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l’allenatore giallorosso Burgess venne ripreso dall’arbitro e invitato a prendere la strada degli spogliatoi. Mister Burgess però aveva fatto solo finta di lasciare il campo, e invece s’era messo sulle scalette seminterrate della botola, di dove, un minuto sì e un minuto no, faceva capolino per controllare l’andamento della partita. Quelli dei popolari, accortisi della cosa, cominciarono a tenere d’occhio l’inglese e, ogni volta che la zucca spuntava dalla botola, gridavano in coro: “Cucù! Cucù! Cucù!”. L’arbitro non capiva e il britannico era diventato rosso come un peperone, più ancora di quando s’imbibiva nei bar di Testaccio coi suoi bicchieri di vino. |
Colonne di tifosi romanisti,infatti,a costo di sacrifici e di disagi seguirono in ogni trasferta la squadra. RESOCONTO DELLA STAGIONE IN SERIE B |
Una storia che forse avrà fatto arricciare il naso a qualche anglofilo laziale amante del fair play, ma che è sintomatica di quell’intensa partecipazione emotiva, di quel feeling particolare che correva tra la squadra e i monelli testaccini è il seguente. Si era al 35’ del primo tempo con la Roma in vantaggio per 1-0, quando l’ala destra partenopea Fenilli faceva secco Ballanti con una botta dai dieci metri a fil di palo. Il pallone entrava in rete e proseguiva magicamente la sua corsa andandosi a schiantare con fragore contro la balaustra dei popolari. Era sucecsso che i chiodini di un lembo d’angolo della rete, evidentemente mal piantati, si erano staccati e il pallone era sfilato sotto le maglie. L’aritro Dani ordinava la ripresa del gioco da fondo campo, con un crocchio di azzurri intorno che protestavano. Tutti, eccetto la giacchetta nera, s’intende, avevano avuto la netta sensazione che il cuoio avesse imboccato la porta. Nella confusione generale un ragazzetto nativo di Testaccio, il tredicenne Balilla Lombardi, che poi avrebbe finito per giocare anche nella prima squadra giallorossa, zitto e lesto ripiantò i chiodi che tenevano il lembo della rete. Per cui, al controllo successivo dell’arbitro, tutto risultò regolare. La sera stessa, l’intero rione cantava le lodi del “maschietto” romanista che, con quella prontezza di spirito ereditaria nei giovanotti del popolo, aveva salvato baracca e burattini. |
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intervista a Umberto Caligaris(Juventus): “Niente da dire, la Roma ha meritato i due punti. Il pubblico ha avuto la sua buona parte nella conquista del successo. E’ un po' una favola quella che attribuisce alla mia squadra una perfetta insensibilità di fronte al pubblico. Innanzi tutto, uno scenario come quello che presentava oggi il campo del Testaccio non è facile trovarlo dappertutto; eppoi un entusiasmo e un incitamento così continuo e serrato che intontisce - ve lo giuro - mentre esalta e sprona gli atleti locali. Non è un’attenuante questa che vi sto’ illustrando; una squadra come la Juventus dovrebbe vincere con tutti i climi. Però non bisogna dimenticare che anche i giocatori sono di carne ed ossa!” |
del 18 ottobre 1931: ”Non so che veniamo a fare a Roma se ogni anno si ripete la stessa storia... - Ossia? - Ossia che abbiamo sempre tutti contro: pubblico e arbitro, e poi in ogni partita che giochiamo qui lasciamo sempre qualche contuso - Il pubblico?... Ma non vi ha forse applauditi lungamente? - Applauditi? Ma non ha inteso i fischi quando, noti bene, dopo la sconfitta, la Juventus, o meglio i suoi resti, si è allineata sotto la tribuna per il saluto finale? E gli insulti che mi hanno lanciato quando, contuso, sono stato portato a braccia negli spogliatoi, me li sono sognati forse?" |
gli elementi romani; il motto con il quale mi presentai a voi sei anni orsono fu proprio “La Roma ai romani”. |
I simpatizzanti biancazzurri residenti nella provincia laziele, “li burini” (dal germanico buren: abitanti del borgo, del villaggio), non ci venivano a Roma per assistere alle partite della loro squadra; un po' perché non avevano la pecunia, e molto perché del pallone gliene importava fino a un certo punto... |
diventare un giorno presidente dell’A.S. Roma. La mia passione per la squadra giallorossa era già forte quando portavo i calzonicorti e la Domenica pomeriggio capitava spesso che, in conseguenza della mia situazione finanziaria alquanto incerta, ero costretto ad arrampicarmi su quel famoso “Monte dei cocci”che sovrasta Testaccio, sorto come è notodal secolare ammucchiarsi degli orci di argilla contenenti il vino e l’olio che venivano scaricati dalle navi del vicino porto fluviale”. |
facilmente circoscrivibile dalla forza pubblica, mischiata in mezzo alla folla nei punti caldi. Campo Testaccio venne squalificato per una giornata una sola volta. E fu per un derby giocato allo Stadio Nazionale, il 24 maggio 1931. L’arbitro, Umberto Gama, preoccupato che i giallorossi non accorciassero lo distanze dalla Juve capolista, favorì smaccatamente la Lazio, provocando una rissa finale tra i giocatori e l’invasione del terreno dei tifosi. Botte da orbi e cariche dei carabinieri a cavallo che, a stento, sedarono i tumulti. Sia la Lazio, che giocava in casa, sia la Roma, per le gravi responsabilità della sua tifoseria, subirono la squalifica del campo. |
La Gazzetta dello Sport: “L’arbitro ha appena fischiato la fine che vediamo giocatori laziali e romanisti alle prese; accorrono dirigenti a separarli e accorre anche la folla che stazionava sulla pista; la confusione è grande e ad accrescerla sopravviene l’invasione di campo da parte del pubblico. La forza pubblica ha un gran da fare per sgomberare il terreno di gioco e vi riesce solo dopo molti stenti e senza aver potuto impedire molte colluttazioni non precisamente verbali” |
azzuffarono davanti a 27mila spettatori... |
Il
fenomeno dei Roma
Clubs organizzati,
articolati in sodalizi veri e propri, è esploso con
l’arrivo nella
capitale di Helenio Herrera, nei primissimi anni
‘60, che voleva raccordare
società e tifosi, onde dare a questi ultimi la
sensazione di partecipare
direttamente alla vità della società. Prima vi erano
i “Circoli
Attilio Ferraris” nati
nel novembre 1950,
fondati per iniziativa di Angelo Meschini e Memmo
Montanari.
Molti di questi circoli vennero chiusi nel 1958 su ordine dell’Autorità di P.S. in quanto si trasformarono in bische. |
Dopo le primissime partite venne vietato l’ingresso allo stadio di ombrelli e bastoni; e poi la vendita delle gazzosine con le quali il pubblico romano si divertiva a fare il tiro al bersaglio quando le cose non andavano secondo i suoi gusti. |
“...nell’istante
in cui un giocatore segna una rete, l’autore del
gol, prima di ricevere
l’abbraccio dei compagni, corre verso la tribuna dei
suoi sostenitoria
braccia alzate”.
- dicembre 1977 Enrico Mania - |
trasformazione lo specialista Vojac. Mise il pallone sul dischetto, prese la rincorsa e calci... fuori. Ma Carraro, in un coro di fischi, fece capire che il rigore doveva essere ripetuto: il portiere si era mosso anzitempo. Masetti, però, non aveva spostato i piei dalla linea di gesso, ma aveva buttato in avanti un corno portafortuna che teneva in tasca. E questo Carraro non se lo poteva immaginare. Vojac ribatté il rigore e Masetti, scoraggiato di non avere più l’amuleto, si limitò a guardare entrare la palla nella rete. Un tifoso dei popolari, deluso, rimbrottò, “A Guido , che te sei fatto ‘na foto?”. Il portierone si riprese il corno e lo agitò in alto, ma quello non capì, e il popolo giallorosso venne confermato nell’idea che Guido non ci avesse tutte le rotelle giranti in sincronia. |
all’Olimpico avviene già al mattino. Già al mattino la città comincia ad essere invasa dai tifosi. Le bandiere giallorosse addobbano balconi e finestre, quasi che, in luogo di una partita, ci fosse la festa patronale. Poi, queste bandiere, appaiono fuori dai finestrini degli autobus urbani, mentre all’interno dei mezzi da trasporto pubblico risuonano cori e rumori, trasformando l’abitacolo in un’infernale cassa sonora. I “Forza” gli “alè”, si intercalano ai motteggi e anche, perché no?, a volgarità deplorevoli, che ormai appartengono al linguaggio quotidiano comune, contro la squadra avversaria”. “Una città, una squadra: storia dell’A.S. Roma” - dicembre 1977 Enrico Mania - |
"La tribuna centrale del campo è stata violentemente scossa da un movimento tellurico. Gli spettatori che la gremivano, dopo un istante di stordimento, si sono precipitati verso le due uscite laterali. I parapetti di ferro che chiudono la parte centrale della tribuna sono stati abbattuti. Alcune donne sono svenute: vi sono stati tre feriti leggeri ed alcuni contusi. L'arbitro (Scarpi, di Dolo) ha sospeso il giuoco e lo ha fatto riprendere solo quando gli spettatori, tornata la calma, hanno ripreso posto nelle tribune". Terremoto a Velletri, 26 dicembre 1927 |
Roma/Juventus 5-0 Dall’archivio di Vittorio Finizio: “Pochi minuti prima della fine della gara, Costantino accorso per rimettere in gioco un pallone deviato in fallo, l’ha levato in alto come l’ostensorio e l’ha baciato due volte con devozione. Il risultato fece saltare una cena fra Combi e Bernardini a cui erano stati invitati Ferrarsi, Orsi e Cesarini”. Incasso record di 257.000 lire |
Brescia/Roma 1-1 A 3’ dal termine, invasione dei tifosi bresciani con tentativo di pestaggio del romanista Bodini, protetto dai compagni. Il Brescia pareggerà al 90°, salvandosi anche grazie all’arbitro dalla retrocessione. |
Bari/Roma 0-2 a tavolino L’arbitro Carraio non vede un fallo di mano di Bodini e il pubblico invade il campo. |
Prezzi campo Testaccio: Tribuna Numerata Centrale L. 35 Tribuna Numerata laterale L. 30 Tribuna Laterale Semplice L. 25 Disinti L. 15 Popolari L. 10 |
Mariuccio Forlivesi fu un ragazzo di buona famiglia, studente, giocatore, nel ruolo di centravanti, di avvenire. La Roma giocò - appena dopo l'ingresso del americano della Città Eterna - contro il Napoli a Napoli sul campo del Vomero, dal terreno sconvolto e privo di tribuna. Il viaggio fu una specie di avventura, con una camionetta guidata da Tonino Fusco. Dieci ore di viaggio. Giocò centravanti Forlivesi: uno spettacolo. La carovana era guidata da Masetti e da Biancone. Per tutto il tempo Masetti rallegrò la comitiva con canzoni, macchiette, storielle. Per dare la notizia della partita al "Corriere dello Sport" - con le linee telefoniche interrotte - Forlivesi si recò da un ufficiale americano conosciuto sul campo, che gli mise a disposizione il telefono. Il Corriere dello Sport fu l'unico giornale a dare notizia dell'incontro e l'edizione andò a ruba. Forlivesi, poco dopo, morì, senza che nessuno ne conoscesse le cause. |
"Sembrerà
strano, ma io fin da bambino, ho sempre sognato di
diventare un giorno
presidente dell'A.S. Roma. La mia passione per la
squadra giallorossa era
già forte quando portavo i calzoni corti e la
domenica pomeriggio
capitava spesso che, in conseguenza della mia
situazione finanziaria alquanto
incerta, ero costretto ad arrampicarmi su quel
famoso "Monte dei cocci"
che sovrasta Testaccio, sorto come è noto dal
secolare ammucchiarsi
degli orci di argilla contenenti il vino e l'olio
che venivano scaricati
dalle navi del vicino porto fluviale"
Franco Evangelisti al Corriere dello Sport |
Una tappa del Tour de France scendeva, con una stradicciola da rompersi il collo, su Tochon. Qua e là casette di contadini. Su una, in bella vista, era steso un largo e lungo manifesto con questa iscrizione: "Coppi, fermati: qui abita un romanista del 1927 ". L'abitante di quella casetta, con in testa un berretto giallorosso, visto che Coppi, vincitore, non si era fermato, scese per salutarlo a Tochon, chiedendogli di "firmare una cartolina indirizzata al comm. Sacerdoti-presidente per sempre della gloriosa Roma". Sacerdoti mise la cartolina nell'albo dei soci. |
Mario Antonacci, farmacista in Testaccio, era romanista fino al midollo, tanto da non vedere i gol che segnevano le squadre avversarie. L'avv. Mauro, uno dei maggiori esponenti all'epoca del calcio italiano, fu vicino ad Antonacci in una partita in cui la Roma perdeva 3-1 e lo sentì dire: "meno male, la Roma sta andando bene: vince 1-0". Non aveva visto i tre gol segnati dagli avversari. |
lui divideva in casa con i familiari. (testimonianza diretta della cugina del calciatore) |
A Napoli, la prima invasione di campo che si ricordi ebbe un grande clamore ed eccezionali conseguenze. Avvenne nella gara di ritorno della finalissima interregionale del torneo 1925-26 tra l’Internaples e l’Alba Roma. Nella notte che precedeva la gara d’andata, i tifosi romani si appostarono sotto le finestre dell’albergo che ospitava i napoletani e per ore ed ore infastidirono i giocatori con le loro stornellate. Gli azzurri dopo una notte ovviamente insonne, stanchi e nervosi, subirono poi un umiliante 6-1 tra il vergognoso comportamento dei tifosi capitolini, i quali durante la partita si distinsero per il lancio di ortaggi, oggetti e insulti. Nella partita di ritorno a Napoli, all’Arenaccia, dopo 10 giorni, la folla napoletana – in cerca di rivalsa - riuscì a contenersi anche perchè l’Internaples era andata in vantaggio ben presto su calcio di rigore, ma sul finire della gara, quando i giochi sembravano già fatti, l’Alba pareggiò con un penalty, dopo un’azione viziata da un fallo simulato. Botte da orbi in campo e sugli spalti, invasione di campo, caccia ai giocatori romani e al malcapitato arbitro Dani. L’allenatore Carlo Carcano (ex nazionale) e il promettente attaccante Ferrari , atterriti dalla gravità degli incidenti e dal clima, fecero le valige e nottetempo lasciarono Napoli per non farvi più ritorno. L’Internaples perse un ottimo tecnico e soprattutto un grande giocatore, la giovane mezzala Giovanni Ferrari che nella sua luminosa carriera in tre diverse squadre (Ambrosiana, Juve e Bologna) vinse poi otto scudetti e due mondiali. Una grossa perdita per il calcio napoletano che aveva saputo ingaggiarlo. Al Napoli fu inflitta la squalifica di campo per un anno, che poi fu ridotta a due mesi, a seguito della riforma del torneo. Si andò a giocare al campo dell’Ilva Bagnoli. | |
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Sono
certo ... me state a aspettà
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Eppure erano pippe solo fino a ieri, prima chè lo sponsor je comprasse Salas e Vieri]. Mò c'hanno li sordi, c'hanno Cragnotti e se ponno comprà tutti, 'sti zozzi aquilottí. E' n'ingiustizia e perciò io te prego, d'esaudi' ste quattro cose che te chiedo: che
possa succede prima de domani, che caschi 'n
furmine e je secchi Marchegiani,
Nun
è che rosico, nun me capi male, è che c'ho un
dubbio fisso
che m'assale:
Se
poi, 'na scatola scaduta de dorci ar cacao, me
leva de mezzo Couto e Conceicao,
allora,
O fa per esempio, che 'na banda de sardi Me porti via Boksic e Gottardi, o se preferisci, che 'na bomba ar plutonio, scoppi vicino a Nedved e Baronio. O
ancora, se devi fa cascà stà torre de Pisa, fallo
quando
ce stà sotto Sinisa,
Fatto questo Signore mio, te posso solo ringrazia giustizia è fatta e io me posso rilassà.....colla Nostra Sempre Magica ROMA ner CORE ..... ..........FORZA
ROMA.........
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"
E' uno sfogo, qualcosa dovrò pure fà
no, nun è vero, lo scrivo perchè stò a rosicà. La Lazio è prima in classifica è per me nun è una cosa magnifica. Cò stì arbitri, de stì tempi, nun c'è consolazione e pijà pure l'insulti dè li cugini a ripetizione... Avete vinto un campionato e pè quanto me costa ve lascio un augurio.......... ALLA LAZIO LI MEIO MORTACCI VOSTRA!!!!!!!!!!!!! (Manu, maggio 2000) |
di Fernando Acitelli targata ROMA-SANTOS, ti riuscì di carpire dalla mente di O' Rey l'angolo da coprire. La
curva cosi esplose
Alberto Ginulfi (1941). Portiere della Roma. Con i giallorossi conquistò una Coppa Italia. Resta uno dei pochissimi portieri al mondo ad aver parato un rigore a Pelé. A fine carriera indossò la maglia della Fiorentina. |
Nato
e cresciuto sopra na montagna
‘sto poveraccio faceva er pecoraro se nutriva de ricotta e de castagna e parlava sortanto cor somaro. A Roma ce veniva a fa la lagna sortanto pe’ Natale “er zampognaro” vedenno che qui c’era la cuccagna lascio’ er paese, de ricchezza avaro. Roma lo ripuli’ come ‘n paino ma j'è rimasta “l’anima animale” e quer tanto de cacio pecorino. Mo’ tifa per la Lazio,er signorino e ‘ngenuamente dice “so’ lazziale!” come si ‘nse vedesse ch’e’ burino N’ARATRO,’N SORCO E DU’ BOVINI, ECCO FATTI LI CONFINI QUELLI DENTRO SO’ ROMANI QUELLI FORI SO’ BURINI (poesia romanesca risalente agli anni '50) POESIA DI FABIO (novembre 2003) E’ na vergogna, ‘no sproposito che nun po’ ‘nna avanti. Ce dicheno che semo cugini, robba da matti. Imparentati co’ quelli! Mejo sarebbe avecce, che ne so’, ‘no zzio perugino, ‘na cognata calabrese oppure ‘na sorella bergamasca. Ma nun se po’ sopportà ‘n cugino da lazzio! Eppoi, come se po’ decide ‘na parentela? Loro so nati prima de’ noi, ma questo è loggico, è la storia che ‘nsegna, la scienza tutta, prima de’ potè riuscì bene, qursiasi esperimento fa cilecca, n’erore è dovuto e ce so’ voluti ventisette anni pe’ rimedià lo sbajo, mica ‘n giorno! Pensa che casino era uscito fori! Sgorbi co’ la presunzione de esse tifosi! Ma lassamo perde la distrazione umana cose che capiteno e se rimedieno. Tornamo a la parentela. Loro staveno, senza sape’ bene perché, a occupà ‘no spazzio estraneo, drento ‘sta città come li cavoli a merenda, come la cioccolata sur sugo. Tutto sbajato! Tutto da rifà. Ecco allora che viene fori er mejo, co’ colori vivaci, degno de’ vive tra le mura cittadine. Romanista de’ Roma! Però c’era ‘n probblema. Li sgorbi daveno fastidio, sempre a guardà, ‘nvidiosi, e portaveno pure jella. Tutto er popolo della Magica decise: fori da Roma, qui nun è posto pe’ voi! Aqquattateve ‘n campagna, scejeteve pure er prato, ma nno drento la Capitale. Mosci come la pelle vecchia de ‘n somaro, se ritirarono alla volontà der più forte, ma sparsero la voce, jene de campo, che li cuggini l’aveveno scacciati. Ecco la favola de la parentela. Manco ‘na goccia de sangue c’avemo ‘n comune. Me dspiace, ma quello che è giusto è giusto. A voi l’oche e la porvere, a noi er sole e la civirtà. Da Romanisti. FABIO (dicembre 2003) BABBO NATALE Caro Babbo Natale, pure st’anno j'avemo fatto male. Ma ch’è corpa nostra si è laziale? Mo' me sento così e così, sarà che stanno pe’ sparì.. Chiedo a te che er 25 devi venì: te prego, falli guarì ! Nun ce lassà senza er pupazzo che ‘n giro pe’ Roma se portamo a spasso, te prometto che nu' lo strapazzo, lo tratterò come ‘n poretto e stavorta piano piano er Capitano je fara er pallonetto senza toccallo, faremo attenzione ar pupazzone che sta pe’ finì, noi nun volemo che finisca così co’ chi se potemo più divertì? Te lascio ‘n busta quarche soldino dallo a la causa der cugino burino e dije che ar prossimo derby, se ce sarà, je daremo ‘na possibilità: guardà cuggì come se fa e ‘mpara quarcosa ‘nvece de gufa’ ! |
……
e tifa pè la Roma
La vita è proprio matta e fa li scherzi strani, si è vero che è da n'ora che me tremeno le mani. Ciò ancora l'occhio ch’è lucido de pianto, er core ch'è impazzito dentro ar petto, er fiato corto che me porta affanno e che fa perde ragione ed intelletto. Chi
so? Nun me conosci, guarda….
Nun
sò più pupo, ciò quasi quarantanni,
Perchè
so romanista io nun l'ho mai capito,
Quann'ero
regazzino, pè sti fatti
Mi
padre era poi n'esempio strano:
Ginulfi,
Bet, Spadoni ed Amarildo,
Quanti
ricordi de quell'anni belli,
Quer
giorno ero scappato , c'avevo docicianni,
In
quer periodo de candida passione
A
tribolà pe vive n'è mai ora,
Nun
c'era n'giorno che nun ce penzavo
Poi
ariva Viola e un viaggio pé Torino
"Questioni
de centimetri" de fora...
Passeno
l'anni e n'giro per il monno
Quell'anno
l'ho vissuto in modo strano,
Pruzzo,
Farcao, er Russo, Iorio e Nappi,
La
notte maledetta l'ho dimenticata
Cor
Lecce stavo a Londra da emigrante
Se
po’ campà così, ve pare giusto?
Potrei
davero citavve tutti i nomi
Nun
vado più allo stadio, e pora nonna
Potrai
capì lo strazio de chi scrive
So
l'anni de Renato e Manfredonia
Lanna,
Statuto, Fonseca e Piacentini
Trovo
lavoro, l'amore e la carriera,
Mentre
che guido, e scappo pei paesi,
Da
allora sò isolato, me tengo un pò lontano
Che
te racconto de sto campionato ?
Ripenso
a Negro, a Parma , a Napoli e Torino
L’urtimi
novanta li passo Prima Porta:
So
morto o vivo ? Nun me ne renno conto
La
tomba de mi Nonna è li de fronte
Penzo
a mi fija e che so fortunato
"Ricorda
fijetto mio, nun te scordà
Vojo cantà così…. la gioja mia, co‘n desiderio che me brucia n’ petto: Tornà a vedè la Roma co sta fija, mano
pé mano…….
Roma 18 giugno 2001 Luca Gramaccioni |
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