ovunque. Siamo nella storia» la promessa-ambizione di Montella. E poi, ancora. Dacourt: «Un successo meraviglioso. Vittoria esaltante, un gruppo straordinario. Il futuro a Roma? Vediamo. Tutto è possibile». Il francese potrebbe rinnovare il contratto. Serata difficile, ma la soddisfazione finale è stata incredibile. Dopo la partita tutti a festeggiare. La Roma e l’Olimpico, missione compiuta Lo stadio con le nuove misure di sicurezza supera la prova derby. E al 90’ esplode la festa Il derby nell’era della zona rossa si trasforma nel derby della festa - e che festa a colpi di clacson e caroselli - giallorossa. E se c’è stato anche il tempo per il solito rituale nel prepartita - cariche, lancio di fumogeni, bastoni, striscioni e molotov sequestrati -, l’Olimpico guadagna la promozione, perché il servizio d’ordine con le nuove regole e le barriere che creano un’area protetta a cinquecento metri dallo stadio ha funzionato a dovere. Forse perché per i tifosi si è creato un po’ l’effetto Mirabilandia: le code chilometriche per accedere alle attrazioni, prima in fila alle nuove barriere, poi sottoposti ai controlli accurati, infine chiamati a inserire i biglietti nominativi nei tornelli elettronici. E una volta arrivati lì, ormai, l’energia per creare problemi erano terminate. I bagarini, intanto, hanno dovuto spostare il loro posto di lavoro, piazzandosi nei pressi dell’Obelisco, fuori ovviamente dalla zona rossa (dove si entra solo se si ha già il ticket). Tantissimi anche gli stranieri - inglesi, tedeschi, spagnoli e giapponesi - che non si sono fatti spaventare dal clima da guerra, dai reparti mobili delle forze dell’ordine schierati attorno allo stadio, e non hanno rinunciato al grande spettacolo del derby. Bene anche il deflusso. Commento finale del sindaco Walter Veltroni: «Derby combattuto ma sportivo e corretto così come avevamo sperato e per il quale avevamo lavorato nelle scorse settimane. Le tifoserie hanno sostenuto le squadre con grande passione fino alla fine ma dimostrando un comportamento civile. Complimenti alle due squadre: alla Lazio per l'impegno profuso fino all'ultimo secondo e alla Roma per un risultato storico, unico nel calcio italiano». Tutto ok, anche se non è mancata qualche scampolo di tensione: come quando la camionetta dei carabinieri, un quarto d’ora prima del fischio d’inizio, ha percorso il Ponte Duca d’Aosta, con un militare che spuntava dal tetto e puntava il lanciafumogeni, dietro gli uomini del reparto mobile che lo seguivano per dare la caccia a un centinaio di tifosi che poco dopo le venti ha tentato di forzare la zona rossa. Fino al lieve ferimento di due poliziotti - ma a gara già cominciata - a causa di una bombone lanciato ed esploso dopo il gol della Roma. E a scaramucce fra tifosi nella Tribuna Tevere, con intervento delle forze dell’ordine. Ma sono schegge impazzite, il bilancio complessivo è stato positivo. In generale gli accessi filtrati alle barriere e successiva scrematura con i tornelli elettronici e biglietti nominativi ha funzionato. Certo, inconvenienti ce ne sono mancati: agli steward della Lazio se ne sono aggiunti in rinforzo qualche decina della Roma; non sempre la macchina dell’informazione per gli spettatori alla ricerca del posto dentro l’Olimpico ha girato a dovere. Ma forse non poteva essere diversamente, visto che era la prima volta che si metteva in pratica, nella sua interezza, qualcosa che fino ad allora era stato studiato solo a tavolino. Nel conto vanno messi: il sequestro di materiale proibito nel presso della Farnesina, ma anche sul Lungotevere, sotto il ponte Duca D’Aosta. Le forze dell’ordine hanno trovato: mazze da baseball, decine di bastoni, la solita ascia, bottiglie incendiarie. Trovati anche coltelli, tondini di ferro, cartelli stradali divelti e striscioni con scritte proibite. Le cariche: sono servite, poco dopo le 20, a respingere un centinaio di tifosi che ha tentato l’assalto, quasi per inaugurare la nuova barriera, quella posta proprio subito dopo l’Obelisco, a piazza De Bosis. A controllare l’accesso verso la Curva Sud e la Tevere c’erano gli steward. Tutto è filato liscio, senza code, fino a quando qualcuno ha lanciato un paio di bottiglie incendiarie e di bombe carte. Un piccolo inferno, gli steward si sono fatti da parte, qualche decina di tifosi ha provato a violare la zona rossa, è partita la carica dei reparti mobili dei carabinieri che ha respinto rapidamente il tentativo di incursione. E’ stato in quei momenti che l’area all’altezza del Ponte Duca D’Aosta ha accennato - per fortuna in modo molto leggero - i contorni di uno scenario di guerra. I gruppetti di incursori-tifosi che scappavano nei parcheggi sotto il ponte e dall’altra parte del Tevere, i reparti mobili di carabinieri, polizia e guardia di finanza che inseguivano. Un giovane è anche stato fermato, quattro camionette dei carabinieri si sono piazzate proprio in mezzo all’incrocio organizzando una sorta di presidio. A partita cominciata, carabinieri, polizia e guardia di finanza hanno prima aperto le cancellate della zona rossa. Poi hanno effettuato una nuova opera di bonifica nei parcheggi e sul Lungotevere. Ma intanto tutta l’attenzione si è spostata dalla zona rossa al campo verde. Quello dell’Olimpico. Novanta minuti dopo c’è stata la delicata fase del deflusso, ma soprattutto la festa, i clacson e i caroselli con i quali i romanisti hanno salutato il record dei record, la storica striscia di undici vittorie messa a segno, con una sceneggiatura incredibile, proprio nel derby. Giocatori contro il presidente. Tifosi contro il presidente. Presidente contro se stesso e con un socio romanista. Conduttori radiofonici contro gli almanacchi. E' stata una giornata di incomprensibile tensione, quella di ieri, nell'ambiente biancoceleste, nonostante il trionfo nel derby. Già, perché tale è stato, dato che per loro si è trattato di affrontareuna squadra che ricordava «l'Inter di Jair e Mazzola», come ha sottolineato Guido De Angelis durante la seguitissima (dai romanisti) "Lazialità in tv", rispondendo a Rodolfo Bada che si vantava di aver scoperto la chiave del gioco della Roma: «Fanno il catenaccio». E i romanisti in visione hanno gonfiato il petto d'orgoglio, sentendo la loro squadra paragonata a una in grado di vincere tutto, fino alla Coppa Intercontinentale. E mentre a Radio 6 Stefano Pantano e Alessio Buzzanca continuavano a dare il numero cui il presidente Lotito avrebbe potuto chiamare per spiegare come mai avesse consentito a Totti di sedere a bordo campo, il presidente, probabilmente non all'ascolto, interveniva a Radio Radio. «Non ho dato nessuna autorizzazione per far stare Totti in campo. Me la portassero » ha tuonato il numero uno biancoceleste, contestato dai suoi tifosi. Che, se il presidente non basta, ora possono prendersela anche con il numero due. Roberto Mezzaroma, che possiede il 14,6% delle azioni della società e che fino a domenica non si era mai visto allo stadio. Il derby, però, è riuscito a scuotere il suo cuore... giallorosso. Sì, perché Mezzaroma, come è stato raccontato durante "Lazialità in tv", ha esultato senza nascondersi al gol di Aquilani. D'altronde, non è una novità che la Lazio sia in mano ai romanisti. Tutto cominciò quando Giulio Andreotti, la cui fede è nota a tutti, "consigliò" a Bocchi e Calleri di rilevare il club. Proseguì con Sergio Cragnotti, il cui figlio Andrea era un ultrà romanista di provata fede. Fino a Roberto Mezzaroma, proprietario di poco meno di mezza Lazio. Dal numero due della società, al numero due della squadra. Massimo Oddo, anche lui contro Lotito. «Parla tanto di valori - ha detto il terzino dal ritiro della nazionale - ma qui ci vuole la qualità, altrimenti dove vai?». Già, Oddo dove va? «Non ho mai detto che resterò alla Lazio. Non voglio lottare per la salvezza » ha precisato, prima di chiudere così: «Credo che sia una cosa preoccupante che non si riesca a trattenere un giocatore come Liverani e questo vale anche per Dabo». E mentre Delio Rossi definisce «inopportune» le dichiarazioni di Liverani. In attesa di capire se le parole di Lotito tranquillizzeranno Oddo, il terzino della nazionale rimane nervoso, soprattutto se gli si nomina il derby: «Non ho smaltito niente. E' una sconfitta che brucia ancora, ci dispiace tantissimo per come è arrivata, secondo me non è stata meritata». Infine, il giocatore che non vuole più lottare per la salvezza e che è retrocesso col Verona nel 2002, conclude: «La Roma non ci ha fatto un tiro in porta». Il nervosismo, però, resta inspiegabile. Contro una squadra pari all'Inter di Jair e Mazzola, la Lazio è riuscita a non subire neanche un tiro in porta. E' impossibile che abbia perso il derby. Il suo rapporto con la città e i tifosi, le sue aspettative, il momento magico della Roma. Intervenuto a "Te la do io Tokyo" Luciano Spalletti ha risposto alle domande (più che altro ai complimenti) dei tifosi: "Se un giorno dovessi andar via - ha detto l'allenatore della Roma - spero che rimanga sempre questo rapporto di stima e reciproca correttezza con i tifosi". Anche la coesione con i dirigenti è stata alla base dei successi di quest'anno: "Ho sentito solo dire quello che c'era l'anno scorso, ma io la società quest'anno l'ho vista sempre vicina, presente, ci sono persone eccezionali, poi chiaramente i risultati fanno il resto". Dopo una battuta sul motivetto di Seven Nations Army, il titolo della canzone del gruppo americano White Stripes, che la curva Sud ha adottato per farne un coro e che è diventato la colonna sonora della squadra ("So che in città non si trova più il cd, ma non chiedetemi di cantarla, non sono intonato") Spalletti tocca il tema Cassano: "Penso di aver sbagliato qualcosa, sì, l'ho anche detto in passato: sono andato alla ricerca di soluzioni tattiche diverse che forse non hanno fatto il bene della squadra ma con lui non ho sbagliato, gli ho dato tutta la mia disponibilita' come l'ho data a tutti gli altri: chiaramente all'interno delle regole dello spogliatoio. Se molti calciatori oggi dicono che questo tipo di gestione è quello corretto penso che potesse andar bene anche per lui. Mi dispiace solo perché Cassano ha grandi potenzialità". Un ascoltatore chiede scusa per lo scetticismo iniziale manifestato nei suoi confronti: "Non c'è bisogno di scuse - dice Spalletti - ognuno esprime quello che sente, hanno fatto bene a contestare se pensavano di contestare, siamo contenti di aver fatto cambiare idea ai tifosi". Ma Spalletti ha avvertito questa contestazione iniziale? "Andiamo avanti". Sull'ambiente romano cosa la emoziona e cosa la imbarazza di più? "Il discorso è un po' legato, l'emozione ti imbarazza anche un pochino: questo attaccamento, questo volerci essere, voler evidenziare questo comportamento e questa forza interiore dei romani è molto bello. La piazza e' stata uno dei motivi che mi hanno spinto a lasciare Udine, dove gli stimoli erano venuti un pochino a mancare anche se c'era la Champions League da giocare. Mi ero ripromesso di chiedere alla squadra di centrare a Roma ì questo obiettivo e ci stiamo provando". Chiusura sul mercato, cosa serve a questa squadra? "Mi riesce difficile parlare di questo, i ragazzi stanno dando tutto, i risultati parlano da soli, andare a trovare qualcosa da eliminare in questa squadra è difficile e non me la sento, penso sia giusto e corretto andare avanti così senza essere troppo pignoli". |
"Lo scorso anno andavamo al campo e
sembravamo operai della Fiat che
dovevano timbrare il cartellino. Litigavamo spesso e si parlava sempre a sproposito. Ora siamo tutti amici e questo è importante per raggiungere i risultati". Non fa il diplomatico Simone Perrotta per spiegare i successi di questa Roma che ieri ha raggiunto le undici vittorie consecutive, proprio con la Lazio. E, lui, non vuole fermarsi: "Proveremo a ottenere il massimo dalle competizioni, però sappiamo che senza Francesco sarà dura. Arrivare al quarto posto sarebbe molto importante. L'esultanza a fine gara? Chi non ha vissuto mai un derby non può capire". Grande artefice di questo momento è Luciano Spalletti: "Lui tratta tutti allo stesso modo, sia che ti chiami Francesco Totti, sia che ti chiami Simone Perrotta. A volte può anche arrivare allo scontro col giocatore, come è accaduto con Antonio (Cassano, ndr), ma sempre per il bene del gruppo". Conclusione dedicata ad Antonio Cassano: "Non ha inciso la partenza di Cassano con i nostri risultati. Antonio non stava più bene in questo gruppo e ci dispiaceva vederlo sempre in quel modo". SIMONE PERROTTA "Spalletti ha "sbroccato", bisogna riprenderlo". Il direttore tecnico della Roma, Bruno Conti, intervenendo alle radio Centro Suono Sport e Rete Sport, ha ancora negli occhi l'immagine di un invasato Luciano Spalletti che dopo la vittoria nel derby, l'undicesima di fila, corre a festeggiare con i giocatori e poi sotto la curva sud. "Ringrazio la società per quello che ha fatto. La dedica è per loro, ma è stata una giornata particolare per tutti: anche per Francesco (Totti, ndr). Vederlo con questa gamba vicino a me che non stava fermo un secondo... Ringrazio lo staff tecnico e l'allenatore: è un bell'ambiente. E' stata una serata indimenticabile, magica". Conti non sta nella pelle. Dice a Totti 'Bello amore mio!' quando interviene a Rete Sport e si accorge che in collegamento c'è anche il capitano: "Sono cresciuto nel settore giovanile e vicino a Francesco, da quando si è fatto male la gente gli vuole ancora più bene, gli sono tutti vicini. Quando si è fatto male io ero preoccupato ma era lui che mi incoraggiava. Poi vederlo tutta la settimana con noi a fare le terapie e stare vicino alla squadra...". Totti è una creatura di Bruno Conti così come Daniele De Rossi e Alberto Aquilani, quest'ultimo uomo derby insieme a Taddei: "De Rossi erano tre giorni che non vi dico come stava e al derby ha fatto una cosa incredibile. Tanti giovani della Primavera stanno facendo benissimo. Gli ultimi minuti che Alberto è venuto vicino a noi a vedere la partita è stato bellissimo e sono molto contento per lui. Le soddisfazioni sono anche il saper gestire questi giovani. Io ho avuto sempre rispetto per i genitori che portano i figli agli allenamenti e il fatto che questi giovani non siano andati via lo testimonia". Anche Conti ha fatto le spese della gioia generale: "I ragazzi hanno dato le botte in testa anche a me, ma in settimana - dice ironizzando - dovrò riprendere qualche giocatore: si sono "allargati"". Un pensiero, poi per i tifosi ("penso che non ci sono aggettivi per questa gente, è unica al mondo") e per questo Perrotta da Nazionale: "Simone ha dimostrato quello che era anche nei momenti difficili, non ha mai mollato. Vederlo ieri a Trigoria, già pronto con la borsa della Nazionale...". Insomma, è festa in casa Roma e lo sarà anche domani, poi da mercoledì pomeriggio, in una Trigoria che molto probabilmente sarà ancora una volta piena di tifosi, si penserà all'Inter: "Bisogna pensare di partita in partita: questo è il modo per fare i risultati. Noi dobbiamo continuare cosi', goderci questo momento e da mercoledì pensare subito all'Inter e restare sereni". BRUNO CONTI ''E' la prima volta che mi sento veramente capitano di questa squadra, prima c'era invidia da parte di qualche giocatore...''. Tra feste e belle parole per tutti, Francesco Totti, intervenuto a "Campo Testaccio", ha anche da lanciare una "stoccata" verso qualcuno che nell'attuale Roma non c'è più. Ma il tono del capitano della Roma, all'indomani di un record di vittorie e di un successo nel derby vissuto a bordo campo, torna subito quello dei giorni migliori. Il rapporto tra Totti e la Roma non è mai stato più profondo. Si è creata una identificazione totale tra me e la squadra -spiega il numero 10, attualmente ai box per la frattura del perone-, ed è una cosa che non ho creato io, ma che è nata spontaneamente. I compagni mi seguono, c'è rispetto reciproco come tra uomini, anzi tra fratelli. Sì, questa è una squadra di fratelli''. Questa ritrovata compattezza è alla base dei risultati che la squadra di Spalletti sta ottenendo. ''Sarà una casualità, ma penso che il gruppo si sia amalgamato al punto di tirar fuor tutto quello che aveva dentro''. Totti ha parole soprattutto per due giocatori. ''Mexes è imbarazzante per come è cresciuto. De Rossi è un vero fratello, anche se dicevano che non ci potevamo vedere'. Il nostro segreto? E' che siamo una squadra di fratelli...". FRANCESCO TOTTI ''La squadra va a memoria, va alla grande. Da un momento all'altro possiamo creare qualcosa e cambiare la partita, fino al gol di Taddei la partita era equilibrata''. Daniele De Rossi si gode la vittoria nel derby. Il giovane centrocampista romano e' stato indicato, da Luciano Spalletti nel prepartita, come il piu' nervoso. La sua esultanza al gol del brasiliano e' stata esplosiva: ''Io esulto cosi' anche a casa o in tribuna, come potevo non farlo in campo...La Roma e' nella storia''. Uno dei segreti della Roma e' la grande ed attenta preparazione fisica. De Rossi e' stato spesso vittima di pubalgia nello scorso anno: ''Ora mi alleno di piu', faccio lavoro di posture che prima mi sembrava una perdita di tempo''. DANIELE DE ROSSI Si rende conto? «Di che cosa». Di essere entrato nella Storia del Campionato. «Sì, no, forse... Ad esser sincero, però, a me il record interessa fino ad un certo punto». Prego? «Per me conta aver segnato alla Lazio, altro che record...». Un sogno che si avvera? «Non un sogno, ma il sogno della mia vita. Non potete immaginare quante volte avevo pensato a questa scena: io che segno nel derby sotto la Sud e poi corro verso la curva. Ecco: domenica sera è accaduto esattamente questo...». Un gol, il primo all’Olimpico, proprio alla Lazio . «E’ stato addirittura il mio primo gol in assoluto in un derby, visto che nel settore giovanile non c’ero mai riuscito. Non chiedetemi, però, di raccontare cosa mi è passato per la testa in quei momenti perché non sono assolutamente in grado di spiegarlo». S’è rivisto in tv? «Macchè. Dopo la partita, io, Curci e Bovo ci siamo messi in macchina per Milano, siamo arrivati nel ritiro dell’Under 21 alle cinque e mezza... Non ho chiuso occhio, ma sarebbe stato impossibile riuscirci. Avrò rivisto la partita, il mio gol, la festa dopo il fischio finale diecimila volte. So che a casa, però, hanno registrato tutto quello che c’era da registrare in televisione: quando tornerò dal Portogallo (con l’Under 21 giocherà stasera, ndr ) distruggerò il videoregistratore». Quell’esultanza senza freni verso la Sud? «Qualche anno fa, quando Antonioli parò il rigore a Mihajolivic, con mia sorella Monica e un gruppo di amici di Montesaro andai per la prima volta a vedere il derby in curva. Fu un’emozione assoluta. E proprio in quell’occasione decisi che se un giorno fossi riuscito a segnare un gol alla Lazio sarei corso verso la Sud. Mi sono tolto la maglia, l’ho sventolata senza pensare che ero diffidato: così dovrò saltare la gara con l’Inter, ma ne valeva la pena. Posso aggiungere che trovarmi sotto la Sud è stato un fatto assolutanmehte naturale, logico, quasi scontato ». E l’abbraccio post gol a Totti? «Lui è il mio capitano. Un capitano che sta passando un momento difficile, mi faceva piacere renderlo partecipe della mia gioia. Ci tenevo tanto, per fortuna ci sono riuscito». Lei e De Rossi dalla Primavera alla maglia di titolari in prima squadra... «Due, tre anni fa neppure osavo pensare ad una cosa del genere e credo che anche Daniele possa dire lo stesso. Invece, eccoci qui. La verità è che pian piano, cioè giocando con maggiore continuità, ho preso maggior fiducia nei miei mezzi. Adesso, sono meno teso, in campo sono più tranquillo e le cose mi riescono meglio. Probabilmente, aver segnato in una partita così particolare come il derby ni aiuterà a crescere ancora». Il contributo di Spalletti? «La fiducia, innanzi tutto. Ricordo che a Reggio Calabria, prima di campionato, mi prese sotto braccio e mi disse: Alberto, tu oggi non giochi ma vedrai che a fine stagione mi ringrazierai. Aveva ragione lui». Chi è l’Aquilani attuale? «Un mediano. Ero una mezzala, Spalletti mi ha trasformato in mediano, insegnandomi un sacco di cose a livello tattico. E devo confessare che è un ruolo che mi piace moltissimo». che ha chiuso la partita, il primo con la Roma all'Olimpico, e per quella corsa sotto la Sud che ha entusiasmato i tifosi. Alberto Aquilani, a "il Messaggero", commenta questa serata indimenticabile: "Il gol del record? Preferisco aver segnato alla Lazio... Trovarmi sotto la Sud è stato un fatto naturale: me l'ero promesso dopo aver seguito un derby in curva (Lazio-Roma 2-2 stagione 2002/2003, ndr) con mia sorella". In questa Roma sembra proprio trovarsi a suo agio: "Ora sbaglio meno e ho più convinzione nei miei mezzi. Questo gol mi aiuterà ulteriormente a crescere. Il ruolo? Ero una mezzala, in pochi mesi sono diventato un mediano a forza di lezioni tattiche". di DAVIDE DESARIO e ELENA PANARELLA Il secondo gol di Aquilani. La vittoria al derby e soprattutto il record dei record: quelle undici vittorie che significano storia con la “esse” maiuscola. La corsa dei giocatori verso la Sud compreso il grande assente, capitan Totti che arriva a bordo di un’auto elettrica. L’allenatore Spalletti che non sta nella pelle. E con lui tutto il popolo romanista. E poi il saluto al presidente Sensi, le sue lacrime di commozione. E il carosello finale con i clacson impazziti sul lungotevere e poi in tutto il centro della città, cori, canti, Grazie Roma di Venditti che “pompa” dagli stereo, le bandiere che sventolano, i fumogeni e tanta voglia di liberare una gioia irrefrenabile. «Piazza Venezia è un completo casino», gracchia la radio di una volante della polizia ferma in via del Corso. E’ mezza notte è mezza. Ma il casino è genuino. E’ il casino di chi vuole festeggiare lontano dalla televisione, dagli striscioni razzisti, dalle mazze e dai coltelli una squadra che “fa impazzì”. D’altronde i laziali, sconfitti ma a testa alta, sono tornati a casa già da un pezzo: loro non sono certo rimasti a vedere il girotondo e la festa del dopo partita. I primi tifosi romanisti sono arrivati ai piedi del Vittoriano pochi istanti dopo il triplice fischio finale dell'arbitro Trefoloni. Sciarpe al collo, una bandiera e l’immancabile maglietta di Totti. I turisti all’inizio non capiscono, li guardano storti, li prendono per matti. Ma poi i “matti” diventano dieci, cinquanta, cento, mille. E allora i turisti sorridono, fotografano, e nemmeno si arrabbiano se il loro taxi resta intrappolato nel traffico e il conducente spegne il motore. Anzi tre giapponesi si tuffano nella mischia, saltano e cantano come fossero romanisti dalla nascita. E’ un contagio totale che non risparmia nessuno. I vigili guardano e sorridono. Quando poi arriva a sirene spiegate un’ambulanza con le sciarpe giallorosse fuori dai finestrini è l’apoteosi. La fermano. La circondano e la scortano cantando «la storia siamo noi». Questa è Roma quando vince la Roma. C’è il vecchietto che corre trascinando le gambe e portando in una busta di plastica una bottiglia di champagne. E’ felice come un ragazzino. E quando la stappa al centro dell’aiuola di piazza Venezia offre da bere a chiunque gli stia a fianco. Si fermano le macchine. Si fermano soprattutto gli autobus di linea letteralmente assaliti dai tifosi: c’è chi si attacca ai finestrini e si lascia trascinare. In via del Tritone alle fermate una cinquantina di stranieri attendono invano: «Ma che voi fa’ - dice il conducente - Almeno stasera l’autobus ritarda non per colpa nostra». Qualcuno se la prende con Di Canio. Qualcun’altro con Lotito. C’è chi rispolvera il cavallo di battaglia: «Paolo Negro gol». Volano i palloni nel cielo tiepido della Capitale. Ma non è il «Vaiolance» di Campo de’ Fiori. E’ la gioia di una notte da incorniciare, da raccontare al telefonino a fidanzate e amici lontani, da riprendere con la telecamera per rivederla «tutta la vita». Foto, tantissime foto. Anche senza flash, perché ad illuminare il centro di Roma da piazza Venezia a piazza del Popolo c’erano fumogeni gialli e rossi. E anche qualche bombone di troppo che quando è esploso ha fatto tremare anche Marco Aurelio che dal suo cavallo seguiva la festa della gens romana . I vigili urbani spalancano le braccia. Come fai a multare due ragazzi in sella al motorino senza casco mentre cantano La società dei magnaccioni . Come fai a multare l’auto parcheggiata al centro della piazza se a scendere sono marito, moglie e d ue figlie tutti rigorosamente vestiti di giallorosso. Questa Roma scalda il cuore ma anche il resto. Lo sanno bene Fabrizio Loris e Franco Caboni che viaggiano a petto nudo a bordo della loro Lancia Y grigia: «Sempre superiori. Sempre superiori», urlano mettendo a dura prova le loro corde vocali. Ma domani (oggi per chi legge) a non aver la voce o a rispondere al telefono come l’Esorcista saranno davvero in tanti. La festa prosegue fino a tardi. Qualcuno, come sempre, purtroppo esagera. Ma in una notte come questa, dove mezza Italia scometteva su scontri tra teppisti e atti di violenza, gli si possono dedicare giusto le ultime righe dell’articolo. "Vincere anche contro l'Inter e arrivare a dodici vittorie è possibile. Giochiamo sempre con questo obiettivo e ce lo poniamo giorno per giorno". La Roma vuole allungare quanto più possibile il record di vittorie consecutive, messo a segno domenica nel derby con l'undicesimo successo di fila in campionato, e a dirlo chiaramente è il suo portiere, il brasiliano Doni, intervenuto a Radio Radio. Arrivato tra la diffidenza generale, Doni è diventato il portiere del record e deve dire grazie a Spalletti che, proprio nel derby d'andata, lo fece esordire dal 1': "Spalletti è un grande allenatore e umanamente è un'ottima persona. E' la parte fondamentale della squadra". Almeno quanto Francesco Totti: "E' una persona straordinaria, estremamente cara e un gran giocatore per la Roma e la Nazionale. Non c'è dubbio sul fatto che lui sia il nostro leader. Anche se adesso è fuori per quest'infortunio noi abbiamo bisogno di lui perché è la testa della squadra". E Totti può far sentire la sua presenza anche da bordo campo, come ha fatto al derby: "Spero sia in panchina anche domenica sera e, se fosse possibile, sarebbe ottimale se accadesse in tutte le altre partite fino a quando non rientrerà". Il pensiero, quindi, torna per un attimo al record, di cui si è parlato tanto anche in Brasile: "Tutti i giocatori di questa Roma ma anche i tifosi presenti domenica sera saranno ricordati come protagonisti di questo record di cui tanto si è parlato, anche in Brasile. Ho fatto una ricerca su vari siti internet ed effettivamente il record è stato molto apprezzato anche se le gare del Real Madrid vantano ancora un maggiore ascolto". A proposito di Brasile, Doni spera ancora in un posto per il Mondiale? "E' chiaro che la speranza c'è e c'è anche una possibilità. C'è Dida ma anche altri due posti liberi che alimentano la mia speranza di poter giocare in Nazionale. Io, intanto, farò del mio meglio con la Roma, sperando che questa chiamata arrivi. La Roma mi sta aiutando molto, perché tutto quello che di buono faccio qui viene ripreso in Brasile e questo potrà darmi la possibilità di concorrere per uno dei posti liberi". Doni sa di dovere tanto alla Roma ma la vicenda legata al rinnovo del suo contratto, che scade a giugno, non si è ancora risolta: "Io voglio restare alla Roma, è la cosa che auspico più di tutte, anche perché la mia famiglia si trova benissimo, la città è stupenda ed entrare all'Olimpico fa sempre un certo effetto. Venti giorni fa il mio agente si è incontrato con i dirigenti della Roma che gli hanno detto che lo avrebbero richiamato ma questa telefonata ancora non è arrivata. Sono abituato a rinnovare i contratti di anno in anno, perché in Brasile si fa così, e a ragionare su un futuro che può cambiare. Io gioco facendo del mio meglio, sperando che il contratto venga rinnovato. Se sono arrivate altre offerte? E' chiaro che giocando con la Roma le offerte arrivano, ne ho parlato con il mio agente e abbiamo deciso di non rispondere, proprio perché mi aspetto di trovare un accordo con la Roma". Quando ha capito di essere veramente il portiere titolare di questa squadra? "La partita di Messina è stata molto importante perché ho sentito di avere fiducia". Anche per motivi "linguistici" Doni ha legato più con i brasiliani che con gli altri ("Ma mi fa piacere avere a che fare con tutti") e uno dei brasiliani, Mancini, sembrerebbe destinato a cambiare maglia a fine stagione: "Lui è estremamente felice di stare a Roma, soprattutto in quest'ultimo periodo in cui sta segnando". Damiano Tommasi, partiamo da domenica sera. Il derby, il record, la festa finale, le lacrime di Sensi. Quale immagine si porterà dietro? "La nostra classifica con i tre punti conquistati: ne abbiamo uno in più sulla Fiorentina e quattro in meno dell'Inter. E domenica affrontiamo proprio i nerazzurri. Forse tra qualche mese sorriderò ripensando alla festa di domenica. Ora, però, mi concentro sul prossimo avversario". Ma lei era con tutti gli altri a festeggiare, possibile che non si sia emozionato nemmeno un po'? "Ho vissuto tanti altri momenti belli nella mia carriera. Certo, la festa è stata coinvolgente. E spontanea. Non capita tutti i giorni di vincere il derby e stabilire un record nella stessa sera, oltretutto a pochi giorni dall'infortunio di Totti. Ecco, ripensando alla domanda precedente mi fa particolarmente piacere che la Roma abbia dimostrato, nel momento più difficile, di poter fare a meno di uno come Francesco". Qual è il segreto di questa Roma? "La cena che ho organizzato all'inizio della rimonta per una scommessa con Perrotta. C'era Roma-Chievo e io tifo per il Verona. Gli accordi erano chiari: se vincevamo noi pagavo la cena. Vabbè, torno serio. Dite che è nato tutto da quella sera, in realtà ci stiamo lavorando da quest'estate. Secondo me il segreto è che ora le emergenze ci esaltano, mentre in passato ci procuravano degli alibi. Prima se ci mancavano gli attaccanti avevamo una scusa per perdere le partite, oggi abbiamo un motivo in più per vincerle". Una frase del suo capitano: "Siamo una squadra di fratelli". Calza? "Diciamo che siamo dei compagni di scuola, un gruppo affiatato che sa quando studiare e quando divertirsi". C'è la Roma nel suo futuro? "Non lo so, non è scontato. Non sono stato così male a Verona, con la mia famiglia, quando ero infortunato. Inizierò a preoccuparmi del futuro quando dovrò iscrivere le mie figlie a scuola. Di sicuro, farò ancora il calciatore. Ma non so dove". Dell'eventuale rapporto disciplinare non m'interessa perché mi sono comportato nella maniera migliore dal punto di vista professionale e perché non ho fatto niente di male». E che male c'è, infatti, a scrivere Lazio-Roma 0-2 sul display di un autobus che prova a percorrere Piazza Venezia piena di gente che festeggia in una notte che non si dimentica perché è quella del record e perché su un mezzo di linea dell'Atac c'è scritto invece del numero (63) il motivo di tutto? Niente. Applausi. Eccolo l'autista mitico, si chiama Luciano Gentile, ha 55 anni, da 30 è nell'azienda dei trasporti di Roma, è tifoso della Roma: «Sono romanista, ma non vado allo stadio dal derby del 5-1e domenica sera ero in servizio con la linea 63. L'ultima corsa partiva da Monte Savello, a mezzanotte e cinque sono arrivato a Piazza Venezia e ci sono rimasto fino all'una: non si faceva un metro, era piena di persone». E quel 63 che diventa il risultato del derby? «Me l'hanno chiesto dei ragazzi, c'era confusione, trambusto, e anche 4 signore americane che non ci capivano niente. Per evitare qualsiasi tipo di disguido ho preferito dar retta alla "folla", diciamo così. Con una tastiera puoi scrivere tutto». Insomma non è stata una scelta sua? «No, è meglio non prendere iniziative in questi casi, ma cercare di considerare la situazione e fare la cosa migliore. Succede, di ritorno allo stadio, di avere questioni spiacevoli, ma questo non è stato il caso». Quindi non è una scelta sua? «Il motivo l'ho spiegato, ma certo sono romanista...». E il derby non l'ha sentito? «Aspetta, c'avevo la radio dentro l'auto e le mie due figlie romaniste mi mandavano aggiornamenti via sms. Ho anche un'altra figlia, ma laziale e stava allo stadio». E ai gol? «E ai gol ho clacsonato, no?». E se la Roma vince una coppa? «Ci scrivo direttamente io con la tastiera». Coppa Uefa sarà. L'intervento di Luciano Spalletti a "Tutta la Vita" parola per parola. Il tecnico giallorosso ha parlato dei tifosi romanisti, del post-derby e delle prospettive future di questa Roma dei record. Si aspettava che fosse così "tanta roba" la Curva Sud? "Questa situazione è stata determinata dai nostri ragazzi che hanno fatto una fila di risultati importantissimi che poi ci ha permesso questo abbraccio così caloroso e numeroso. E' veramente "tanta roba"". Si è rivisto dopo tutte quelle esultanze...? "Tutto sommato mi sono un pochettino piaciuto. E' stata talmente forte l'attrazione che ho partecipato. Ho visto festeggiare tutti, in quel contesto era accettabile che uno avesse una reazione simile". Secondo lei è più Spalletti che si è innamorato di Roma, o Roma che si è innamorata di Spalletti? "Sono stato subito attratto da questa realtà. Ho dovuto litigare con un ambiente dove ho dato tanto ed ero perfettamente integrato (Udinese, ndr). Qui gli stimoli erano troppo più forti. E' vero che noi siamo un po' "casinisti". Ci piace farci notare. Questo diventa molto bello se si riesce a fare risultati. Vi vorrei fare vedere un filmato di un viaggio da Trigoria all'Olimpico, qualcosa di eccezionale". Perché non compra casa a Roma? "Se qualcuno vuol partecipare al mio affitto sono contento...". C'è qualcosa che aveva a Udine e a Roma non ha trovato? "C'erano dei particolari che ero riuscito a sistemare. Qui non ho avuto il tempo ancora. Sono convinto che le cose che avevo lì, le troverò qui migliori". Arriva un messaggio di un ascoltatore: <Mister se vuole la ospito a casa mia...> "Mi fa piacere, ma non potrei fare a meno dei miei figli e della mia donna". C'è qualcosa che l'ha colpita di Roma? "Non sono andato spessimo in giro. Solo due o tre volte ho pootuto ammirare le piazze e i punti più belli della città. Con tutti questi ritiri è difficile. I ragazzi chiedono un po' più di libertà e nonostante si dice che i giocatori prendano tanti soldi, un po' di libertà servirebbe". Dopo il calcio che vita vorrebbe condurre? "La vita mia ideale è dove ho scelto di stare: in campagna. Poi è tutto veder crescere bene i miei bambini". Cosa avete provato quando avete visto piangere il presidente Sensi? "Lui ci segue a Trigoria, dice le sue frasi che fanno grande affetto e suscitano grande tenerezza. E' stato molto bello". E' soddisfatto degli allenamenti o avverte ancora un po' di euforia tra i ragazzi? "Un po' di euforia c'è ancora. Per quanto riguarda la squadra non ho ancora ripreso contatto con la squadra per gli impegni dei nazionali. Oggi torneranno De Rossi, Perrotta, Chivu. Nel calcio non si vive di risultati precedenti, quindi dobbiamo guardare al futuro". |