In questa pagina ci sono alcuni aneddoti che riguardano la Roma e i suoi tifosi ma anche poesie,
tratte da alcune vecchie riviste o anche mandate dai visitatori del sito....
In this page you'll find anecdotes about A.S. Roma and her fans,
and also poetry taken from old magazines or sent by CURVA SUD visitors
<<Nell'anno della retrocessione i tifosi non abbandonarono la Roma, ma la sostennero con maggiore impegno. Ci fu un corteo, per il centro di Roma, guidato da due ciclisti che reggevano un tendone sul quale era scritto: “Roma sei la squadra più forte del mondo”. Ed era scesa in “B”.>>
ricordo di un anonimo giornalista

Una volta che la Roma stravinceva con una squadretta di provincia, 
l’allenatore giallorosso Burgess venne ripreso dall’arbitro e invitato a 
prendere la strada degli spogliatoi. Mister Burgess però aveva fatto solo 
finta di lasciare il campo, e invece s’era messo sulle scalette seminterrate della botola, di dove, un minuto sì e un minuto no, faceva capolino per controllare l’andamento della partita. Quelli dei popolari, accortisi della cosa, cominciarono a tenere d’occhio l’inglese e, ogni volta che la zucca spuntava dalla botola, gridavano in coro: “Cucù! Cucù! Cucù!”. L’arbitro non capiva e il britannico era diventato rosso come un peperone, più ancora di quando s’imbibiva nei bar di Testaccio coi suoi bicchieri di vino.
Nell’anno della retrocessione si sviluppò un fenomeno nuovo nell’ambiente sportivo capitolino: il tifo organizzato. I gruppi “Attilio Ferraris”, pochi all’inizio, si moltiplicarono in ogni angolo della città, nei centri del Lazio, nei paesi più lontani. Alla fine della stagione sportiva, nel momento in cui la Roma ritornava tra le elette del calcio italiano, si sarebbero contati ottanta clubs, con ventiquattromila tifosi tesserati. Ogni gruppo era diretto da un "capo-tifoso”, prescelto dagli associati. Il fine istituzionale altro non era che di sostenere la squadra, sia negli incontro domestici e sia in quelli esterni. 
Colonne di tifosi romanisti,infatti,a costo di sacrifici e di disagi seguirono in ogni trasferta la squadra.
RESOCONTO DELLA STAGIONE IN SERIE B
10 novembre 1929 - Roma / Napoli
Una storia che forse avrà fatto arricciare il naso a qualche anglofilo laziale amante del fair play, ma che è sintomatica di quell’intensa partecipazione emotiva, di quel feeling particolare che correva tra la squadra e i monelli testaccini è il seguente.
Si era al 35’ del primo tempo con la Roma in vantaggio per 1-0, quando 
l’ala destra partenopea Fenilli faceva secco Ballanti con una botta dai dieci metri a fil di palo. Il pallone entrava in rete e proseguiva magicamente la sua corsa andandosi a schiantare con fragore contro la balaustra dei popolari. Era sucecsso che i chiodini di un lembo d’angolo della rete, evidentemente mal piantati, si erano staccati e il pallone era sfilato sotto le maglie. L’aritro Dani ordinava la ripresa del gioco da fondo campo, con un crocchio di azzurri intorno che protestavano. Tutti, eccetto la giacchetta nera, s’intende, avevano avuto la netta sensazione che il cuoio avesse imboccato la porta. Nella confusione generale un ragazzetto nativo di Testaccio, il tredicenne Balilla Lombardi, che poi avrebbe finito per giocare anche nella prima squadra giallorossa, zitto e lesto ripiantò i chiodi che tenevano il lembo della rete. Per cui, al controllo successivo dell’arbitro, tutto risultò regolare. La sera stessa, l’intero rione cantava le lodi del “maschietto” romanista che, con quella prontezza di spirito ereditaria nei giovanotti del popolo, aveva salvato baracca e burattini.
Quando arrivo' Helenio Herrera tutte le bandiere in Sud esponevano la sigla HH e circolo' uno slogan che compariva su tutti i paraurti delle auto: "E' iniziata la stirpe del Mago".
Masetti: "L’affetto della folla romanista  è stato per me il maggior conforto della mia carriera. Esso mi ha sostenuto sempre, mi ha spronato a prodigare ogni mia forza per la grandezza della Roma. Ho la più profonda gratitudine per gli sportivi della Capitale".
15 marzo 1931 Roma / Juventus 5-0
intervista a Umberto Caligaris(Juventus): “Niente da dire, la Roma ha meritato i due punti. Il pubblico ha avuto la sua buona parte nella conquista del successo. E’ un po' una favola quella che attribuisce alla mia squadra una perfetta insensibilità di fronte al pubblico. Innanzi tutto, uno scenario come quello che presentava oggi il campo del Testaccio non è facile trovarlo dappertutto; eppoi un entusiasmo e un incitamento così continuo e serrato che intontisce -  ve lo giuro - mentre esalta e sprona gli atleti locali. Non è un’attenuante questa che vi sto’ illustrando; una squadra come la Juventus dovrebbe vincere con tutti i climi. Però non bisogna dimenticare che anche i giocatori sono di carne ed ossa!”
Lamentela di Orsi(Juventus) dopo Roma Juventus 2-0 
del 18 ottobre 1931:
”Non so che veniamo a fare a Roma se ogni anno si ripete la stessa 
storia... - Ossia? - Ossia che abbiamo sempre tutti contro: pubblico e arbitro, e poi in ogni partita che giochiamo qui lasciamo sempre qualche contuso - Il pubblico?... Ma non vi ha forse applauditi lungamente? - Applauditi? Ma non ha inteso i fischi quando, noti bene, dopo la sconfitta, la Juventus, o meglio i suoi resti, si è allineata sotto la tribuna per il saluto finale? E gli insulti che mi hanno lanciato quando, contuso, sono stato portato a braccia negli spogliatoi, me li sono sognati forse?"
“E’ mio intendimento conservare alla Roma
gli elementi romani; il motto con il quale mi 
presentai a voi sei anni orsono fu proprio
“La Roma ai romani”.
Marini Dettina, 21 aprile 1963
La progressione della tifoseria laziale negli anni trenta va sotanzialmente riferita al cosidetto fenomeno dell’”urbanesimo”, cioè l’aumento della popolazione della capitale per l’arrivo di forestieri dalle provincie del Lazio e da altre regioni centro-meridionali. Dal 1920 al 1940, Roma passò da 600.000 a oltre 1.200.000 abitanti, dei quali la metà stavano nei 22 rioni, e l’altra metà nei quartieri. Perché i nuovi venuti, quasi sempre, come avviene ancora oggi abbracciavano la fede laziale? Non si sa..
I simpatizzanti biancazzurri residenti nella provincia laziele, “li burini” (dal germanico buren: abitanti del borgo, del villaggio), non ci venivano a Roma per assistere alle partite della loro squadra; un po' perché non avevano la pecunia, e molto perché del pallone gliene importava fino a un certo punto...
“Sembrerà strano ma io fin da bambino ho sempre sognato di 
diventare un giorno presidente dell’A.S. Roma. La mia passione per la squadra giallorossa era già forte quando portavo i calzonicorti e la Domenica pomeriggio capitava spesso che, in conseguenza della mia situazione finanziaria alquanto incerta, ero costretto ad arrampicarmi su quel famoso “Monte dei cocci”che sovrasta Testaccio, sorto come è notodal secolare ammucchiarsi degli orci di argilla contenenti il vino e l’olio che venivano scaricati dalle navi del vicino porto fluviale”.
Franco Evangelisti
Le scazzottature tra sostenitori durante i derby erano evento raro e 
facilmente circoscrivibile dalla forza pubblica, mischiata in mezzo alla folla nei punti caldi. Campo Testaccio  venne squalificato per una giornata una sola volta. E fu per un derby giocato allo Stadio Nazionale, il 24 maggio 1931. L’arbitro, Umberto Gama, preoccupato che i giallorossi non accorciassero lo distanze dalla Juve capolista, favorì smaccatamente la Lazio, provocando una rissa finale tra i giocatori e l’invasione del terreno dei tifosi. Botte da orbi e cariche dei carabinieri a cavallo che, a stento, sedarono i tumulti. Sia la Lazio, che giocava in casa, sia la Roma, per le gravi responsabilità della sua tifoseria, subirono la squalifica del campo.
24 maggio 1931
La Gazzetta dello Sport:
“L’arbitro ha appena fischiato la fine che vediamo giocatori laziali e 
romanisti alle prese; accorrono dirigenti a separarli e accorre anche la folla che stazionava sulla pista; la confusione è grande e ad accrescerla 
sopravviene l’invasione di campo da parte del pubblico. La forza pubblica ha un gran da fare per sgomberare il terreno di gioco e vi riesce solo dopo molti stenti e senza aver potuto impedire molte colluttazioni non precisamente verbali”
Il 21 febbraio 1937 la Roma batté la Lazio 1-0 e una tremenda mischia stile rugby si scatenò al fischio di chiusura dell’arbitro.. . I giocatori si 
azzuffarono davanti a 27mila spettatori...
Il fenomeno dei Roma Clubs organizzati, articolati in sodalizi veri e propri, è esploso con l’arrivo nella capitale di Helenio Herrera, nei primissimi anni ‘60, che voleva raccordare società e tifosi, onde dare a questi ultimi la sensazione di partecipare direttamente alla vità della società. Prima vi erano i “Circoli Attilio Ferraris” nati nel novembre 1950, fondati per iniziativa di Angelo Meschini e Memmo Montanari.
Molti di questi circoli vennero chiusi nel 1958 su ordine dell’Autorità di P.S. in quanto si trasformarono in bische.
I romanisti dl Testaccio erano tutti santi?
Dopo le primissime partite venne vietato l’ingresso allo stadio di ombrelli e bastoni; e poi la vendita delle gazzosine con le quali il pubblico romano si divertiva a fare il tiro al bersaglio quando le cose non andavano secondo i suoi gusti.
“...nell’istante in cui un giocatore segna una rete, l’autore del gol, prima di ricevere l’abbraccio dei compagni, corre verso la tribuna dei suoi sostenitoria braccia alzate”.
“Una città, una squadra: storia dell’A.S. Roma” 
- dicembre 1977 Enrico Mania -
Masetti era scaramantico all’eccesso. Un giorno al Testaccio era di scena il Napoli di Sallustro. Con i giallorossi in vantaggio, l’arbitro Carraro, il Lo Bello dell’epoca, assegnò un rigore agli ospiti. S’incaricò della 
trasformazione lo specialista Vojac. Mise il pallone sul dischetto, prese la rincorsa e calci... fuori. Ma Carraro, in un coro di fischi, fece capire che il rigore doveva essere ripetuto: il portiere si era mosso anzitempo. Masetti, però, non aveva spostato i piei dalla linea di gesso, ma aveva buttato in avanti un corno portafortuna che teneva in tasca. E questo Carraro non se lo poteva immaginare. Vojac ribatté il rigore e Masetti, scoraggiato di non avere  più l’amuleto, si limitò a guardare entrare la palla nella rete. Un tifoso dei popolari, deluso, rimbrottò, “A Guido , che te sei fatto ‘na foto?”. Il portierone si riprese il corno e lo agitò in alto, ma quello non capì, e il popolo giallorosso venne confermato nell’idea che Guido non ci avesse tutte le rotelle giranti in sincronia.
“La Domenica, quando la Roma gioca in casa, l’apertura dei cancelli 
all’Olimpico avviene già al mattino.
Già al mattino la città comincia ad essere invasa dai tifosi. Le bandiere 
giallorosse addobbano balconi e finestre, quasi che, in luogo di una partita, ci fosse la festa patronale. Poi, queste bandiere, appaiono fuori dai finestrini degli autobus urbani, mentre all’interno dei mezzi da trasporto pubblico risuonano cori e rumori, trasformando l’abitacolo in un’infernale cassa sonora.
I “Forza” gli “alè”, si intercalano ai motteggi e anche, perché no?, a 
volgarità deplorevoli, che ormai appartengono al linguaggio quotidiano 
comune, contro la squadra avversaria”.
“Una città, una squadra: storia dell’A.S. Roma” 
- dicembre 1977 Enrico Mania -
Roma - Dominante 4-2
"La tribuna centrale del campo è stata violentemente scossa da un 
movimento tellurico. Gli spettatori che la gremivano, dopo un istante di 
stordimento, si sono precipitati verso le due uscite laterali. I parapetti di 
ferro che chiudono la parte centrale della tribuna sono stati abbattuti. 
Alcune donne sono svenute: vi sono stati tre feriti leggeri ed alcuni contusi. L'arbitro (Scarpi, di Dolo) ha sospeso il giuoco e lo ha fatto riprendere solo quando gli spettatori, tornata la calma, hanno ripreso posto nelle tribune".
Terremoto a Velletri, 26 dicembre 1927
15 marzo 1931
Roma/Juventus 5-0
Dall’archivio di Vittorio Finizio:
“Pochi minuti prima della fine della gara, Costantino accorso per rimettere in gioco un pallone deviato in fallo, l’ha levato in alto come l’ostensorio e l’ha baciato due volte con devozione. Il risultato fece saltare una cena fra Combi e Bernardini a cui erano stati invitati Ferrarsi, Orsi e Cesarini”.
Incasso record di 257.000 lire
12 giugno 1932
Brescia/Roma 1-1
A 3’ dal termine, invasione dei tifosi bresciani con tentativo di pestaggio del romanista Bodini, protetto dai compagni. Il Brescia pareggerà al 90°, salvandosi anche grazie all’arbitro dalla retrocessione.
23 aprile 1933
Bari/Roma 0-2 a tavolino
L’arbitro Carraio non vede un fallo di mano di Bodini e il pubblico
invade il campo.
Stagione 1933/34
Prezzi campo Testaccio:
Tribuna Numerata Centrale L. 35
Tribuna Numerata laterale L. 30
Tribuna Laterale Semplice L. 25
Disinti L. 15
Popolari L. 10
Mariuccio Forlivesi fu un ragazzo di buona famiglia, studente, giocatore, nel ruolo di centravanti, di avvenire. La Roma giocò - appena dopo l'ingresso del americano della Città Eterna - contro il Napoli a Napoli sul campo del Vomero, dal terreno sconvolto e privo di tribuna. Il viaggio fu una specie di avventura, con una camionetta guidata da Tonino Fusco. Dieci ore di viaggio. Giocò centravanti Forlivesi: uno spettacolo. La carovana era guidata da Masetti e da Biancone. Per tutto il tempo Masetti rallegrò la comitiva con canzoni, macchiette, storielle. Per dare la notizia della partita al "Corriere dello Sport" - con le linee telefoniche interrotte - Forlivesi si recò da un ufficiale americano conosciuto sul campo, che gli mise a disposizione il telefono. Il Corriere dello Sport fu l'unico giornale a dare notizia dell'incontro e l'edizione  andò a ruba. Forlivesi, poco dopo, morì, senza che nessuno ne conoscesse le cause.
"Sembrerà strano, ma io fin da bambino, ho sempre sognato di diventare un giorno presidente dell'A.S. Roma. La mia passione per la squadra giallorossa era già forte quando portavo i calzoni corti e la domenica pomeriggio capitava spesso che, in conseguenza della mia situazione finanziaria alquanto incerta, ero costretto ad arrampicarmi su quel famoso "Monte dei cocci" che sovrasta Testaccio, sorto come è  noto dal secolare ammucchiarsi degli orci di argilla contenenti il vino e l'olio che venivano scaricati dalle navi del vicino porto fluviale"
Franco Evangelisti al Corriere dello Sport
Una tappa del Tour de France scendeva, con una stradicciola da rompersi il collo, su Tochon. Qua e là casette di contadini. Su una, in bella vista, era steso un largo e lungo manifesto con questa iscrizione: "Coppi, fermati: qui abita un romanista del 1927 ". L'abitante di quella casetta, con in testa un berretto giallorosso, visto che Coppi, vincitore, non si era fermato, scese per salutarlo a Tochon, chiedendogli di "firmare una cartolina indirizzata al comm. Sacerdoti-presidente per sempre della gloriosa Roma". Sacerdoti mise la cartolina nell'albo dei soci.
Mario Antonacci, farmacista in Testaccio, era romanista fino al midollo, tanto da non vedere i gol che segnevano le squadre avversarie. L'avv. Mauro, uno dei maggiori esponenti all'epoca del calcio italiano, fu vicino ad Antonacci in una partita in cui la Roma perdeva 3-1 e lo sentì dire: "meno male, la Roma sta andando bene: vince 1-0". Non aveva visto i tre gol segnati dagli avversari.
Mariuccio Forlivesi essendo un giocatore professionista riceveva dalla Roma (Tempi di guerra) una specie di super alimentazione che
lui divideva in casa con i familiari.
(testimonianza diretta della cugina del calciatore)
1942/43 Mariuccio Forlivesi, morto a 18 anni dopo
                  aver segnato 7 reti in 8 partite
A Napoli, la prima invasione di campo che si ricordi ebbe un grande clamore ed eccezionali conseguenze. Avvenne nella gara di ritorno della finalissima interregionale del torneo 1925-26 tra l’Internaples e l’Alba Roma. Nella notte che precedeva la gara d’andata, i tifosi romani si appostarono sotto le finestre dell’albergo che ospitava i napoletani e per ore ed ore infastidirono i giocatori con le loro stornellate. Gli azzurri dopo una notte ovviamente insonne, stanchi e nervosi, subirono poi un umiliante 6-1 tra il vergognoso comportamento dei tifosi capitolini, i quali durante la partita si distinsero per il lancio di ortaggi, oggetti e insulti. Nella partita di ritorno a Napoli, all’Arenaccia, dopo 10 giorni, la folla napoletana – in cerca di rivalsa - riuscì a contenersi anche perchè l’Internaples era andata in vantaggio ben presto su calcio di rigore, ma sul finire della gara, quando i giochi sembravano già fatti, l’Alba pareggiò con un penalty, dopo un’azione viziata da un fallo simulato. Botte da orbi in campo e sugli spalti, invasione di campo, caccia ai giocatori romani e al malcapitato arbitro Dani. L’allenatore Carlo Carcano (ex nazionale) e il promettente attaccante Ferrari , atterriti dalla gravità degli incidenti e dal clima, fecero le valige e nottetempo lasciarono Napoli per non farvi più ritorno. L’Internaples perse un ottimo tecnico e soprattutto un grande giocatore, la giovane mezzala Giovanni Ferrari che nella sua luminosa carriera in tre diverse squadre (Ambrosiana, Juve e Bologna) vinse poi otto scudetti e due mondiali. Una grossa perdita per il calcio napoletano che aveva saputo ingaggiarlo. Al Napoli fu inflitta la squalifica di campo per un anno, che poi fu ridotta a due mesi, a seguito della riforma del torneo. Si andò a giocare al campo dell’Ilva Bagnoli.  
Lo sapevate che...



POESIE:
3 a 1 ovvero nun ve bastano 500 miliardi !!

Sono certo ... me state a aspettà 
e come Houdini eccome qua !! 
Metto in rima i vostri sentimenti 
scrivo in versi i nostri patimenti 
e oggi come promesso, come avevo detto 
comincio sta' giornata con qualche versetto 
dettato dalla gioia, dal mio ORGOGLIO ROMANO 
avemo vinto er derby.... ma nun è 'n fatto strano 
 La storia maestra sempre de vita 
ha predetto in anticipo questa partita 
dai testi sacri, l'oracolo insegna 
che il villano cade e ROMA REGNA !! 
Che nel momento che sembra più oscuro 
 le Legioni avanzano e indietreggia er buro !
E' successo così puro stavolta... 
ar momento opportuno... quello della svorta..
bastava 'na sconfitta ed eravamo finiti....
ma semo Romani da sempre fieri e arditi 
così de fronte al ciociaro spavaldo 
j'avemo fatto sentì 'no stadio caldo 
 che ribolliva de Romana passione 
chi na sciarpetta, chi un bandierone.. 
chi ‘no stendardo della sua via...
Esquilino, Quadraro e Porta Pia 
Porta Metronia, Portuense e Magliana, 
Tiburtino, Vigna Clara, la Tuscolana ..
un abbraccio unico maestoso immenso...
Dalla vecchia Trastevere a San Lorenzo
Da Campo de' Fiori alla sanguigna Testaccio ...
ripeto... un unico maestoso abbraccio 
che ha accolto i nostri lupi li ha caricati a mille
so' entrati in campo pronti a fa’ le scintille !
10 leoni, 'no stratega e UN CAPITANO 
naturalmente un vero ROMANO,
no un trapiantato come i cugini 
che spacciano pe' romani i fij dei Reatini 
che pensano che coi soldi se pò fa tutto...
ma mo' ha imparato quer farabutto....
che er Core de Roma nun se compra come la Centrale der latte 
che er popolo nostro unito nun se batte 
te rimanna in esilio te rispedisce ar castello.. 
quello fori porta..... nelle campagne de Formello. 
E questa mattina quer raggio de sole 
appena svejato m'ha ariscallato er core 
So uscito pe' strada pe' mano cor pupo 
na sciarpa per uno cor simbolo der lupo.. 
..e piano piano er quartiere s'è svejato 
me so guardato intorno tutto meravigliato 
la città è felice come non lo era da tanto....
e pure io....OGGI SO' FELICE E CANTO !!
(Giggi)

Preghiera da fà ogni sera.
Nostro Signore che sei lassù, perché coi laziali nun ce se pò parlà più ?
Eppure erano pippe solo fino a ieri, prima chè lo sponsor je comprasse Salas e Vieri]. 
Mò c'hanno li sordi, c'hanno Cragnotti 
e se ponno comprà tutti, 'sti zozzi aquilottí.
E' n'ingiustizia e perciò io te prego, 
d'esaudi' ste quattro cose che te chiedo:

che possa succede prima de domani, che caschi 'n furmine e je secchi Marchegiani, 
e nun me pare de fatte na richiesta indegna, se te chiedo de seccaje puro a De La Pegna.

Nun è che rosico, nun me capi male, è che c'ho un dubbio fisso che m'assale: 
Possibile che a Roma co tutti 'sti tombini, non ce ne sia uno aperto che se risucchi Mancini?
E' pè questo che io te prego, solo Tu lo poi fà, io posso solo continuà a sperà. 
E spero che 'na mandria de 1000 cavalli possa acciaccà Stankovìc e Favalli, perchè sòromanista e me sento allegro solo se 'n camion je 'nveste Negro.

Se poi, 'na scatola scaduta de dorci ar cacao, me leva de mezzo Couto e Conceicao, allora,
Signore mio, vor di che me senti, e quindi per favore, levame de mezzo st 'antri venti.
Nun te vojo disturbà co cosi` tante richieste strambe, m' accontento de poco..... SEGAJE LE GAMBE! 

O fa per esempio, che 'na banda de sardi Me porti via Boksic e Gottardi, o se preferisci, che 'na bomba ar plutonio, scoppi vicino a Nedved e Baronio. 

O ancora, se devi fa cascà stà torre de Pisa, fallo quando ce stà sotto Sinisa, 
se poi proprio me voi fa 'na festa, facce passa sotto pure Pancaro e Nesta. 
E già che te trovi, facce' vive sta favola.....portate via pure a Sor Paola! 

Fatto questo Signore mio, te posso solo ringrazia giustizia è fatta e io me posso rilassà.....colla Nostra Sempre Magica ROMA ner CORE .....

..........FORZA ROMA.........
(Grazie Rambo UR Ostia)

" E' uno sfogo, qualcosa dovrò pure fà
no, nun è vero, lo scrivo perchè stò a rosicà.
La Lazio è prima in classifica
è per me nun è una cosa magnifica.
Cò stì arbitri, de stì tempi, nun c'è consolazione
e pijà pure l'insulti dè li cugini a ripetizione...
Avete vinto un campionato e pè quanto me costa
ve lascio un augurio..........
ALLA LAZIO LI MEIO MORTACCI VOSTRA!!!!!!!!!!!!!
(Manu, maggio 2000)
Alberto Ginulfi
di  Fernando Acitelli
In una notte romana
targata ROMA-SANTOS,
ti riuscì di carpire 
dalla mente di O' Rey 
l'angolo da coprire.

La curva cosi esplose 
e la Perla nera,
stringendoti la mano, t'annoverò
in quella manciata d'eretici
che non avevano abboccato 
alle finte dal penalty.

Alberto Ginulfi (1941). Portiere della Roma. Con i giallorossi conquistò una Coppa Italia. Resta uno dei pochissimi portieri al mondo ad aver parato un rigore a Pelé. A fine carriera indossò la maglia della Fiorentina. 

Nato e cresciuto sopra na montagna
‘sto poveraccio faceva er pecoraro
se nutriva de ricotta e de castagna
e parlava sortanto cor somaro.
A Roma ce veniva a fa la lagna 
sortanto pe’ Natale “er zampognaro”
vedenno che qui c’era la cuccagna
lascio’ er paese, de ricchezza avaro.
Roma lo ripuli’ come ‘n paino
ma j'è rimasta “l’anima animale”
e quer tanto de cacio pecorino.
Mo’ tifa per la Lazio,er signorino
e ‘ngenuamente dice “so’ lazziale!”
come si ‘nse vedesse ch’e’ burino
N’ARATRO,’N SORCO E DU’ BOVINI,
ECCO FATTI LI CONFINI
QUELLI DENTRO SO’ ROMANI
QUELLI FORI SO’ BURINI
(poesia romanesca risalente agli anni '50)


POESIA DI FABIO (novembre 2003)
Abbuso de parentela
Nun se po’ mica sta zitti! 
E’ na vergogna, ‘no sproposito che nun po’ ‘nna avanti.
Ce dicheno che semo cugini,
robba da matti.
Imparentati co’ quelli!
Mejo sarebbe avecce,
che ne so’,
‘no zzio perugino,
‘na cognata calabrese
oppure ‘na sorella bergamasca.
Ma nun se po’ sopportà ‘n cugino da lazzio!
Eppoi, come se po’ decide ‘na parentela?
Loro so nati prima de’ noi,
ma questo è loggico,
è la storia che ‘nsegna,
la scienza tutta,
prima de’ potè riuscì bene,
qursiasi esperimento fa cilecca,
n’erore è dovuto e
ce so’ voluti ventisette anni pe’ rimedià lo sbajo,
mica ‘n giorno!
Pensa che casino era uscito fori!
Sgorbi co’ la presunzione de esse tifosi!
Ma lassamo perde la distrazione umana
cose che capiteno e se rimedieno.
Tornamo a la parentela.
Loro staveno, 
senza sape’ bene perché,
a occupà ‘no spazzio estraneo,
drento ‘sta città come li cavoli a merenda,
come la cioccolata sur sugo.
Tutto sbajato!
Tutto da rifà. 
Ecco allora che viene fori er mejo,
co’ colori vivaci,
degno de’ vive tra le mura cittadine.
Romanista de’ Roma!
Però c’era ‘n probblema.
Li sgorbi daveno fastidio,
sempre a guardà,
‘nvidiosi,
e portaveno pure jella.
Tutto er popolo della Magica decise:
fori da Roma,
qui nun è posto pe’ voi!
Aqquattateve ‘n campagna,
scejeteve pure er prato,
ma nno drento la Capitale.
Mosci come la pelle vecchia de ‘n somaro,
se ritirarono alla volontà der più forte,
ma sparsero la voce,
jene de campo,
che li cuggini l’aveveno scacciati.
Ecco la favola de la parentela.
Manco ‘na goccia de sangue c’avemo ‘n comune.
Me dspiace,
ma quello che è giusto è giusto.
A voi l’oche e la porvere,
a noi er sole e la civirtà. 
Da Romanisti.

FABIO (dicembre 2003)
BABBO NATALE
Caro Babbo Natale,
pure st’anno
j'avemo fatto male.
Ma ch’è corpa nostra si è laziale?
Mo' me sento così e così,
sarà che stanno pe’ sparì..
Chiedo a te che er 25 devi venì:
te prego, falli guarì !
Nun ce lassà senza er pupazzo
che ‘n giro pe’ Roma 
se portamo a spasso,
te prometto che nu' lo strapazzo,
lo tratterò come ‘n poretto
e stavorta 
piano piano
er Capitano
je fara er pallonetto
senza toccallo,
faremo attenzione ar pupazzone
che sta pe’ finì,
noi nun volemo che finisca così
co’ chi se potemo più divertì?
Te lascio ‘n busta 
quarche soldino
dallo a la causa 
der cugino burino
e dije che ar prossimo derby, 
se ce sarà,
je daremo ‘na possibilità:
guardà cuggì come se fa
e ‘mpara quarcosa
‘nvece de gufa’ !
…… e tifa pè la Roma
La vita è proprio matta e fa li scherzi strani,
si è vero che è da n'ora che me tremeno le mani.
Ciò ancora l'occhio ch’è lucido de pianto,
er core ch'è impazzito dentro ar petto,
er fiato corto che me porta affanno
e che fa perde ragione ed intelletto.

Chi so? Nun me conosci, guarda….
……Io sor er tifoso ignoto
Quello che se sta zitto , che nun parla.
Che  se  La vede è come ‘n terremoto.

Nun sò più pupo, ciò quasi quarantanni, 
e li ricordi se mischieno, travolti
da stà passione granne e si te volti
te li ritrovi addosso penzolanti.

Perchè so romanista io nun l'ho mai capito,
certo, so nato a Roma ma nun basta
p'avecce er core sempre n'pò ferito
pe' tutti questi anni da comparsa.

Quann'ero regazzino, pè sti fatti
nun ce morivo, anzi me divertiva 
avecce quella figu de Scaratti
avuta n'cambio de nà Giggiriva.

Mi padre era poi n'esempio strano:
gioiva si vinceva, ed era fiero
tanto quant'era rassegnnato
quando er futuro se faceva nero.
Nun ciò le prove ma 'mmaggino lo stesso,
lui polizziotto de granne core e stima,
se vergonagnasse come n'ladro ar cesso
stà là  ‘n servizio la notte der Sistina.

Ginulfi, Bet, Spadoni ed Amarildo,
Cappellini Franzot Cordova e Salvori
so stati i primi miti e manco a dillo
sognavo de giocà co quell'eroi.

Quanti ricordi de quell'anni belli,
come ner marzo der settantacinque
quando Pierino Prati disse “volli”,
segnò nel derby e ce lo fece vince.

Quer giorno ero scappato , c'avevo docicianni,
m'ero venduto tutti li fumetti
pe stà lì n'curva, pe tifà  Roma stretti
in quell'abbraccio caldo e giallorosso
dove me so sentito  veramente grande 
almeno tanto 
quant'è granne er monno.
E sotto er cielo plumbeo  e minaccioso,
mentre pioveva che Dio te la mannava,
battemmo quei laziali scudettati
vivenno quer sorpasso clamoroso.

In quer periodo de candida passione
mi padre era già morto e stavo fora
de casa mia e senza compassione
sta vita n'fame lascia mamma sola.
 
 

A tribolà pe vive n'è mai ora,
manco sì qualcuno t’ha dannato,
e in quer colleggio lì dov'ero annato
ero diverso perchè tifavo Roma.

Nun c'era n'giorno che nun ce penzavo
a raccoglie li ritagli de giornale
che parlaveno de Rocca e Chinellato
e de sta squadra che me fà sta male.

Poi ariva Viola e un viaggio pé Torino
pé vive na gran gioja da cojone,
fatto da solo in treno e motorino
in curva Filadelfia pé Turone.

"Questioni de centimetri" de fora...
vallo a capì, ma pé li ragazzini
era la Roma de Spinosi e de Maggiora
risuscitando puro Santarini

Passeno l'anni e n'giro per il monno
me perdo tante cose tutte belle.
Genova su tutto e senza Nonno,
ch'era spirato prima de vedelle.

Quell'anno l'ho vissuto in modo strano,
senza Vedella mai, ma tra le risa
me sembra ancora de sentì le urla,
la gioia granne de nonna mia Marisa.

Pruzzo, Farcao, er Russo, Iorio e Nappi,
Tancredi, er grande Dibba ed i suoi doni
Brunetto nostro, Maldera ed Ancellotti 
Prohaska,Nela e siamo noi i Campioni.

La notte maledetta l'ho dimenticata
nun la ricordo, nun è mai successa,
c’ero lontano, la mente era svagata
da allora Roma nun è più la stessa.
“L’inglesi so passati !” dicevano i laziali,
godeveno da matti, sembraveno animali.
Piangeva Roma vera  al Circo de Antonello
e loro senza core  cantaveno a stornello.

Cor Lecce stavo a Londra da emigrante
e m'ero già cucito nà bandiera,
poi dentro ar Bar Italia gia piagnente
me meno cò na folla bianconera.

Se po’ campà così, ve pare giusto?
Studio, lavoro, servizio militare…..
Nulla te fa mori co tanto gusto
come la Roma che perde nà finale.

Potrei davero citavve tutti i nomi
date, reti, presenze e formazioni
ma vivo male quest'anni de rometta
che me rifiuto de vedella pè diretta.

Nun vado più allo stadio, e pora nonna
resta a penà puro pe conto mio,
seguendola alla radio 'nzieme a mamma,
'ncazzannose co l'arbitri e cò Dio.

Potrai capì lo strazio de chi scrive
solo si tutto st’anno hai rosicato.
Er monno è vivo solo pe chi vive.
E nun se vive cor fegato ‘ngrossato

So l'anni de Renato e Manfredonia
de Andrade, Policano e der Cicoria.
Soffrimo, stamo sempre in condominio
Un lampo al derby: c'è Rudy là ar Flaminio 

Lanna, Statuto, Fonseca e Piacentini
ma quanti hanno giocato ar fianco de Giannini?
Povero Principe ma quanto c'ha donato ?
Si la giustizia esiste l'hanno da fà beato

Trovo lavoro, l'amore e la carriera,
nasce mi fija ed è nà gioia vera.
Arriva er Granne Sensi e pure Pluto
ma pare de 'nfognacce in un imbuto.

Mentre che guido, e scappo pei paesi,
co moje e fija  de strada m’esco fori:
la corpa è de Mazzone e delle reti
de Balbo, de Fonseca e de Cappioli.
Radio, radio malefica e intrigante
me fai sognà, me segui e me tormenti:
er sor Magara è stato proprio grande,
ma te me fai morì co li parenti !!!

Da allora sò isolato, me tengo un pò lontano
Rimane tutto dentro e puro me fa strano
nun mette la passione che è dovuta:
ma faccio n'ccezzione a Batistuta.
Fusse che fusse...diceveno in campagna
Io tocco fero, me gratto li giojelli
Soffro in silenzio e dico "nun ze magna…..
dovemo vince pe restà contenti"

Che te racconto de sto campionato ?
Pe corpa de sto core l’ho visto registrato.
Tutti i servizi , tutte le trasmissioni…
Mai nà diretta a casa Gramaccioni.

Ripenso a Negro, a Parma , a Napoli e Torino
ciò l’incubo del derby, me paro un ragazzino
quando Montella segna, Cafù palleggia e core
co Zago, co Tommasi e Checco er Gladiatore.
Presente lì allo stadio c’è sempre mi fratello
Marco che fa ‘rtifo, ma er core è sempre quello.
Emerson, Zanetti, Del Vecchio e Nakata
Capello che s’incazza  e il grande Candela

L’urtimi novanta li passo Prima Porta:
Vojo sta solo e co nisuno intorno.
Prego, vivenno paure d’ogni sorta,
lacrime carde che vengheno dar fondo

So morto o vivo ? Nun me ne renno conto
quanno che alle cinque della sera
me chiameno pe damme rendiconno,
e dimme: "godi, è nà notizia vera  !"

La tomba de mi Nonna è li de fronte
e penso a quanto l'ha desiderato
de vince sto scudetto, co le trombe
c'annunceno che è nostro er Campionato.

Penzo a mi fija e che so fortunato
de festeggià co lei e in quer momento
me passa pe la mente, un po stonato,
de Nonna mia un grande insegnamento:

"Ricorda fijetto mio, nun te scordà
che er peggio deve sempre da arrivà.
Guarda lontano, nun vive alla carlona,
mettece impegno.... e tifa pè la Roma"
 

Vojo cantà così…. la gioja mia,

co‘n desiderio che me brucia n’ petto:

Tornà a vedè la Roma co sta fija,

mano pé mano…….
…..e vive sto Scudetto.

Roma 18 giugno 2001

   Luca Gramaccioni

21 sonetti dedicati ad Amedeo Amadei


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