TESSERA DEL TIFOSO / ARTICOLO 9
Puntualizzazioni finali


E’ arrivato il momento storico di fare il punto definitivo della situazione “tessera del tifoso”, altrimenti si corre il rischio, per alcuni, di fare la fine del soldato Onoda, con l’unica differenza che quel militare giapponese non ricevette l’ordine di “resa” dal proprio Imperatore, mentre in questa lunga vicenda non c’è alcuna resa e, soprattutto, non ci sono imperatori se non la logica e la storia.

Andiamo dritti al punto con una breve premessa.

LA PRIMA FASE
Il primo allarme mediatico sull’art. 9 venne dato dal sottoscritto, la sera del 24 gennaio del 2009, con un post chiamato “la trappola della tessera del tifoso”: updates_gen09.html.
Le tifoserie per la prima volta apprendevano che c’era qualcosa di strano e scattò l’allarme.

Il primo volantino della famosa riunione di Tor di Quinto del 5 settembre 2009 incentrava immediatamente la problematica della tessera del tifoso sull’art. 9 della Legge Amato, spiegandone le ragioni.
In esso si leggeva, badate bene, “oggi la tessera del tifoso, domani i biglietti di ingresso”.



Non avendo alcun appeal mediatico lo slogan “no all’art. 9”, si decise per il più facile e immediato “No alla tessera del tifoso”, che difatti fece breccia anche mediaticamente.

All’epoca era ancora possibile entrare allo stadio sottraendosi al controllo dell’ingiusto art. 9, facendo il singolo biglietto.
Alcune tifoserie decisero comunque di tesserarsi, altre no, ognuna con le proprie ragioni.

LA SECONDA FASE
Dalla stagione 2011/12 la previsione del 5 settembre 2009 “oggi la tessera del tifoso, domani i biglietti di ingresso” si verificò: con la messa in rete delle rivendite dei tagliandi con le singole questure, anche per avere un biglietto era necessario sottostare all’applicazione dell’art. 9 che, se pure interpretato favorevolmente dall’Osservatorio con la determinazione n. 33 del 17 agosto 2009 (cfr. aggiornamenti del 24 settembre 2009 updates_set09.html), non era ancora stato modificato da un punto di vista legislativo.
Lo scenario, quindi, mutava radicalmente, visto che se la lotta era contro l’art. 9, l’alternativa, a quel punto, era “stadio sì/stadio no” e non solo “in casa sì/in trasferta no”, ma pochi se ne accorgevano.
Nel frattempo la tessera era stata svuotata dal legame obbligatorio con i circuiti bancari e “risistemata” sotto l’aspetto della privacy, grazie a due ricorsi del Codacons e del sottoscritto.

LA TERZA FASE
Con l’introduzione, da parte della Roma, della card “Home” e, successivamente, della card “Away”, veniva dato un ulteriore colpo di piccone al sistema, che vedeva l’Osservatorio adeguarsi dopo una forte resistenza (“Hanno vinto gli ultrà”, titolava la Gazzetta dello Sport, ricordate?) all’introduzione di qualsiasi tipo di card con caratteristiche diverse dall’originaria tessera.

Ad avviso del sottoscritto si è trattato di un momento cruciale per dare lo scacco al re (non matto, ma pur sempre uno scacco): se il sistema “Home” e “Away” fosse fallito, la politica talebana dell’Osservatorio avrebbe riguadagnato terreno ed è per questo che ritenni la tessera suddetta accettabile da un punto di vista strategico.

LA QUARTA FASE
Con il cambio del governo e l’avvento di nuove forze politiche si è tentato di fare ciò che era impossibile in precedenza per via della presenza di Maroni quale ministro dell’Interno: modificare l’art. 9 in senso costituzionalmente corretto.
Non potendo, infatti, demolire completamente il sistema “tessera del tifoso” né pretendere l’abrogazione dell’art. 9, si rendeva necessario aggirare il problema e, semplicemente, svuotare l’art. 9 dei suoi contenuti dannosi.

In primo luogo, visto che l’art. 9 diceva che non poteva avere biglietti (e tessere) anche chi aveva già scontato la diffida, si chiese in primo luogo di modificare l’articolo in questione chiedendo che la norma prevedesse il divieto di vendita di tagliandi e tessere soltanto a chi avesse la diffida in corso.
L’Osservatorio già interpretava in tal senso il suddetto articolo (cfr. determinazione n. 33 del 17 agosto 2009) ma non era sufficiente in quanto una interpretazione poteva essere modificata in qualsiasi momento (rileggere il volantino del 5 settembre 2009).

Bene, con l’art. 3, lett. “c” della legge 17 ottobre 2014 n. 146 (che ha convertito il decreto legge Renzi/Alfano n. 119/14) questo punto è stato modificato come richiesto.
http://www.gazzettaufficiale.it/eli/id/2014/10/21/14A08119/sg

“c) all'articolo 9, comma 1, le parole: «di  emettere,  vendere  o distribuire titoli di accesso a soggetti che siano stati  destinatari di  provvedimenti  di  cui  all'articolo  6»  sono  sostituite  dalle seguenti:  «di  emettere,  vendere  o  distribuire,  con   qualsiasi modalità, titoli di accesso a  soggetti  che  siano  destinatari  di provvedimenti di cui all'articolo 6»

In secondo luogo, si chiedeva che chi era stato condannato per un reato “da stadio” potesse comunque acquistare un biglietto se, per lo stesso episodio, aveva già scontato il daspo.
L’Osservatorio, con la determinazione n. 33/2009, interpretava l’art. 9 – che invece vietava a vita la vendita dei biglietti ai condannati per reati “da stadio” – dicendo che la disposizione si applicava solo ai condannati negli ultimi cinque anni.
Anche questa parzialmente benevola interpretazione poteva però cambiare in qualsiasi momento, e quindi si chiedeva la modifica della norma, nel senso che i condannati “da stadio” non potessero avere biglietti sempre che per lo stesso fatto non avessero già scontato il daspo.

Bene, sempre l’art. 3, lett. “c” della legge 17 ottobre 2014 ha stabilito che “dopo  le  parole:  «ovvero  a soggetti che siano stati,  comunque,  condannati»  sono  inserite  le seguenti: «, nel corso degli ultimi cinque anni,»”.
Quindi il Legislatore ha eliminato il rischio che il condannato per reati “da stadio” non possa avere biglietti a vita ed ha stabilito che ciò possa avvenire solo per cinque anni dalla condanna di primo grado.
Non ha però inserito quell’ulteriore elemento che si chiedeva, vale a dire l’inciso “purché per lo stesso fatto non abbia già scontato il daspo” e ciò nonostante ci si sia provato, tramite diversi gruppi parlamentari, fino agli emendamenti finali.

Conclusivamente:
-    l’art. 9 è stato modificato accogliendo al 70% quello che si chiedeva il 5 settembre 2009;
-    Il restante 30% è affidato solo ad eventuali ricorsi avanti i vari Tribunali per chiedere che venga sancito il principio per cui chi è stato condannato per un reato da stadio ma ha scontato il daspo per lo stesso episodio possa sempre fare biglietti;
-    l’art. 9 non è stato abrogato, né verrà più modificato per i prossimi decenni;
-    la tessera del tifoso non verrà eliminata e, attualmente – per ciò che riguarda l’art. 9 – è sostanzialmente identica a una “away”, una “home” e anche a un singolo biglietto, visto che per averlo dovete esibire un documento e su quei dati anagrafici vi controllano in questura, a prescindere dal fatto che siano su una qualsiasi tessera o su un qualsiasi biglietto.

LA QUINTA FASE
Se si agisce secondo logica e raziocinio è facilmente intuibile, a meno che non si decida di non andare più allo stadio, come alcuni ben informati hanno in effetti già fatto sin dal 2011/12.
Personalmente, ho già deciso da tempo di rimanere nello stadio, visto che quel che voleva Maroni era che io ne stessi fuori.
*
Questo articolo viene postato sul mio sito web e non sul mio profilo facebook in quanto è intollerabile che anche persone senza alcuna cognizione di causa possano intervenire sulla mia bacheca.
Scrivessero sulla loro.

Roma, 16 novembre 2014

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