Marzo
2003
Quelle frange estreme nelle zone d’ombra A.S. - Il Messaggero - |
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Febbraio
2002 - Polizia e democrazia
"Essere ultras anche nella vita" Marco Cannavicci |
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Febbraio
1994 - Il Tempo
"L'amore segreto dello stadio viene prima del calcio: droga, spaccio e prostituzione" Gianmarco Chiocci |
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24.09.2002
- La Gazzetta dello Sport
In prima pagina si legge "Gli Ultrà picchiano Zebina". Cosa assolutamente falsa, ma in piu', all'interno del giornale, scrivono che a picchiare Zebina è stato un poliziotto con una manganellata. No Comment. (grazie Coolioz) |
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di Antonio Roversi L'articolo in esame è a sei colonne nella cronaca dell'area metropolitana del quotidiano romano del 21.08.2002 e si intitola: "Tivoli, il calcio si tinge di nero" con sovratitolo "Gli ultras della neopromossa in C2 diventano Brigate: "perplesso" il sindaco diessino, la società respinge ogni forma di violenza, i carabinieri avviano indagini" e sottotitolo "La città invasa da manifestini inneggianti agli Arditi e ai legionari di Fiume". Andiamo quindi a leggere l'articolo. Si apprende dalla giornalista che i temibilissimi ultras del Tivoli, protagonisti negli anni passati di terribili violenze - aggiungo io - hanno affisso un manifestino nell'antichissima cittadina laziale con un simbolo che richiama "agli Arditi della Prima guerra mondiale e poi ai legionari fiumani ma che ricorda anche il teschio disegnato sulle bandiere dei corsari". Già questo elemento suscita una qualche perplessità, prima di tutto perché mi sembra che già il fatto di poter confondere i due simboli sia indice di una evidente "non volontà politica" da parte degli autori, a meno che non si voglia sostenere che durante la prima guerra mondiale già vi fosse il fascismo o che i pirati fossero camerati. Ma ancora più singolare è la dichiarazione del sindaco di Tivoli il quale commenta il testo che accompagna il volantino dicendo testualmente: "Lo slogan non mi è piaciuto, sembra sottintendere elementi di violenza. Farò rimuovere tutti i manifesti". Andiamo a questo punto a leggere il contenuto del manifestino: "Bisogna essere presenti allo stadio non solo fisicamente ma soprattutto con lo spirito e la grinta giusta per trascinare la nostra Tivoli alla vittoria". Ora, in quale parte di questa frase si possano "sottintendere elementi di violenza" non è dato comprendere. A seguito di questa beata "pippa mentale", i carabinieri hanno avviato indagini, non si sa su cosa, tanto per calmare la scossa opinione pubblica, sobillata dai mass media, mentre i poveri ultras della Tivoli, che hanno fatto puramente e semplicemente quello che tutti i ragazzi della loro età fanno, in modo affatto minaccioso e con un volantino completamente corretto, ora si trovano sotto i riflettori indesiderati di forze dell'ordine e politiche. Caterina Ciavarella, che ha scritto altri "articoli-inchiesta" tipo le messe nere a casa della nonna del sindaco di Strangolagalli, non sa che quando si fanno queste sparate le forze dell'ordine iniziano a perseguitarti, tanto per far vedere che fanno qualche cosa. Ma tanto a lei cosa importa: si creano i casi dal nulla per ragioni - queste sì - politiche, il tutto sulle spalle di ragazzi che non possono difendersi. Saggiamente costoro - interpellati, a suo dire, dalla giornalista nonostante in precedenza abbia riferito di non sapere chi essi siano - non hanno risposto: se lo avessero fatto - su cosa poi? - sarebbero stati strumentalizzati anche in questo. Sarebbero state riportate, infatti, solo le mezze frasi, estrapolate dal contesto, per rafforzare la singolare teoria che "Tivoli si tinge di nero". |
nazionalsocialiste nelle città delle partite di calcio "Così incendieremo i Mondiali" il tifo nazi si raduna a Braunau I capi nella città di Hitler: "I nemici, polizia e islamici" BRANAU (AUSTRIA) - USCIAMO (usciamo? n.d.L.) alla chetichella, un po' soldati un po' carbonari, ognuno con la sua dose di violenza iniettata negli occhi. "Un-due! Un-due!" ripete una voce rotta. L'accento è inconfondibilmente veneto, il ritmo, quello ossessivo della marcia militare. Uno skin inglese, un pezzo di omone rossiccio, di quella marcia riproduce alcuni passi. Va in automatico. Gli fanno segno di fermarsi, a lui e anche all'italiano, un tipo magro magro col cranio completamente glabro e un'aquila tatuata sul collo. Nessuno deve disattendere la consegna di non dare nell'occhio. Non ora che siamo (siamo? n.d.L.) di nuovo all'aria aperta, non più protetti dalla normalità di un capannone dove si lavora il legno (la zona ne è piena). Braunau, la Predappio nazista, è ancora circondata dalla neve. Siamo (siamo? n.d.L.) venuti qui da tutta Europa, nella città di Hitler. Per siglare un patto nazifascista per i Mondiali di calcio. Un cartello che riunisce tutte le più accese tifoserie xenofobe del vecchio continente. Il piano d'azione per incendiare Germania 2006. L'agenda di questa riunione, segretissima (e certo! L'utilizzo della prima persona plurale sinora fatto lascia quindi intendere che questi fanno una riunione segretissima e poi invitano un giornalista di Repubblica!!!! Fantastico!!!! Ma ammettiamo che i nazisti non lo sapessero e che il buon Berizzi - pugliese - sia giunto nella città natale di Hitler (proprio il posto più discreto per una riunione del genere) accompagnato da uno dei dieci italiani - lo dirà poi - giunti in loco. Quattro erano - e te pareva - di Roma, naturalmente equamente divisi tra Roma e Lazio. Altri venivano da Verona, Trieste, Ascoli. Ammettiamo che erano uno per città. Uno che da Ascoli, da solo, va a Branau. Ma ammettiamo che possa essere vero. Siamo a 7 italiani. 8 con lui. Ebbene, con chi cazzo è andato a Branau questo sconosciuto?????? Con uno dei due che rimangono? E dopo che i nazi hanno visto l'articolo su Repubblica, che fanno? Sgozzano la persona con cui si è accompagnata e che ha mandato all'aria il piano segretissimo? n.d.L.), di teppisti da stadio cresciuti nel culto del Fuhrer prevede il raggiungimento di un obiettivo preciso: sovvertire con mirate azioni d'attacco ogni regola di convivenza civile durante i Mondiali. Fare casino nel nome di Hitler e dell'odio razziale verso i popoli del Sud del mondo. Di quelli islamici, Turchia in testa. "Feinde zu vernichten", nemici da distruggere. E contro la polizia, certo. Fare la guerra. Altro che condanne immediate a chi allo stadio saluterà col braccio teso (lo prevedono le norme antiviolenza decise dalle autorità tedesche). Il documento sottoscritto in questa placida cittadina al confine tra Austria e Germania è una lista della spesa che mette i brividi. Assalti premeditati contro le forze dell'ordine. Agguati ai tifosi "nemici". Parate nazifasciste. Sfoggio di bandiere con croci uncinate e celtiche (le stesse che campeggiano sugli indumenti indossati da chi ha preso parte all'assemblea), svastiche rivisitate per cercare di dribblare l'apologia, simboli delle SS, fasci littori. Cori inneggianti all'olocausto e altro repertorio canoro. Come il sibilo inventato
da certe curve inglesi e olandesi per riprodurre il suono delle camere
a gas. Per chi ancora ignorasse l'esistenza di questo sibilo, c'è
qui apposta un hooligan del Feyenoord. I capelli platino con la sfumatura
altissima. Gli anfibi viola. Una cicatrice che gli attraversa la fronte.
Sta seduto su una panca di legno accanto a un tornio. Quando arriva il
momento, incalzato da un amico, emette un interminabile "sssssssssssssssssssssssss".
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Ti ha inguaiato? Hai avuto la casa perquisita da un battaglione di marò in assetto antisommossa perché hai tirato una miccetta dopo che ha detto che avevi tirato una bomba? E-mail a Biscardi |
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